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Cronaca e politica estera [Equilibri mondiali] Thread unico.
Io ricordo una dichiarazione di Zelensky, che postammo qua (semmai la cerco) di settimane orsono, forse la ricorderai anche tu, dove diceva che "è inutile ricacciare i russi dal Donbass perchè tanto il giorno dopo te ritroveresti lì".
Invece che prima di Johnson Zelensky abbia affermato di puntare ad una vittoria totale, ovvero la liberazione dell'Ucraina e la riconquista di tutta l'Ucraina, questo non me lo ricordo. A me pare proprio che sia stato Johnson, in un momento di invasamento, a lanciarsi in proclami di tal fatta.
I nostri giornali bisogna distinguere: ci sono quelli antioccidentali tipo Il Fatto e ci sono quelli che sono a tutt'oggi ancora su posizioni radicalemente atlantiste, perchè se leggi gli editoriali dei vari direttori e prime firme di CorSera, Repubblica e La Stampa essi sono ancora tutti compattamente pro linea attuale, cioè pro USA/Nato/invio armi, linea del governo ecc...ecc...
Quando si inizierà a vedere quelle firme fare dei distinguo, a parlare, come fa Caracciolo, di "dover prendere atto della realtà", allora sì potremo dire che qualcosa nella linea editoriale sta cambiando.
Ecco appunto Caracciolo su Repubblica che prende atto della realtà:
Il problema di Putin sta nel fatto che è figlio di un sistema inefficiente. Il fatto che abbiano organizzato una guerra sulla base di informazioni sbagliate su un paese confinante dice già tutto quello che serve sapere su come si evolverà il conflitto. I problemi strutturali non si cambiano dall'oggi al domani, ed un sistema fatto di burocrati arraffoni o compiacenti o incompetenti generano decisioni catastrofiche. Anche ammettendo le qualità di Putin (di cui a questo punto non sono poi sicuro; è molto più probabile sia stato plagiato dalla propaganda russa) cosa può fare un uomo solo contro un intero sistema? Di sicuro non lo può cambiare.
Può anche aver deciso sulla base di una impellenza di carattere personale, ovvero "o lo faccio io o chi verrà dopo di me non sarà capace di condurre una decisione di così enorme portata", che poi è il ragionamento che tanti hanno fatto nella storia, cioè prendere decisioni sulla scorta di un tempo che, o lo cogli tu perchè solo tu pensi di poterlo fare, o sarebbe declinato producendo le conseguenze che vorresti invece esorcizzare.
Questo pensiero preminente può aver fatto sottovalutare tanti altri aspetti, certamente, questo non lo escludo affatto. Oramai però si è così avanti che tornare indietro nessuno può più, non Putin ma nemmeno gli altri attori, grandi o piccoli.
Qui deve prodursi adesso una risposta dalla guerra. Sarà la guerra ora a decidere per tutti.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Metropolis/88 - Ucraina, Caracciolo: "Putin dovrà giustificarsi con i russi per la propria sconfitta"
Caracciolo lo vede in difficoltà perchè ha fatto un discorso "moscio"...e ci si aspettava, dice lui (e lo abbiamo detto pure noi) chissà che annunci eclatanti no? Mobilitazione totale, minacce nucleari...ma chi se li aspettava quegli annunci? Noi, le previsioni occidentali. Il fatto che il discorso non sia corrisposto alle nostre previsioni, che vuol dire, che è in difficoltà?
Se invece avesse annunciato la mobilitazione totale, non sarebbe stato quello un segno di difficoltà? "Ecco, con le truppe in campo non riesce ad ottenere niente e dichiara allora la guerra totale, la mobilitazione totale"...questo avremmo letto oggi.
C'è allora da chiedersi perchè, se le cose non vanno, non ha annunciato una più corposa azione bellica? Questa è la domanda da farsi.
Detto questo, anche io considero che l'azione russa è allo stato poco incisiva ma, come detto recentemente, sul fronte bellico avremo luce dopo l'estate, perchè l'estate è la stagione della guerra e quindi a settembre non avremo il quadro di adesso...in meglio o in peggio per chi non lo so.
...ma di noi
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Non ho avuto modo oggi di seguire, la dichiarazione di Letta che bisogna negoziare quindi con il PD che passa dal sostenere la resistenza ucraina a spingere per la fine della guerra è vera?
Non ho avuto modo oggi di seguire, la dichiarazione di Letta che bisogna negoziare quindi con il PD che passa dal sostenere la resistenza ucraina a spingere per la fine della guerra è vera?
in cui dice che sarebbe sbagliato "firmare la pace in USA" perchè questa guerra è in Europa e i grandi paesi europei prima devono andare a parlare con Zelensky e poi con Putin.
