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Il lockdown totale per qualche settimana è invocato però anche da vari scienziati...in quanto vaccinare ad epidemia in corso pone il rischio di selezionare varianti resistenti del virus
Chiaro che sarebbe una misura super impopolare e che la popolazione non capirebbe (già molti nn capiscono il problema legato alla ristorazione), oltre al solito discorso dei soldi per i ristori che nn ci sono
ecco infatti parliamo di niente
lasciamone parlare solo gli scienziati, così evitiamo retro-lamentele paradossali su universi paralleli
Il lockdown totale per qualche settimana è invocato però anche da vari scienziati...in quanto vaccinare ad epidemia in corso pone il rischio di selezionare varianti resistenti del virus
Chiaro che sarebbe una misura super impopolare e che la popolazione non capirebbe (già molti nn capiscono il problema legato alla ristorazione), oltre al solito discorso dei soldi per i ristori che nn ci sono
lo spiegavano bene sulla pagina FB biologi per la scienza. Fare solo la prima dose e poi lasciare che le persone si infettino e' un rischio in quanto il virus puo' trovare il modo di bypassare i vaccini imparando a riconoscerli dalle persone che hanno una immunita parziale indotta dal primo vaccino
Prima l'hanno criticato, non si fidava nessuno, ora lo vogliono...
Covid, Merkel: 'Se approvato dall'Ema sì ad accordi sullo Sputnik V'
Mosca, 'E' sicuro, molti Paesi europei sono interessati'.
"Se il vaccino sarà approvato dall'Ema, potremo parlare di accordi sulla produzione e anche dell'uso". Lo ha detto Angela Merkel, rispondendo a una domanda sullo Sputnik V, il vaccino russo anticovid.
Merkel ha sottolineato di aver offerto che attraverso il Paul Ehrlich Institut la Russia abbia "supporto nello sviluppo" del vaccino. "Al di là delle differenze politiche che sono ampie, possiamo certamente lavorare insieme in una pandemia, in un settore umanitario", ha spiegato la cancelliera. Le vittime in Germania sono arrivate alla soglia dei 50.000. Secondo il Robert Koch Institut le vittime decedute per il covid-19 sono attualmente 49.783, secondo la testata Die Zeit la soglia dei 50.000 è stata superata e ora si è raggiunto il numero complessivo di 50.320 vittime. Cala invece, secondo l'istituto federale di Sanità, l'incidenza del contagio nella popolazione (119 nuovi contagi su 100.000 abitanti in 7 giorni), così come diminuiscono il numero dei nuovi contagi registrati (20.389 rispetto ai 25.164 della settimana scorsa), e il numero dei morti (1013 rispetto ai 1244 della scorsa settimana). I nuovi controlli alle frontiere in Ue saranno soltanto "l'ultima ratio", la Germania cerca un "approccio cooperativo". Lo ha detto Merkel in conferenza stampa a Berlino, in vista del consiglio europeo sul Covid. La cancelliera ha però ribadito che vi si ricorrerà se i paesi avranno approcci completamente diversi al problema della mutazione britannica del virus. "Occorre un miglior coordinamento per le misure anti-Covid legate ai viaggi. Qualsiasi restrizione della libertà di movimento deve essere proporzionata e non discriminatoria. La chiusura a tappeto delle frontiere non ha senso". Così un portavoce dell'Esecutivo comunitario a una domanda sulle nuove misure annunciate da vari Stati Ue, in una crescente preoccupazione per le mutazioni del virus. "Monitoriamo la situazione - ha aggiunto - e valutiamo se la situazione richieda" nuove restrizioni coordinate. Il tema sarà al centro della videoconferenza dei leader di oggi. "Lo Sputnik V sarà presto uno dei vaccini più diffusi e accettati del mondo: la prossima settimana una prestigiosa rivista 'peer-reviewed' europea pubblicherà i risultati della fase 3 e sarà chiaro a tutti la bontà del lavoro svolto". Lo ha detto l'amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund (RDIF), Kirill Dmitriev, in un incontro con la stampa. "Molti Paesi europei sono interessati e, come sapete, stiamo discutendo con la Germania l'opportunità di produrre il vaccino localmente". Nelle ultime 24 ore in Russia sono stati accertati 21.887 nuovi casi di Covid-19 e 612 persone sono morte a causa della malattia: il più alto numero di decessi in un giorno dal 24 dicembre. Lo riporta il centro operativo nazionale anticoronavirus. Le città con più nuovi contagi sono Mosca, con 3.458 casi in un giorno, e San Pietroburgo con 3.112. Stando ai dati ufficiali, dall'inizio dell'epidemia in Russia si registrano 3.655.839 casi di Covid-19 e 67.832 decessi provocati dal virus Sars-Cov-2. Il Russian Direct Investment Fund (RDIF, il fondo sovrano russo) annuncia che il vaccino Sputnik V è stato approvato dall'Istituto Nazionale di Farmacia e Nutrizione dell'Ungheria (OGYÉI). Così l'Ungheria è diventata il primo paese dell'Unione Europea ad autorizzare l'uso dello Sputnik V. Il vaccino è stato approvato sotto la procedura di autorizzazione per l'uso di emergenza. L'approvazione si basa sui risultati dei test clinici dello Sputnik V in Russia e su una valutazione completa del vaccino da parte degli esperti in Ungheria. Lo fa sapere il RDIF.
