Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • Barone Bizzio
    Bodyweb Senior
    • Dec 2008
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    Il più grande e influente calciatore di tutti i tempi, capace con la sua sola presenza di fermare una guerra civile, anche se per lo spazio di una partita.

    Riposi in pace

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    • Irrlicht
      Bodyweb Senior
      • Aug 2021
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      Sentito ora al tg.
      Poco da dire, in campo era talmente "reale" da apparire astratto.
      Qualche rimpianto di non essere nato prima, le immagini che ho visto, te lo fanno inevitabilmente venire.
      Gli auguro un sereno riposo.
      Last edited by Irrlicht; 29-12-2022, 21:19:28.
      Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.

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      • germanomosconi
        Bodyweb Senior
        • Jan 2007
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        • pordenone
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        Sono cose che purtroppo fanno parte di questa breve vita che ci viene concessa...
        Ma sempre dura da accettare
        Originariamente Scritto da Marco pl
        i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
        Originariamente Scritto da master wallace
        IO? Mai masturbato.
        Originariamente Scritto da master wallace
        Io sono drogato..

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        • Sean
          Csar
          • Sep 2007
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          • In piedi tra le rovine
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          Era già nel mito da decenni, anzi già da calciatore in attività era Pelè, ovvero "il più grande"..quindi l'odierno annuncio del suo trapasso non lo consegna al mito, piuttosto regala al mondo l'occasione per celebrarlo e ai giovani quella per riscoprirlo.

          Massima icona del calcio, ha avuto tutto dalla vita: la gloria sportiva, la popolarità mondiale, gli applausi delle folle, l'adorazione dei tifosi e la consapevolezza di aver lasciato un segno inestinguibile nella piccola e grande storia dello sport. In questo senso, la morte che definitivamente sigilla una vita pesa meno.
          Last edited by Sean; 29-12-2022, 21:33:50.
          ...ma di noi
          sopra una sola teca di cristallo
          popoli studiosi scriveranno
          forse, tra mille inverni
          «nessun vincolo univa questi morti
          nella necropoli deserta»

          C. Campo - Moriremo Lontani


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          • sylvester
            Bodyweb Senior
            • Dec 2004
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            Gol...



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            "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
            Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
            vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

            (L. Pirandello)

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            • centos
              Bad Lieutenant
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              • Ducato di Parma
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              o rey

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              • Sean
                Csar
                • Sep 2007
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                • In piedi tra le rovine
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                Pelé è morto, il re del calcio aveva 82 anni

                Pelé, uno dei più forti campioni della storia del calcio, è morto oggi a San Paolo del Brasile. Da tempo era malato di tumore


                «Sono pronto a giocare novanta minuti e pure i supplementari». Era il settembre del 2021, aveva appena lasciato la terapia intensiva dell’ospedale Albert Einstein di San Paolo dopo l’intervento per la rimozione di un tumore al colon. La situazione risultava però già grave. Lo sapevano tutti, lo sapeva lui. Ma anche quella volta Pelé aveva fatto Pelé, caricandosi la squadra sulle spalle, col suo inimitabile sorriso, autentico e infinito, cercando di rassicurare il mondo intero, in ansia per le sue condizioni di salute.

                Aveva concluso il messaggio agli 8 milioni di tifosi su Instagram scrivendo tre semplici parole: «Amore, amore e amore!». Questo era Edson Arantes do Nascimento. E questo sarà sempre.

                O Rei non ce l’ha fatta. L’aveva promesso: la partita sarebbe stata lunga e non si sarebbe arreso neanche al 90’. Così è stato. La sua sfida si è conclusa quindici mesi dopo quel primo intervento. Ha combattuto fino all’ultimo, come ha sempre fatto in vita sua, sul campo di calcio e fuori. Troppo forte però stavolta l’avversario. Eppure non ha smesso un minuto di lottare, di crederci, di giocare la sua partita, assicura chi gli sta vicino.

