Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • Sean
    Csar
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    Originariamente Scritto da marco83 Visualizza Messaggio
    https://www.google.com/amp/s/www.ilt...-23462558/amp/

    Diciamo che è quello che sospettiamo tutti, però bisogna portare le prove, altrimenti parliamo del nulla
    A me queste cose non piacciono. Non piace questo continuo annacquare lo stagno dove comunque ci campano tutti (pure Zeman).

    Poi non mi piace il dire/non dire: se hai un pensiero esternalo tutto...altrimenti te lo devi tenere per te...perchè è inutile che lasci intendere che l'Atalanta è dopata epperò spieghi lo "stranamente" col fatto che a Bergamo hanno avuto problemi e dunque non si immaginava che la squadra si fosse tanto allenata. Non è bello, non è da uomini adulti.

    Pure il Vangelo dice che il parlare deve essere sì sì/no no e che il di più è luciferino. Poi figuriamoci nel calcio dove una lievissima brezza diventa tempesta e dove c'è bisogno di pace più che di continua belligeranza. Dopo ci lamentiamo della decadenza del nostro sistema? Ma all'estero si fanno del male da soli o esaltano continuamente il loro prodotto (che di sicuro non sarà del tutto immacolato)?

    E poi non ci sono prove. Il fatto di correre non è di per sè una prova. Uno potrebbe anche dire che semmai sbaglia chi non corre, evidentemente si allena poco e male. In Premier corrono tutti per ottanta partite...ma nessuno si permette di dire certe cose...perchè sono cose gravi visto che sono penali.

    Io credo che al tifoso interessi lo spettacolo e il calcio. Interessi distrarsi, coltivare la sua passione, seguire una partita che ci fa compagnia, ci manda a cena fuori, ci fa godere di una evasione. Basta con questi santoni del nulla, con questi giudici onniscenti che puntano continuamente il dito. Ma Zeman cos'è, un tribunale su due piedi? La verità incarnata?
    Last edited by Sean; 25-06-2020, 20:38:03.
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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    • wanaz
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      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
      Fabrizio Romano
      [emoji818] @FabrizioRomano
      Arthur ha detto sì alla Juve: offerta accettata e ultimi dettagli da risolvere tra club, poi l’operazione di scambio con Miralem Pjanic al Barcellona sarà conclusa con 10 milioni di conguaglio ai blaugrana. @DiMarzio @SkySport
      L'accordo è stato chiuso da 20gg.
      *** indirizzo email non valido, controllare prima che il forum metta in sospensione ***

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      • Liam & Me
        Bad Blake
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        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
        A me queste cose non piacciono. Non piace questo continuo annacquare lo stagno dove comunque ci campano tutti (pure Zeman).

        Poi non mi piace il dire/non dire: se hai un pensiero esternalo tutto...altrimenti te lo devi tenere per te...perchè è inutile che lasci intendere che l'Atalanta è dopata epperò spieghi lo "stranamente" col fatto che a Bergamo hanno avuto problemi e dunque non si immaginava che la squadra si fosse tanto allenata. Non è bello, non è da uomini adulti.

        Pure il Vangelo dice che il parlare deve essere sì sì/no no e che il di più è luciferino. Poi figuriamoci nel calcio dove una lievissima brezza diventa tempesta e dove c'è bisogno di pace più che di continua belligeranza. Dopo ci lamentiamo della decadenza del nostro sistema? Ma all'estero si fanno del male da soli o esaltano continuamente il loro prodotto (che di sicuro non sarà del tutto immacolato)?

        E poi non ci sono prove. Il fatto di correre non è di per sè una prova. Uno potrebbe anche dire che semmai sbaglia chi non corre, evidentemente si allena poco e male. In Premier corrono tutti per ottanta partite...ma nessuno si permette di dire certe cose...perchè sono cose gravi visto che sono penali.

