Variante Delta, per contagiarsi bastano davvero 5-10 secondi?
Jeannette Young, responsabile sanitaria del Queensland, in Australia, ha spiegato che «a causare il contagio con questa variante sono anche contatti molto fugaci: adesso sembra che 5-10 secondi di contatto ravvicinato possano rappresentare un problema». Ecco che cosa sappiamo, finora
La variante Delta, identificata la prima volta in India, si sta diffondendo velocemente in molte parti del mondo e sta andando a sostituire la variante Alfa, scoperta in Inghilterra.
È stata identificata in almeno 92 Paesi e nel Regno Unito rappresenta ormai la quasi totalità dei casi (99%).
In Italia le stime vanno dal 17 al 26% con la previsione di una rapida ascesa di queste percentuali.
Contagi dopo 5-10 secondi?
La caratteristica più evidente della Delta è la sua grande trasmissibilità: alcuni calcoli realizzati soprattutto su dati dal Regno Unito, suggeriscono che la Delta sia circa il 60% più trasmissibile rispetto alla variante Alpha, che a sua volta era il 50% più trasmissibile del ceppo che abbiamo avuto in Europa lo scorso anno.
In Australia ha fatto scalpore l’annuncio della premier del Galles del Sud, Gladys Berejiklian, che ha dichiarato come il cluster di Bondi (una spiaggia vicino a Sydney) si sia originato da un incontro definito «spaventosamente fugace» tra due persone non vaccinate, e senza mascherina, per 5-10 secondi all’interno di un centro commerciale.
La deduzione è stata fatta sulla base di alcune riprese delle telecamere a circuito chiuso e dopo un’indagine sui contatti del Chief Health Officer dello stato, Kerry Chant. Il capo della sanità del Queensland, la dottoressa Jeannette Young, ha dichiarato: «All’inizio di questa pandemia, ho detto che 15 minuti di stretto contatto erano un tempo cui prestare attenzione. Ora sembra che siano da 5 a 10 secondi a preoccupare. Il rischio è molto più alto ora rispetto a solo un anno fa».
«Gli aerosol respiratori si accumulano nello stesso modo in cui si accumula il fumo di sigaretta — ha sottolineato e ha continuato —. In uno spazio chiuso dove la ventilazione non è adeguata il virus è ancora nell’aria. Quindi se cammini in quella zona e respiri quell’aria, potresti essere infettato».
Quando si rischia?
In quel momento a Sydney non erano obbligatorie le mascherine (nemmeno al chiuso) e c’è anche da considerare che meno del 5% della popolazione australiana ha ricevuto entrambe le dosi di vaccino.
La stima di 5-10 secondi — benché proveniente da fonti ufficiali, a partire dalla responsabile sanitaria del Queensland — sono una deduzione empirica che deve trovare conferme e non è basata su alcuno studio.
È però vero cheil virus viaggia nell’aria e può riempire gli ambienti chiusi e scarsamente ventilati per ore dopo l’emissione da un soggetto infetto.
Se prima un contatto a rischio era considerato parlare con qualcuno al chiuso per più di 15 minuti, in presenza di un virus molto più contagioso questo parametro dei minuti può sicuramente scendere, ma non abbiamo certezze su questo.
Le armi più potenti restano ventilazione e mascherina — oltre, naturalmente, ai vaccini, che riducono la possibilità di contagio di circa il 50%.
Delta, cosa sappiamo davvero: trasmissibilità e sintomi
È chiaro che Delta ha un sostanziale vantaggio di trasmissione: il paziente Zero nell’epidemia recente di Sydney era un autista di limousine che ha preso il virus da un passeggero.
Non era vaccinato, né indossava una mascherina, né veniva testato regolarmente.
Nel Nuovo Galles del Sud, di cui Sydney è la capitale, i funzionari riferiscono di una trasmissione domestica vicina al 100% rispetto al 25% dei ceppi precedenti. Più di cinque milioni di persone nella Grande Sydney e dintorni sono state ora bloccate per un lockdown di 14 giorni. Dagli studi più recenti del Regno Unito sappiamo che Delta ha un vantaggio complessivo «sulla carta» del 60-70% rispetto ad Alpha. In un posto come UK dove tantissime persone sono vaccinate o guarite, questo vantaggio si riduce al 30-40%, ma in Australia poco meno del 5% della popolazione adulta è completamente vaccinata, con il 29% che ha ricevuto solo una prima dose.
