D’Ancona (Iss): «Il Coronavirus non si ferma, aumenti in Lazio, Piemonte e Toscana»
L’epidemiologo Paolo D’Ancona, dell’Istituto superiore di Sanità: «Troppo presto parlare di un’inversione di tendenza in Lombardia: i numeri per ora non danno risposte, un calo o un aumento nelle zone più colpite del Nord potrebbero essere temporanei»
«Le oscillazioni quotidiane non sono significative. I numeri non possono dare risposte da un giorno all’altro. Un calo o un aumento nelle zone più colpite del Nord potrebbero essere temporanei. Diremo di più solo la prossima settimana», rimanda valutazioni più circostanziate sull’andamento della pandemia da coronavirus in Italia Paolo D’Ancona. L’epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità è uno dei tecnici che raccolgono ed approfondiscono le informazioni comunicate dalle regioni e rese note dalla Protezione Civile.
L’ultimo bollettino mostra un aumento generale: 21.157 positività contro le 17.660 di venerdì e 175 nuove vittime. E a livello regionale?
«Troppo presto parlare di una inversione di tendenza in Lombardia. C’è invece un discreto aumento in Toscana, Piemonte e Lazio. In quest’ultima regione sono stati confermati 320 casi, significa che il virus circola. Considerazioni più accurate sulla situazione nel centro-sud le potremo disegnare solo la prossima settimana in base al monitoraggio dei malati gravi ricoverati in terapia intensiva. Questi pazienti sono l’indicatore di quanto la pandemia si sta diffondendo. In pochi giorni potrebbe cambiare tutto, però non ci aspettiamo l’incremento rapido avvenuto in Lombardia e Veneto. Nel frattempo sono state introdotte misure rigorose e contiamo sui comportamenti individuali che possono incidere in modo importante sul quadro complessivo».
C’è chi prevede una crescita notevole al Centro Sud. C’è motivo di immaginare scenari del genere?
«È facile costruire scenari catastrofici molto più che smontarli. Attualmente non ci sono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. Noi speriamo di poter contenere la circolazione del virus».
Si riferisce ai modelli esponenziali descritti in un articolo pubblicato sulla rivista Lancet dall’Istituto Mario *****? Il quadro: 30 mila infetti in pochi giorni e l’aumento del trend di pazienti che avranno bisogno di rianimazione.
«È prematuro costruire dei modelli in base ai quali tracciare la curva della pandemia. L’istituto Mario ***** ipotizza uno degli scenari. L’Ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie infettive, ha pubblicato una stima del rischio secondo la quale il picco massimo di casi in Italia è atteso a fine marzo ma in assenza di interventi di contenimento. Due scenari diversi con assunzioni diverse. In Italia abbiamo adottato misure forti, quindi ci attendiamo dei risultati. L’unica incognita è sapere quanto le restrizioni influiranno sull’andamento della curva».
Il virus è pericoloso per gli anziani. Però tra i morti si contano purtroppo anche persone tra 38 e 50 anni. Come mai?
«Sono una piccola quota, alla Protezione Civile ne risultano undici su 1441 decessi totali. Una percentuale comunque estremamente bassa. Noi stiamo studiando i singoli casi. Tutti, tranne uno per il quale non abbiamo ricevuto ancora informazioni, avevano altre malattie severe concomitanti. E questo conferma le caratteristiche dell’infezione che è più rischiosa per anziani e pazienti con le cosiddette co-morbilità. Il nostro istituto ha già raccolto un centinaio di cartelle cliniche per fare un’analisi completa delle cause di decesso».
Gli operatori sanitari contagiati sono circa 1.500, un numero importante. Come si spiega che proprio chi dovrebbe sapere proteggersi dal virus viene contagiato?
«Anche questo è un elemento di studio. Vogliamo capire se questi operatori, cui esprimiamo tutta la nostra gratitudine per come si stanno battendo, si sono contagiati in ambiente professionale, in ospedale o nei loro studi di medici di famiglia, oppure nella vita privata. Sicuramente adesso c’è maggiore attenzione da parte del personale sull’uso corretto dei dispositivi di protezione».
Cosa raccomandare ai cittadini?
«Il distanziamento sociale è il principio da tenere sempre a mente, in ogni circostanza, anche a casa nei limiti del possibile. L’obiettivo è quello di non lasciare spazio al virus, di sbarrargli la strada ed impedirgli di trasmettersi».
Ha un’esortazione?
«In presenza di sintomi anche di lieve entità come può essere una congiuntivite o un banale raffreddore accompagnati da febbre, che è il primo indicatore della Covid-19, restate a casa, non uscite. Pensate che possa essere colpa del coronavirus e adoperate il massimo delle precauzioni pur non avendone conferma».
Non dovremmo aspettare la diagnosi prima di auto isolarci?
«Evitate la corsa al tampone. Anche senza averlo fatto, aspettate di guarire da quella che potrebbe essere solo una semplice alterazione febbrile o una simil influenza. Restate a casa, non andate in ufficio, la spesa la farà qualcun altro».
