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Il distanziamento in sala è già obbligatorio.
Nella mia struttura è già tutto diviso in aree, già da giugno, tramite nastro segnaletico, è tutto diviso in aree da almeno 2x2 (o nel caso delle pedane da pesistica direttamente 3x2). In ogni area ci va una persona, indipendentemente che ci sia una sola macchina o due dove non era possibile separarle.
Ad esempio il rack per lo squat ha due postazioni, una interna alla gabbia ed una esterna, possono usarla due persone, ma non contemporaneamente. Ma non è che comunque prima ci si mettesse a fare gare di massimali di squat "sincronizzato"...
Non so se post lockdown sei mai più entrato in una palestra ma, ognuno con la propria soluzione, le regole da te proposte sono già in atto e il fatto che nelle palestre non ci siano focolai degni di nota non è assolutamente perché non puoi sapere se te lo sei preso in palestra (in quanto come detto esiste un registro presenze, quindi basta un caso per fare il tampone ad altri 20/30 iscritti che possono esserci stati in contemporanea...), ma semplicemente perché rispettare regole precise in palestra è molto più facile che in altri settori.
Per tutto il resto non mi sembra che nei supermercati ci sia una figura che vigila tra i reparti perché si mantengano le distanze, o che non tengano la mascherina abbassata sotto il naso, o che uno che si è appena strofinato il naso con le mani igienizzi subito dopo il prodotto che ha preso in mano e riappoggiato sugli scaffali...
Capiamoci che nessun altro settore, in questa pandemia, è stato messo sotto la lente d'ingrandimento come la palestre. E sempre per capirci, i primi, I PRIMI, che ti fanno presente se tu struttura o qualche altro iscritto, non sta rispettando il protocollo, non sono i NAS che ci hanno mandato, ma i nostri stessi iscritti che per primi hanno interesse a tutelare la propria salute.
Quando ho riaperto a giugno avevo paura che nessuno si prendesse la briga di igienizzare veramente dopo l'utilizzo... Mai mi sono sbagliato così tanto... Ho visto addirittura gente che igienizza sia prima che dopo...
Prima ti metto il Like e dopo ti leggo.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Il Regno Unito travolto dal nuovo ceppo del Covid. Scuole chiuse a Londra
La situazione appare sempre più fuori controllo, con quasi 58mila nuovi casi registrati in 24 ore. La nuova variante del virus si sta diffondendo in tutta l'isola, oltrepassando i confini del Sud dell'Inghilterra. E c'è chi chiede la chiusura delle scuole in tutto il Paese
Coronavirus, restrizioni fino a metà gennaio anche nelle regioni gialle
Le ipotesi del governo per contenere la curva dei contagi. Ristoranti, palestre, cinema: cosa rischia di non riaprire
La curva epidemiologica continua a salire e anche nelle regioni gialle le riaperture previste per il 7 gennaio non sembrano più scontate. Già martedì, quando l’Istituto superiore di Sanità esaminerà l’andamento del contagio da Sars-CoV-2, il governo potrebbe decidere di prorogare alcune restrizioni, almeno fino alla scadenza del Dpcm previsto per il 15 gennaio. Ci sono sei regioni che potrebbero cambiare fascia già venerdì 8 gennaio, altre sono in una situazione di rischio. Con la riapertura delle scuole e la mobilità che torna libera, c’è il timore che la situazione si aggravi ulteriormente e per questo si sta valutando come e dove intervenire. Ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha fissato al 18 gennaio la riapertura degli impianti sciistici, rinviando di due settimane la data fissata d’accordo con i gestori. Ora si esaminano le scadenze per gli altri settori.
L’indice Rt: tra 1,25 e 1,50
Secondo i criteri fissati dal ministero della Salute, le regioni che hanno un Rt superiore all’1,25 rischiano di passare in fascia arancione, quelle che vanno oltre l’1,50 potrebbero entrare in fascia rossa. Naturalmente devono essere tenuti in considerazione tutti i parametri del monitoraggio e dunque nulla è ancora deciso, ma i contatti tra gli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e i delegati dei governatori mirano proprio a stabilire che cosa dovrà accadere dall’8 gennaio: da valutare le misure necessarie per scongiurare che anche i sacrifici fatti dai cittadini in queste ultime due settimane natalizie possano essere vanificati.