Oltre alla stima sulla maggiore contagiosità, della variante Delta sappiamo che provoca sintomi leggermente diversi: mal di testa, mal di gola, naso che cola e febbre.
La tosse è più rara e la perdita dell’olfatto non è elencata nemmeno tra i primi dieci sintomi.
Così il rischio è che i più giovani – che hanno già meno probabilità di sviluppare malattie gravi – possano scambiare questi sintomi per un brutto raffreddore e non provvedere a fare i test.
Altro particolare della Delta abbastanza sicuro è che possa essere collegata a un maggiore rischio di ricovero ospedaliero: secondo uno studio scozzese pubblicato su The Lancet il 14 giugno, la variante Delta è associata a circa il doppio di ricoveri rispetto alla variante Alpha.
Quello che non sappiamo
È anche un po’ più resistente ai vaccini, in particolare dopo una dose: il sistema sanitario nazionale del Regno Unito (PHE) ha scoperto che tre settimane dopo una prima dose, i vaccini fornivano una protezione del 33% contro la malattia sintomatica causata dalla variante Delta, rispetto a circa il 50% di protezione per la variante Alpha, ma gli stessi vaccini dopo due dosi sono efficaci al 96% contro i ricoveri.
Quello che ancora non sappiamo è a che cosa sia dovuto il «vantaggio» nella trasmissibilità, se servirà un richiamo specifico di vaccino contro questa variante e se sia più o meno letale.
Quest’ultimo punto è il più difficile da misurare, dato che non ci sono ancora stati abbastanza decessi per confrontare sistematicamente quelli associati al Delta e ad altre varianti, in più, coloro che hanno ricevuto due dosi di vaccino nel Regno Unito tendono ad essere più anziani e clinicamente più vulnerabili e per questo può capitare che si aggravino anche dopo la vaccinazione completa. Ricordiamo infine che, in media, c’è un 3% di persone su cui il vaccino non ha effetto. Nessun vaccino infatti ha un’efficacia del 100%.
CorSera
Jeannette Young, responsabile sanitaria del Queensland, in Australia, ha spiegato che «a causare il contagio con questa variante sono anche contatti molto fugaci: adesso sembra che 5-10 secondi di contatto ravvicinato possano rappresentare un problema». Ecco che cosa sappiamo, finora
La variante Delta, identificata la prima volta in India, si sta diffondendo velocemente in molte parti del mondo e sta andando a sostituire la variante Alfa, scoperta in Inghilterra.
È stata identificata in almeno 92 Paesi e nel Regno Unito rappresenta ormai la quasi totalità dei casi (99%).
In Italia le stime vanno dal 17 al 26% con la previsione di una rapida ascesa di queste percentuali.
Contagi dopo 5-10 secondi?
La caratteristica più evidente della Delta è la sua grande trasmissibilità: alcuni calcoli realizzati soprattutto su dati dal Regno Unito, suggeriscono che la Delta sia circa il 60% più trasmissibile rispetto alla variante Alpha, che a sua volta era il 50% più trasmissibile del ceppo che abbiamo avuto in Europa lo scorso anno.
In Australia ha fatto scalpore l’annuncio della premier del Galles del Sud, Gladys Berejiklian, che ha dichiarato come il cluster di Bondi (una spiaggia vicino a Sydney) si sia originato da un incontro definito «spaventosamente fugace» tra due persone non vaccinate, e senza mascherina, per 5-10 secondi all’interno di un centro commerciale.
La deduzione è stata fatta sulla base di alcune riprese delle telecamere a circuito chiuso e dopo un’indagine sui contatti del Chief Health Officer dello stato, Kerry Chant. Il capo della sanità del Queensland, la dottoressa Jeannette Young, ha dichiarato: «All’inizio di questa pandemia, ho detto che 15 minuti di stretto contatto erano un tempo cui prestare attenzione. Ora sembra che siano da 5 a 10 secondi a preoccupare. Il rischio è molto più alto ora rispetto a solo un anno fa».
