Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Inter, da Lukaku a Gagliardini: in tanti nel mirino di Conte

    Il tecnico arrabbiato con il belga che ha lasciato calciare il rigore a Lautaro, ma anche con Gagliardini e Barella. Ma il vero obiettivo è ancora una volta Marotta per il mercato che verrà

    Dopo la sconfitta interna contro il Bologna, Antonio Conte era una furia. E l’ha detto sia davanti alle telecamere (“Da qui a fine stagione dobbiamo dimostrare tutti di essere da Inter”) che all’interno dello spogliatoio. Inaccettabile, per il tecnico nerazzurro, perdere in casa dopo essere passati in vantaggio e aver giocato quasi metà della ripresa in superiorità numerica. Inammissibile subire di nuovo due gol nell’ultimo quarto d’ora a San Siro, dopo il 3-3 con il Sassuolo. Questa non è la squadra che l’ex ct della Nazionale sognava, e come già accaduto diverse volte in passato, Conte non fa nulla per nasconderlo.


    Non gli sono bastati gli arrivi non poco onerosi di Lukaku, Sensi e Barella della scorsa estate. Più quelli in prestito di Biraghi e Sanchez e di Godin a parametro zero. Né lo sforzo compiuto nella sessione invernale da Marotta, che ha portato a Milano Moses, Young ed Eriksen per togliere il broncio al suo allenatore. Conte si è detto “enormemente deluso” dopo il ko contro il Bologna di Mihajlovic e ai suoi calciatori ha fatto capire che chi non si merita la maglia nerazzurra può già iniziare a fare le valigie.

    Ma con chi ce l’aveva il tecnico leccese nel postpartita? Il dito non è stato puntato contro nessuno in particolare, anche se Conte, ad esempio, era abbastanza seccato che Lukaku avesse lasciato a Lautaro Martinez il rigore del 2-0 che avrebbe chiuso la gara. E non ha certo gradito che sulla ribattuta di Skorupski Gagliardini abbia sbagliato un altro gol facile facile davanti alla porta. Anche il doppio giallo che si è beccato Bastoni è stata un’ingenuità che ha pesato molto, dando al Bologna la fiducia per andare a prendersi il bottino pieno.

    Le lamentele di Conte, però, avevano come sempre un unico destinatario: quel Beppe Marotta che lo conosce bene e l’ha voluto fortemente a Milano dopo i successi, ma anche un addio polemico, in bianconero. Il tecnico è convinto di non avere un organico all’altezza dei suoi ambiziosi obiettivi: si sa, lui ha in testa sempre e solo la vittoria (ha chiamato anche la figlia così) e non riuscire a competere per il massimo della posta in palio non gli sta bene.


    Alla sua prima stagione in nerazzurro, Conte può sperare al massimo di arrivare secondo sopra la Lazio ma deve guardarsi dalla lanciatissima Atalanta, adesso a -1. In Coppa Italia la corsa dell’Inter si è fermata in semifinale, mentre nella fase finale agostana di questa Europa League i nerazzurri possono ancora togliersi qualche soddisfazione.

    Ma Conte pensa già al prossimo mercato e chiede altri rinforzi. “Altrimenti è giusto prendere altre decisioni”, ha sottolineato dopo la sconfitta col Bologna. Una tattica che abbiamo già visto sia quando guidava la Juventus (“Quando ti siedi in un ristorante dove si paga 100 euro non puoi pensare di mangiare con 10 euro”, disse pochi mesi prima di lasciare i bianconeri) che in questa stagione (“Non avrei dovuto fidarmi della programmazione della società sul mercato”, l’accusa dopo la sconfitta in Champions con il Dortmund). Soprattutto, pretende che alcuni elementi, da lui ritenuti non all’altezza, non facciano parte della rosa del prossimo anno: già a gennaio aveva messo alla porta Lazaro, pagato 22 milioni di euro appena sei mesi prima. Marotta sa che lo attende un’estate di superlavoro: solo così si può sperare di placare Conte. Almeno fino alla prossima sfuriata.

