Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • KURTANGLE
    Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
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    • Borgo D'io
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    Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
    ..quindi per lui il governo non puo interromperli perchè "lo dice la Uefa", il che è una boiata.


    ecco
    Originariamente Scritto da SPANATEMELA
    parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
    Originariamente Scritto da GoodBoy!
    ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


    grazie.




    PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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    • Sean
      Csar
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      • In piedi tra le rovine
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      A corredo dell'articolo mi permetto di postare questa immagine che proviene dall'archivio di Salvatore Peduto, un collezionista torinese (ma juventino) di memorabilia del calcio, che ho tra i contatti su FB e che oggi ha postato questa rarissima immagine dell'aereo appena schiantatosi contro la collina di Superga: la particolarità sta appunto nei corpi ancora presenti in loco. E' una immagine di grande effetto ma il suo senso sta appunto nella testimonianza storica che ci riporta:

      Last edited by Sean; 04-05-2020, 14:56:50.
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
      popoli studiosi scriveranno
      forse, tra mille inverni
      «nessun vincolo univa questi morti
      nella necropoli deserta»

      C. Campo - Moriremo Lontani


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      • Liam & Me
        Bad Blake
        • Dec 2006
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        • high as a kite
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        Originariamente Scritto da CRI PV Visualizza Messaggio
        Grazie! Mi hai risparmiato il commento sull'espulsione di Pjanic.

        Faccio sempre quello, come i vecchi che guardono i lavori stradali.

        Edit: avevo anche dimenticato il rigore di Skriniar su Higuain.
        Last edited by Liam & Me; 04-05-2020, 16:43:50.
        B & B with a little weed










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        • ottantino
          Bodyweb Senior
          • Jan 2013
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          • Roma
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          Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
          Difatti sono sofismi. Si capisce che Tare non intendeva quello, ma proprio invece l'impossibilità del governo di decretare ora la fine anticipata del campionato, quando chiama in causa le indicazioni della Uefa, che dicevano di "portare a conclusione i campionati"...quindi per lui il governo non puo interromperli perchè "lo dice la Uefa", il che è una boiata.
          no Sean, lui vuole dire che se il governo intende proibire le manifestazioni sportive lo può fare fino a quando vuole, ma un campionato non può considerarsi interrotto senza l'autorizzazione fifa e uefa, cioè se per esempio le manifestazioni sportive sono vietate fino al 2022 non si deve per forza intendere che il campionato è finito, nel 2022 si può anche decidere di riprendere il campionato 2019-2020, per assurdo eh. io l'ho intesa così.
          Winners are simply willing to do what losers won't.




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          • robybaggio10
            Bodyweb Senior
            • Dec 2011
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            • Franciacorta
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            Originariamente Scritto da INFILATEMELO Visualizza Messaggio
            Siamo ai sofismi però.
            Se il Governo decidesse di vietare i giochi di squadra fino al 30 Luglio (ma direi anche fino al 30 Giugno) avrebbe di fato decretato la fine del campionato
            Non e' vero. Potrebbero giocarlo a settembre ed il prossimo campionato giocarlo nell'anno solare. Qualcuno lo aveva pure proposto.
            I SUOI goals:
            -Serie A: 189
            -Serie B: 6
            -Super League: 5
            -Coppa Italia: 13
            -Chinese FA Cup: 1
            -Coppa UEFA: 5
            -Champions League: 13
            -Nazionale Under 21: 19
            -Nazionale: 19
            TOTALE: 270

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            • Sean
              Csar
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              • In piedi tra le rovine
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              E' chiaro che Tare parla del campionato in corso, altrimenti per cosa si starebbero spendendo la Lazio, Lotito, Tare, i Diaconale vari? Per bizantinismi simili o perchè è questo il campionato che gli preme, cioè la sua non interruzione?
              ...ma di noi
              sopra una sola teca di cristallo
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              C. Campo - Moriremo Lontani


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              • Sean
                Csar
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                Coronavirus, parla Spadafora: «La serie A riparte soltanto se si cambia»

                Il ministro: «Se ci saranno le condizioni di sicurezza sarò felice di dare il via. Lo sport e il calcio lavorino per un’autoriforma»

                Vincenzo Spadafora, da ministro dello Sport, si aspettava questi toni alti del mondo del calcio sulla ripartenza?
                «La maggioranza degli italiani non vede di buon occhio la ripresa del campionato. Ma io non bado in questo momento ai sondaggi. Il calcio è un mondo importante del Paese, lo conosco bene a differenza di chi vuol far passare un messaggio diverso. Legittimi gli interessi economici, ma quando si va su altro tipo di attacchi, pressioni e strumentalizzazioni, questo atteggiamento non fa bene a nessuno».

                Il calcio ha l’idea che lei sia contrario alla ripartenza.
                «Sarebbe surreale per un ministro dello Sport demonizzare il calcio. Mi auguro di ripartire, ma lo deciderà il governo. Dal 18 maggio riprenderanno gli allenamenti di squadra. Sul campionato ci baseremo su elementi scientifici, oggi non disponibili. A metà maggio si potrà fare una previsione realistica».