Le sei regioni a rischio
Il bollettino del 29 dicembre evidenziava come «Veneto, Liguria, Calabria hanno un Rt puntuale maggiore di 1 anche nel valore inferiore, compatibile quindi con uno scenario di tipo 2, mentre Basilicata, Lombardia e Puglia lo superano nel valore medio, e Marche, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia lo sfiorano». Ecco perché gli esperti suggerivano di «considerare di applicare le misure previste, per i livelli di rischio attribuiti, anche oltre le scadenze attuali» e nelle conclusioni sottolineavano quindi «la necessità di mantenere nel tempo la linea di rigore delle misure di mitigazione adottate nel periodo delle festività natalizie».
Il cambio di fascia
«I dati di questi giorni — conferma il segretario del Comitato tecnico-scientifico, Fabio Ciciliano — risentono di quanto accaduto dal 15 dicembre in poi, con gli affollamenti per lo shopping natalizio. È evidente che già con il prossimo bollettino, quindi l’8 gennaio, dovremo analizzare la situazione e validare eventuali cambi di fascia con regioni che possono entrare in arancione o addirittura in rosso. Ma non è scontato che questo possa essere sufficiente per tenere sotto controllo l’andamento dei contagi». E dunque il ministro degli Affari regionali è al lavoro per far scattare dal 10 gennaio il regime previsto per le fasce arancioni. Misure di contenimento per evitare che nella settimana che precede la stesura del nuovo Dpcm ci possano essere allentamenti troppo incisivi sulla curva dei contagi.
Stop a bar e ristoranti
L’idea che sta prevalendo in queste ore è quella di prorogare in tutta Italia — dunque anche in quelle regioni che dovessero rimanere in fascia gialla — alcune restrizioni già adottate durante le festività natalizie. Tra le opzioni che si stanno esaminando c’è quella che prevede, almeno per un’altra settimana e dunque fino al 15 gennaio, la chiusura dei bar e dei ristoranti anche a pranzo, consentendo soltanto l’asporto e la consegna a domicilio. Una misura contro la quale la Fipe — la Federazione pubblici esercizi — si prepara però a dare battaglia perché ritenuta «afflittiva per chi sta già pagando un prezzo altissimo».
Il divieto di spostamento
L’altra possibilità incide invece sulla libertà di spostamento. Potrebbe essere mantenuto il divieto di oltrepassare i confini regionali, oppure l’obbligo di rimanere tutti nel proprio Comune di residenza, come già è previsto dalla fascia arancione. In questo caso rimane comunque la deroga di spostarsi per «comprovate esigenze» che sono i motivi di lavoro, salute e urgenza. Senza escludere l’eventualità di lasciare la possibilità a due persone di andare a trovare parenti e amici. Anche in questo caso la proroga potrebbe valere una settimana in modo da arrivare alla scadenza del Dpcm e rivalutare l’intero sistema di misure e regole da far entrare in vigore.
Dallo sport agli spettacoli
Una situazione che sembra allontanare la possibilità di far riaprire le palestre e le piscine, ma anche i cinema e i teatri. Si tratta in ogni caso di settori diversi che stanno trattando con il Comitato tecnico-scientifico le nuove linee guida e dunque non è escluso che alla fine si possa decidere — comunque dopo il 15 gennaio — di prevedere la riapertura delle palestre con la sola possibilità di far svolgere le lezioni individuali. Più complicato appare invece il via libera per le sale, soprattutto perché c’è il timore di non poter evitare le file e gli assembramenti agli ingressi.
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Covid, Brusaferro: «Ospedali sotto stress. È una fase delicata: ogni violazione si paga a caro prezzo»
Il presidente dell’Istituto superiore di sanità: presto per parlare di ritorno alla normalità. Le prime vaccinazioni non devono farci abbassare la guardia
Professor Silvio Brusaferro, il 7 gennaio cosa succede? Riprenderemo la vita normale?
«Andiamoci piano. Come si può parlare di ritorno alla vita normale! Viviamo in una pandemia, il virus circola diffusamente nel nostro Paese e i servizi sanitari sono sotto stress». Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, componente del Comitato tecnico-scientifico, parla da Udine dove il maltempo imperversa.
Come i contagi. E quindi cosa dobbiamo fare?
«Non è il momento di rilassarsi. Tutti i dati mostrano che l’epidemia non è finita, è ancora in una fase molto pericolosa. Abbiamo però imboccato la strada per controllarla grazie ai vaccini».
Descriva questa fase.
