Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
    Oggi mi chiedevo in che percentuale passano l'esamino di lingua gli stranieri in Italia: ebbene il certificato lo ottiene il 98% degli esaminati, questo a titolo informativo.

    C'è da scommettere che quel 98% è composto da tutti fini conoscitori e dicitori della nostra amata lingua italiana, dei Carmelo Bene, dei Gassman, un livello di comprensione testuale che potresti trovare in un Umberto Eco, su questo non possono esserci dubbi.
    Incredibile come vi fa ragionare il tifo per una squadra

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    • Nasser95
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      • May 2013
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      Originariamente Scritto da Zbigniew Visualizza Messaggio
      Me l'ero perso.

      Per lo scambio:
      Se parli in assoluto, sembri chiedere chi è più forte tra i due. Domanda poco interessante, scegli tu da solo.
      Se invece inseriamo lo scambio in un contesto, allora andrebbe visto il contesto, perché non stai scambiando due giocatori che si sostituiscono a vicenda sul piano tattico (anche se in parte sì). Potrebbe starci, come no, dipende appunto dagli altri cambi che necessariamente saresti obbligato a fare (come prendere, a quel punto per forza, un altro attaccante).

      Per il cambio (di nick):
      Inoltra la richiesta a Steel, che è l'ente competente in materia.
      Però fallo, sallo, a tuo rischio e pericolo.
      no zbigniew,parlo a livello tattico, dybala è una seconda punta, è continuamente fuori forma, non credi che l'arrivo di pogba, in uno scambio con dybala, farebbefare un salto di qualità al centrocampo(vendendo per esempio anche ramsey)?
      Originariamente Scritto da Steel77 Visualizza Messaggio
      sciabolata. Nel caso di kurt sciabolata dura, se no non è contento


      Opss


      temo
      steel, compà, gentilmente potresti cambiare il mio nickname, da thai95, a Nasser95? nickname inventato da zbigniew, ma a pensarci è il top, grazie!
      (ride)

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      • ciccio.html
        lo scacciafregna
        • Oct 2006
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        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
        Oggi mi chiedevo in che percentuale passano l'esamino di lingua gli stranieri in Italia: ebbene il certificato lo ottiene il 98% degli esaminati, questo a titolo informativo.

        C'è da scommettere che quel 98% è composto da tutti fini conoscitori e dicitori della nostra amata lingua italiana, dei Carmelo Bene, dei Gassman, un livello di comprensione testuale che potresti trovare in un Umberto Eco, su questo non possono esserci dubbi.
        sbagli; ho diversi amici universitari che lo hanno fatto e in primis si svolge un corso di lingua itaina apposito di 3-4-6 mesi (spesso in italia quando usano il visto o nel loro paese). Se segui il corso passi l'esame anche essendo una capra ma Suarez non ha seguito nulla di duraturo; è calato dall'alto. Non ha fatto neanche "la parte" come han fatto gli altri.
        Ora non sono informatissimo ma Suarez non ha seguito questo corso lunghetto ma ha svolto l'esame da "esterno indipendente" come quelli che alla scuola guida studiano da soli e vengono bocciati maggiormente.
        però forse una segnalazione "ufficiale" alle autorità te la saresti beccata pure tu.

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        • marcu9
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          Originariamente Scritto da Sean
          Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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          • marcu9
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            • May 2009
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            Originariamente Scritto da Sean
            Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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            • Sean
              Csar
              • Sep 2007
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              • In piedi tra le rovine
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              Rossi, Zoff e quei giorni condivisi: "Ho saputo, e mi è mancato il fiato"

              Intervista al portiere, capitano dell'Italia '82 e della Juventus: "Paolo era davvero divertente"

              "Mi ero appena svegliato, ho acceso la tv e ho visto il tg. E mi è mancato il fiato". La notizia della morte di Paolo Rossi l'ha appresa così Dino Zoff. Di quell'Italia del 1982 era il capitano, le sue mani sulla coppa sono uno dei due simboli di quel trionfo, insieme ai gol di Pablito.

