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Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
letta è un grigio burocrate come tutti quelli che escono dalla scuola pd. Lui, gentiloni, zingaretti, sono tutti simili, senza una vera identità.
Guarda caso gli unici con un'identità definita, renzi e calenda, che piacciano o no, sono fuoriusciti
Governatore Lugansk: possibile ritiro ucraini da Severodonetsk Le truppe ucraine potrebbero doversi «ritirare» da Severodonetsk. Lo ha detto il governatore ucraino della regione di Lugansk, Serihy Gaidai, a Rbc-Ucraina. Gaidai ha affermato che «non aveva senso» che le forze speciali ucraine rimanessero all’interno della città «dopo che la Russia ha iniziato a radere al suolo l’area con bombardamenti e attacchi aerei». Al momento le truppe di Kiev controllano ancora «la periferia» della città.
Aggiungendo che le forze di Mosca «controllano una gran parte di Severodonetsk. La zona industriale è ancora nostra e non ci sono russi».
Kuleba, al vertice Nato di Madrid: per noi serve un miracolo, non ho grandi aspettative
Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha confidato di non aspettarsi alcuna decisione vantaggiosa per l'Ucraina al summit Nato che si terrà a Madrid dal 28 al 30 giugno, dove Kiev peraltro è stata invitata. "Non ho grandi aspettative, se non in un miracolo", ha detto ai giornalisti ucraini nel corso di una conferenza stampa, secondo quanto riporta l'Ukrainska Pravda. "Indubbiamente sentiremo parole di sostegno, parole di solidarietà, ma finora non vedo alcun segno di decisioni forti in arrivo sull'Ucraina da parte dell'Alleanza, nemmeno di decisioni sulla sicurezza del Mar Nero", ha aggiunto. "Sono stato criticato per aver detto che la Nato, come organizzazione, non ha fatto nulla per l'Ucraina dopo il 23 febbraio 2022: allora ho chiesto loro di mostrarmi cosa ha fatto l'Alleanza. E ho scoperto che non ci sono decisioni di questo tipo
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sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Armi, mezzi e uomini: come si sta riorganizzando l’esercito ucraino?
di Andrea Marinelli e Guido Olimpio
Tre le esigenze nell’agenda di Zelensky: avere nuovi sistemi e imparare ad usarli, ridare vigore alla truppa, trovare le risorse per contrattaccare. Il Battaglione Azov prova a ricostituirsi e a staccare dalla divisa il marchio dell’estremismo neonazista
Kiev ha annunciato la conclusione dell’addestramento teorico per i cannoni semoventi PzH 2000 forniti dalla Nato, ora inizia la pratica. È una notizia minore, ma dice molto sull’attuale momento della crisi con i russi che premono nel Donbass ed entra nell’agenda del presidente Zelensky dove sono segnate tre esigenze: avere nuovi sistemi e imparare ad usarli, ridare vigore alla truppa, trovare le risorse per replicare in modo profondo.
I consiglieri del leader fanno passare i messaggi attraverso la stampa internazionale, appelli mescolati a valutazioni, timori e propaganda. Le armi occidentali non bastano mai, sono continue le richieste ucraine: servono almeno 60 lanciarazzi a lungo raggio simili ai quattro Himars spediti dagli Usa. Londra ha promesso un nuovo lotto, però non disponiamo di numeri esatti. Il presidente ucraino ha affermato di recente che sul fronte orientale c’è una differenza di 20 a 1 in favore dell’invasore solo per l’artiglieria. Differenza che deve essere colmata con le batterie dell’Alleanza, alcune già in linea e altre in arrivo. Ma una volta che avranno le bocche da fuoco pesanti devono proteggerle — in quanto Mosca fa di tutto per neutralizzarli — e saperle impiegare.
È stato rivelato che proprio per i cannoni PzH è stato creato un training specifico in quanto sono stati dotati di un software per consentire una risposta più rapida al tiro avversario. L’ex generale australiano Mick Ryan ha sottolineato come sia necessaria un’integrazione ampia e rodata, altrettanto fondamentale la parte digitale: passi che non puoi evitare. Un reportage del New York Times segnalava che alcuni degli artiglieri destinati all’impiego dei cannoni americani M777 non erano informati sugli apparati di puntamento. Una conseguenza della rotazione: quelli addestrati erano stati mandati nelle retrovie a prendere fiato dopo giorni di combattimenti.