                Negli scorsi mesi era stato sottoposto all’ennesimo ciclo di chemioterapia e fin da subito le indiscrezioni filtrate dall’ospedale avevano lasciato poche speranze. Secondo diversi media brasiliani, la situazione negli ultimi tempi era peggiorata, col cancro che si era esteso ad altri organi. Si sono poi aggiunte complicazioni renali e cardiache. S’è capito che non c’era più nulla da fare quando nei giorni scorsi i figli lo hanno raggiunto all’ospedale per l’ultimo saluto, quando hanno capito che il padre non sarebbe più tornato a casa.

                Pelé non si è mai arreso. Debilitato ormai da anni, anche per via di un serio problema all’anca che ne condizionava i movimenti e che lo costringeva a usare il bastone per muoversi. Ha affrontato il suo calvario con la stessa forza e la stessa tenacia che aveva sul campo e che gli hanno permesso di vincere tre Mondiali, 1958, 1962 e 1970, unico calciatore della storia a riuscirci. Di segnare oltre 1281 gol in 1363 partite fra Santos, New York Cosmos e Brasile. Di diventare calciatore del Secolo per la Fifa, per il Comitato Olimpico Internazionale e per l’International Federation of Football History & Statistics, nonché Pallone d’oro del secolo, unico giocatore al mondo.

                Ma soprattutto di diventare il Re, un Re buono, partito dall’inferno giocando con un pallone di stracci e arrivato in cielo.

                Talento precocissimo, come forse mai più se ne vedranno. A 16 anni era divenuto il capocannoniere del Campionato Paulista, un anno dopo era in Nazionale, a 17 e 249 giorni vinceva il suo primo Mondiale. Mai più nessuno come lui. Dopo la vittoria del Mondiale messicano del 1970, con quel 4-1 in finale contro l’Italia di Mazzola e Rivera, il Sunday Times titolò a tutta pagina: «How do you spell Pelé? G-O-D». «Come si scrive Pelé? D-I-O».

                Mille successi, mille premi. Ma la sua vita stessa è stata molto più di questo. Innanzi tutto è stata un messaggio di speranza per molti. «Il più grande successo della mia vita non sono state le coppe o le medaglie, ma sapere di aver aiutato tanti ragazzi di strada che guardandomi hanno capito che lottando si può arrivare ovunque, perché nulla è impossibile se lo vuoi davvero» disse nel suo ultimo indimenticabile viaggio a Milano, nel maggio del 2016.

                Quell’incontro in sala Buzzati, ospite della Gazzetta, è ancora negli occhi di molti, anche di chi non l’aveva mai visto giocare. Mostrando il suo bastone, fondamentale per camminare, sorrideva: «La vita è questa, amici: non è facile, ma si va sempre avanti, sempre».

                A gennaio era morta a 91 anni Elza Soares, leggenda della musica brasiliana. Bellissimo il messaggio dedicatole da Pelè: «Un mito della nostra musica. Storica, genuina, unica e ineguagliabile. Oggi ci lascia, ma nel cuore sarà sempre eterna». Condividevano le medesime origini, la stessa straordinaria parabola esistenziale: cresciuti nelle favelas, arrivati in cima al mondo. Una delle canzoni più belle della Soarez, «Somos Todos Iguais», Siamo tutti uguali, dice: «L’uomo muore, il fiore muore/ Figlia non essere triste».

                Impossibile, O Rei. La partita è finita, ora siamo più soli. Ma resterai. Obrigado.

                CorSera
                ...ma di noi
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                C. Campo - Moriremo Lontani


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                • Death Magnetic
                  Bodyweb Senior
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                    • marcu9
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                      Originariamente Scritto da Sean
                      Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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                      • Sean
                        Csar
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                        Pelé visto da Sconcerti: patrimonio del calcio e dell’umanità, è lui il migliore di sempre

                        Mario Sconcerti amava Pelé. Aveva scritto questo bellissimo pezzo: lo pubblichiamo, così oltre il fuoriclasse brasiliano, ricordiamo anche il nostro Mario, campione di penna che ci ha lasciato il 17 dicembre 2022.