Più che spingere per la fine della guerra diciamo che dalla intervista nella sua interezza mi pare inizi un attimo a fare dei distinguo, sfumature, a dare un colpettino alla barra del timone...di pochi gradi per ora, però un colpettino lo ha dato.
...ma di noi
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Quella parte ci fa capire che Stubb sa distinguere i vari piani, ovvero l'analisi della persona Putin e poi quella strategica, che per lui non andrà a buon fine perchè l'invasione, dice, è stato il modo per non risolvere le problematiche avvertite da Putin.
Però questo ultimo punto noi lo vedremo a guerra conclusa, perchè se la Nato lì non dovesse piantarci bandiera, un risultato Putin lo avrebbe portato a casa; il secondo pure, perchè il mondo post-guerra non sarà più quello del pre invasione.
Il costo sarà una Russia ancillare rispetto alla Cina, ma questo lo sanno anche i russi. Gli unici che non avranno costi saranno in tre: America, Cina e Gran Bretagna.
Putin ormai non può più tornare indietro, può solo andare fino in fondo.
Leggendo queste cose ho istintivamente associato putin al pensiero di carl schmitt: le categorie del politico, la dialettica amico/nemico,...
Cercando putin + schmitt, mi è uscito questo articolo di gori, pubblicato sul sito della luiss, nel quale, parlando della russia, viene richiamato schmitt e la politica come kathéchon. Molto illuminante.
L'intervista l'ho quotata parola per parola. Evidenziami la frase o le frasi che secondo te ipotizzano che "la NATO volesse attaccare la Russia". Perché lì non c'è scritto e discutere di parole che putin non ha detto è privo di senso.
Può anche aver deciso sulla base di una impellenza di carattere personale, ovvero "o lo faccio io o chi verrà dopo di me non sarà capace di condurre una decisione di così enorme portata", che poi è il ragionamento che tanti hanno fatto nella storia, cioè prendere decisioni sulla scorta di un tempo che, o lo cogli tu perchè solo tu pensi di poterlo fare, o sarebbe declinato producendo le conseguenze che vorresti invece esorcizzare.
Questo pensiero preminente può aver fatto sottovalutare tanti altri aspetti, certamente, questo non lo escludo affatto. Oramai però si è così avanti che tornare indietro nessuno può più, non Putin ma nemmeno gli altri attori, grandi o piccoli.
Qui deve prodursi adesso una risposta dalla guerra. Sarà la guerra ora a decidere per tutti.
Si sono assolutamenre d'accordo su questo. Il peso della tradizione imperiale produce o 'costringe' a decisioni di portata tragica
Io ricordo una dichiarazione di Zelensky, che postammo qua (semmai la cerco) di settimane orsono, forse la ricorderai anche tu, dove diceva che "è inutile ricacciare i russi dal Donbass perchè tanto il giorno dopo te ritroveresti lì".
Invece che prima di Johnson Zelensky abbia affermato di puntare ad una vittoria totale, ovvero la liberazione dell'Ucraina e la riconquista di tutta l'Ucraina, questo non me lo ricordo. A me pare proprio che sia stato Johnson, in un momento di invasamento, a lanciarsi in proclami di tal fatta.
I nostri giornali bisogna distinguere: ci sono quelli antioccidentali tipo Il Fatto e ci sono quelli che sono a tutt'oggi ancora su posizioni radicalemente atlantiste, perchè se leggi gli editoriali dei vari direttori e prime firme di CorSera, Repubblica e La Stampa essi sono ancora tutti compattamente pro linea attuale, cioè pro USA/Nato/invio armi, linea del governo ecc...ecc...
Quando si inizierà a vedere quelle firme fare dei distinguo, a parlare, come fa Caracciolo, di "dover prendere atto della realtà", allora sì potremo dire che qualcosa nella linea editoriale sta cambiando.
Se la trovi e la recuperi postala pure, perchè c'è da considerare che sia stata anche questa una notizia travisata
a me Zelelnsk è sembrato sempre molto risoluto in quello che chiedeva alla Russia
Leggendo queste cose ho istintivamente associato putin al pensiero di carl schmitt: le categorie del politico, la dialettica amico/nemico,...
Cercando putin + schmitt, mi è uscito questo articolo di gori, pubblicato sul sito della luiss, nel quale, parlando della russia, viene richiamato schmitt e la politica come kathéchon. Molto illuminante.
