È per questo che bisogna ragionare sui dati settimanali, come con la bilancia
Emergenza Coronavirus: thread unico.
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Originariamente Scritto da Alberto84Te lo dico io gratis che devi fare per crescere: devi spignere fino a cagarti in mano
Originariamente Scritto da debeChi è che è riuscito a trasformarti in un assassino mangiatore di vite altrui?Originariamente Scritto da ZbigniewKurt non sarebbe capace di distinguere, pur avendoli assaggiati entrambi, il formaggio dalla formaggia.
Un indecente crogiuolo di dislessia e malattie veneree.
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Dato che se n'e' parlato anche prima, i responsabili del clinical trial RECOVERY qui a Oxford hanno annunciato di aver fermato la parte sull'idrossiclorochina perche' nelle condizioni sperimentato da loro (pazienti ospitalizzati) si e' visto che non funzionava. Non ho capito in che condizioni erano questi patienti - Covid lieve, moderata, o avanzata - comunque immagino pubblicheranno i risultati abbasnza presto.
Piu' precisamente:
‘We have concluded that there is no beneficial effect of hydroxychloroquine in patients hospitalised with COVID-19. We have therefore decided to stop enrolling participants to the hydroxychloroquine arm of the RECOVERY trial with immediate effect. We are now releasing the preliminary results as they have important implications for patient care and public health. ‘A total of 1542 patients were randomised to hydroxychloroquine and compared with 3132 patients randomised to usual care alone. There was no significant difference in the primary endpoint of 28-day mortality (25.7% hydroxychloroquine vs. 23.5% usual care; hazard ratio 1.11 [95% confidence interval 0.98-1.26]; p=0.10). There was also no evidence of beneficial effects on hospital stay duration or other outcomes.'
Dichiarazione completa qui https://www.recoverytrial.net/files/...-final-002.pdf
Per completezza, il trial RECOVERY e' un "large, randomised controlled trial of possible treatments for patients admitted to hospital with COVID-19. Over 11,000 patients have been randomised to the following treatment arms, or no additional treatment:
Lopinavir-Ritonavir (commonly used to treat HIV) Low-dose Dexamethasone (a type of steroid, which is used in a range of conditions
typically to reduce inflammation)
Hydroxychloroquine (related to an anti-malarial drug)
Azithromycin (a commonly used antibiotic)
Tocilizumab (an anti-inflammatory treatment given by injection)
Convalescent plasma (collected from donors who have recovered from COVID-19 and
contains antibodies against the SARS-CoV-2 virus).
Rimangono altri trials sull'idrossiclorochina, come il COPCOV (https://www.copcov.org) che la sta testando su oltre 44,000 operatori sanitari intorno al mondo per vedere se e' efficace nel prevenire l'infezione, piuttosto che per curare i malati.B & B with a little weed
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Originariamente Scritto da Simo6 Visualizza MessaggioSarei curioso di sapere come mai in Spagna da giorni registrano pochissimi morti (meno di 10), pur avendo più casi critici di chi continua ad avere decine di morti (Italia, Germania, Francia, UK)
Qualcuno lo sa? Nuove linee guida?Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioMe l'ero chiesto anche io. La Spagna, partita dopo, aveva in breve raggiunto i nostri numeri, con medesimi decessi quotidiani...poi lì sono scesi a poche unità e da noi si mantengono incredibilmente alti.
Eppure in tanti muoiono ancora.
Viene il dubbio che si stia un po' tirando la cinghia sulle terapie intensive.
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Originariamente Scritto da The_machine Visualizza MessaggioSe ci fate caso l'Italia ha un rapporto terapia_intensiva / casi_attivi molto basso, il più basso tra i principali paesi colpiti.
Eppure in tanti muoiono ancora.
Viene il dubbio che si stia un po' tirando la cinghia sulle terapie intensive....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Bene...
A distanza di una settimana dal caso giovane studente universitario che dopo essere tornato a casa dal nord Italia ha interrotto la quarantena prima di conoscere...