«L’andamento dell’Rt, che indica la velocità di riproduzione del virus, sta di nuovo risalendo e il numero dei nuovi positivi rimane elevato. Vediamo inoltre che lo stesso avviene negli altri Paesi europei dove le curve sono in crescita e questo mal comune deve metterci in guardia. Non possiamo illuderci di starne fuori. Dunque la situazione generale richiede grande attenzione».
Qual è la parola d’ordine?
«Evitare che la curva riparta e questo si può fare adottando con rigore e sistematicamente le misure di prevenzione che ormai gli italiani conoscono: mascherina, distanziamento, igiene delle mani, no assoluto agli assembramenti».
Ma come, arriva il vaccino e si pretendono ulteriori sacrifici?
«Appunto, il vaccino è un segnale positivo di grande speranza però per i prossimi mesi dovremo continuare a mantenere uno stretto controllo dei comportamenti individuali e sociali. Il ragionamento “vabbè, ora c’è il vaccino e allora posso riprendere a fare come prima” non è corretto. Al contrario, pensarla così finisce per favorire la circolazione del virus».
E allora come va intesa la vaccinazione?
«In questa prima fase serve a proteggere le categorie a rischio, vale a dire operatori sanitari e anziani delle residenze sanitarie. Nelle prossime settimane e mesi potremo progressivamente raggiungere tutte le fasce della popolazione».
Lei parla come se fossimo nel cuore dell’ondata, invece si sperava che al lockdown di Natale seguisse un periodo migliore. Non è così?
«Vorrei tanto rispondere con un messaggio più incoraggiante. I dati sull’impatto dell’epidemia relativi a questo periodo li vedremo a metà gennaio. Oggi i numeri quotidiani e l’incidenza sono ancora superiori ai 50 nuovi casi per 100.000 abitanti nei sette giorni, e il margine di resilienza del sistema sanitario è risicato. Quindi non è possibile fare a meno di misure di mitigazione».
Significa che gli ospedali non hanno smesso di soffrire?
«C’è stata una decrescita nell’occupazione dei posti letto ma ultimamente è rallentata e la capacità di reggere l’impatto dei ricoveri si è ridotta. Ecco perché è necessario evitare che la curva si rialzi».
Quando si potranno diradare le incertezze?
«Il monitoraggio del 15 gennaio sarà basato sui dati relativi a queste settimane e potremo capire meglio l’effetto delle chiusure».
È in dirittura d’arrivo una circolare del ministero che modifica la definizione di caso. Se per diagnosticare un positivo basterà il test antigenico la curva dell’epidemia cambierà?
«Ci vorrà qualche giorno perché la curva si assesti. Questi aggiustamenti hanno caratterizzato anche altre epidemie».
C’è molta attesa per la riapertura degli impianti sciistici che non avverrà prima del 18 gennaio. Quali sono i punti critici di questa attività? «Il Cts ha esaminato i protocolli presentati dalle Regioni, sono stati chiesti approfondimenti. Molto dipenderà dal quadro epidemiologico».
...ma di noi
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popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Pensare alla riapertura delle scuole con l'ovvio problema dei trasporti, in un momento delicato come questo, è semplicemente folle.
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Non è un vaccino che possono fare tutti, almeno quello Pfizer. Ci sono delle esigenze tecniche e organizzative, perché non sono già pronti: vanno trasportati dai centri che hanno i frigoriferi adatti (ospedali), vanno scongelati adeguatamente, dosati e miscelati.
Gli oss non hanno programmi di studio così approfonditi da riuscire a potersi fare un giudizio proprio, si spererebbe fosse l'ambiente in cui lavorano ad aiutarli a capire che è necessario
Il tasso di positività sale anziché scendere. Si parla gia di terza ondata quando invece la seconda ondata è ancora in atto
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Il concetto di ondata ha senso relativamente
È tutta una unica ondata
Si sale e si scende solo per restrizioni e variazioni di clima
Ma se si lasciasse tutto aperto saremmo da marzo con gli ospedali da pieni
Il tasso di positività sale anziché scendere. Si parla gia di terza ondata quando invece la seconda ondata è ancora in atto
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Puo' essere che quel dato sia in aumento, ma sono anche calati molto i tamponi, vai a sapere esattamente il perche' di certi numeri.
Per me il calo, o non aumento, delle persone in terapia intensiva e' gia' un' ottima cosa, unita al fatto che anche i morti sembrano calare, cosa che non sta avvenendo ovunque in europa.
Gennaio e febbraio saranno mesi difficili, questo si sapeva fin dall'autunno. Poi vedremo se la primavera porterà aiuto.
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