Interessante. Intanto ti ringrazio per la segnalazione. Il libro di Gori forse converrà acquistarlo per capirne di più anche di questa (per noi occidentali) sovente "misteriosa" Russia, perchè in effetti la Russia in fondo chi degli europei la conosce davvero?
Il Katechon è un concetto metafisico che poi si fa storico a seconda della latitudine che lo coglie. Nella sua essenza significante originaria è "il potere che frena"...frena che cosa? Per l'appunto ciò che incarna l'Anticristo, l'anti-umano.
Si badi bene: frena, non distrugge o sconfigge ciò che si invera nella storia come forza dissolutrice, dissolvitrice...perchè, ne abbiamo parlato, gli eventi faranno il loro corso e il ciclo ultimo si compirà comunque. Questo è scritto e tramandato in ogni tradizione di ogni latitudine: antica, cristiana, indiana.
La Russia ha fatto proprio e tradotto il concetto di Katechon a suo modo, ritagliandolo addosso alla sua storia, alla sua cultura, alla visione che ha di se stessa...ma già i fascismi, per parte loro, si erano percepiti come rivestiti della stessa funzione, quella di "salvaguardia della civiltà", di raffrenamento della degenerazione, dei valori rovesciati - lì cioè dove viene discinto il legame organico, e proprio delle civiltà tradizionali, ovvero gerachico-aristocratiche, individuo-popolo-stato, per inverarne uno a carattere materialista, individualista, indifferentista, egualitarista.
Se ne conclude che il Katechon è un "agente" universale, che assume una veste propria a seconda della traduzione che di esso si fa nel pensiero della terra o del popolo o della autorità che se ne riveste.
Questo in una lettura metafisica della storia che poi è quella che pure io assumo, perchè i piani con cui intepretare la realtà possono giammai essere uno soltanto, e in fondo gli stessi simboli di cui ci nutriamo, le storie, quanto ci arriva oltre il livello epidermico, cosa altro rappresentano se non possibilità ulteriori per leggere e comprendere la scena temporale?
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Se la trovi e la recuperi postala pure, perchè c'è da considerare che sia stata anche questa una notizia travisata
a me Zelelnsk è sembrato sempre molto risoluto in quello che chiedeva alla Russia
Domani la cerco.
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Se la trovi e la recuperi postala pure, perchè c'è da considerare che sia stata anche questa una notizia travisata
a me Zelelnsk è sembrato sempre molto risoluto in quello che chiedeva alla Russia
Era del 5 aprile:
Per Zelensky difficile liberare il Donbass
«Combattere per la liberazione del Donbass, occupati dal 2014, ci costerebbe tra i 40mila e i 50mila uomini e i russi tornerebbero il mese dopo»: lo ha dichiarato il presidente ucraino Zelensky, citato dal Kyiv Independent.
Le notizie di martedì 5 aprile sulla guerra, minuto per minuto. Il New York Times ha pubblicato immagini satellitari che confuterebbero la versione russa delle atrocità compiute a Bucha. Biden: Putin sia processato. Oggi Zelensky parla all’Onu
Ma il 28 marzo affermava anche questo:
"Non ho lanciato le nostre truppe in Crimea e nel Donbass per evitare centinaia di migliaia di morti", ancora Zelensky, "io voglio minimizzare le vittime e accorciare la guerra. Ora, però, le truppe russe devono tornare nei territori occupati, tornare a prima del 24 febbraio, e da lì partiremo a discutere".
Il presidente accusa: “L’Occidente manca di coraggio, giocano a ping pong per decidere chi deve mandarci i jet”
e si nota come il concetto di "tornare al pre 24 febbraio" non sia solo di due giorni fa. Poi cosa è successo? E' "arrivato Johnson", cioè gli obiettivi occidentali, di diminuire la Russia/rovesciare Putin, hanno preso via via più corpo e sostanza, USA e GB considerandoli raggiungibili.
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Putin alla parata del 9 maggio: «Volevano invaderci». Perché lo zar è stato così prudente?
Sotto una pioggia mista a neve sono sfilati soldati, mezzi militari e il Reggimento Immortale. Il presidente russo: dovevamo difenderci. Gerasimov, il capo di Stato maggiore, non c’era
«Da dove comincia la patria? Dagli amici fedeli del cortile, dalle filastrocche che ti canta la mamma, e nessuno ti potrà mai togliere». Le casse acustiche sparse ovunque sul percorso propongono canzoni del tempo di guerra, che tutti recitano in coro, ogni tanto interrompendo la successione con qualche «hurrà».