              Zoff, vi eravate sentiti negli ultimi giorni?
              "E' un colpo notevole, e alla mia età fa ogni volta più male. L'ultima volta ci eravamo visti lo scorso anno: lui era a Roma per uno dei suoi impegni in tv e mi aveva chiamato ed eravamo andati a cena al Circolo Aniene, io, lui e Tardelli. Una serata bellissima, come una volta: ci eravamo presi in giro, avevamo scherzato sui comportamenti, sai loro sembravano ragazzini, con questi telefonini, le attrezzature elettroniche a cui io non riesco a stare dietro. Ma avevamo un feeling particolare, come ha solo chi ha vissuto qualcosa di irripetibile".

              Lei e Pablito siete stati forse i due simboli del Mundial del 1982, ne parlavate?
              "Non solo siamo stati i due simboli, ma quelli con più pressione addosso. Entrambi ci sentivamo responsabili delle critiche che venivano rivolte al ct Bearzot per averci convocato: io per l'età, Paolo perché veniva da un anno in cui non aveva giocato".

              E Rossi ne soffriva?
              "Certamente la sentiva tanto. Avvertiva forte questa pressione, ma è meglio dire responsabilità di dimostrare che la scelta di puntare su di lui fosse giusta. Anche perché entrambi eravamo fortemente legati al Vecio: con lui non c'era blocco Juve o altro, c'era la Nazionale, una squadra. Era un uomo che sapeva tenere il gruppo, puntando su una cosa, sempre: l'educazione".

              Lei e Pablito siete stati forse i due simboli del Mundial del 1982, ne parlavate?
              "Non solo siamo stati i due simboli, ma quelli con più pressione addosso. Entrambi ci sentivamo responsabili delle critiche che venivano rivolte al ct Bearzot per averci convocato: io per l'età, Paolo perché veniva da un anno in cui non aveva giocato".

              E Rossi ne soffriva?
              "Certamente la sentiva tanto. Avvertiva forte questa pressione, ma è meglio dire responsabilità di dimostrare che la scelta di puntare su di lui fosse giusta. Anche perché entrambi eravamo fortemente legati al Vecio: con lui non c'era blocco Juve o altro, c'era la Nazionale, una squadra. Era un uomo che sapeva tenere il gruppo, puntando su una cosa, sempre: l'educazione".

              In più eravate legati anche dalla maglia della Juventus.
              "A volte ancora mi chiamava capitano, ma mica per rispetto, per prendermi in giro. Appena capitava a Roma, per delle promozioni o per commentare una partita, cercavamo di organizzare per vederci: erano momenti belli, intensi, profondi. Avevamo un bel rapporto, e poi Paolo era davvero una persona straordinaria: un generoso, e poi simpatico, fresco. Forse non lo sa, ma c'è una cosa che non gli mancava: l'ironia. Paolo era davvero divertente".

              Quando vi siete visti l'ultima volta non stava ancora male?
              "Era qualche tempo che non ci sentivamo, non ero del tutto al corrente della sua malattia, non sapevo che le condizioni fossero peggiorate così tanto. È stato un colpo inaspettato, dolorosissimo: credo non volesse farlo sapere per discrezione, per proteggere la sua intimità. E della sua famiglia".

              ...ma di noi
              sopra una sola teca di cristallo
              popoli studiosi scriveranno
              forse, tra mille inverni
              «nessun vincolo univa questi morti
              nella necropoli deserta»

              C. Campo - Moriremo Lontani


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              • Sean
                Csar
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                • In piedi tra le rovine
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                Paolo Rossi, Graziani ricorda: «Prima del Brasile pensava di non giocare. Gli dissi: farai una grande partita»

                L’attaccante ricorda l’amico eroe del Mondiale 1982: «Ho saputo per caso della malattia. Era un uomo pulito, di una qualità che adesso non si trova più»

                Francesco (Ciccio) Graziani non è stato solo il compagno di reparto della Nazionale campione del mondo nel 1982, ma anche un amico di Paolo Rossi.