    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
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    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Inter, Marotta: "Lautaro poco sereno per il mercato, ma lo vogliamo tenere"

      L'ad parla del momento negativo dell'argentino: "Parliamo di un ragazzo di 23 anni che può essere in un periodo involutivo della sua carriera legato alle continue voci che lo rincorrono, ma noi non vogliamo vendere i nostri giocatori importanti. Purtroppo quest'anno mercato e agonismo dovranno coesistere". Sfumato lo scudetto, resta l'obiettivo europeo: "Non sappiamo lo stato di forma delle altre squadre, ma dobbiamo crederci"

      Il giorno dopo, la sconfitta interna contro il Bologna brucia ancora. Sul banco degli imputati ci è finito soprattutto Lautaro Martinez, colpevole di aver fallito il rigore del possibile 2-0 che avrebbe di fatto chiuso il match. L'amministratore delegato dell'Inter, Beppe Marotta, però prova a tranquillizzare l'argentino, disturbato dalle numerosi voci di mercato che lo vorrebbero al Barcellona la prossima stagione. "L'Inter non vuole vendere i suoi calciatori più importanti, parliamo di un ragazzo di ventitré anni che può essere in un periodo involutivo della sua carriera legato alle continue voci che lo rincorrono e magari lo condizionano. Abbiamo ammirato un ottimo Lautaro nella prima parte di stagione, adesso deve tornare alla serenità che lo porti a prendersi le sue soddisfazioni personali e dare il contributo all'Inter come nella prima parte".


      "Conte molto arrabbiato dopo ko col Bologna"

      "Rimane la grande amarezza e la delusione per non aver ottenuto i tre punti - ammette il dirigente interista -, vista la parte iniziale della gara. Soprattutto per gli episodi, come il rigore sbagliato". Lo stop non è andato giù neanche al tecnico Antonio Conte, che a fine partita lo ha fatto ben presente alla squadra negli spogliatoi, affiancato proprio da Marotta. "Noi dirigenti ci siamo dilungati con Conte per fare una disamina ed esprimere la nostra amarezza e il nostro disappunto per una gara che era alla nostra portata. Conte da oggi ha iniziato a pensare al Verona. È molto arrabbiato e lo deve essere. La sua critica serve a far comprendere il personaggio, che vuole molto di più da sé stesso e dai suoi giocatori. Verona è una tappa interlocutoria di un cammino, ma viene in un momento in cui dobbiamo dimostrare di aver fatto tesoro di quanto buttato ieri".


      "Squadra deve pensare al campo non al mercato"

      In vista del prossimo anno, Marotta ha già assicurato a Conte il primo rinforzo sul mercato, Achraf Hakimi. Ma le trattative in entrata e in uscita non devono distrarre dalla stagione da portare a termine. "Vi sono due elementi importanti: la parte agonistica in campionato e l'Europa League. E il mercato, che purtroppo avviene in contemporanea. Mancano 8 giornate e dovremo dare il massimo. Abbiamo subito solo quattro sconfitte che possono essere tante o poche. Tante per quello che l'Inter rappresenta, poche se paragonate al nostro percorso di crescita". Marotta ha anche parlato di Christian Eriksen, arrivato a gennaio dal Tottenham: "Eriksen si è inserito, e certamente con difficoltà in un settore che purtroppo sta patendo più degli altri gli infortuni - ha sottolineato -. Lo aspettiamo. Anche con lui Conte ha fatto un ottimo lavoro". Chiusura sull'Europa League: "Tenteremo sicuramente di vincerla, non sappiamo lo stato di forma delle altre squadre, ma dobbiamo crederci. Partecipiamo per vincere ed è già una grande cosa".

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        Inter, rivoluzione dopo gli strilli di Conte: con Marotta per dare la svolta

        Il tecnico in emergenza per Verona, perde anche Barella: salterà tre partite. L'ad: «Dilapidata una vittoria. Lautaro è in una fase involutiva, , Eriksen può dare di più»