Nuovo caso di coronavirus a Marsala, una donna asintomatica tornata dalla Lombardia.
A distanza di una settimana dal caso giovane studente universitario che dopo essere tornato a casa dal nord Italia ha interrotto la quarantena prima di conoscere l’esito del tampone cui era stato sottoposto (è poi risultato «positivo» al Covid-19, seppur asintomatico),*a Marsala si registra un altro caso di positività asintomatica. Stavolta, riguarda una giovane donna residente nel centro storico.*Anche lei, però, da poco tornata dal nord Italia (Lombardia).
A darne notizia è l’ufficio stampa del Comune di Marsala, che riporta anche una dichiarazione del sindaco Alberto Di Girolamo, che reitera ai suoi concittadini l’appello a stare attenti e di non abbassare la guardia.
«Purtroppo - dice Di Girolamo, medico specialista in cardiologia - non siamo ancora fuori dalla pandemia. Se è pur vero che i dati delle ultime settimane sono confortanti e frutto anche del lockdown, è sempre il caso di rispettare le regole, importanti per la nostra salute e per quella di coloro con cui veniamo a contatto. E’ opportuno, quindi, l’impiego della mascherina nei luoghi pubblici e nei locali dove non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza interpersonale. Il dispositivo protettivo deve, pertanto, essere sempre nella disponibilità del cittadino nell’eventualità in cui sia necessario l’utilizzo. E’ importante, inoltre, lavarsi o igienizzarsi le mani spesso e soprattutto non toccarsi il naso e la bocca. A tutti chiedo anche di avere buon senso e di evitare assembramenti».Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioCioè non ce li portano?
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Professor Clementi, lei e Zangrillo vi siete ritrovati nella bufera.
(Imperturbabile). Perché nella bufera?
Per lo studio che lei ha fatto, e su cui Zangrillo ha fondato la sua affermazione-shock: “Il virus è clinicamente scomparso”.
Sì, capisco. Perché Alberto Zangrillo dice che il virus è “clinicamente finito”, e usa come parallela leva il mio studio. Qualcuno pensa di metterlo in discussione? Non credo proprio.
E lei si sente sicuro?
Sulla ricerca siamo inattaccabili.
Partiamo quindi da quel lavoro. È vero che dimostra un abbattimento della forza del Coronavirus?
Ripeto, è difficilmente contestabile. Ci sono i dati, i numeri, è tutto scritto, tutto dimostrato. Chi vuole metterlo in discussione deve sobbarcarsi l’onere di trovare un errore nel mio lavoro. E non lo troverà.
Leggi Zangrillo, e dietro trovi Clementi. Ovvero Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università San Raffaele di Milano, virologo jesino, approdato a Milano dopo tanti anni all’estero. Clementi è molto amico di Galli, ma spesso ha idee opposte (sul Covid). Tra i virologi è – per scelta – uno dei meno mediatici, nei toni è pacato, quasi britannico, ma anche lui alla fine di questa intervista non rinuncia alla zampata: “Bisognerà rivedere le norme sulla mascherina. All’aperto, in questa stagione, è controproducente”.
Professor Clementi, ricostruiamo il pezzo che manca, il retroscena della “campagna di Zangrillo”. Come è nato il suo studio comparativo?
In primo luogo ritengo che Alberto Zangrillo abbia basato le sue convinzioni sulla valutazione clinica che aveva fatto e che mi ha successivamente trasferito insieme ad altri clinici del San Raffaele. Quindi tutto è partito da un’evidenza clinica di cui avevo parlato anche con lei.
Ricordiamola.
Da iniziò maggio nei nostri reparti non arrivavano più malati con sintomi gravi.
E poi?
I clinici mi chiedevano anche: “Clementi, quali sono i correlati virologici?”.
Ovvero?
Che cosa è cambiato nel Coronavirus da febbraio a marzo?
E lei cosa ha fatto?