                Qual è il suo primo ricordo?
                «Ci siamo conosciuti nel ’77 in Nazionale. Lui aveva fatto una stagione strepitosa in B, io l’anno prima avevo vinto lo scudetto col Torino. Eravamo curiosi di scoprire questo ragazzo che si affacciava al grande calcio e che portava in azzurro la novità e la leggerezza della gioventù. Lo accogliemmo affettuosamente».


                Nel ’78 le rubò il posto da titolare al Mondiale.
                «Quando Bearzot me lo disse accettai la scelta. E quando Rossi mi vide mi disse “mi dispiace”. Gli risposi: “Non devi scusarti, è la tua occasione. E io sarò il tuo primo tifoso”».

                Vi siete mai detti niente dello scudetto conteso fino all’ultima giornata tra Fiorentina e Juventus, prima del Mundial ’82?
                «Quel titolo meritavamo di giocarlo allo spareggio, però non ricordo frasi particolari. Qualche sfottò sicuramente, i bianconeri che ci guardavano un po’ dall’alto in basso, ma sempre con grande rispetto. Bearzot aveva forgiato quel gruppo dalla metà degli anni Settanta, ci amalgamò lasciando fuori i club e le loro rivalità».



                Italia-Brasile e l’hombre del partido...
                «La mattina vidi Paolo a bordo piscina, non era lo stesso. Mi confessò che pensava di restare fuori dall’undici titolare. Io lo spronai ricordandogli l’affetto che Bearzot aveva per lui, “squadra che vince non si cambia” gli dissi, e aggiunsi: “Contro il Brasile farai una grande partita”».

                E lui la fece. Segnò una tripletta. E poi?
                «E poi nello spogliatoio mi venne incontro e mi abbracciò per dieci secondi senza dire niente».

                Ancora insieme al Mondiale Over 35…
                «Andammo in Brasile ed era incredibile la popolarità di cui godeva Paolo e la stima che avevano nei suoi confronti. Li aveva battuti, era il nemico, ma lo riconoscevano come loro simile».


                E non solo in Brasile.
                «Non potete nemmeno immaginare. Quando andavo all’estero la gente mi fermava e mi diceva: “Italiano? Ah, Paolorossi e Pertini!”. Loro due erano l’Italia nel mondo».

                Che uomo era Paolo Rossi?
                «Un uomo pulito. Che aveva ancora tanti progetti da portare avanti. Era e resterà per sempre il nostro Pablito».

                Il vostro sembra un calcio lontanissimo nel tempo, perché?
                «Perché è cambiato il mondo, non è colpa di nessuno ma sono cambiati i valori, sia quelli umani che sportivi. Trovatemi oggi la qualità di uno Scirea, un Conti, un Cabrini, un Tardelli, un Antognoni, un Rossi, trovatela».

                Lei sapeva della malattia?
                «Credo di essere stato tra i primi a scoprirlo. E per caso, perché dopo il mio incidente domestico sono stato operato dalla stessa équipe dell’ospedale la Gruccia di Montevarchi, quella del professor Piero Paladini».

                Ne avete mai parlato?
                «No, però, mi sono preoccupato quando a ottobre ha smesso di scrivere nella chat degli azzurri Mundial. Gli ho telefonato e non mi ha risposto. Poi ha ripreso a chattare, ma ci ha tenuto nascosta la gravità della malattia».

                Un rammarico?
                «Non essere andato a pranzo nel suo agriturismo, rimandando gli inviti per gli impegni di lavoro e familiari. Ma la vita è fatta così».