        Conte è arrabbiato, Marotta deluso. Il giorno dopo dell’Inter è come tanti altri vissuti negli ultimi dieci anni, pieno di rancori, dubbi, domande. La sconfitta con il Bologna è una svolta pericolosa, per allenatore e società. Marotta per indole è un pompiere, un riflessivo, ma le urla del tecnico ai giocatori nel dopo gara con i rossoblù e le dichiarazioni rilasciate («Con l’Inter ho preso un pacchetto preconfezionato», «I giocatori provino l’1% della delusione che provo io») hanno creato inevitabilmente qualche frizione interna. «Conte è molto arrabbiato e lo deve essere — ha spiegato Marotta —. Le sue critiche servono a far comprendere il personaggio, quello che pretende da sé e dai giocatori». Conte in fondo è stato scelto perché serviva un tecnico che entrasse con il lanciafiamme in uno spogliatoio ai limiti dell’apatico. L’Inter ha deciso di non investire su un fuoriclasse, ha eletto Conte a suo top player. L’allenatore non può sottrarsi al ruolo di parafulmine. Il «siamo tutti in discussione», pronunciato dopo il Bologna, tocca anche lui. Conte alla squadra lunedì ad Appiano non ha detto nulla. Aveva strillato a sufficienza dopo la partita persa e, forse per pungere i calciatori nell’orgoglio, li ha allenati e di fatto ignorati. Si è confrontato con i dirigenti. «Ci siamo incontrati per esprimere sconforto e disappunto per una vittoria dilapidata, buttata via, dobbiamo dimostrare di aver capito la lezione», sottolinea Marotta. Deve dimostrarlo anche Conte, apparso infastidito dall’Inter nell’ultimo periodo. La società gli chiedeva di vincere un trofeo, lui rimprovera alla società di non avergli dato i mezzi per farlo.


        All’Inter è riaffiorato un vecchio vizio, dopo un’andata strepitosa è crollata nella seconda parte. Era accaduto con Mancini e Spalletti, ora anche Conte ci è cascato: un tecnico del suo livello non può accettarlo. Il suo arrivo doveva cambiare la storia del decennio post Triplete: nelle ultime otto stagioni il miglior piazzamento è stato il 4° posto, il rischio è chiudere come l’anno passato: sarebbe un grosso danno d’immagine prima di tutto per lui.

        Il progetto di crescita si è inceppato a metà febbraio. L’Inter ha 8 punti in più rispetto a un anno fa e, fa notare Marotta, «abbiamo subito solo quattro sconfitte: tante per quello che l’Inter rappresenta, poche se paragonate al nostro progetto di crescita». Un progetto in una difficilissima salita e che vedrà una profonda ristrutturazione, soprattutto a centrocampo, reparto non all’altezza.

        Cade oggi il primo anniversario interista di Conte. Era il 7 luglio 2019 quando la squadra si ritrovava ad Appiano agli ordini del nuovo allenatore. Dodici mesi dopo, molto è da rifare, ma poco è cambiato nella mentalità interista. Emblematico il rigore ceduto da Lukaku a Lautaro e sbagliato dall’argentino. Una bambinata che ha mandato in bestia Conte e pure Marotta. «Lautaro può essere in una fase involutiva della carriera, le voci lo condizionano. Gli serve serenità», evidenzia Marotta. L’altro punto dolente è Eriksen, spento dopo qualche sussulto. «Si è inserito in un reparto in difficoltà anche per i tanti infortuni, può dare molto di più, lo aspettiamo». L’ultimo forfait è quello di Barella, fuori per le prossime tre-quattro partite.

        Resta l’Europa League per salvare la stagione. Comunque vada sarà rivoluzione, ma non sarà un mercato semplice. L’Inter rischia di dover rimpiazzare, per vari motivi, dieci giocatori: Berni, Godin, Biraghi, Moses, Vecino, Gagliardini, Borja Valero, Esposito, Sanchez e Lautaro.

        Se non parte Lautaro le risorse per costruire un centrocampo e un attacco di livello rischiano di non esserci. Non può essere il 20enne Tonali l’uomo della svolta. Conte non ha preclusioni sul ritorno di Nainggolan, ma dopo Hakimi occorre un esterno sinistro (Emerson Palmieri) e un altro in mezzo: Vidal o qualcuno simile. Davanti poi non servono scommesse, ma certezze come Dzeko o Cavani, anche se avanti negli anni. Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato di Pirelli, continua a caldeggiare l’acquisto di Leo Messi. Un sogno forse impossibile, ma l’idea è giusta. Per vincere grandi competizioni servono grandi giocatori. L’Inter non può più perdere tempo. Il progetto deve giungere a un obiettivo, altrimenti è sbagliato. Conte ha ragione, sono tutti in discussione: anche lui se non vince.