In primo luogo ho ipotizzato che ci fosse stata una mutazione del Coronavirus. Sono frequenti. Poi ho pensato di rivolgermi altrove. Anche confrontandomi con colleghi stranieri. Di cercare una chiave per dimostrare con dei dati frutto della ricerca questo cambiamento che registravamo in modo empirico.
E cosa è accaduto?
Ho detto una cosa che non so se sia stata colta. Di tutto il bailamme di virologi pseudovirologi e paravirologi che si stanno esercitando in questo periodo in dotte analisi, il professor Palù di Padova – bravo quanto me – sosteneva l’importanza di studiare la virulenza.
E come Bella domanda. Questo è un aspetto abbastanza complesso del Covid19, e di ogni virus, che in sé accomuna caratteristiche diversissime. Provo a tradurlo così: quanto danno fa e quanto il virus si deve replicare per poter fare questo danno? Questo era ed è il tema.
Bisognava trovare un modo – dunque – per misurare qualità e quantità del virus?
Esattamente. Mi ha aiutato un precedente. Trent’anni fa io avevo fatto questo stesso tipo di studi sull’Aids. Ricordo un congresso in cui un collega americano mi chiedeva: “Ma a noi cosa importa quanto virus c’è, se sappiamo che c’è”.
Non capiva il punto.
Esatto. Proprio come non lo capiscono molti colleghi oggi, quando si impuntano sul tema: “Ma non è mutato”.
Perché dicono: se non è mutata la sequenza non è cambiato.
Invece è assolutamente decisivo, perché questi due parametri ci dicono quanto può essere pericoloso – o meno pericoloso – a parità di diffusione il Covid 19.
E quindi come ha scelto di procedere?
Ho fatto esattamente la stessa cosa che avevo fatto con l’Hiv.
Esattamente. Mi ha aiutato un precedente. Trent’anni fa io avevo fatto questo stesso tipo di studi sull’Aids. Ricordo un congresso in cui un collega americano mi chiedeva: “Ma a noi cosa importa quanto virus c’è, se sappiamo che c’è”.
Non capiva il punto.
Esatto. Proprio come non lo capiscono molti colleghi oggi, quando si impuntano sul tema: “Ma non è mutato”.
Perché dicono: se non è mutata la sequenza non è cambiato.
Indi procedere?
Ho fatto esattamente la stessa cosa che avevo fatto con l’Hiv.
Cioè?
Ho preso cento pazienti della prima fase di epidemia e li ho paragonati a cento pazienti della seconda fase.
Li ha “presi” in modo virtuale, ovviamente: “In vitro”.
Certo. Li ho estratti dai campioni della nostra biobanca del San Raffaele.
Chi esattamente?
Cento contagiati della prima metà marzo e cento della seconda di maggio: casi di cui fra l’altro sapevo tutto, perché conoscevo la loro storia clinica. Dopo aver costituito questi due insiemi di campioni omogenei li ho confrontanti.
E cosa è emerso?
Beh, una differenza stratosferica.
Su quale unità di misura professore?
Sull’unica che potevo adottare, ovvero il computo relativo alla quantità del virus in ogni singolo tampone.
E di che ordine di grandezza parliamo?
Vuole le proporzioni? Se un tampone del primo gruppo si rileva un indice di 70mila, nel secondo si aggirava intorno a 700!
Molti dicono: sì, d’accordo, ma questo è l’effetto del lockdown.
Attenzione. Io sono molto convinto dell’utilità del lockdown, non solo non lo metto in discussione, ma ritengo che sia stata decisivo nel contenimento della pandemia.
Tuttavia?
Tuttavia questi casi erano riferiti a tamponi raccolti almeno dieci giorni dopo, rispetto a quelli in cui il paziente aveva contratto l’infezione. Questo significa che il virus si era replicato e amplificato nel soggetto infettato a prescindere dalla quantità iniziale che aveva prodotto l’infezione.
Vuol dire che quella densità per lei è l’indice della forza del virus?