                        di Mario Sconcerti

                        Diceva Pelé che quando fosse venuta l’ora di presentarsi al buon Dio, avrebbe chiesto di essere trattato in paradiso come era stato trattato sulla Terra. Perché Pelé ha avuto una vita lunga e felice. E quando non lo era, sorrideva comunque perché quello voleva sembrare, il simbolo tranquillo, gioioso, del calcio in Sud America e nel mondo. Più Maradona si accostava alla parte oscura, più lui si vestiva da Migliore. Era il suo ultimo modo per rimanere unico. Ha avuto tante donne, tanti figli anche lui ma trattenendoli, spargendo sempre parole di pace.

                        Ha coltivato con cura la sua leggenda, ne ha fatto un mestiere, apparire come un fuoriclasse deve essere, il sacerdote di un calcio buono. Sempre con vestiti brillanti ma classici, sempre con cravatte firmate e moderato champagne, un uomo di mondo inventato dal pallone, la parte ingenua, infantile del calcio, corretta e presentabile. Per definire la sua storia sul campo bisogna evitare di paragonarlo a Maradona . Erano due giocatori diversi, unici, le cui qualità a confronto sono sempre state soltanto opinioni. Erano un tesoro inestimabile, tra loro potevi scegliere ad occhi chiusi, non sbagliavi mai, eri pronto per vincere.

                        Pelé ha avuto un riconoscimento in più: è stato il calcio a scegliere lui . È stato premiato miglior calciatore del secolo dalla Fifa, dal Comitato Olimpico Internazionale e dalla Federazione mondiale di storia e statistica. Hanno scelto lui perfino i suoi colleghi fuoriclasse: tutti i vincitori di Palloni d’oro, riuniti in commissione, lo hanno eletto primo tra i primi. Undici anni fa 376.496 persone di 72 paesi hanno votato perché diventasse patrimonio dell’umanità. Qualcosa di molto simile aveva già fatto il governo brasiliano ai tempi in cui ancora giocava.

                        Angelo Moratti era riuscito a metterlo davanti a un contratto, a farglielo firmare, ma si ribellò tutto il Brasile e l’affare si fermò. Due anni dopo, per evitare tentazioni, il governo dichiarò Pelé «Tesoro nazionale», impossibilitato per legge a trasferirsi, prigioniero della sua bellezza. Ho spesso pensato che gli unici giocatori paragonabili a Pelé siano stati Cruyff e Di Stefano. Non per colpa di Maradona, per vicinanza di passo e di ruolo. Pelé era prima di tutto un atleta. La sua differenza era saper dare forza alla tecnica. Quando segnò all’Italia nella finale del 1970 a Città del Messico non segnò un gol memorabile, non dribblò tre avversari. Si alzò un metro da terra e colpì di testa rimanendo in elevazione per un tempo infinito. Il suo avversario era Tarcisio Burgnich, forse il miglior difensore italiano. E gli stava attaccato. Fu semplicemente saltato, ignorato.

                        Il vero limite di Pelé è stato il tempo. Ha giocato in anni in cui la comunicazione era lenta, la televisione alle prime ore. Noi riusciamo a sentire nostro solo quello che vediamo. Pelé non lo abbiamo davvero mai visto. Era un modo di dire, mi sembri Pelé. Ma non capivamo cosa stavamo dicendo. Pelé usciva dal Brasile solo per lunghe tournée in giro per il mondo, come un’opera d’arte da mostrare e poi subito impacchettare e riportare a casa. La gente accorreva, allargava ogni giorno la leggenda. Voleva far parte del miracolo. Una volta in Colombia fu espulso, ma il pubblico si rivoltò contro l’arbitro, minacciò seriamente di invadere il campo. Alla fine, Pelé tornò in campo e fu espulso l’arbitro.

                        Un’altra volta in Nigeria, due clan in guerra firmarono una pace di 48 ore per andare tutti allo stadio a vederlo giocare. In Italia venne per un’amichevole col Milan a San Siro. Era stanco e infortunato, ma nel contratto era obbligatoria la presenza. Scese in campo per 23 minuti, trotterellando. I giornali il giorno dopo esaltarono il giovane Trapattoni che lo aveva fermato. La storia del Trap che ferma Pelé va avanti ancora oggi. Perché Pelé illuminava, bastava passargli vicino per salire di energia. Altafini perse il posto nel Brasile del '58 per colpa dell’estro di Pelé. Altafini aveva 21 anni ed era un grande centravanti. Continua a giurare che farsi superare da Pelé è stato uno dei suoi più forti motivi di orgoglio.