        Io credo che al tifoso interessi lo spettacolo e il calcio. Interessi distrarsi, coltivare la sua passione, seguire una partita che ci fa compagnia, ci manda a cena fuori, ci fa godere di una evasione. Basta con questi santoni del nulla, con questi giudici onniscenti che puntano continuamente il dito. Ma Zeman cos'è, un tribunale su due piedi? La verità incarnata?
        "coi problemi che c’erano a Bergamo pensavo che non avessero molto tempo per prepararsi e lavorare" è un discorso da ignorante. Non mi pare che i calciatori dell'atalanta li avessero messi a lavorare nelle corsie degli ospedali.

        A meno che lui non sappia qualcosa che gli altri non sanno, nel qual caso deve denunciare più che fare interviste in giro.

        Mi pare comunque che le sue squadre ai tempi corressero certamente più delle altre. Ma perchè faceva allenamenti più seri, forse se n'è dimenticato.
        Last edited by Liam & Me; 25-06-2020, 21:41:39.
        B & B with a little weed










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        • Sean
          Csar
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          Difatti le squadre di Zeman erano famose per il loro atletismo, per la corsa, i movimenti. Ma lui faceva i gradoni e come dieta pane e salame con una bistecca ai ferri e un pò d'insalata dell'orto.
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            Ah, ma dobbiamo ancora giocare pure col Milan: Milan, Atalanta, Lazio, Roma, il derby...hai voglia quanto c'è ancora. E' tutto in salita.
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              Il Liverpool campione d’Inghilterra dopo 30 anni. Klopp è nella storia

              Il titolo arriva senza giocare con il Chelsea che batte il Manchester City. L'allenatore tedesco ha trascinato i Reds: dopo la Champions, il Mondiale per club arriva lo scudetto che mancava dal 1990

              Il primo maggio 1990, giorno dell’ultimo scudetto del Liverpool, capitan Jordan Henderson doveva ancora nascere: sarebbe arrivato al mondo il 17 giugno. Tra i giocatori utilizzati da Jurgen Klopp per il Magical Liverpool Tour di questa stagione — 28 vittorie, 2 pareggi con Manchester United e Everton, una sconfitta contro il Watford, 70 gol segnati e 21 subiti — soltanto uno poteva avere un vago di ricordo del diciottesimo titolo inglese dei Reds: James Milner, che all’epoca aveva quattro anni e mezzo ma era già un tifoso del Leeds United. L’allenatore con il sorriso, invece, avrebbe passato l’estate festeggiando il Mondiale vinto dalla Germania e passando dai dilettanti del Rot-Weiss Frankfurt al Mainz, la squadra che ha fatto la sua fortuna prima da modesto calciatore e poi da superlativo tecnico

              Trent’anni fa la festa del Liverpool si scatenò sotto la Kop: vittoria 1-0 contro il Derby County, alla penultima giornata, per staccare definitivamente l’Aston Villa. A dare una grande mano a Kenny Dalglish, idolo trasformato in allenatore, furono i 22 gol di John Barnes e i 18 di Ian Rush. Adesso l’aritmetica è arrivata per interposta squadra: il Chelsea ha fermato il Manchester City di Pep Guardiola (2-1)e il Liverpool ha vinto il titolo con addirittura 7 turni di anticipo. Un’impresa mostruosa anche se, in tempi di coronavirus, la celebrazione non è stata quella che poteva essere dopo un’attesa tanto lunga.


              Il Liverpool di trent’anni fa era molto british, questo è una multinazionale alla faccia della Brexit. Proprietà bostoniana (basta non dirlo ai tifosi della Roma a cui è toccato James Pallotta), allenatore tedesco, bomber africani (Salah 17 e Mané 15), portierone brasiliano (Alisson). Con il giapponese Minamino, arrivato a gennaio, sono rappresentati quattro continenti.

              I Reds possono aprire quella che gli anglosassoni chiamano una «dynasty»? Sotto Klopp hanno vinto Champions League, Intercontinentale e quel campionato che mancava da un’eternità. La squadra ha un’età media che garantisce esperienza e freschezza, è piena di leader ma tutti pronti a riconoscere il dominio del loro allenatore e della sua idea di gioco. Il Manchester City è stato il rivale di queste ultime stagioni, ma non tira una buona aria dalle parti dell’Etihad Stadium, tanto più se la Uefa terrà duro sulla squalifica in Champions League. Il pericolo all’orizzonte potrebbe essere proprio il Chelsea che, sotto la guida di Frankie Lampard junior, sta costruendo una squadra dal grande futuro, piena di talento e gioventù.