                Lei ha detto: «Del campionato proprio non se ne parla, ora mi occupo degli altri sport» È suonata come un’offesa al calcio. Sembra che lei non tuteli la ripresa della serie A.
                «Non esiste una mia contrarietà, ma la volontà di valutare la ripartenza solo se si salvaguarda la salute delle persone all’interno del gruppo squadra. Poi rivendico pari dignità con gli altri sport e gli sport di base. Tutelo talmente tanto la ripartenza che ho convocato io la prima riunione con Figc e Leghe per cercare una soluzione. Ricominciare a giocare pone una serie di questioni legate a trasporti, alberghi, a centinaia di persone che si muovono. Di chi è la responsabilità? Il protocollo dovrà definire anche questo».


                Sul protocollo sanitario non c’è un po’ di lentezza? Non si poteva fare prima?
                «Il 18 maggio si ripartirà con gli allenamenti di squadra e per farlo serve un chiarimento definitivo sul protocollo: in settimana lo avremo».

                Si è sentito scavalcato dai governatori delle regioni sulla ripresa degli allenamenti?
                «No. Ognuno si muove guardando i propri territori. Il calcio non è il primo caso in cui governo e regioni non sono totalmente allineati».

                Infastidito da Renzi che ha detto: «Non decide Spadafora, ma il Parlamento»?
                «Rivestire una responsabilità istituzionale è diverso da fare solo politica. Tocca al governo decidere se ci sono le condizioni per riprendere. Poi come farlo, intendo con quale formula e calendario, lo stabilirà la Figc. Anche il calcio però deve vivere una nuova stagione, autoriformarsi, pensare di rivedere il proprio sistema, capire se è in linea con quel che accade nel Paese, deve rigenerarsi».

                Parole del presidente della Figc Gravina: «Non sarò io il becchino del calcio». Teme che il ruolo tocchi a lei?
                «Assolutamente no, farò di tutto per ripartire. Se il governo sarà costretto, spero di no, a stabilire che non ci sono le condizioni il mio sforzo sarà duplice: limitare i danni economici per le società e sostenere tutto il mondo dello sport. Tra risorse ordinarie e straordinarie investiremo circa 1 miliardo per il settore nel suo complesso».


                Se non si riprende, la Figc è preoccupata delle cause legali su promozioni e retrocessioni. Ci sarà un provvedimento per evitarle?
                «È una preoccupazione di Figc e Coni. Stiamo prendendo in considerazione la questione, ma spero di ripartire e non doverlo affrontare».

                La Francia ha chiuso. Non vale la pena prendersi un po’ di tempo prima di decidere se stoppare o meno?
                «Quando dico aspettiamo si replica che voglio chiudere il campionato. La mia non è un’attesa irriverente, menefreghista o per tirare a campare. Ora non siamo in grado di dire quando ripartire».

                Perché non vi coordinate con gli altri ministri dello Sport europeo per una linea comune?
                «Il 17 maggio dovrebbe esserci un consiglio europeo dei ministri dello Sport per confrontarsi proprio su questo».

                Non era più logico fare una road map con le date?
                «L’abbiamo data. Il 4 maggio ripresa allenamenti individuali, il 18 dei collettivi (nel rispetto del protocollo) ed entro fine maggio si potrà dire se riprendere o no la serie A. Insomma un po’ di pazienza bisogna averla. Altrimenti, come avevo detto provocatoriamente, l’alternativa è fare come la Francia e chiudere, ma io non voglio questo. Oggi come posso dire se il 14 giugno il campionato potrà riprendere? Non lo so, perché non ho gli elementi scientifici e non perché sia contro».

                Cosa le ha dato più fastidio in questi ultimi mesi?
                «Il fastidio è verso qualche dirigente sportivo o politico che butta benzina sul fuoco, mostrando una mancanza di unione di intenti. Nessuno tra i politici che mi attacca vorrebbe essere al mio posto».

                Si è parlato di una sua volontà di dimissioni. È vero?
                «No, andrò via quando finirà l’esperienza di governo. Chiunque auspica qualcosa di diverso è male informato».

                La riforma dello sport si coordinerà con Coni o con Sport e Salute?
                «Una situazione ereditata, ma non deve essere una battaglia di parte. Estraneo a certi ambienti, posso decidere in libertà senza schierarmi».

                «Ora mi occupo di altri sport»: vuol dire aiutare migliaia di società di sport base?
                «Ricordo due provvedimenti del prossimo decreto: i 100 milioni già annunciati del credito sportivo e il 70% per le associazioni dilettantistiche, mutui a tasso zero. Vi anticipo che stanzieremo un fondo straordinario, a fondo perduto, per le società di base »


                CorSera
                ...ma di noi
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                C. Campo - Moriremo Lontani


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                  Cristiano Ronaldo è tornato a Torino: ora 14 giorni di quarantena a casa

                  Il fenomeno portoghese rientrato dopo 56 giorni trascorsi a casa a Madeira. Da martedì la Juventus ricomincia con gli allenamenti alla Continassa. Ancora nove i giocatori all’estero

                  Riecco Ronaldo. Il fenomeno è tornato a Torino dopo 56 giorni trascorsi a casa a Madeira. Il jet privato del portoghese è atterrato a Caselle poco prima delle 22.30: insieme a lui, la compagna Georgina, i quattro figli e due babysitter.