                        Pelé aveva un capriccio, quasi una nostalgia: non amava il suo nome Pelé. Amava essere chiamato col nome che gli aveva dato suo padre, Edson, Edison, come l’inventore della lampadina. Pelé era un nomignolo conquistato sul campo quando era ragazzo, glielo gridò contro un avversario scontroso. Probabilmente il suono partì come bilè, che in brasiliano è un’offesa. E comunque si poteva equivocare. A 18 anni quel cattivo nome, Pelé, era già così famoso nel mondo che non ci fu più nessun equivoco.


                        P.s.: A scanso di equivoci e rispettando il libero arbitrio, successivamente la Fifa ha dato il premio di miglior calciatore del secolo anche a Maradona. Ex equo con Pelé.

                        CorSera
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                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                        • Sean
                          Csar
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                          Calciomercato: Milan su Mendy, la Juventus pensa a Singo

                          Budget limitati, i club italiani tra rinnovi e occasioni. Il Napoli ha giocato d’anticipo con Bereszynski e ora marca stretto Ounahi. Juve su Singo se va via McKennie, le milanesi devono risolvere i casi Leao e Skriniar, entrambi in scadenza di contratto

                          Il calciomercato italiano aspetta i saldi di inizio gennaio, meglio non illudersi e, soprattutto, illudere. Le operazioni stile Gakpo-Liverpool da 50 milioni (bonus compresi) sono destinate alla Premier League più ricca di sempre.

                          La nostra serie A si accontenterà di scambi e prestiti, sempre che non arrivi qualche cessione a creare i presupposti di un investimento altrimenti non sostenibile. La Juventus si muoverà concretamente solo se dovesse partire McKennie, corteggiato in Inghilterra dal Bournemouth. La richiesta bianconera sarà di almeno 40 milioni, necessari per ripianare un po’ le perdite e cercare nel caso un’alternativa a Cuadrado sulla destra. Tra i giocatori considerati pronti piacerebbe Singo del Toro, mentre il giovane spagnolo Fresneda (2004, Real Valladolid) è al primo posto nella lista dei talenti su cui costruire il futuro. In casa Juve, in ogni caso, il tema mercato non è sicuramente all’ordine del giorno e il recupero degli infortunati rassicura Allegri.


                          I contrattempi fisici di Maignan invece potrebbero cambiare i piani invernali del Milan, che si è già mosso per prenotare Sportiello dell’Atalanta come nuovo vice del francese per la prossima stagione. Adesso però la strategia è quella di essere vigili e pronti subito per un portiere a titolo temporaneo e possibilmente low cost, ecco perché la strada che porterebbe a Mendy del Chelsea (meno titolare in questo campionato) è sia ripida che onerosa. Maldini e Massara contano di chiudere a breve con Bennacer e Giroud per allungare i rispettivi matrimoni. Convincendo magari anche Leao a continuare insieme.

                          Rafa per il Milan e Skriniar per l’Inter: i migliori acquisti di gennaio per le milanesi sarebbero i rinnovi, alquanto spinosi, di due giocatori determinanti per Pioli e Inzaghi. Per il difensore nerazzurro, il tempo stringe sempre di più e si attende una risposta nei prossimi giorni all’offerta da oltre 6 milioni a stagione.

                          Con più calma, anche la Roma affronterà il tema rinnovo con Zaniolo, le cui richieste dovranno coincidere con una continuità di rendimento all’altezza delle cifre desiderate (4,5 milioni). Ogni mossa sarà ponderata a Trigoria e non solo perché Tiago Pinto sta rispettando gli accordi stipulati con l’Uefa in merito al Financial Fair Play. Al momento, non ci sono quindi grandi margini per fare operazioni onerose, se non legate alle uscite. Frattesi interessa sì, eppure mancano oggi le condizioni per impostare una reale trattativa con il Sassuolo. Il nodo resta quello di Karsdorp, per il quale sono arrivate solo proposte non soddisfacenti sulla formula: la Roma considera offerte solo per trasferirlo a titolo definitivo.