Senza dubbio. Solo i negazionismi più acerrimi oggi minimizzano l’impatto della stagionalità.
Quindi per lei, come aveva previsto, questo studio conferma anche l’effetto di abbattimento prodotto dall’estate?
Ipotizziamolo come uno dei motivi che producono l’indebolimento del Covid.
E poi cos’altro c’è?
Il terzo motivo che immagino, ma forse è il più importante, è questo: a me sembra che questo virus si stia adattando all’ospite. Il virus per sopravvivere non deve uccidere il suo ospite.
Ma perché la sequenza non cambia?
Il cambiamento per ora è nell’intensità, ma non è ancora avvenuto sul piano genetico. Il virus tuttavia diminuisce la carica virale per adattarsi all’ospite.
Ma quindi il suo studio è una rivoluzione copernicana!
Non esageriamo. Questo studiettino, nel suo piccolo, è solo un primo passo.
Perché usa il diminutivo?
Ci sono ancora pochi pazienti. Ha fatto un botto notevole – se mi consente il termine prosaico – a livello intenzionale.
Non mi ha ancora detto esplicitamente se condivide la frase-shock di Zangrillo.
Sì, giusto dire che il virus è clinicamente finito. Lo diciamo noi che abbiamo visto morire. Perché adesso questi malati gravi non ci sono più, ed è un fatto.
E cosa serve allora per confermare lo studio?
Dovrebbe accadere che questo fenomeno si ripetesse negli altri Stati europei e anche anche negli Stati Uniti.
Dove ci sono almeno tre settimane di ritardo.
Esatto: ma dal dialogo con i colleghi risulta che in Florida, dove hanno fatto un lockdown soft, si stanno osservando le stesse cose. In Spagna idem. In Francia anche.
Si dovrebbe ripetere il test Clementi in questi paesi.
Proprio così. Dobbiamo mettere insieme cinque studi da mille pazienti ciascuno e allora avremmo una prova inattaccabile che il principio viene verificato. Questo è quanto sto programmando.
Ottimo. Passiamo alle conseguenze che lei ipotizza.
In fondo è semplice. Più dimostri che il virus si attenua più dimostri che ci puoi convivere.
Lei ha in mente un precedente?
Sì, ad esempio il caso dell’epidemia del 2009, con il H1N1 in Messico.
Riassumiamo per i profani.
Esplode in maniera rapida e devastante. Fu dichiarato subito pandemia dall’Oms. Aveva alti tassi di mortalità…
E oggi?
Oggi ce lo ritroviamo buono-buono insieme agli altri virus influenzali. Ma non uccide più.
Lei lo ha definito un “virus Frankenstein”. In che senso?
È un virus che pare prodotto da un collage: un pezzo umano, un pezzo suino.
Tutto è avvenuto in tempi rapidissimi.
Esatto. Lo vorrei ricordare a chi dice: “Ci vorranno sessant’anni prima di poter convivere con il Covid”.
Lei usa l’impersonale, ma si riferisce al suo grande amico, il professor Galli.
Sì, ma non solo a lui. Perché quello si è adattato in tre mesi.
E poi dove è finito?
Bella domanda. Sembra che si sia è dissolto.
Dal punto di vista della diffusione: ci sono differenze enormi, anche tra una provincia e l’altra.
Cremona, Bergamo, Brescia…
Esatto. Tuttavia anche il professor Remuzzi, da Bergamo, ci dice: “La nostra terapia intensiva è vuota”.
Anche lì la virulenza si è abbattuta.
Senza dubbio.
Quindi si possono accorciare le distanze?
Se continua così sarà possibile a breve, ma ancora è presto. Devo raccomandare ancora delle misure di distanziamento sociale. A parte quelle insensate.
Cioè?
Io davvero non capisco il senso della mascherina in ambiente esterno. Perché devo portare la mascherina se rispetto le distanze interpersonali all’aperto?
Perché molti esperti dicono che impedisce la trasmissione aerosol.
