La straordinaria velocità con la quale la Omicron sta facendo dilagare i contagi ha già imposto un interrogativo al governo: se davvero verrà confermata la minore pericolosità di questa mutazione del virus, cosa succederà alla quarantena obbligatoria, non soltanto per i positivi, ma anche per i loro contatti stretti? Risposta urgente, se pensiamo che, in media, per ogni contagiato, ci sono almeno 10-12 persone costrette a chiudersi in casa per una settimana (se vaccinate, altrimenti 10 giorni). Qualora il numero dei nuovi casi continuasse ad aumentare al ritmo di queste ore, andrà presa una decisione drastica e andrà fatto entro fine gennaio, perché, spiegano fonti di Palazzo Chigi e del ministero della Salute, la positivizzazione di massa (che a Londra è già realtà) rischia di bloccare l'intero Paese.
In altri termini, non si esclude una revisione dell'obbligo di quarantena, se il virus continuerà la sua corsa senza, però, mettere alla prova il sistema ospedaliero. L'alternativa è un Paese con milioni di lavoratori a casa. Una prospettiva rilanciata proprio ieri dall'infettivologo Matteo Bassetti: «Con oltre 50 mila casi al giorno, destinati a diventare molti di più nelle prossime settimane, dobbiamo vivere in maniera diversa la convivenza con il virus – ha scritto su Facebook –. Non possiamo continuare a mettere in quarantena e in isolamento forzato decine di persone (i contatti) per ogni tampone positivo». Perché il rischio, a lungo andare, è quello di «trovarci con milioni di persone isolate e in quarantena: chi farà il pane, chi guiderà gli autobus, chi svolgerà le lezioni a scuola, chi garantirà la sicurezza, chi lavorerà in ospedale? – chiede Bassetti –. Usciamo dalla visione del Covid come malattia devastante ed entriamo nella fase endemica, con una malattia più gestibile (nei vaccinati) costruendo regole diverse». Il problema è capire se basterà evitare l'autoreclusione ai soli contatti stretti o se questa decisione sarà l'anticamera per lasciare liberi, in un secondo momento, anche coloro che risultano positivi al tampone, ma magari non hanno per nulla sintomi o ne hanno pochi, grazie al vaccino.
Ne parlano Niccolò Carratelli e Ilario Lombardo su La Stampa
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In altri termini, non si esclude una revisione dell'obbligo di quarantena, se il virus continuerà la sua corsa senza, però, mettere alla prova il sistema ospedaliero. L'alternativa è un Paese con milioni di lavoratori a casa. Una prospettiva rilanciata proprio ieri dall'infettivologo Matteo Bassetti: «Con oltre 50 mila casi al giorno, destinati a diventare molti di più nelle prossime settimane, dobbiamo vivere in maniera diversa la convivenza con il virus – ha scritto su Facebook –. Non possiamo continuare a mettere in quarantena e in isolamento forzato decine di persone (i contatti) per ogni tampone positivo». Perché il rischio, a lungo andare, è quello di «trovarci con milioni di persone isolate e in quarantena: chi farà il pane, chi guiderà gli autobus, chi svolgerà le lezioni a scuola, chi garantirà la sicurezza, chi lavorerà in ospedale? – chiede Bassetti –. Usciamo dalla visione del Covid come malattia devastante ed entriamo nella fase endemica, con una malattia più gestibile (nei vaccinati) costruendo regole diverse». Il problema è capire se basterà evitare l'autoreclusione ai soli contatti stretti o se questa decisione sarà l'anticamera per lasciare liberi, in un secondo momento, anche coloro che risultano positivi al tampone, ma magari non hanno per nulla sintomi o ne hanno pochi, grazie al vaccino.
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