La prima fu uno degli ultimi successi dell’attore e cantante Mark Neumovic Bernes ed è il motivo più amato da Vladimir Putin. Era il tema del film dedicato al controspionaggio contro i nazisti. Lo vide da bambino, e decise che da grande avrebbe fatto l’agente segreto.
Il corteo
«Addio, addio, scriveteci spesso, ma non sappiamo dove». Nel 2019, i partecipanti alla manifestazione del Reggimento Immortale furono più di un milione, e oggi ci siamo quasi. Quando il corteo si muove verso il Cremlino per una marcia lunga dieci chilometri, a guardarlo da un dosso della Bielorusskaja sembra davvero non finire mai. Hanno tutti la foto del loro familiare che prese parte alla Grande guerra patriottica, reggono la riproduzione della bandiera rossa che venne innalzata sul Reichstag in fiamme, urlano Russia, Russia. Non è vero che partecipano per paura o perché costretti. Le spille con la Z sono poche. Sono qui, sotto una pioggia che talvolta si trasforma in neve, perché ci credono.
Il discorso che il presidente russo ha letto al mattino, prima della parata dei mezzi militari, ha destato sorpresa per le cose non dette, e per i toni quasi prudenti. Ha cominciato con un parallelo tra i veterani del 1941-1945 seduti dietro di lui e i soldati che stanno combattendo nel Donbass. «Come gli eroi della Grande guerra patriottica, difendono la loro terra». Ma ben presto è passato a un riassunto dei motivi che lo hanno spinto ad invadere l’Ucraina, Paese mai nominato durante la sua orazione, come se non esistesse in quanto Stato.
«La Russia si è sempre battuta per creare un sistema di sicurezza mondiale equo e paritario. Abbiamo esortato l’Occidente a cercare soluzioni e compromessi, ma i Paesi della Nato non ci hanno voluto ascoltare. Siccome c’era una minaccia immediata ai nostri confini, abbiamo fermato preventivamente l’aggressione. Era l’unica decisione corretta e tempestiva da prendere». Se proprio vogliamo trovare una novità, è nell’attacco frontale agli Usa, come ai tempi della guerra fredda. «Gli Stati Uniti, soprattutto dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, hanno curato solo i loro interessi, umiliando anche i propri alleati che sono costretti a inghiottire tutto questo docilmente. Ma noi non rinunceremo mai all’amore per la patria e agli altri valori che l’Occidente sembra aver deciso di abolire».
A discorso, discorso e mezzo. La replica di Zelensky arriva con un video girato nella via centrale di Khreshchatyk alle prime ore dell’alba. Se Putin appare immerso nella folla, lui per celebrare il giorno della Vittoria si presenta da solo, dimostrando ancora una volta di conoscere alla perfezione l’uso dei simboli. Quanto alle parole, sono molto dure, destinate a scavare un solco ancora più profondo tra le due parti, se possibile. «Putin sta ripetendo gli orribili crimini del regime di Hitler, copiando la filosofia nazista. È condannato. Perché è stato maledetto da milioni di antenati quando ha iniziato a imitare il loro assassino. E quindi perderà tutto. Invece noi abbiamo vinto allora, e vinceremo anche questa volta».
«E dell’ultima via ho letto il nome, a Brest, a Minsk, a Lublino, a Varsavia…». A un chilometro dalla piazza Rossa è l’apoteosi. «Fino a Berlino», urla la folla, intonando il ritornello della canzone più celebre di Leonid Utesov, che fu uno degli artisti più amati dell’Urss. La pioggia gelida non si porta via l’entusiasmo. E neppure le consuete teorie alternative sui misteri del Cremlino. Dagli aerei che dovevano alzarsi in volo e invece non lo hanno fatto, ma c’erano nuvole nere su Mosca.
Il numero due
Fino all’assenza del capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, che dal 2009 al 2012, quando era numero due dell’esercito, aveva guidato la parata, ma dopo la promozione non è più apparso in pubblico assieme alle altre due persone in possesso dei codici nucleari, Putin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu, proprio come ieri. Quel che invece dovrebbe rimanere, e di cui bisognerebbe tenere conto, è l’impasto di orgoglio e patriottismo che pervade l’anima dei russi, non solo quella di Putin. «Sono pronta a tramandare questa tradizione ai miei figli», dice Yelena, che è ancora giovane e fa capire che a lei l’Operazione militare speciale non piace. Per tante ragioni, dice. Una potrebbe essere la seguente. Sia l’attore-cantante Bernes tanto amato dal giovane Vladimir che il bardo Utesov, erano entrambi nati e cresciuti in Ucraina.