        I nodi da sciogliere

        1 Occasioni sprecate e rimonte subite
        Da quando si è ripreso a giocare, l’Inter ha subito ben tre rimonte in sei partite. La più dolorosa è stata in Coppa Italia con il Napoli, fatali per la corsa in campionato quelle con Sassuolo e Bologna: un solo punto raccolto.
        Il terzo posto a rischio, c'è solo l'Europa
        L’anno scorso l’Inter riuscì ad acciuffare il quarto posto all’ultima giornata. Il rischio ora è di farsi superare dall’Atalanta e chiudere ancora al quarto posto. L’ultimo obiettivo resta l’Eruopa League.
        Crescita bloccata, da febbraio in calo
        Rispetto alla passata stagione, l’Inter di Conte ha 8 punti in più rispetto a quella di Spalletti. Come sempre accaduto dopo il Triplete, l’Inter si è persa, come già successo con Mancini e Spalletti nel girone di ritorno.
        Squadra da rifare, mercato difficile
        L’Inter rischia di dover cambiare dieci giocatori: Berni, Godin, Gagliardini, Biraghi, Moses, Vecino, Borja Valero, Esposito, Sanchez e Lautaro. Ma se non dovesse partire Lautaro, non sarà per nulla facile fare mercato


        CorSera
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          Lukaku ormai te lo devi tenere, dato che ci hai investito 80 milioni.

          Lautaro con ogni probabilità verrà ceduto e sacrificato sull'altare dell'ennesima lista della spesa di Conte, perchè sennò non puoi rivoluzionare la squadra.

          Ennesimo mercato abortito. Al primo anno di Conte-Marotta è un cambiato un piffero. Nemmeno dal punto di vista mentale s'è visto un qualche miglioramento, e questo è un aspetto che non si compra sul mercato: lo doveva dare Conte - altrimenti tanto valeva tenersi Spalletti.
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            Milan, Rangnick è alle porte. Maldini verso il divorzio, Ibra pensa a lasciare bene

            Intanto c'è da ripetere la bella prova sulla Lazio contro la Juventus. Pioli: «Questo finalmente è il mio Milan. Giochiamo però contro i migliori, dovremo ecceller in tutto»

            L’ora della verità. Sul campo e fuori. Presente e futuro del Milan s’incrociano in questa estate bollente, dalla quale il Diavolo uscirà inevitabilmente diverso. Se migliore o peggiore, lo dirà solo il tempo. Fatto sta che l’ennesima rivoluzione s’avvicina. Mentre Ralf Rangnick è ormai alle porte, pronto ad assumere per la prossima stagione l’incarico di manager-allenatore, l’attuale reggente Stefano Pioli va a caccia di una qualificazione europea fondamentale non solo per il presente ma anche per il futuro. L’Europa è un obbligo: per ragioni tecniche, d’immagine, economiche. Agguantare la qualificazione alle coppe significherebbe aggiustare almeno in parte una stagione disgraziata, partita col sogno Champions subito svanito.

            «Finalmente è il mio Milan» ha detto lunedì Pioli, alla vigilia del cruciale duello di stasera con la Juventus a San Siro. Suo, il Milan lo sarà però ancora per poco. Con Rangnick nessun contratto è ancora stato firmato, ma è quello che succederà. L’a.d. Gazidis, ormai sempre più centrale, sempre più decisionista, s’è convinto: il manager tedesco del gruppo Red Bull è secondo lui l’uomo giusto per il nuovo corso rossonero.


            Così come sembra ormai scontato anche l’addio di Paolo Maldini. Nei giorni scorsi, a Roma, prima della splendida vittoria sulla Lazio, lui e Gazidis hanno affrontato l’argomento futuro. In sostanza l’a.d. sudafricano vuole capire se l’ex capitano accetterebbe di restare. La proposta, assicurano dall’interno del club, non è quella di un ruolo di rappresentanza, bensì tecnico, manageriale. Resta comunque del tutto improbabile che Maldini dica sì. Su Rangnick si è già espresso in pubblico: «Non è l’uomo adatto». Più chiaro di così.