                CorSera
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                «nessun vincolo univa questi morti
                nella necropoli deserta»

                C. Campo - Moriremo Lontani


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                • Sean
                  Csar
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                  Sorteggio Europa League: Milan, Napoli e Roma, le possibili avversarie e le insidie ai sedicesimi

                  Il 14 dicembre a Nyon scopriremo i sedicesimi dell'edizione 2020/21. Le italiane, tutte teste di serie, eviteranno Manchester United, Tottenham e Arsenal. Tutte le combinazioni

                  Tre su tre. L’Italia avanza come un treno in Europa League. Milan, Napoli e Roma, tutte qualificate ai sedicesimi di finale come teste di serie, in quanto prime classificate nei rispettivi gironi. I rossoneri, grazie alla vittoria contro lo Sparta Praga, hanno sorpassato all’ultima curva il Lille. La squadra di Gattuso ha invece ottenuto il pass con il pareggio (1-1) con la Real Sociedad nella prima allo stadio Diego Maradona. I giallorossi hanno dominato il gruppo A, chiudendo con una sconfitta indolore contro il Cska Sofia.

                  Il sorteggio che definirà gli accoppiamenti per i sedicesimi si terrà lunedì 14 dicembre a Nyon, poco dopo quello della Champions (quindi intorno alle ore 13). Alle 24 squadre ammesse dai gironi di Europa League si aggiungeranno le 8 terze classificate nei gruppi della Champions, equamente divise tra teste di serie e non in base ai risultati ottenuti in questa annata europea. Il sorteggio prevede poche restrizioni: non si potranno affrontare squadre già sfidate nei gironi o della stessa federazione. Le gare d’andata sono in programma giovedì 18 febbraio (in casa delle non teste di serie), con ritorno il 25.

                  Teste di serie

                  Ajax (Olanda)
                  Arsenal (Inghilterra)
                  Bayer Leverkusen (Germania)
                  Bruges (Belgio)
                  Dinamo Zagabria (Croazia)
                  Hoffenheim (Germania)
                  Leicester (Inghilterra)
                  Manchester United (Inghilterra)
                  Milan (Italia)
                  Napoli (Italia)
                  Psv Eindhoven (Olanda)
                  Rangers (Scozia)
                  Roma (Italia)
                  Shakhtar Donetsk (Ucraina)
                  Tottenham (Inghilterra)
                  Villarreal (Spagna)


                  Non teste di serie

                  Anversa (Belgio)
                  Braga (Portogallo)
                  Benfica (Portogallo)
                  Dinamo Kiev (Ucraina)
                  Granada (Spagna)
                  Krasnodar (Russia)
                  Lille (Francia)
                  Maccabi Tel Aviv (Israele)
                  Molde (Norvegia)
                  Olympiacos (Grecia)
                  Real Sociedad (Spagna)
                  Salisburgo (Austria)
                  Slavia Praga (Repubblica Ceca)
                  Stella Rossa (Serbia)
                  Young Boys (Svizzera)
                  Wolfsberger (Austria)


                  I pericoli per le italiane

                  Qualche pericolo, alcune squadre decisamente abbordabili: Milan, Napoli e Roma hanno il vantaggio (ottenuto classificandosi come prime nei rispettivi gironi) di essere teste di serie, eviteranno così gli scogli più grandi, come le inglesi Arsenal, Manchester United, Tottenham e le tedesche Bayer Leverkusen e Hoffenheim. A far paura, tra le non teste di serie, Dinamo Kiev e Salisburgo (reduci dalla Champions), poi Benfica, le spagnole Granada e Real Sociedad (che non potrà sfidare il Napoli) e il Lille (non potrà essere sorteggiato col Milan). Le altre, al netto di trasferte complicate come ad esempio Molde, in Norvegia , sono tutte formazioni più che battibili dalle nostre squadre.