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
lo spiegavano bene sulla pagina FB biologi per la scienza. Fare solo la prima dose e poi lasciare che le persone si infettino e' un rischio in quanto il virus puo' trovare il modo di bypassare i vaccini imparando a riconoscerli dalle persone che hanno una immunita parziale indotta dal primo vaccino
Messa cosi' suona molto strana, i virus non sono come i batteri.
Messa cosi' suona molto strana, i virus non sono come i batteri.
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TWO DOSI IS MEGLI CHE ONE
A fine dicembre l’Inghilterra ha deciso di portare a 12 le settimane tra la prima e la seconda dose di vaccino Pfizer, andando contro la raccomandazione di 21 giorni fatta dall’azienda. Per quanto la protezione offerta da una sola dose sia infatti sicuramente inferiore a quella “completa”, il razionale dietro questa politica vaccinale è il seguente: meglio proteggere poco tante persone piuttosto che proteggere tanto poche persone. Nonostante l’obiettivo sembri condivisibile, nella realtà dei fatti questa idea si basa più su assunzioni speranzose che su dati scientifici.
I dati
Dai dati del trial Pfizer [1] si nota come il vaccino effettivamente sembri cominciare a fare effetto a partire dal dodicesimo giorno, offrendo, tra la prima e la seconda dose, una protezione di poco superiore al 50%. Quel 50% ha però un intervallo di confidenza di più o meno 20%, il che significa che nella migliore delle ipotesi una dose potrebbe proteggere al 70% e nella peggiore al 30%. I dati (molto preliminari e parziali) provenienti da Israele sembrano farci propendere per la seconda opzione [2]. Quel dato di efficienza inoltre descrive la protezione offerta dal vaccino tra il giorno 0 (prima dose) e il giorno 21 (seconda dose), ma non ci dice nulla su cosa succeda dopo. Questa protezione resta costante? Aumenta? Diminuisce? Non lo sappiamo.
La matematica
Spostare la seconda dose a 12 settimane permette nel breve periodo di vaccinare il doppio delle persone, ma proteggendole di meno. Facciamo quindi un paio di conti. Facciamo finta che una dose protegga al 40% (a metà strada tra i dati israeliani e quelli di Pfizer) e due dosi proteggano al 90% (meno dei dati Pfizer perché siamo pessimisti). Facciamo pure finta di avere solo 200 dosi visto che la quantità di vaccino è il fattore limitante. Dando una dose posso vaccinare 200 persone proteggendole al 40%, il che significa che proteggerò 80 persone (il 40% di 200). Dando due dosi invece vaccinerò 100 persone proteggendole al 90%, il che significa che proteggerò 90 persone. Pure essendo un calcolo molto spiccio, è già abbastanza evidente fare una dose nel pratico non protegga affatto più persone. Inoltre, la possibilità che una dose prevenga comunque i sintomi severi non è stata presa in considerazione per il semplice fatto che i dati al riguardo sono talmente incerti che tanto varrebbe giocare a tombola.