            Uno scenario, questo, che s’interseca inevitabilmente col campo e con l’attualità. Il futuro è adesso. Ora l’obiettivo sul campo è guadagnare l’accesso diretto ai gironi di Europa League, lasciando a qualcun altro la grana del preliminare. Si può fare: il quinto posto è a due punti. Dopo la Lazio, stasera c’è la Juve. Lo scudetto passa da San Siro. Chissà che dopo aver dato una brusca spallata ai sogni di gloria della squadra di Inzaghi, stasera i rossoneri non riequilibrino la situazione. Complicato sì, impossibile no. Specie ora che il Milan sembra davvero aver svoltato.

            Da un pezzo non si vedeva questo entusiasmo, dalle parti di Milanello. A dare la scossa è stato Zlatan Ibrahimovic, il campione talismano che si è caricato la squadra sulle spalle. Dopo i 45 minuti con la Lazio, partirà titolare anche oggi. A 38 anni, con il suo Hammarby che lo aspetta a braccia aperte, Milan-Juve di stasera potrebbe essere il suo ultimo gran ballo. Prepariamoci.


            CorSera
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              Milan-Juventus, le formazioni e dove vederla. Higuain ritrova San Siro e sogna un gol al veleno

              I rossoneri che hanno fermato la Lazio vogliono ripetersi con i bianconeri. Sarri: «Il Milan ci ha creato difficoltà tutto l'anno e ora è in grande forma fisica e mentale»

              Le sue notti a San Siro non sono state mai banali e Higuain si augura che non lo sia neppure stavolta, al cospetto di Ibrahimovic. Il Pipita è pronto a riprendersi laJuventus. I suoi ultimi mesi sono stati in salita: soffre per la mamma che non sta bene in Argentina, non voleva ricominciare dopo la pandemia e quando è tornato alla Continassa ha dovuto fare i conti con un problema muscolare. Gonzalo è un ragazzo particolare, burbero ma sensibile. «È l’unico con cui litigo, forse perché ha bisogno di un contraltare duro per rendere al meglio», racconta Sarri che lo ha completato e migliorato al Napoli e lo ha ritrovato con piacere a Torino. Alla Juventus, prima del lockdown, l’allenatore lo ha spesso preferito a Dybala. Il virus e i contrattempi di mister 90 milioni hanno ribaltato le gerarchie. La nuova Juve, che ha allungato sino a più 7 sulla Lazio e sogna di mettere presto in bacheca il nono scudetto consecutivo, è fondata sul talento di Paulo e Cristiano Ronaldo, sempre a segno nelle quattro vittorie dopo la ripartenza. Ma il principe del gol è intenzionato a non far rimpiangere il suo connazionale squalificato e a riprendersi quello che era suo. Stasera giocherà per la prima volta titolare dopo l’emergenza. «Mentalmente sta bene, ma nell’ultimo mese non si è allenato al massimo e qualcosa dal punto di vista fisico lascerà», spiega Sarri.



              Dybala, in questo momento, è l’anima della Juve. Higuain però non si sente secondo a nessuno. Dentro il teatro di San Siro ha vissuto notti magiche e da incubo. Sfida il passato per riprendersi il futuro. Con la maglia del Milan, nell’ottobre del 2017, si è fatto parare da Szczesny il rigore strappato a Kessie per vendicarsi proprio dei bianconeri, che l’estate precedente lo avevano scaricato. E, come non bastasse, si è fatto prendere da una crisi di nervi, rimediando un cartellino rosso pesantissimo. Ma una volta tornato a Torino, è riuscito a stregare San Siro, con due gol all’Inter che i tifosi non dimenticheranno: quello del 3-2 che ha spalancato alla sua squadra le porte dello scudetto 2018 e quello del 2-1 all’andata di questa tormentata stagione, che ha significato il sorpasso in classifica al nemico Conte. Segnare al Milan sarebbe un modo per cancellare il passato che gli è andato di traverso e riaffermare la centralità nel progetto juventino.