                  CorSera
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                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                    Csar
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                    Champions ed Europa League, sei italiane su sette. I club incassano 30 milioni: ecco come sono ripartiti

                    Sacchi: «È un segnale forte. Se non giochi per vincere non vai da nessuna parte. La Juve di Pirlo mi ha sorpreso, a Barcellona ha fatto una partita gigantesca»

                    Sei su sette. Juventus, Lazio e Atalanta agli ottavi di Champions più Milan, Roma e Napoli ai sedicesimi di Europa League: all’appello manca solo l’Inter, un’assenza che pesa, che ha fatto e farà discutere, perché quel girone non era impossibile, non era insuperabile, anzi. Ma ormai è andata, quel che è fatto è fatto. E quel dato, sei su sette, resta comunque un bilancio formidabile, un quasi en plein che non può che incoraggiare e farci sperare che qualcosa stia finalmente cambiando: l’ultimo trionfo italiano in Europa è vecchio ormai di dieci anni, vale a dire la Champions dell’Inter del 2010. Erano tre anni, stagione 2017/18, che almeno sei delle nostre non passavano lo scoglio del girone eliminatorio. Nelle ultime 11 stagioni era accaduto solo un’altra volta, nel 2014/15. E per tornare all’ultimo sette su sette bisogna scavare fino al 2008/09. Una vita fa.

                    «Qualcosa sta succedendo, vedo una nuova mentalità» assicura Arrigo Sacchi, uno che di campagne europee se ne intende, avendo vinto due Coppe Campioni, due Intercontinentali e due Supercoppe Uefa col grande Milan degli Immortali a fine anni Ottanta. «In Europa se non giochi per vincere non vai da nessuna parte, è un’evidenza che io vado ripetendo da anni, ma che finalmente ora stanno cogliendo in molti. Prima erano le piccole a mostrare il calcio migliore: penso ad Atalanta, Sassuolo, Verona. Ora finalmente le grandi stanno riprendendo il loro ruolo di guida, di esempio. Penso al Milan dei giovani che è primo, alla Juventus di Pirlo che a Barcellona mi ha sorpreso facendo una partita gigantesca, all’Atalanta di Gasperini che è andata a prendersi la qualificazione in casa dell’Ajax vincendo nonostante le bastasse un pareggio, all’impresa della Lazio di Inzaghi in un girone complicato che ha aggredito fin dalla prima partita. È fondamentale che il messaggio, l’insegnamento arrivi dall’alto. È questa la vera grande notizia per il nostro movimento. Nulla è casuale: sei squadre qualificate su sette sono un segnale forte e chiaro, per tutti».

                    Anche per chi dentro ai club si occupa dei conti, già messi a durissima prova dalla pandemia che ha danneggiato sponsorizzazioni e biglietterie. Vincere per convincere ma anche per sopravvivere: il solo passaggio dal girone ai turni a eliminazione diretta porta infatti ai sei club italiani 30 milioni di euro complessivi. Ossigeno puro, introiti vitali in una stagione che sarà drammatica per tutti, nessuno escluso, con la stessa Uefa che ha già rivisto al ribasso le cifre da corrispondere ai club. Saranno insomma tutti più poveri, anzi lo sono già, ragione per la quale anche i premi meno cospicui diventano adesso fondamentali.

                    Per la Champions il bonus ottavi della Uefa corrisponde a 9,5 milioni di euro, al netto di come andranno a finire le due partite di andata e ritorno: un’iniezione di liquidità che consentirà alla Juve di migliorare i conti — l’ultimo bilancio ha fatto segnare un rosso di 90 milioni — e a Lazio e Atalanta di provare a muoversi a gennaio sul mercato, per farsi trovare pronte all’appuntamento con gli ottavi. Nettamente più esiguo come sempre il premio per la qualificazione ai sedicesimi di Europa League, 500mila euro per squadra. Non una gran cifra, certo, ma che va inserita in un quadro più ampio: chi vince il trofeo porta a casa almeno 20 milioni oltre alla qualificazione alla prossima Champions. Se un tempo era solo la fastidiosa coppetta del giovedì, ora è una grande occasione da cogliere al volo. Milan, Roma e Napoli l’hanno capito.