CorSera
L’epidemiologo Paolo D’Ancona, dell’Istituto superiore di Sanità: «Troppo presto parlare di un’inversione di tendenza in Lombardia: i numeri per ora non danno risposte, un calo o un aumento nelle zone più colpite del Nord potrebbero essere temporanei»
«Le oscillazioni quotidiane non sono significative. I numeri non possono dare risposte da un giorno all’altro. Un calo o un aumento nelle zone più colpite del Nord potrebbero essere temporanei. Diremo di più solo la prossima settimana», rimanda valutazioni più circostanziate sull’andamento della pandemia da coronavirus in Italia Paolo D’Ancona. L’epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità è uno dei tecnici che raccolgono ed approfondiscono le informazioni comunicate dalle regioni e rese note dalla Protezione Civile.
L’ultimo bollettino mostra un aumento generale: 21.157 positività contro le 17.660 di venerdì e 175 nuove vittime. E a livello regionale?
«Troppo presto parlare di una inversione di tendenza in Lombardia. C’è invece un discreto aumento in Toscana, Piemonte e Lazio. In quest’ultima regione sono stati confermati 320 casi, significa che il virus circola. Considerazioni più accurate sulla situazione nel centro-sud le potremo disegnare solo la prossima settimana in base al monitoraggio dei malati gravi ricoverati in terapia intensiva. Questi pazienti sono l’indicatore di quanto la pandemia si sta diffondendo. In pochi giorni potrebbe cambiare tutto, però non ci aspettiamo l’incremento rapido avvenuto in Lombardia e Veneto. Nel frattempo sono state introdotte misure rigorose e contiamo sui comportamenti individuali che possono incidere in modo importante sul quadro complessivo».
C’è chi prevede una crescita notevole al Centro Sud. C’è motivo di immaginare scenari del genere?
«È facile costruire scenari catastrofici molto più che smontarli. Attualmente non ci sono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. Noi speriamo di poter contenere la circolazione del virus».
Si riferisce ai modelli esponenziali descritti in un articolo pubblicato sulla rivista Lancet dall’Istituto Mario *****? Il quadro: 30 mila infetti in pochi giorni e l’aumento del trend di pazienti che avranno bisogno di rianimazione.
«È prematuro costruire dei modelli in base ai quali tracciare la curva della pandemia. L’istituto Mario ***** ipotizza uno degli scenari. L’Ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie infettive, ha pubblicato una stima del rischio secondo la quale il picco massimo di casi in Italia è atteso a fine marzo ma in assenza di interventi di contenimento. Due scenari diversi con assunzioni diverse. In Italia abbiamo adottato misure forti, quindi ci attendiamo dei risultati. L’unica incognita è sapere quanto le restrizioni influiranno sull’andamento della curva».
Il virus è pericoloso per gli anziani. Però tra i morti si contano purtroppo anche persone tra 38 e 50 anni. Come mai?
«Sono una piccola quota, alla Protezione Civile ne risultano undici su 1441 decessi totali. Una percentuale comunque estremamente bassa. Noi stiamo studiando i singoli casi. Tutti, tranne uno per il quale non abbiamo ricevuto ancora informazioni, avevano altre malattie severe concomitanti. E questo conferma le caratteristiche dell’infezione che è più rischiosa per anziani e pazienti con le cosiddette co-morbilità. Il nostro istituto ha già raccolto un centinaio di cartelle cliniche per fare un’analisi completa delle cause di decesso».
Gli operatori sanitari contagiati sono circa 1.500, un numero importante. Come si spiega che proprio chi dovrebbe sapere proteggersi dal virus viene contagiato?
«Anche questo è un elemento di studio. Vogliamo capire se questi operatori, cui esprimiamo tutta la nostra gratitudine per come si stanno battendo, si sono contagiati in ambiente professionale, in ospedale o nei loro studi di medici di famiglia, oppure nella vita privata. Sicuramente adesso c’è maggiore attenzione da parte del personale sull’uso corretto dei dispositivi di protezione».
Cosa raccomandare ai cittadini?
«Il distanziamento sociale è il principio da tenere sempre a mente, in ogni circostanza, anche a casa nei limiti del possibile. L’obiettivo è quello di non lasciare spazio al virus, di sbarrargli la strada ed impedirgli di trasmettersi».
Ha un’esortazione?
«In presenza di sintomi anche di lieve entità come può essere una congiuntivite o un banale raffreddore accompagnati da febbre, che è il primo indicatore della Covid-19, restate a casa, non uscite. Pensate che possa essere colpa del coronavirus e adoperate il massimo delle precauzioni pur non avendone conferma».
Non dovremmo aspettare la diagnosi prima di auto isolarci?
«Evitate la corsa al tampone. Anche senza averlo fatto, aspettate di guarire da quella che potrebbe essere solo una semplice alterazione febbrile o una simil influenza. Restate a casa, non andate in ufficio, la spesa la farà qualcun altro».
CorSera
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