I rischi
Anche volendo sorvolare sugli evidenti problemi evidenziati già dalla cruda matematica, l’idea di posporre la seconda dose presenta anche delle criticità dal punto di vista medico e biologico. La sola prima dose induce una produzione di anticorpi sicuramente meno abbondante e meno potente del trattamento completo e questo è una cosa dovuta al funzionamento intrinseco del nostro sistema immunitario, che affina le sue armi (gli anticorpi) ogni volta che rivede lo stesso virus (o vaccino). Stando ai dati, la risposta anticorpale generata dopo una dose è parzialmente protettiva, fornendo una protezione praticamente a metà strada tra chi non ha anticorpi e chi ha quelli “finali” dopo le due dosi. Questa situazione intermedia fornisce al virus una “palestra intermedia” perfetta per allenarsi ad attaccare anche i vaccinati “completi”. In una situazione di epidemia sostenuta come quella attuale, il virus avrebbe molte occasioni di incontrare i “mezzi vaccinati” e conseguentemente più occasioni di migliorare gradualmente la sua capacità di sfuggire alla risposta immunitaria fornita dal vaccino. “Beh, ma tanto dopo 3 mesi si fa comunque la seconda dose e si arriva al 95% di protezione”. Sarebbe bello, ma non lo sappiamo visto che nel trial la seconda dose veniva somministrata a 21 giorni. Il rischio in questo caso è quello di avere l’effetto “libro dimenticato sul comodino”. Ce l’avete presente il libro che tenete a fianco al letto e che leggete una volta ogni morte di papa? Se leggeste una decina di pagine ogni settimana riuscireste a seguire bene la trama, ma visto che lo aprite una volta ogni tre mesi vi ricordate a stento i nomi dei personaggi. Lo stesso potrebbe accadere dilazionando le dosi: se troppo distante, la seconda dose potrebbe rivelarsi solo una deludente “seconda prima dose”, incapace di offrire la protezione completa.
Le conclusioni
Il gioco non vale la candela. “Proteggere tutti un po’” non solo protegge un numero minore di persone rispetto a “proteggere qualcuno ma tanto”, ma ci espone anche a rischi non trascurabili. SARS-CoV-2 si è già dimostrato numerose volte un virus insidioso e imprevedibile, non è proprio il caso di offrirgli il fianco proprio ora che abbiamo un’arma efficace per combatterlo. Il vaccino ha delle istruzioni precise, come i mobili Ikea: ignorandole ci esponiamo al rischio di rimanere schiacciati come sotto ad una libreria montata di fretta.
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
A fine dicembre l’Inghilterra ha deciso di portare a 12 le settimane tra la prima e la seconda dose di vaccino Pfizer, andando contro la raccomandazione di 21 giorni fatta dall’azienda. Per quanto la protezione offerta da una sola dose sia infatti sicuramente inferiore a quella “completa”, il razionale dietro questa politica vaccinale è il seguente: meglio proteggere poco tante persone piuttosto che proteggere tanto poche persone. Nonostante l’obiettivo sembri condivisibile, nella realtà dei fatti questa idea si basa più su assunzioni speranzose che su dati scientifici.
I dati
Dai dati del trial Pfizer [1] si nota come il vaccino effettivamente sembri cominciare a fare effetto a partire dal dodicesimo giorno, offrendo, tra la prima e la seconda dose, una protezione di poco superiore al 50%. Quel 50% ha però un intervallo di confidenza di più o meno 20%, il che significa che nella migliore delle ipotesi una dose potrebbe proteggere al 70% e nella peggiore al 30%. I dati (molto preliminari e parziali) provenienti da Israele sembrano farci propendere per la seconda opzione [2]. Quel dato di efficienza inoltre descrive la protezione offerta dal vaccino tra il giorno 0 (prima dose) e il giorno 21 (seconda dose), ma non ci dice nulla su cosa succeda dopo. Questa protezione resta costante? Aumenta? Diminuisce? Non lo sappiamo.
La matematica
Spostare la seconda dose a 12 settimane permette nel breve periodo di vaccinare il doppio delle persone, ma proteggendole di meno. Facciamo quindi un paio di conti. Facciamo finta che una dose protegga al 40% (a metà strada tra i dati israeliani e quelli di Pfizer) e due dosi proteggano al 90% (meno dei dati Pfizer perché siamo pessimisti). Facciamo pure finta di avere solo 200 dosi visto che la quantità di vaccino è il fattore limitante. Dando una dose posso vaccinare 200 persone proteggendole al 40%, il che significa che proteggerò 80 persone (il 40% di 200). Dando due dosi invece vaccinerò 100 persone proteggendole al 90%, il che significa che proteggerò 90 persone. Pure essendo un calcolo molto spiccio, è già abbastanza evidente fare una dose nel pratico non protegga affatto più persone. Inoltre, la possibilità che una dose prevenga comunque i sintomi severi non è stata presa in considerazione per il semplice fatto che i dati al riguardo sono talmente incerti che tanto varrebbe giocare a tombola.