                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • Sean
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                      Giornata 11

                      SABATO 12 DICEMBRE
                      15:00 Crotone-Spezia
                      18:00 Torino-Udinese
                      20:45 Lazio-Verona

                      DOMENICA 13 DICEMBRE
                      12:30 Cagliari-Inter
                      15:00 Atalanta-Fiorentina
                      15:00 Bologna-Roma
                      15:00 Napoli-Sampdoria
                      18:00 Genoa-Juventus
                      20:45 Milan-Parma
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

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                        Originariamente Scritto da ciccio.html Visualizza Messaggio
                        sbagli; ho diversi amici universitari che lo hanno fatto e in primis si svolge un corso di lingua itaina apposito di 3-4-6 mesi (spesso in italia quando usano il visto o nel loro paese). Se segui il corso passi l'esame anche essendo una capra ma Suarez non ha seguito nulla di duraturo; è calato dall'alto. Non ha fatto neanche "la parte" come han fatto gli altri.
                        Ora non sono informatissimo ma Suarez non ha seguito questo corso lunghetto ma ha svolto l'esame da "esterno indipendente" come quelli che alla scuola guida studiano da soli e vengono bocciati maggiormente.
                        Esattamente, lo ha svolto da esterno, come tanti che, di ogni età e condizione, chiedono la cittadinanza italiana e da esterni vanno a procacciarsi quel certificato. Allora, hai ragione, è quelle percentuali di successo che dovremmo andare a guardare.

                        E' chiaro che gli interni all'università hanno un grado di comprensione della lingua che non può essere paragonato a quelli che arrivano (come Suarez) da fuori.

                        Il punto a mio parere è questo: l'esame può anche essere una "farsa" ma non perchè aggiustato ma perchè lo è in se stesso: pochi minuti, poche domande, si richiede un livello di comprensione appena sufficiente e il certificato lo si ottiene. In tempo di covid è stato ulteriormente sfrondato e facilitato nel suo svolgimento.

                        Non è che agli altri (esterni) chiedono Leopardi e a Suarez dove vuole andare in vacanza: le domande e lo svolgimento sono quelli per tutti. Avevo postato tempo fa il programma dell'esame dell'università di Siena (mi pare) ed era una verifica (solo orale) che non raggiungeva i 10 minuti, dunque la procura di Perugia sta dicendoci che l'esame è una "farsa": per forza che lo è, è un esame farsa in quanto farsesca è la sua iimpostazione e la relativa, conseguente, elementare facilità.
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
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                        • germanomosconi
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                          Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                          Oggi mi chiedevo in che percentuale passano l'esamino di lingua gli stranieri in Italia: ebbene il certificato lo ottiene il 98% degli esaminati, questo a titolo informativo.

                          C'è da scommettere che quel 98% è composto da tutti fini conoscitori e dicitori della nostra amata lingua italiana, dei Carmelo Bene, dei Gassman, un livello di comprensione testuale che potresti trovare in un Umberto Eco, su questo non possono esserci dubbi.
                          Non ha alcuna rilevanza quello che dici
                          Originariamente Scritto da Marco pl
                          i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
                          Originariamente Scritto da master wallace
                          IO? Mai masturbato.
                          Originariamente Scritto da master wallace
                          Io sono drogato..

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                          • Sean
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                            Originariamente Scritto da germanomosconi Visualizza Messaggio
                            Non ha alcuna rilevanza quello che dici

                            Ai fini della certificazione della semplicità della procedura di esame mi pare di sì, perchè se lo passano praticamente tutti (gli esterni) in che cosa Suarez sarebbe stato facilitato?

