Originariamente Scritto da Sean
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Marie Scully, prima ematologa del Regno Unito che ha collegato i rari trombi ad AstraZeneca
La specialista ha capito il legame tra il vaccino anglo-svedese e i rari trombi cerebrali osservando tre pazienti e ha individuato la giusta terapia. Ai tedeschi il merito delle prime segnalazioni all’Ema
Il primo indizio: una donna di circa 30 anni ricoverata all’inizio di marzo all’University College Hospital di Londra con trombi nel cervello e una carenza di piastrine. «Non quadrava» , ha raccontato al Guardian l’ematologa Marie Scully. «Generalmente quando si verificano problemi come questi riusciamo a individuare una causa, ma con questa giovane donna no». La professoressa Scully è la prima medica del Regno Unito ad aver collegato la trombosi al vaccino di AstraZeneca anche se sono stati medici tedeschi a sollevare il problema nelle sedi istituzionali, mossa che ha poi portato alla discussione all’Ema (Agenzia regolatoria europea) e alle conseguenti scelte di molti Paesi di destinare il vaccino AstraZeneca alla popolazione più anziana, che non ha mai subito questo raro effetto collaterale.
Trombi nel fegato e nei polmoni
Il bilancio rischi-benefici è saldamente a favore del vaccino, ma la diagnosi della trombosi da vaccino e l’identificazione della giusta terapia per contrastarla ha indubbiamente salvato la vita di diversi soggetti a rischio. Oggi la comunità medica si aggiorna quotidianamente sui casi di coagulazioni anomale. In Gran Bretagna esiste un gruppo WhatsApp che conta circa 500 membri, ma ancora il mese scorso mancavano certezze. Al momento del ricovero, la paziente londinese aveva mal di testa, nausea, vomito, intolleranza alla luce. Come primo passo le è stata prescritta una trasfusione di piastrine e piccole dosi di farmaci anticoagulanti. La paziente sembrava migliorare, ma le piastrine non aumentavano. È allora che l’ecografia ha individuato un trombo nel fegato. «Questo è del tutto inusuale», ha ricordato Scully, sottolineando che ce n’erano altri, nei polmoni, e tutti sembravano peggiorare nonostante la terapia. La settimana successiva la paziente si è aggravata ed è stata trasferita in terapia intensiva.
L’individuazione della giusta terapia
A questo punto, scrive il Guardian, per affrontare un caso complicato e misterioso è scattata un’operazione multidisciplinare. L’evolversi della sindrome faceva pensare alla trombocitopenia indotta da eparina – una reazione a catena provocata dal complesso tra eparina e il fattore piastrinico Pf4 che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi che formano trombi – ma alla donna non era stata somministrata l’eparina. Nel frattempo erano giunte segnalazioni di casi simili, uno a Birmiingham e un altro a Londra . «Avevamo escluso tutto», ricorda Marcel Levi, direttore dell’ospedale ed ematologo. «Allora Marie disse, facciamo il test per l’eparina». L’esame rivelò in tutti i pazienti livelli elevati di eparina e Pf4. I tre pazienti avevano una sola cosa in comune: pochi giorni prima avevano ricevuto il vaccino AstraZeneca. Levi contattò immediatamente i consiglieri scientifici del governo, Chris Whitty, che lavora nel suo stesso ospedale, UCLH, e Patrick Vallance, oltre all’agenzia britannica di regolamentazione e vigilanza sui farmaci, MHRA. «Avevo saputo da un gruppo tedesco che erano arrivati a risultati simili» (ne abbiamo scritto qui). Lo studio dello specialista tedesco della coagulazione Andreas Greinacher, dell’Università di Greifswald, e la sua spiegazione per le rare trombosi è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine. Marie Scully Voleva che tutti gli ospedali fossero al corrente del problema al più presto e sapessero come affrontarlo: anticoagulanti ma niente eparina, niente trasfusione di piastrine, la necessità di abbassare la risposta immunitaria ed evitare la produzione degli anticorpi Pf4, somministrazione endovenosa di immunoglobuline. Informazioni che hanno portato a diagnosi più veloci e in tanti casi fatto la differenza.