              E se la domanda finale è per chi facevano il tifo i Beatles, perché quando si parla di Liverpool è impossibile non citarli. la risposta è che l’unico veramente appassionato di calcio era John Lennon. E John era dei Reds, non come Paul McCartney, timido tifoso dell’Everton.


              CorSera
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                Complimenti a Jurgen Klopp per aver riportato il titolo della Premier League a Liverpool trent’anni dopo l’ultima volta. Dopo la vittoria in Champions League un altro straordinario successo. Klopp è uno straordinario tecnico ormai al livello dei più grandi, ma pur essendo uno scienziato del football la sua grande forza è l’umanità, la simpatia, la capacità di ridere sempre, di restituirci sempre l’aspetto più gioioso del calcio. Un formidabile sdrammatizzatore, dissacratore. E anche qualcosa di più…

                Jurgen Klopp ha 53 anni, non molti per un tecnico che ha già vinto molto, ma soprattutto è già una leggenda da almeno dieci. Su Klopp esiste una letteratura e un’aneddotica infinita, da poter stare oggi perfettamente alla pari di Guardiola e di altri mostri sacri della panchina. Il suo calcio viene analizzato nelle università tedesche e inglesi, ma nella sera in cui il Liverpool ritorna campione d’Inghilterra esattamente trent’anni dopo l’ultimo titolo, è giusto dire che il suo punto di forza non è la scienza del football con cui ha concimato direttamente il campo delle sue imprese – “This is Anfield” dice la targa all’inizio del tunnel che porta al prato di gioco – ma la sua grande umanità e simpatia. La sua commozione e le lacrime per il successo raggiunto, comunque molto sentito nonostante avesse già vinto col Liverpool la Champions League (già eliminato invece dall’ Atletico quest’anno) ci dicono tutto.

                Se dovessi dire il suo principale pregio, non direi mai il “gegenpressing” ma la semplicità con cui riesce a rapportarsi con i giocatori, a mettersi al loro pari, a vivere la partita insieme a loro, a sostenerli e incoraggiarli. Klopp è uno sdrammatizzatore-dissacratore assoluto, un cinico blu che rivolge le sue battute soprattutto a lui stesso. Posto che parliamo sempre di eccellenze e che nell’ultima classifica dei 30 giocatori del Pallone d’Oro ce ne erano 7 del Liverpool (Van Dijk, Mané, Salah, Alisson, Firmino, Alexander Arnold, Wijnaldum), la grande forza di Klopp è l’entusiasmo, la leggerezza, la capacità di fare calcio senza troppe ossessioni. Insomma Klopp è uno che ri restituisce la piena gioia del calcio. Concedendomi una tantum una piccola licenza: direi uno straordinario e ammaliante cazzeggiatore. Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.


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                  Inter, Conte ha perso il tocco? Turnover incomprensibile, la sua squadra resta «pazza»

                  Da Ranocchia a Gagliardini, l’allenatore contro il Sassuolo ha trasformato comparse abituali in protagonisti. Ai nerazzurri manca ancora un cervello anche tattico


                  A volte pensare troppo fa male. Mai piaciuti quelli che vivono di certezze, che non conoscono il dubbio. Anche se regala ansia, spesso aiuta a trovare più strade, più soluzioni, a creare alternative. Ma non bisogna esagerare, proprio quello che ha fatto Antonio Conte nel preparare la partita col Sassuolo, l’occasione giusta per avvicinarsi almeno alla Lazio, visto come è andata a finire con l’Atalanta.

