L'Atalanta esclude la Juventus da ogni discorso scudetto, l'Inter e i numeri da Triplete, i pochi gol del Napoli: ecco le variabili
Gasperini cancella Thiago, il Napoli ritrova Lukaku e l'Inter fa fatica ma vince: la corsa per il titolo a tre squadre, il calendario può essere determinante
di Paolo Condò
Per lo scudetto erano rimaste in tre, con un piccolo dubbio: il dubbio è stato vaporizzato dall’Atalanta, che ha respinto l’immaginaria candidatura della Juve. Nessun «le faremo sapere», un no secco, brutale, spaventoso per la differenza di intensità: i 4 gol sono pura logica, l’Atalanta ha interpretato il match con la bava alla bocca mentre la Juve è sembrata un’orchestrina da camera, mille palle perse davanti al pressing di Gasperini, la presunzione di un fraseggio al ralenti continuamente spezzato dagli assalti bergamaschi. È stato un massacro che Motta non è riuscito nemmeno ad arginare, tradito da tutti i suoi, e che ripropone l’Atalanta come candidata a pieno titolo. Domenica arriva a Bergamo l’Inter per l’ultimo scontro diretto, e la durezza dell’impegno esorcizza il paradosso delle delusioni da calendario «facile» (i pari interni con Cagliari e Venezia).
Nel futuro della Juve, che stasera rischia il quarto posto — la Lazio può sorpassarla —, ci sono trasferte in casa di Fiorentina, Roma, Bologna e Lazio. Tutte le rivali per la Champions. Nel pomeriggio la risposta del Napoli al (faticoso) allungo dell’Inter era stata bene argomentata, con almeno 70 minuti di calcio piacevole ed efficace, costruito con intelligenza da Lobotka, agitato dalla verve di Politano e finalmente concretizzato da un Lukaku dominante, in proprio per l’1-0, in assistenza a Raspadori per il raddoppio. È vero che la rete di Gudmundsson ha reso il finale un campo minato, con un sospiro di sollievo grosso così al triplice fischio perché la pressione della Fiorentina s’era fatta asfissiante. Ma a questo punto della stagione 70’ di bel calcio sono molti, specie quando bastano per portare a casa i tre punti. Se poi la giusta lamentela di Conte sui pochi gol nelle corde dei suoi uomini ha avuto l’effetto di riattivare Lukaku, il plus a disposizione del Napoli vale persino più del buon calendario.
Che poi Inter-Monza è stato un monito generale a non darci troppo peso, perché questo è un anno così strano da far rischiare l’osso del collo alla capolista con un’avversaria che ha 47 punti in meno, e dunque «avversaria» era già una parola grossa. Ma se vi piacciono i numeri inspiegabili come un’architettura di Escher, sappiate che nei campionati a 20 squadre nessuno ha mai vinto lo scudetto segnando meno di 50 gol alla 28ª (e il Napoli è salito ieri appena a quota 45), mentre esistono due soli precedenti di campioni d’Italia che a questo punto avevano subito le 27 reti prese fin qui dall’Inter (l’Atalanta ne ha beccati 26, ma attenzione: nessuno nelle ultime cinque gare). Sono pochini i 61 punti con cui i nerazzurri guidano la fila, quartultimo risultato degli ultimi vent’anni, però qui c’è un precedente trionfale: il minimo assoluto sono i 59 di un’altra Inter, quella 2010 del Triplete. Una coincidenza che spiega l’andamento di questa ambiziosa stagione nerazzurra, dove si insegue tutto accettando di non essere perfetti in niente.
CorSera
Gasperini cancella Thiago, il Napoli ritrova Lukaku e l'Inter fa fatica ma vince: la corsa per il titolo a tre squadre, il calendario può essere determinante
di Paolo Condò
Per lo scudetto erano rimaste in tre, con un piccolo dubbio: il dubbio è stato vaporizzato dall’Atalanta, che ha respinto l’immaginaria candidatura della Juve. Nessun «le faremo sapere», un no secco, brutale, spaventoso per la differenza di intensità: i 4 gol sono pura logica, l’Atalanta ha interpretato il match con la bava alla bocca mentre la Juve è sembrata un’orchestrina da camera, mille palle perse davanti al pressing di Gasperini, la presunzione di un fraseggio al ralenti continuamente spezzato dagli assalti bergamaschi. È stato un massacro che Motta non è riuscito nemmeno ad arginare, tradito da tutti i suoi, e che ripropone l’Atalanta come candidata a pieno titolo. Domenica arriva a Bergamo l’Inter per l’ultimo scontro diretto, e la durezza dell’impegno esorcizza il paradosso delle delusioni da calendario «facile» (i pari interni con Cagliari e Venezia).
Nel futuro della Juve, che stasera rischia il quarto posto — la Lazio può sorpassarla —, ci sono trasferte in casa di Fiorentina, Roma, Bologna e Lazio. Tutte le rivali per la Champions. Nel pomeriggio la risposta del Napoli al (faticoso) allungo dell’Inter era stata bene argomentata, con almeno 70 minuti di calcio piacevole ed efficace, costruito con intelligenza da Lobotka, agitato dalla verve di Politano e finalmente concretizzato da un Lukaku dominante, in proprio per l’1-0, in assistenza a Raspadori per il raddoppio. È vero che la rete di Gudmundsson ha reso il finale un campo minato, con un sospiro di sollievo grosso così al triplice fischio perché la pressione della Fiorentina s’era fatta asfissiante. Ma a questo punto della stagione 70’ di bel calcio sono molti, specie quando bastano per portare a casa i tre punti. Se poi la giusta lamentela di Conte sui pochi gol nelle corde dei suoi uomini ha avuto l’effetto di riattivare Lukaku, il plus a disposizione del Napoli vale persino più del buon calendario.
Che poi Inter-Monza è stato un monito generale a non darci troppo peso, perché questo è un anno così strano da far rischiare l’osso del collo alla capolista con un’avversaria che ha 47 punti in meno, e dunque «avversaria» era già una parola grossa. Ma se vi piacciono i numeri inspiegabili come un’architettura di Escher, sappiate che nei campionati a 20 squadre nessuno ha mai vinto lo scudetto segnando meno di 50 gol alla 28ª (e il Napoli è salito ieri appena a quota 45), mentre esistono due soli precedenti di campioni d’Italia che a questo punto avevano subito le 27 reti prese fin qui dall’Inter (l’Atalanta ne ha beccati 26, ma attenzione: nessuno nelle ultime cinque gare). Sono pochini i 61 punti con cui i nerazzurri guidano la fila, quartultimo risultato degli ultimi vent’anni, però qui c’è un precedente trionfale: il minimo assoluto sono i 59 di un’altra Inter, quella 2010 del Triplete. Una coincidenza che spiega l’andamento di questa ambiziosa stagione nerazzurra, dove si insegue tutto accettando di non essere perfetti in niente.
CorSera
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