Ma questo è un assurdo per chiunque abbia dimestichezza con la materia.
Lo spieghi.
L’altro giorno ero sul marciapiede di fronte al mio palazzo: ho visto un signore che correva in pantaloncini , quasi cianotico con una mascherina filtrante.
E che cosa ha fatto?
Ho dovuto qualificarmi come medico specialista e chiedergli di togliersela.
Perché?
È folle uccidersi con la propria anidride carbonica.
Quindi lei non la ritiene necessaria, ad esempio per il suo vicino di quartiere che correva?
All’aperto, lontano dagli altri, non ne vedo il motivo.
Sicuro?
Non esiste motivo, perché il rischio di trasmissione aerea, in questa stagione, è davvero limitato alla estrema vicinanza o agli spazi chiusi.
Mettiamola così. Secondo me nessuno può dire che torna. O che non torna. E potrebbe anche non tornare.
Altro esempio?
La Sars. Esplose, fino a giugno infettò e poi anche questa infezione scomparve.
Dove è finito il virus della Sars?
(Ride di gusto). Ah ah ah Bella domanda. Quando me la fanno i miei studenti io indico loro il mio laboratorio con il livello P3.
Perché si può trovare lì?
Esatto. In frigorifero, però.
Perché lei ai suoi studenti dice anche che i virus non sono palline da ping pong.
Proprio così: un virus lo devi capire. Se pensi che per prevedere le sue mosse basti un algoritmo non riesci a spiegare nulla di quello che abbiamo appena ricordato.
Quando potremo togliere – se è così – le misure di distanziamento sociale?
Questo è un tema cruciale. Noi abbiamo numeri “normali” in tutta Italia. Tutto il resto – invece – deriva dall’epidemia lombarda, che come è noto ha una storia a sé.
Ad esempio?
Un numero di contagiati enorme, questo ormai non lo contesta più nessuno, con una grande distribuzione “regionalizzata”.
Cioè?
Dal punto di vista della diffusione: ci sono differenze enormi, anche tra una provincia e l’altra.
Cremona, Bergamo, Brescia…
Esatto. Tuttavia anche il professor Remuzzi, da Bergamo, ci dice: “La nostra terapia intensiva è vuota”.
Anche lì la virulenza si è abbattuta.
Senza dubbio.
Quindi si possono accorciare le distanze?
Se continua così sarà possibile a breve, ma ancora è presto. Devo raccomandare ancora delle misure di distanziamento sociale. A parte quelle insensate.
Cioè?
Io davvero non capisco il senso della mascherina in ambiente esterno. Perché devo portare la mascherina se rispetto le distanze interpersonali all’aperto?
Perché molti esperti dicono che impedisce la trasmissione aerosol.
Ma questo è un assurdo per chiunque abbia dimestichezza con la materia.
Lo spieghi.
L’altro giorno ero sul marciapiede di fronte al mio palazzo: ho visto un signore che correva in pantaloncini , quasi cianotico con una mascherina filtrante.
E che cosa ha fatto?
Ho dovuto qualificarmi come medico specialista e chiedergli di togliersela.
Perché?
È folle uccidersi con la propria anidride carbonica.
Quindi lei non la ritiene necessaria, ad esempio per il suo vicino di quartiere che correva?
All’aperto, lontano dagli altri, non ne vedo il motivo.
Sicuro?
Non esiste motivo, perché il rischio di trasmissione aerea, in questa stagione, è davvero limitato alla estrema vicinanza o agli spazi chiusi.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
ma_75@bodyweb.com
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Indipendentemente dai contenuti, ascoltare chi studia la cosa sul campo fa la differenza.
Sovente anche opinioni che ci fanno piacere magari, espresse da chi non e’ del campo, trasudano problematiche che pero’ non vengono quasi mai colte.
Personalmente metto il rigore espositivo di chi si pronuncia come prioritario per cercar di capire se sia o meno una lettura o ascolto utile, anche perche’ e’ un attimo poi confondere fatti con opinioni.
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