CorSera-Marco Imarisio
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Le richieste di Biden a Draghi: nuovi invii di armi all’Ucraina e soldati da schierare sul fianco Est
Il presidente del Consiglio è ritenuto dall’alleato una «garanzia» in grado di tenere unita una maggioranza politica eterogenea. L’intenzione di non chiedere contributi economici troppo pesanti
Il governo italiano condivide il principio cardine della strategia americana e della Nato: è necessario continuare a fornire armi all’Ucraina se si vuole porre fine al conflitto. Giusto o sbagliato che sia, per Joe Biden non ci sono alternative. Partirà da questa premessa il colloquio tra Biden e Mario Draghi, oggi a Washington. Secondo la Casa Bianca i temi in agenda sono: la guerra, naturalmente, le sanzioni alla Russia e poi ««economia globale, sicurezza energetica e climate change».
Ma nel concreto che cosa chiederà Biden? Per provare a rispondere, abbiamo raccolto informazioni tra i senatori più vicini all’Amministrazione. Alcuni, come Christopher Coons del Delaware, hanno accettato di parlare apertamente. Abbiamo sentito, inoltre, l’ex ambasciatore in Ucraina, William Taylor, un generale a quattro stelle, funzionari del Dipartimento di Stato e della Casa Bianca che, però, non hanno voluto essere citati.
Il 28 aprile Biden ha chiesto al Congresso un finanziamento massiccio per aiutare l’Ucraina: 33 miliardi di dollari, di cui 20 in armamenti. I consiglieri della Casa Bianca dicono che il presidente si aspetta «un contributo proporzionale dagli alleati». Lo stesso concetto è ripetuto da un fronte bipartisan al Congresso, come ci conferma il Senatore repubblicano John Cornyn (Texas). In un primo tempo erano circolate delle simulazioni: il «contributo proporzionale» chiesto all’Italia sarebbe pari a tre miliardi di dollari. Ma il governo Usa si è subito reso conto che sarebbe una cifra totalmente fuori portata per l’esecutivo italiano. Biden, allora, porterà il discorso su possibili «misure compensative». L’ambasciatore Taylor sta seguendo da vicino le manovre diplomatiche in corso. Dice alCorriere : «conosciamo le difficoltà di bilancio dell’Italia, ma adesso la cosa importante è che tutti facciano qualcosa. Questo non significa che il contributo debba per forza essere economico». Il Senatore Coons, amico e consigliere personale di Biden, aggiunge: «Non saremo lì con il pallottoliere a contare gli aiuti. Ci aspettiamo che l’Italia continui a confermare la sua presenza nel fronte comune degli alleati Nato. Putin deve misurarsi con uno schieramento compatto». Draghi, in ogni caso, si presenterà con l’impegno ad aumentare da 500 a 800 milioni di euro i fondi per i profughi ucraini.
Armi o soldati
Biden sonderà la disponibilità italiana a consegnare ancora più mezzi militari a Zelensky. Adesso va bene tutto, con una preferenza per i missili anti-aereo e anti-carro. Per gli americani è saltata da tempo la distinzione tra ordigni «difensivi» e «offensivi». Draghi illustrerà all’interlocutore i contenuti del terzo decreto sulle armi. Biden, però, potrebbe chiedere un ulteriore contributo in mezzi e soldati per rafforzare il fianco Est della Nato. Sarebbe oggettivamente la prospettiva più praticabile per il governo che sta già studiando l’invio di due battaglioni (tra i 500 e mille militari) in Bulgaria e Ungheria. Nuove missioni che si affiancherebbero a quelle già in corso in Romania e in Lettonia.
Il flusso del gas
Il presidente americano solleciterà Draghi ad accelerare il più possibile per affrancare l’Italia dalla dipendenza del gas russo. Biden offrirà ulteriori forniture, impegnandosi a deviare verso i nostri porti navi cariche di gas liquido destinato a Corea del Sud e Giappone. Ma per il presidente del Consiglio sarà facile dimostrare che gli sforzi Usa non sono sufficienti: al momento la percentuale del gas statunitense copre solo l’1% dei nostri consumi. Ci vorranno mesi e investimenti importanti prima che questa quota possa aumentare in modo significativo.
CorSera
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Grande nonno Biden, che tira il guinzaglio e prova ad usare Draghi contro Macron e nel mentre ci fa la cortesia di venderci a caro prezzo il gas e le armi da poi regalare all'Ucraina.
Grazie nonno, come faremmo senza di te.
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