                          In quel ruolo chi si è mosso anche questa volta in anticipo è il Napoli capolista, abile nel confezionare un’operazione intelligente con la Sampdoria. Bereszynski sarà un vice Di Lorenzo di esperienza, mentre il promettente Zanoli potrà giocare a Genova con più continuità fino a giugno. E nell’ottica di muoversi prima, come insegnano le trattative Kvara e Kim, il d.s. Giuntoli sta marcando stretto Ounahi, fresca rivelazione con il Marocco. Il Napoli lo seguiva già prima dell’exploit in Qatar e spera che la corsia preferenziale possa portare a un’intesa in vista dell’estate prossima.

                          CorSera redazione Di Marzio.
                          ...ma di noi
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                          nella necropoli deserta»

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                          • sylvester
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                            "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
                            Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
                            vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

                            (L. Pirandello)

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                            • Sean
                              Csar
                              • Sep 2007
                              • 120166
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                              • Italy [IT]
                              • In piedi tra le rovine
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                              Pelè fu anche una bandiera ante litteram. Tranne la conclusiva parentesi ai Cosmos giocò difatti sempre in un solo club, il Santos...in una epoca in cui per i club del sudamerica era già difficile trattenere i propri campioni, vista la disponibilità di denari che c'era già allora in Europa.

                              Privò una grandissima Italia di un meritato titolo mondiale. Era il 1970, si giocava in Messico. L'Italia si era appena ritagliata un pezzo di leggenda battendo la Germania in semifinale 4-3. Per completare l'opera restava però da superare il Brasile in finale, un Brasile ahinoi ingiocabile, il Brasile "di Pelè" (che segnò la prima rete di quella partita) come viene sempre ricordato, a sottolineare l'impossibilità di andare oltre quell'ostacolo...e difatti, se l'oro mancato nel '94 ancora brucia, perchè perso ai rigori contro un Brasile minore e assolutamente alla portata, quello del '70 non punge più di tanto, proprio perchè perso contro il Brasile "di Pelè", cioè contro l'avversario più forte, insuperabile...e questo ci dice della fama, della grandezza del protagonista.
                              Last edited by Sean; 30-12-2022, 09:43:01.
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                              • Fabi Stone
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                                • Jan 2015
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                                Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                                Pelè fu anche una bandiera ante litteram. Tranne la conclusiva parentesi ai Cosmos giocò difatti sempre in un solo club, il Santos...in una epoca in cui per i club del sudamerica era già difficile trattenere i propri campioni, vista la disponibilità di denari che c'era già allora in Europa.

                                Privò una grandissima Italia di un meritato titolo mondiale. Era il 1970, si giocava in Messico. L'Italia si era appena ritagliata un pezzo di leggenda battendo la Germania in semifinale 4-3. Per completare l'opera restava però da superare il Brasile in finale, un Brasile ahinoi ingiocabile, il Brasile "di Pelè" (che segnò la prima rete di quella partita) come viene sempre ricordato, a sottolineare l'impossibilità di andare oltre quell'ostacolo...e difatti, se l'oro mancato nel '94 ancora brucia, perchè perso ai rigori contro un Brasile minore e assolutamente alla portata, quello del '70 non punge più di tanto, proprio perchè perso contro il Brasile "di Pelè", cioè contro l'avversario più forte, insuperabile...e questo ci dice della fama, della grandezza del protagonista.
                                Lo dice pure Rombo di Tuono.
                                "Probabilmente i supplementari con la Germania ci fecero entrare nel mito della partita del Secolo, ma azzerarono ogni speranza di giocarcela in finale...a volte penso a come sarebbe potuta andare, ma poi mi dico che con il Brasile più forte della storia, non ci sarebbe stata mai partita...".

                                Se ne va Il Più Grande di Tutti.

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