              Il Pipita ha un anno di contratto da 7,5 milioni netti e per non rischiare una minus valenza Paratici dovrebbe venderlo a 18 milioni. La Juve è pronta a lasciarlo partire e ha messo gli occhi su Milik del Napoli, specialmente adesso che ha trovato la quadratura del cerchio con Dybala falso nove. Ma Gonzalo è orgoglioso. Prima di tornare al River Plate vorrebbe ancora lasciare il segno in Europa. E sta benissimo dov’è, specialmente con Sarri che lo conosce alla perfezione: «Higuain quando è depresso va coccolato, ma quando si esalta va (s)battuto sul muro», la colorita ricetta dell’allenatore per tenere sulla corda l’attaccante. Stasera il Pipita ha una grande occasione. Il Milan ha appena spazzato via la Lazio ed è in salute. «Sarà una sfida complicata», l’avvertimento di Sarri, che pensa a Rugani nel cuore della difesa al posto di De Ligt, squalificato al pari di Dybala. «L’importante è non rilassarsi perché in questo periodo sbagliare una partita è facile». Sette punti a otto partite sono un bel vantaggio. Ma non è ancora arrivato il momento di abbassare la guardia.


              CorSera
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              • Liam & Me
                Bad Blake
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                Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                Lukaku ormai te lo devi tenere, dato che ci hai investito 80 milioni.

                Lautaro con ogni probabilità verrà ceduto e sacrificato sull'altare dell'ennesima lista della spesa di Conte, perchè sennò non puoi rivoluzionare la squadra.

                Ennesimo mercato abortito. Al primo anno di Conte-Marotta è un cambiato un piffero. Nemmeno dal punto di vista mentale s'è visto un qualche miglioramento, e questo è un aspetto che non si compra sul mercato: lo doveva dare Conte - altrimenti tanto valeva tenersi Spalletti.
                Buongiorno Sean

                Lukaku non avra' buttato giu' le porte, ma ha comunque fatto 20 gol in campionato, e non siamo ancora alla fine.

                Se togliamo i rigori (che vanno comunque realizzati) ha segnato un gol piu' di ronaldo e appena tre meno di immobile che sta facendo la stagione della vita.
                B & B with a little weed










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                  Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
                  Buongiorno Sean

                  Lukaku non avra' buttato giu' le porte, ma ha comunque fatto 20 gol in campionato, e non siamo ancora alla fine.

                  Se togliamo i rigori (che vanno comunque realizzati) ha segnato un gol piu' di ronaldo e appena tre meno di immobile che sta facendo la stagione della vita.
                  Buongiorno

                  Purtroppo però i soli numeri nel calcio, quando riguardano i singoli, valgono poco, perchè i 20 goal di Lukaku sono stati fatti a squadre mediocri e non sono serviti per:

                  - andare oltre il terzo posto in campionato, ciccando ogni scontro con avversari di pari livello, coi quali Lukaku non ne ha strusciata mezza

                  - finire terzo nel girone di champions dietro al PSV

                  - mancare anche il contentino della coppa Italia, dove è passato il Napoli del subentrato Gattuso

                  Vedremo ora la EL, magari Lukaku si scatena nella coppa minore.

                  Però c'è appunto una certa differenza tra chi cambia i destini di una squadra, incidendo sempre e ovunque, e chi più di un certo target, più di una certa dimensione non ha, altrimenti Immobile rischiamo di scambiarlo per Ronaldo e Insigne è un Messi.
                  Last edited by Sean; 07-07-2020, 07:38:24.
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
                  nella necropoli deserta»

                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                  • Liam & Me
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                    Buongiorno

                    Purtroppo però i soli numeri nel calcio, quando riguardano i singoli, valgono poco, perchè i 20 goal di Lukaku sono stati fatti a squadre mediocri e non sono serviti per:

                    - andare oltre il terzo posto in campionato, ciccando ogni scontro con avversari di pari livello, coi quali Lukaku non ne ha strusciata mezza

                    - finire terzo nel girone di champions dietro al PSV

                    - mancare anche il contentino della coppa Italia, dove è passato il Napoli del subentrato Gattuso

                    Vedremo ora la EL, magari Lukaku si scatena nella coppa minore.

                    Però c'è appunto una certa differenza tra chi cambia i destini di una squadra, incidendo sempre e ovunque, e chi più di un certo target, più di una certa dimensione non ha, altrimenti Immobile rischiamo di scambiarlo per Ronaldo e Insigne è un Messi.
                    Sono sostanzialmente d'accordo, ma consideriamo anche che e' tutta la squadra che non ha brillato. Secondo me se si lascia un attaccante di 100 kg spesso isolato la' davanti, non e' che si possa pretendere che prenda la palla da solo, ne dribbli 5 e segni. Gia' cosi' secondo me non ha fatto male, perche' comunque la si guardi 20 gol in campionato non li fanno tutti, anzi.