Un altro funzionario ha indicato sulle pagine del Financial Times che il suo Paese deve creare sei nuove brigate per un totale di 25 mila uomini. Ci stanno lavorando. Nei giorni scorsi è apparsa al fronte un’unità composta da tank d’origine polacca e blindati inviati dall’Olanda, una formazione appena emersa da un periodo di training. È la trafila, da ripetere man mano che il materiale è disponibile. Con un problema logistico: mettere insieme modelli omogenei, i fornitori danno ciò che hanno. Kiev ha chiesto — e dovrebbe ottenerli — nuovi ordigni anti-nave, la cui sola presenza unita all’affondamento del Moskva ha costretto la flotta di Mosca ad essere più cauta.
Gli ucraini hanno chiesto a Berlino anche gli anti-tank di concezione israeliana Spike, ma Gerusalemme ha posto il veto e non ha risposto ad un «sondaggio» per cedere alcuni apparati anti-missile Iron Dome. Gli israeliani giocano sul filo dell’equilibrio. Vedremo se la Casa Bianca, a volte ondeggiante, darà l’ok per i droni d’attacco Grey Eagle nella lista dei desideri di Zelensky fin da maggio. Madrid sarebbe disposta a dare i carri armati Leopard 2, mentre la Norvegia ha confermato la spedizione di semoventi M109 — uno è già stato incenerito — precisando che d’ora in poi non fornirà dettagli. Parigi aggiunge sei dei suoi Caesar. La Grecia ha preparato un pacchetto in cui sono inclusi un centinaio di vecchi blindati. Però — c’è sempre un però — aspetta che la Germania gli garantisca dei mezzi in sostituzione. Vie tortuose, piene di se e di ma.
Da sempre lancia e scudo non bastano, conta il guerriero. Il fattore umano. Gli ucraini, quanto gli invasori, hanno visto morire soldati di esperienza. Alcuni devono essere sostituiti, altri saranno preparati, altri ancora mobilitati. Non è un processo automatico. Riguarda i regolari dell’esercito, la Territoriale — efficace quando si batte in casa, meno se spostata altrove — e i volontari. Il Battaglione Azov, sacrificatosi a Mariupol, cerca di rimettere in piedi i propri plotoni, accoglie volontari e tenta di staccare dalla divisa il marchio dell’estremismo neonazista.
L’analista Michael Kofman sostiene che la resistenza potrebbe accontentarsi di cedere del terreno a patto di logorare in modo irreparabile l’avversario. Subisce sconfitte tattiche, ma può ottenere un successo finale dissanguando l’Armata di Putin. Anche se appare complicato riprendere il terreno perduto, una riconquista sulla quale Zelensky ha lanciato segnali contrastanti. Non ammette mutilazioni geografiche, mette in guardia sui costi di liberare la Crimea. Quali sono gli obiettivi? A sorpresa l’intelligence americana si è lamentata delle scarse informazioni passate dagli ucraini. Non svelano tutto, tengono all’oscuro gli Stati Uniti su molte mosse nonostante la Cia li abbia aiutato in modo cruciale. Interessante che accada, altrettanto che gli americani abbiano reso noto la loro irritazione. Che forse nasconde interrogativi di lungo termine.
Ecco perché è un risultato in bilico. Dipende dall’evoluzione sul campo, dalla pazienza strategica della stessa Ucraina, da un’assistenza di lungo termine dell’intero Occidente. Nulla dei tre punti è scontato.
CorSera
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Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Zelensky, a Severodonetsk si decide destino Donbass
Il confronto con i russi a Severodonetsk «decide il destino del Donbass». Lo ha detto il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, secondo il quale «la battaglia per Severodonetsk è una delle più difficili dall'inizio dell'invasione russa». Nel 105esimo giorno di guerra, «Severdonetsk rimane l'epicentro dello scontro nel Donbass. Difendiamo le nostre posizioni, infliggendo perdite significative al nemico», ha aggiunto il presidente.
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