                            L'unica vera questione che vedo io di forse anomalo nella procedura è la sessione ad hoc messa su per Suarez e solo per lui (quel giorno non erano previsti esami)...e qui bisogna vedere se si fanno o non si fanno per tutti queste sessioni speciali. Lo svolgimento, le domande, le prove e la durata sono invece quelli.
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
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                              Milan, Ibrahimovic non ce la fa: ancora fuori con il Parma. Cosa c’è dietro la scelta e quando rientra

                              L’attaccante svedese, fermo per la lesione al bicipite femorale della coscia sinistra, parla alla Bbc: «Siamo in gran forma. Ma non abbiamo ancora vinto nulla, questo dobbiamo tenerlo bene a mente»

                              Zlatan Ibrahimovic non ce la fa: niente Parma domani sera per l’attaccante svedese. Era in realtà nell’aria già da inizio settimana, ieri però si è avuta la conferma definitiva: meglio non rischiare, la lesione al bicipite femorale della coscia sinistra è di sole tre settimane fa, il timore di una ricaduta esiste e lo staff medico guidato dal dottor Stefano Mazzoni preferisce evitare pericolose accelerate. Intanto Ibra predica calma: «Siamo in una forma incredibile, stiamo facendo davvero bene. Ma non abbiamo ancora vinto nulla— ha detto in un’intervista concessa alla Bbc— questo dobbiamo tenerlo bene a mente». L’obiettivo però resta: «Quando sono tornato, l’ho fatto per riportare il Milan al top, a cui appartiene».

                              Il rientro di Ibra, che ieri si è allenato ancora a parte, slitta così a mercoledì nel turno infrasettimanale col Genoa a Marassi o forse addirittura alla trasferta della domenica successiva in casa del Sassuolo. Massima cautela, questa la linea scelta dal club rossonero. Ha un senso: per quanto lo svedese sia fondamentale, la squadra ha dimostrato di riuscire a cavarsela anche senza di lui.

                              La vittoria di giovedì nell’ultimo turno di Europa League in casa dello Sparta Praga è stata eloquente: anche il Milan B (o C) è all’altezza della situazione, lo dicono i risultati, lo dicono le vittorie. Meglio quindi non mettere fretta e aspettare che il 39enne campione di Malmoe torni al top della condizione. Nell’attesa Pioli può godersi il nuovo gioiellino Hauge, autore del gol vittoria a Praga: l’ala norvegese non smette di stupire. Il tecnico rossonero, che domani recupera Bennacer, ha parlato a Sportweek: «Sono nel posto giusto per poter vincere un trofeo». Il Diavolo ora ci crede.

                              CorSera
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                I funerali di Paolo a Rossi oggi a Vicenza


                                L’addio al campione dei Mondiali dell’82 in Spagna


                                Cabrini: «Ho perso un compagno di squadra, un amico e un fratello»

                                Dentro il Duomo di Vicenza la commozione è tanta. E cresce quando risuona la voce rotta di Antonio Cabrini, ex compagno nella Juve e nella Nazionale: «Non ho perso solo un compagno di squadra, ma un amico e un fratello. Insieme abbiamo combattuto, vinto e a volte perso, sempre rialzandoci anche davanti alle delusioni. Siamo stati parte di un gruppo, quel gruppo, il nostro gruppo. Non pensavo ti saresti allontanato così presto, ma che avremmo camminato ancora tanto insieme. Già mi manchi, le tue parole di conforto, le tue battute e i tuoi stupidi scherzi. Le tue improvvisate e il tuo sorriso. Mi manca proprio tutto di te, oggi voglio ringraziarti perché se sono quello che sono lo devo anche al meraviglioso amico che sei stato».