                    Credo che sia stata l'inter che e' arrivata terza dietro il PSV, ciccato i confronti diretti, ecc.. non lukaku. Poi che non sia ne' messi o CR7, e' pacifico, ma quello, spero, lo si sapeva anche prima.
                    B & B with a little weed










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                    • Sean
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                      Icardi però, anche nelle Inter di Spalletti, i goal li ha sempre fatti a tutti e ovunque. Era la bestia nera della Juve, per dire.
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                        Inter, rivoluzione dopo gli strilli di Conte: con Marotta per dare la svolta

                        Il tecnico in emergenza per Verona, perde anche Barella: salterà tre partite. L'ad: «Dilapidata una vittoria. Lautaro è in una fase involutiva, , Eriksen può dare di più»

                        Conte è arrabbiato, Marotta deluso. Il giorno dopo dell’Inter è come tanti altri vissuti negli ultimi dieci anni, pieno di rancori, dubbi, domande. La sconfitta con il Bologna è una svolta pericolosa, per allenatore e società. Marotta per indole è un pompiere, un riflessivo, ma le urla del tecnico ai giocatori nel dopo gara con i rossoblù e le dichiarazioni rilasciate («Con l’Inter ho preso un pacchetto preconfezionato», «I giocatori provino l’1% della delusione che provo io») hanno creato inevitabilmente qualche frizione interna. «Conte è molto arrabbiato e lo deve essere — ha spiegato Marotta —. Le sue critiche servono a far comprendere il personaggio, quello che pretende da sé e dai giocatori». Conte in fondo è stato scelto perché serviva un tecnico che entrasse con il lanciafiamme in uno spogliatoio ai limiti dell’apatico. L’Inter ha deciso di non investire su un fuoriclasse, ha eletto Conte a suo top player. L’allenatore non può sottrarsi al ruolo di parafulmine. Il «siamo tutti in discussione», pronunciato dopo il Bologna, tocca anche lui. Conte alla squadra lunedì ad Appiano non ha detto nulla. Aveva strillato a sufficienza dopo la partita persa e, forse per pungere i calciatori nell’orgoglio, li ha allenati e di fatto ignorati. Si è confrontato con i dirigenti. «Ci siamo incontrati per esprimere sconforto e disappunto per una vittoria dilapidata, buttata via, dobbiamo dimostrare di aver capito la lezione», sottolinea Marotta. Deve dimostrarlo anche Conte, apparso infastidito dall’Inter nell’ultimo periodo. La società gli chiedeva di vincere un trofeo, lui rimprovera alla società di non avergli dato i mezzi per farlo.


                        All’Inter è riaffiorato un vecchio vizio, dopo un’andata strepitosa è crollata nella seconda parte. Era accaduto con Mancini e Spalletti, ora anche Conte ci è cascato: un tecnico del suo livello non può accettarlo. Il suo arrivo doveva cambiare la storia del decennio post Triplete: nelle ultime otto stagioni il miglior piazzamento è stato il 4° posto, il rischio è chiudere come l’anno passato: sarebbe un grosso danno d’immagine prima di tutto per lui.

                        Il progetto di crescita si è inceppato a metà febbraio. L’Inter ha 8 punti in più rispetto a un anno fa e, fa notare Marotta, «abbiamo subito solo quattro sconfitte: tante per quello che l’Inter rappresenta, poche se paragonate al nostro progetto di crescita». Un progetto in una difficilissima salita e che vedrà una profonda ristrutturazione, soprattutto a centrocampo, reparto non all’altezza.

                        Cade oggi il primo anniversario interista di Conte. Era il 7 luglio 2019 quando la squadra si ritrovava ad Appiano agli ordini del nuovo allenatore. Dodici mesi dopo, molto è da rifare, ma poco è cambiato nella mentalità interista. Emblematico il rigore ceduto da Lukaku a Lautaro e sbagliato dall’argentino. Una bambinata che ha mandato in bestia Conte e pure Marotta. «Lautaro può essere in una fase involutiva della carriera, le voci lo condizionano. Gli serve serenità», evidenzia Marotta. L’altro punto dolente è Eriksen, spento dopo qualche sussulto. «Si è inserito in un reparto in difficoltà anche per i tanti infortuni, può dare molto di più, lo aspettiamo». L’ultimo forfait è quello di Barella, fuori per le prossime tre-quattro partite.