                  Perché l’allenatore dell’Inter deve aver perso le notti per presentare una squadra simile contro il Sassuolo, basata su un turnover incomprensibile. La vista di Ranocchia è sempre un piacere, bello, atletico, aitante, ma in panchina. Non certo in campo, a governare una difesa che, difatti, al quarto minuto ha subito un gol da Caputo che deve aver pensato di giocare all’oratorio, non certo a San Siro contro l’Inter. E gli orrori sono continuati, fino a quello inarrivabile di Gagliardini che a porta vuota a dieci centimetri di distanza ha preso la mira colpendo la traversa: di Gagliardini ormai si sa tutto, non c’è più una parte sommersa, da scoprire, qui dubbi non ce ne sono più, anche lui è una certezza da panchina, talvolta anche da tribuna.

                  Invece Conte, a sorpresa, ha regalato ad abituali comparse una serata da protagonisti, si spera l’ultima. E ha ragione ad essere furente, per le «troppe sciocchezze commesse», ma qualche riflessione deve iniziare a farla anche su se stesso. Essersi smarrito nelle partite più importanti della stagione, contro i veri rivali dell’Inter, per esempio Lazio (match di ritorno), Juve, Napoli in Coppa Italia, aggiungiamo ovviamente anche il Barcellona in Champions, vorrà pur dire qualcosa. Sicuramente ciò che sostiene Conte, da sempre, a volte anche sbagliando i tempi, vale a dire che la squadra se vuole eccellere in Italia e in Europa va rinforzata.

                  Capito Zhang? Capito Marotta? D’accordo tutto chiaro, ma anche Conte deve capire qualcosa. Per esempio i suoi errori, accettarli, confrontarsi, da qui nasce anche la comprensione dei problemi dell’Inter che non sono certo solo di mercato. Conte è il più grande allenatore in questo momento in Italia, ha cambiato l’anima dell’Inter, la faccia, dando un cuore alla squadra. Non è ancora riuscito a darle un cervello. Compreso quello tattico. Non a caso insiste ad essere una Pazza Inter. È qui, in questo delicato settore, che c’è bisogno del tocco magico di Conte che ovunque sia andato ha vinto. L’Inter non aspetta altro.

                  CorSera
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                    La Lazio non è più invincibile: è ferita nella mente e nel fisico ma Inzaghi sa come rilanciarla: «Non molliamo»

                    Dopo la sconfitta con l’Atalanta il tecnico biancoceleste corre ai ripari, ma preoccupano gli infortuni

                    La Lazio non è più invincibile, è ferita nella mente oltre che nel fisico, rischia di smarrire spavalderia e sicurezze. La notte di Bergamo ha lasciato il segno, era inevitabile; la Juve è volata a +4 e tutti i sogni coltivati durante il lockdown si sono improvvisamente offuscati. Eppure la squadra rivelazione del campionato reagisce, o almeno ci prova. A farle coraggio sono i nuovi leader, i ragazzi arrivati a Roma da sconosciuti e qui diventati campioni ammirati in ogni angolo d’Europa. «Non molliamo», l’avvertimento via social di Milinkovic-Savic, uno che da almeno un paio di estati spera di andare al Real, al Psg o alla Juve però si sente immerso profondamente nella realtà biancoceleste. E poi: «Siamo veramente infuriati» (eufemismo, il termine che usa denota l’ottima conoscenza dell’italiano). Luis Alberto è meno brusco, ma ugualmente convinto: «C’è ancora tanta strada da fare e dobbiamo restare uniti». La voglia di riscatto è grande, domani arriva la Fiorentina — senza lo squalificato Chiesa — e i giocatori di Inzaghi intendono dimostrare che non è cambiato nulla rispetto a quando vincevano una gara dopo l’altra: «Testa alla prossima partita».