«Gli aerosol respiratori si accumulano nello stesso modo in cui si accumula il fumo di sigaretta — ha sottolineato e ha continuato —. In uno spazio chiuso dove la ventilazione non è adeguata il virus è ancora nell’aria. Quindi se cammini in quella zona e respiri quell’aria, potresti essere infettato».
Quando si rischia?
In quel momento a Sydney non erano obbligatorie le mascherine (nemmeno al chiuso) e c’è anche da considerare che meno del 5% della popolazione australiana ha ricevuto entrambe le dosi di vaccino.
La stima di 5-10 secondi — benché proveniente da fonti ufficiali, a partire dalla responsabile sanitaria del Queensland — sono una deduzione empirica che deve trovare conferme e non è basata su alcuno studio.
È però vero cheil virus viaggia nell’aria e può riempire gli ambienti chiusi e scarsamente ventilati per ore dopo l’emissione da un soggetto infetto.
Se prima un contatto a rischio era considerato parlare con qualcuno al chiuso per più di 15 minuti, in presenza di un virus molto più contagioso questo parametro dei minuti può sicuramente scendere, ma non abbiamo certezze su questo.
Le armi più potenti restano ventilazione e mascherina — oltre, naturalmente, ai vaccini, che riducono la possibilità di contagio di circa il 50%.
Delta, cosa sappiamo davvero: trasmissibilità e sintomi
È chiaro che Delta ha un sostanziale vantaggio di trasmissione: il paziente Zero nell’epidemia recente di Sydney era un autista di limousine che ha preso il virus da un passeggero.
Non era vaccinato, né indossava una mascherina, né veniva testato regolarmente.
Nel Nuovo Galles del Sud, di cui Sydney è la capitale, i funzionari riferiscono di una trasmissione domestica vicina al 100% rispetto al 25% dei ceppi precedenti. Più di cinque milioni di persone nella Grande Sydney e dintorni sono state ora bloccate per un lockdown di 14 giorni. Dagli studi più recenti del Regno Unito sappiamo che Delta ha un vantaggio complessivo «sulla carta» del 60-70% rispetto ad Alpha. In un posto come UK dove tantissime persone sono vaccinate o guarite, questo vantaggio si riduce al 30-40%, ma in Australia poco meno del 5% della popolazione adulta è completamente vaccinata, con il 29% che ha ricevuto solo una prima dose.
Oltre alla stima sulla maggiore contagiosità, della variante Delta sappiamo che provoca sintomi leggermente diversi: mal di testa, mal di gola, naso che cola e febbre.
La tosse è più rara e la perdita dell’olfatto non è elencata nemmeno tra i primi dieci sintomi.
Così il rischio è che i più giovani – che hanno già meno probabilità di sviluppare malattie gravi – possano scambiare questi sintomi per un brutto raffreddore e non provvedere a fare i test.
Altro particolare della Delta abbastanza sicuro è che possa essere collegata a un maggiore rischio di ricovero ospedaliero: secondo uno studio scozzese pubblicato su The Lancet il 14 giugno, la variante Delta è associata a circa il doppio di ricoveri rispetto alla variante Alpha.
Quello che non sappiamo
È anche un po’ più resistente ai vaccini, in particolare dopo una dose: il sistema sanitario nazionale del Regno Unito (PHE) ha scoperto che tre settimane dopo una prima dose, i vaccini fornivano una protezione del 33% contro la malattia sintomatica causata dalla variante Delta, rispetto a circa il 50% di protezione per la variante Alpha, ma gli stessi vaccini dopo due dosi sono efficaci al 96% contro i ricoveri.
Quello che ancora non sappiamo è a che cosa sia dovuto il «vantaggio» nella trasmissibilità, se servirà un richiamo specifico di vaccino contro questa variante e se sia più o meno letale.
Quest’ultimo punto è il più difficile da misurare, dato che non ci sono ancora stati abbastanza decessi per confrontare sistematicamente quelli associati al Delta e ad altre varianti, in più, coloro che hanno ricevuto due dosi di vaccino nel Regno Unito tendono ad essere più anziani e clinicamente più vulnerabili e per questo può capitare che si aggravino anche dopo la vaccinazione completa. Ricordiamo infine che, in media, c’è un 3% di persone su cui il vaccino non ha effetto. Nessun vaccino infatti ha un’efficacia del 100%.
CorSera
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