                        Resta l’Europa League per salvare la stagione. Comunque vada sarà rivoluzione, ma non sarà un mercato semplice. L’Inter rischia di dover rimpiazzare, per vari motivi, dieci giocatori: Berni, Godin, Biraghi, Moses, Vecino, Gagliardini, Borja Valero, Esposito, Sanchez e Lautaro.

                        Se non parte Lautaro le risorse per costruire un centrocampo e un attacco di livello rischiano di non esserci. Non può essere il 20enne Tonali l’uomo della svolta. Conte non ha preclusioni sul ritorno di Nainggolan, ma dopo Hakimi occorre un esterno sinistro (Emerson Palmieri) e un altro in mezzo: Vidal o qualcuno simile. Davanti poi non servono scommesse, ma certezze come Dzeko o Cavani, anche se avanti negli anni. Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato di Pirelli, continua a caldeggiare l’acquisto di Leo Messi. Un sogno forse impossibile, ma l’idea è giusta. Per vincere grandi competizioni servono grandi giocatori. L’Inter non può più perdere tempo. Il progetto deve giungere a un obiettivo, altrimenti è sbagliato. Conte ha ragione, sono tutti in discussione: anche lui se non vince.


                        I nodi da sciogliere

                        1 Occasioni sprecate e rimonte subite
                        Da quando si è ripreso a giocare, l’Inter ha subito ben tre rimonte in sei partite. La più dolorosa è stata in Coppa Italia con il Napoli, fatali per la corsa in campionato quelle con Sassuolo e Bologna: un solo punto raccolto.
                        Il terzo posto a rischio, c'è solo l'Europa
                        L’anno scorso l’Inter riuscì ad acciuffare il quarto posto all’ultima giornata. Il rischio ora è di farsi superare dall’Atalanta e chiudere ancora al quarto posto. L’ultimo obiettivo resta l’Eruopa League.
                        Crescita bloccata, da febbraio in calo
                        Rispetto alla passata stagione, l’Inter di Conte ha 8 punti in più rispetto a quella di Spalletti. Come sempre accaduto dopo il Triplete, l’Inter si è persa, come già successo con Mancini e Spalletti nel girone di ritorno.
                        Squadra da rifare, mercato difficile
                        L’Inter rischia di dover cambiare dieci giocatori: Berni, Godin, Gagliardini, Biraghi, Moses, Vecino, Borja Valero, Esposito, Sanchez e Lautaro. Ma se non dovesse partire Lautaro, non sarà per nulla facile fare mercato


                        CorSera
                        Be berni ed esposito(a settembre era un fenomeno) sono difficilmente sostituibili, cmq si scordino i 110 di lautaro, oggi scade la clausola

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                          Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
                          Buongiorno Sean

                          Lukaku non avra' buttato giu' le porte, ma ha comunque fatto 20 gol in campionato, e non siamo ancora alla fine.

                          Se togliamo i rigori (che vanno comunque realizzati) ha segnato un gol piu' di ronaldo e appena tre meno di immobile che sta facendo la stagione della vita.
                          In realtà ne ha segnato uno meno di Cr7, giocando 5 partite in più
                          Ma poco cambia nel giudizio sulla sua stagione

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                            @*Alex
                            Cosa ti dicevo sui falli di mano


                            E l'assenza di pubblico consente di sentire la conversazione tra il direttore di gara in campo e il VAR. Succede così che, nel corso di Juventus-Torino, sia stato perfettamente captato dai microfoni ambientali delle telecamere la discussione tra*Fabio Maresca*e*Massimiliano Irrati*sul tocco di mano di*Matthijs De Ligt, che ha portato al rigore per i granata e all'ammonizione (nonché conseguente squalifica contro il Milan) per il difensore olandese: "Tu dici coscia-testa - chiede Maresca a Irrati - poi sale sopra il braccio? Vabbé già sì, già qua. Ma sì, poi non lo vedo bene. Non vedo un c.... Rigore e giallo per De Ligt?". Risposta positiva (non udibile ovviamente perché si sentiva la voce di Maresca, non quella del collega VAR) e conseguente penalty con ammonizione dell'ex Ajax.

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                              popoli studiosi scriveranno
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