                                L’omelia: «Ora è nella Coverciano del cielo»

                                «Paolo ha vissuto la malattia con il garbo e la discrezione di sempre. La sua grandezza è stata di essere un fuoriclasse, ma mai un personaggio. Ora ti allenerai nella Coverciano del cielo», ha detto don Pierangelo Ruaro nell’omelia. Il sacerdote ha ricordato «Paolo come cristiano», ricordando quando aveva detto di appartenere «ad una generazione per la quale i valori cristiani erano importanti. È stato chierichetto. Ha iniziato a giocare nella squadra messa su del prete della parrocchia. Una settimana in seminario gli è bastata a fargli capire che quella non era la sua strada. La sua fede era fatta di quotidianità, di gentilezza, rispetto, semplicità ed umiltà».


                                Il ricordo

                                Poco prima, alcuni degli ex calciatori presenti hanno raccontato ai microfoni dei cronisti il loro ricordo di Paolo Rossi.


                                Altobelli: «Avrei voluto essere con lui ad accompagnarlo»

                                L’altra sera quando la moglie ci ha mandato il messaggio dicendo che Paolo se ne era andato con lei che lo ha accompagnato stringendogli la mano ho invidiato quel momento, avrei voluto essere lì anche io ad accompagnarlo», ha detto Alessandro Altobelli, ex attaccante dell’Italia e compagno di squadra nella vittoria al Mondiale del 1982 a Sky. «La nostra è una chat dove parliamo, siccome era un periodo che non rispondeva più ho provato a mettere delle foto per farlo intervenire. Visto che non interveniva ho provato a capire cosa fosse successo e invece Marco (Tardelli, ndr) mi ha detto che sarebbe presto tornato. Poi avevamo sentito delle voci ma speravamo non fossero vero, ma purtroppo erano vere», ha aggiunto l’ex calciatore. «Con Paolo siamo stati insieme in Nazionale fino all’86’. Lui era molto più forte di me. Io in allenamento ho sempre cercato di copiare qualcosa, anche se era molto difficile perché aveva qualità naturali ed era difficile. Lui era sempre nel posto giusto nel momento giusto».


                                Collovati: «Al mondiale eravamo l’armata brancaleone»

                                Si aggiunge poi il ricordo di un commosso Fulvio Collovati, anche lui eroe azzurro del mondiale del 1982. «Se ne è andato con dignità, voleva essere il Paolo Rossi che ho sempre visto, sempre sorridente. Noi siamo andati al Mondiale come l’armata brancaleone, Paolo arrivò dopo due anni di inattività. Era deriso da tutti, il suo riscatto e la sua rivincita hanno coinciso con la nostra rivincita. Io se sono campione del mondo lo devo a lui».


                                Maldini: «Per me un eroe, un esempio e un compagno»

                                «Per me è stato tante cose: un eroe da 14enne quando ha vinto i Mondiali con mio papà che faceva parte di quella spedizione, un compagno di squadra al Milan che mi ha dato tanti consigli», ha detto Paolo Maldini, direttore tecnico ed ex bandiera del Milan e della Nazionale, appena prima dei funerali. «Per tutti gli italiani era un mito, un supercampione conosciuto in tutto il mondo, ma era una persona normale. Mi rimarrà sempre in mente la sua leggerezza, senza sentirsi una star. È stato di grande esempio», ha aggiunto. «Di lui parlano i numeri, ci dimentichiamo la sua grandezza: ha vinto un Mondiale, il Pallone d’oro e il titolo di capocannoniere. Questo già basta», ha concluso.

                                Bergomi: «Era il simbolo di quel nostro gruppo»

                                «Di quel gruppo vincente Paolo era un simbolo, non solo per quanto è riuscito a fare in campo ma anche fuori. Le sue più grandi doti sono state l’umanità e la disponibilità verso tutti, ma anche la capacità di sorridere». Così Beppe Bergomi ha ricordato Paolo Rossi. «Con lui ho condiviso l’esperienza da commentatori tv nel Mondiale 2006, anche qui era un esempio per la moderazione nei commenti».



                                CorSera
                                ...ma di noi
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                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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