                    La Lazio non si arrende, anche se la sconfitta contro l’Atalanta ha aperto la strada alle perplessità e ha chiuso un capitolo di storia. Non perdeva da nove mesi, dall’1-0 contro l’Inter del 25 settembre. In mezzo, tra quella gara e oggi, 273 giorni e 21 partite senza macchia, diciassette delle quali vinte. Ma anche l’interruzione del campionato: Lotito ha voluto a tutti i costi che ricominciasse, i giocatori non hanno avuto il permesso di lasciare la città (al contrario dei rivali nella corsa allo scudetto, interisti e soprattutto juventini), però alla ripresa la squadra si è presentata in condizioni fisiche precarie. Fino a febbraio i biancocelesti volavano, a Bergamo sono scoppiati dopo mezz’ora: perché? E gli infortuni preoccupano. Mercoledì c’erano quattro assenti (Lulic, Leiva, Luiz Felipe, Marusic), domani se ne potrebbero aggiungere altri tre (Cataldi, Correa, Radu).


                    Inzaghi ha cominciato già a Bergamo, subito dopo la sconfitta, a lavorare sulla testa della Lazio. Ha parlato con i giocatori più rappresentativi: Immobile, Acerbi. Li vuole convincere che nulla è perduto, del resto proprio vent’anni fa, quando faceva il centravanti, strappò alla Juve uno scudetto che sembrava perso molto più di questo (gli amanti della scaramanzia ricordano che a 11 partite dalla fine la squadra di Eriksson era staccata giusto di 4 punti dai bianconeri). Venerdì metterà tutti al centro del campo, peserà le parole, toccherà le corde giuste: è necessario che la mente arrivi dove le gambe ancora non possono. E ricorderà che il calendario comincerà a complicarsi anche per la Juve, che ora si trova davanti il Lecce e il Genoa ma presto — prima dello scontro diretto del 20 luglio — avrà il derby, il Milan, l’Atalanta. I nuovi leader vogliono continuare a sognare: «Non molliamo».



                    CorSera
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                      Kumbulla, la Lazio incontra il Verona e supera l'Inter

                      Il ds Tare ha lavorato sul promettente difensore albanese, venti milioni e una contropartita tecnica

                      La Lazio mette la freccia e sorpassa Juventus ma soprattutto Inter nella corsa a Marash Kumbulla, il promettente difensore albanese del Verona, classe 2000. Decisivo l’incontro di ieri a Villa San Sebastiano, negli uffici di Claudio Lotito, fra la dirigenza biancoceleste, il presidente Setti e il ds D’Amico.

                      Da tempo l’Inter aveva raggiunto un’intesa verbale con il Verona, a cui aveva presentato una proposta da 25 milioni. L’accordo era appunto solo virtuale, perché Marotta aveva rinviato ogni discorso a campionato concluso, quando sarebbe stato chiaro il budget per il mercato e le necessità da soddisfare (ad esempio, senza la certezza di trovare una destinazione gradita a Godin, un centrale difensivo non è una priorità).

                      Il ds della Lazio, Igli Tare, ha lavorato sul giocatore che si è messo in mostra con 20 presenze e un gol: proposto un quinquennale da 1,5 milioni. Giovedì l’affondo decisivo con il Verona: la Lazio parte da un’offerta cash più bassa (20 milioni) ma inserisce contropartite tecniche gradite, tra cui Cristiano Lombardi in prestito alla Salernitana.

                      L’Inter abbandona la pista, poco intenzionata a rilanciare: accantona il tesoretto per chiudere a metà luglio con il Brescia per Sandro Tonali. Cellino chiede 50 milioni ma per 35 più bonus l’operazione si chiuderà.



                      CorSera
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                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
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                        City ko, il Liverpool torna campione trent'anni dopo

                        I Reds erano spettatori del match di Stamford Bridge, vinto 2-1 dal Chelsea. Non si chiamava ancora Premier League l'ultimo campionato vinto sulla Mersey. Ora i titoli sono 19, a meno uno dal record del Manchester United

                        “You’ll never walk alone”, non camminerai mai da solo, cantano Gerry & The Pacemakers e tuonano i tifosi del Liverpool quando l’Anfìeld è aperto. Si poteva dunque restare in casa e non celebrare in strada gli amati e debordanti “Reds”, nonostante il Covid19 e le autorità che invocavano buonsenso e una festa immobile?