I rischi
Anche volendo sorvolare sugli evidenti problemi evidenziati già dalla cruda matematica, l’idea di posporre la seconda dose presenta anche delle criticità dal punto di vista medico e biologico. La sola prima dose induce una produzione di anticorpi sicuramente meno abbondante e meno potente del trattamento completo e questo è una cosa dovuta al funzionamento intrinseco del nostro sistema immunitario, che affina le sue armi (gli anticorpi) ogni volta che rivede lo stesso virus (o vaccino). Stando ai dati, la risposta anticorpale generata dopo una dose è parzialmente protettiva, fornendo una protezione praticamente a metà strada tra chi non ha anticorpi e chi ha quelli “finali” dopo le due dosi. Questa situazione intermedia fornisce al virus una “palestra intermedia” perfetta per allenarsi ad attaccare anche i vaccinati “completi”. In una situazione di epidemia sostenuta come quella attuale, il virus avrebbe molte occasioni di incontrare i “mezzi vaccinati” e conseguentemente più occasioni di migliorare gradualmente la sua capacità di sfuggire alla risposta immunitaria fornita dal vaccino. “Beh, ma tanto dopo 3 mesi si fa comunque la seconda dose e si arriva al 95% di protezione”. Sarebbe bello, ma non lo sappiamo visto che nel trial la seconda dose veniva somministrata a 21 giorni. Il rischio in questo caso è quello di avere l’effetto “libro dimenticato sul comodino”. Ce l’avete presente il libro che tenete a fianco al letto e che leggete una volta ogni morte di papa? Se leggeste una decina di pagine ogni settimana riuscireste a seguire bene la trama, ma visto che lo aprite una volta ogni tre mesi vi ricordate a stento i nomi dei personaggi. Lo stesso potrebbe accadere dilazionando le dosi: se troppo distante, la seconda dose potrebbe rivelarsi solo una deludente “seconda prima dose”, incapace di offrire la protezione completa.
Le conclusioni
Il gioco non vale la candela. “Proteggere tutti un po’” non solo protegge un numero minore di persone rispetto a “proteggere qualcuno ma tanto”, ma ci espone anche a rischi non trascurabili. SARS-CoV-2 si è già dimostrato numerose volte un virus insidioso e imprevedibile, non è proprio il caso di offrirgli il fianco proprio ora che abbiamo un’arma efficace per combatterlo. Il vaccino ha delle istruzioni precise, come i mobili Ikea: ignorandole ci esponiamo al rischio di rimanere schiacciati come sotto ad una libreria montata di fretta.
Questa parte e' abbastanza strana - i virus sono molto diversi dai batteri, biologicamente meno sofisticati - e non indicano nessun riferimento, per cui non si capisce a cosa si stiano riferendo (ammesso si stiano riferendo a qualcosa di sensato)
"Stando ai dati, la risposta anticorpale generata dopo una dose è parzialmente protettiva, fornendo una protezione praticamente a metà strada tra chi non ha anticorpi e chi ha quelli “finali” dopo le due dosi. Questa situazione intermedia fornisce al virus una “palestra intermedia” perfetta per allenarsi ad attaccare anche i vaccinati “completi”.
Ma non prendere tutto così sul serio, Liam.
Relax. [emoji1690]
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Covid, l’annuncio di Sileri: “In primavera stop alle mascherine all’aperto”
Via i Dpi? «Dipende dalle vaccinazioni, ma progressivamente la comunità deve tornare alle normali attività», risponde il viceministro della Salute. Allarme per le varianti del virus.
ROMA. «Mio figlio ha 16 mesi, quando vede che la mascherina mi si muove lui me la rimette a posto. Vorrei buttarla nel secchio anche io che faccio il chirurgo e con la mascherina ci sono cresciuto. Ma per poterla buttare dovremo essere sicuri di aver vaccinato moltissime persone. Quando l'avremo fatto e quando i numeri saranno migliori, magari in primavera, credo che la mascherina all'aperto, quando siamo da soli, potremo evitare di metterla», osserva il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri a Radio Cusano Campus. «Il freno a mano andrà tolto quando avremo vaccinato, oltre agli operatori sanitari - afferma Sileri - anche tutti gli anziani. Progressivamente la comunità deve tornare alle normali attività. I ristoranti potranno riaprire la sera, potremo andare a cinema e a teatro, ovviamente con le regole che sono state stabilite».
Via i Dpi? «Dipende dalle vaccinazioni, ma progressivamente la comunità deve tornare alle normali attività», risponde il viceministro della Salute. Allarme per…
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
ahahaha fino a qualche mese loro stessi dicevano che la mascherina all'aperto da soli era inutile e senza senso ora invece bisogna " lottare" per conquistare il privilegio di poter non indossare la mascherina all'aperto da soli
Originariamente Scritto da Pesca
lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt
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