CorSera
La specialista ha capito il legame tra il vaccino anglo-svedese e i rari trombi cerebrali osservando tre pazienti e ha individuato la giusta terapia. Ai tedeschi il merito delle prime segnalazioni all’Ema
Il primo indizio: una donna di circa 30 anni ricoverata all’inizio di marzo all’University College Hospital di Londra con trombi nel cervello e una carenza di piastrine. «Non quadrava» , ha raccontato al Guardian l’ematologa Marie Scully. «Generalmente quando si verificano problemi come questi riusciamo a individuare una causa, ma con questa giovane donna no». La professoressa Scully è la prima medica del Regno Unito ad aver collegato la trombosi al vaccino di AstraZeneca anche se sono stati medici tedeschi a sollevare il problema nelle sedi istituzionali, mossa che ha poi portato alla discussione all’Ema (Agenzia regolatoria europea) e alle conseguenti scelte di molti Paesi di destinare il vaccino AstraZeneca alla popolazione più anziana, che non ha mai subito questo raro effetto collaterale.
Trombi nel fegato e nei polmoni
Il bilancio rischi-benefici è saldamente a favore del vaccino, ma la diagnosi della trombosi da vaccino e l’identificazione della giusta terapia per contrastarla ha indubbiamente salvato la vita di diversi soggetti a rischio. Oggi la comunità medica si aggiorna quotidianamente sui casi di coagulazioni anomale. In Gran Bretagna esiste un gruppo WhatsApp che conta circa 500 membri, ma ancora il mese scorso mancavano certezze. Al momento del ricovero, la paziente londinese aveva mal di testa, nausea, vomito, intolleranza alla luce. Come primo passo le è stata prescritta una trasfusione di piastrine e piccole dosi di farmaci anticoagulanti. La paziente sembrava migliorare, ma le piastrine non aumentavano. È allora che l’ecografia ha individuato un trombo nel fegato. «Questo è del tutto inusuale», ha ricordato Scully, sottolineando che ce n’erano altri, nei polmoni, e tutti sembravano peggiorare nonostante la terapia. La settimana successiva la paziente si è aggravata ed è stata trasferita in terapia intensiva.
L’individuazione della giusta terapia
A questo punto, scrive il Guardian, per affrontare un caso complicato e misterioso è scattata un’operazione multidisciplinare. L’evolversi della sindrome faceva pensare alla trombocitopenia indotta da eparina – una reazione a catena provocata dal complesso tra eparina e il fattore piastrinico Pf4 che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi che formano trombi – ma alla donna non era stata somministrata l’eparina. Nel frattempo erano giunte segnalazioni di casi simili, uno a Birmiingham e un altro a Londra . «Avevamo escluso tutto», ricorda Marcel Levi, direttore dell’ospedale ed ematologo. «Allora Marie disse, facciamo il test per l’eparina». L’esame rivelò in tutti i pazienti livelli elevati di eparina e Pf4. I tre pazienti avevano una sola cosa in comune: pochi giorni prima avevano ricevuto il vaccino AstraZeneca. Levi contattò immediatamente i consiglieri scientifici del governo, Chris Whitty, che lavora nel suo stesso ospedale, UCLH, e Patrick Vallance, oltre all’agenzia britannica di regolamentazione e vigilanza sui farmaci, MHRA. «Avevo saputo da un gruppo tedesco che erano arrivati a risultati simili» (ne abbiamo scritto qui). Lo studio dello specialista tedesco della coagulazione Andreas Greinacher, dell’Università di Greifswald, e la sua spiegazione per le rare trombosi è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine. Marie Scully Voleva che tutti gli ospedali fossero al corrente del problema al più presto e sapessero come affrontarlo: anticoagulanti ma niente eparina, niente trasfusione di piastrine, la necessità di abbassare la risposta immunitaria ed evitare la produzione degli anticorpi Pf4, somministrazione endovenosa di immunoglobuline. Informazioni che hanno portato a diagnosi più veloci e in tanti casi fatto la differenza.
CorSera
fortunatamente esistono queste realta’, e ce ne sono...tantissime...e non sotto i riflettori.
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