                        Alcuni sono responsabili e gioiscono sui social, al telefono, via webcam, stonando canzoni sulla porta di casa. Altri, tra fiumi di birra, no. Anche perché solo poche ore prima molti inglesi di buonsenso ne hanno avuto ben poco, travolgendo in massa le spiagge di Brighton e Bournemouth in uno dei giorni più roventi (32 gradi), tra calca, birre e s*****ttate. E così Liverpool ieri sera, chi da casa, chi in strada, ha festeggiato una gioia agognata e bizzarra, forse ancora più irresistibile perché probita, dopo trent’anni di astinenza dall’ultima vittoria del campionato inglese e a 120 anni dalla prima in assoluto. Era il 1900 e solo otto anni prima i Reds si erano scissi dai cugini dell’Everton perché l’allora proprietario e birraio John Houlding voleva vendere esclusivamente le pinte della sua “ale” allo stadio.

                        Già, il Chelsea di Frank Lampard ha fatto il favore definitivo al Liverpool, sconfiggendo per 2-1 il City di Pep Guardiola a Londra. Ventirtré punti di distacco e soltanto sette partite rimaste. È K.O. tecnico. L’agonia dei campioni, che due giorni fa hanno maciullato il Crystal Palace per 4-0, è finita. Ora si può festeggiare, anzi no, ammonisce il sindaco. Ma molti non resistono. Il quartiere di Anfield, quello dell’omonimo stadio dei “Rossi”, della leggendaria curva “Kop” e del pub Sandon dove iniziò tutto, va in estati dionisiaca, al gol di Pulisic e poi al rigore di Willian. Prima, scaramantico silenzio interrotto da urla e bestemmie laiche e un’afrodisiaca attesa alimentata in città dai venditori ambulanti di gadget.

                        Per molti, questo è il Liverpool più forte di sempre, perfino più di quello dell’allenatore scozzese e idolo Bill Shankly, “operaio” come questa città, che negli anni Sessanta e Settanta forgiò il mito del club e della famiglia del Liverpool. Jürgen Klopp, con la sua eccellenza sportiva ma anche la rara umanità, ne è l’erede ideale. Con lui questa squadra ha vinto tutto, tra cui la Champions League l’anno scorso, quando i Reds sono arrivati secondi con l’inutile record di 97 punti, e la Premier in questo disgraziato 2020 del coronavirus.

                        Poi, certo. Questo è un dream team di rara replicabilità. In porta c’è un fenomeno come Alisson, pochi metri davanti il mostruoso Van Dijk e la sicurezza Lovren, due terzini devastanti come Alexander-Arnold e Robertson, un centrocampo solo in apparenza “fabbro”, con la mezz’ala più sottovalutata al mondo (Wijnaldum), il “busquets” (con un tiro fenomenale in più) Fabinho, il capitano Jordan Henderson. E poi l’inestimabile tridente: il falso nueve più “nueve” di tutti (Firmino), l’inafferrabile saetta Salah e Mané, un Ravanelli ancora più tecnico e freddo sotto porta. Poi metteteci Milner e Naby Keita, Jo Gomez e Oxalade-Chamberlaine, Matip, Shaqiri e un dodicesimo uomo totale come Origi. E inchinatevi.

                        L’anno prossimo il City, a meno di un appello favorevole, sarà anche escluso dalla Champions, e per due anni, perché avrebbe gonfiato le sponsorizzazioni per aggirare i vincoli del Fair Play Finanziario. Le sue stelle - Sané ha già fatto le valigie - potrebbero iniziare presto l’esodo. Il 2 luglio, poi, i “reds” cammineranno anche sulle spoglie dei vincitori a Manchester, nello scorso diretto. Insomma, siamo solo all’inizio dell’impero rosso di Klopp, in Premier League e nel mondo. E anche questa eccitante notte è solo iniziata. Sarà tenera, o folle come quella di Napoli dopo la Coppa Italia?

                        I Reds erano spettatori del match di Stamford Bridge, vinto 2-1 dal Chelsea. Non si chiamava ancora Premier League l'ultimo campionato vinto sulla Mersey. …
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
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                          Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                          Il Liverpool campione d’Inghilterra dopo 30 anni. Klopp è nella storia

                          Il titolo arriva senza giocare con il Chelsea che batte il Manchester City. L'allenatore tedesco ha trascinato i Reds: dopo la Champions, il Mondiale per club arriva lo scudetto che mancava dal 1990

                          Il primo maggio 1990, giorno dell’ultimo scudetto del Liverpool, capitan Jordan Henderson doveva ancora nascere: sarebbe arrivato al mondo il 17 giugno. Tra i giocatori utilizzati da Jurgen Klopp per il Magical Liverpool Tour di questa stagione — 28 vittorie, 2 pareggi con Manchester United e Everton, una sconfitta contro il Watford, 70 gol segnati e 21 subiti — soltanto uno poteva avere un vago di ricordo del diciottesimo titolo inglese dei Reds: James Milner, che all’epoca aveva quattro anni e mezzo ma era già un tifoso del Leeds United. L’allenatore con il sorriso, invece, avrebbe passato l’estate festeggiando il Mondiale vinto dalla Germania e passando dai dilettanti del Rot-Weiss Frankfurt al Mainz, la squadra che ha fatto la sua fortuna prima da modesto calciatore e poi da superlativo tecnico

                          Trent’anni fa la festa del Liverpool si scatenò sotto la Kop: vittoria 1-0 contro il Derby County, alla penultima giornata, per staccare definitivamente l’Aston Villa. A dare una grande mano a Kenny Dalglish, idolo trasformato in allenatore, furono i 22 gol di John Barnes e i 18 di Ian Rush. Adesso l’aritmetica è arrivata per interposta squadra: il Chelsea ha fermato il Manchester City di Pep Guardiola (2-1)e il Liverpool ha vinto il titolo con addirittura 7 turni di anticipo. Un’impresa mostruosa anche se, in tempi di coronavirus, la celebrazione non è stata quella che poteva essere dopo un’attesa tanto lunga.


                          Il Liverpool di trent’anni fa era molto british, questo è una multinazionale alla faccia della Brexit. Proprietà bostoniana (basta non dirlo ai tifosi della Roma a cui è toccato James Pallotta), allenatore tedesco, bomber africani (Salah 17 e Mané 15), portierone brasiliano (Alisson). Con il giapponese Minamino, arrivato a gennaio, sono rappresentati quattro continenti.

                          I Reds possono aprire quella che gli anglosassoni chiamano una «dynasty»? Sotto Klopp hanno vinto Champions League, Intercontinentale e quel campionato che mancava da un’eternità. La squadra ha un’età media che garantisce esperienza e freschezza, è piena di leader ma tutti pronti a riconoscere il dominio del loro allenatore e della sua idea di gioco. Il Manchester City è stato il rivale di queste ultime stagioni, ma non tira una buona aria dalle parti dell’Etihad Stadium, tanto più se la Uefa terrà duro sulla squalifica in Champions League. Il pericolo all’orizzonte potrebbe essere proprio il Chelsea che, sotto la guida di Frankie Lampard junior, sta costruendo una squadra dal grande futuro, piena di talento e gioventù.

                          E se la domanda finale è per chi facevano il tifo i Beatles, perché quando si parla di Liverpool è impossibile non citarli. la risposta è che l’unico veramente appassionato di calcio era John Lennon. E John era dei Reds, non come Paul McCartney, timido tifoso dell’Everton.


                          CorSera
                          Che allenatore straordinario klopp[emoji173]

                          Inviato dal mio SM-G950F utilizzando Tapatalk
                          Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                          parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                          Originariamente Scritto da GoodBoy!
                          ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                          grazie.




                          PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                          • Sean
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                            Direi proprio di sì. In questi ultimi anni ha raccolto quanto non ha fatto nella sua carriera, dove pure c'erano tutti i segni del grande predestinato.

                            In specie riportare il titolo inglese sulle casacche del Liverpool chiude idealmente questo grande ciclo firmato Klopp. Coi problemi del City, le incertezze del Chelsea, le confusioni dello United, ha poi tutte le condizioni per porre un dominio domestico.
                            ...ma di noi
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                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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