                  Ora Cristiano dovrà restare in isolamento per quattordici giorni, come impongono le normative a chi ritorna dall’estero, prima di tornare ad allenarsi al centro sportivo della Continassa, dove da martedì riprenderanno gli allenamenti individuali di parte della rosa bianconera. Restano ancora all’estero, infatti, nove giocatori, tutti attesi a breve in Italia. Ronaldo, in ogni caso, si è tenuto in forma nel suo soggiorno sull’isola natìa, dove era arrivato subito dopo Juventus-Inter dell’8 marzo scorso.


                  Si è allenato alla sua maniera, in modo maniacale, due volte al giorno, prima nella villa di Funchal e poi in quella di Caniçal dove si è trasferito nell’ultimo periodo. E ha anche assaggiato il campo, visto che il Nacional, il club in cui è cresciuto, gli ha aperto appositamente lo stadio. Cosa che aveva generato anche qualche polemica, come qualche sua passeggiata con la famiglia, per presunti privilegi, ma le autorità locali hanno sempre approvato la sua condotta. Proprio il Nacional gli ha fatto l’ultimo regalo prima della partenza: gli ha consegnato la tessera di socio vitalizio. Ora CR7 resterà due settimane in isolamento nella sua villa sulla collina torinese, in attesa di capire se la stagione potrà davvero ricominciare.



                  CorSera
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                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                            • derwishi
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                              • Jun 2017
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                                Le lacrime di Ronaldo e quel 5 maggio 2002 che l'Inter non dimentica

                                Diciotto anni fa la sconfitta con la Lazio per 4-2 che consegnò lo scudetto alla Juventus

                                di Maurizio Crosetti

                                Cinque maggio: prima era solo Manzoni, poi sarebbe stato Ronaldo il fenomeno. Il brasiliano, non Cristiano. Il dentone, che in quel 5 maggio 2002 pianse tutte le lacrime che gli erano rimaste, dentro uno stadio che già lo aveva fatto gridare di dolore due anni prima, e per un motivo ancora più serio: quel tremendo infortunio al ginocchio, quell’urlo straziante in Lazio-Inter di Coppa Italia.

                                Era la sera del 12 aprile 2000, una scena da fare accapponare la pelle. Sembrava che il grande Ronaldo potesse addirittura rischiare la carriera: come avrebbe fatto a rinascere, lui che puntava tutto sulla velocità abbinata alla tecnica? Sarebbe ritornato il più forte al mondo, dopo quel ginocchio saltato?

                                Certo che sarebbe tornato, anche se in quel 5 maggio 2002 non riuscì e non fu in grado di aiutare l’Inter in alcun modo. Eppure lo scudetto, solo un mese prima, sembrava ormai nerazzurro dopo tredici anni. L’Inter volava, la Juventus no. E la Roma teneva il passo a fatica. Insomma, la storia pareva già segnata. Ma il mese di aprile non fu propizio per l’Inter, che crollò contro l’Atalanta e faticò moltissimo in almeno altre due occasioni, mentre la Juve quasi inabissata riemerse a Piacenza grazie a Pavel Nedved, il vicepresidente di oggi. Sarebbe bastato, ai torinesi? In pochi ci credevano, quasi nessuno. E quando Inter e Juve, con la Roma appena alle spalle, andarono a giocarsi lo scudetto in quel pomeriggio fatale, la classifica diceva: Inter 69, Juventus 68, Roma 67.

                                Il paradosso fu che i tifosi della Lazio avrebbero preferito che l’Inter battesse la squadra del cuore davanti ai loro stessi occhi, pur di evitare il rischio che lo scudetto finisse alla Roma. Non accadde né l’una né l’altra cosa. La Juve di Lippi, squadra mai doma e mai morta, vinse 2-0 a Udine in un sole scintillante, gol di Trezeguet e Del Piero: poi, certo, sarebbe servita anche una vittoria della Lazio. E così andò. Fu un’ecatombe nerazzurra: 4-2 per i laziali, con un crudelissimo gol del “cholo” Simeone, quello del 3-2: un vecchio cuore nerazzurro condannava la sua ex squadra. L’ultima rete fu segnata da Simone Inzaghi, colui che adesso vorrebbe prendersi lo scudetto come allenatore della Lazio.

                                Il 5 maggio fu un giorno di lacrime e gioia, da una parte all’altra d’Italia. Ronaldo pianse come un bambino, inconsolabile. Non sapeva che in pochi mesi avrebbe portato il Brasile in cima al mondo, nella finale contro la Germania a Yokohama, segnando due magnifici gol. Poi lo attendeva il Real Madrid, e un’altra parte della sua storia. Forse, un poco quelle lacrime si asciugarono. Mai del tutto, però. E ogni 5 maggio tornano a zampillare negli occhi di ogni interista.

                                ...ma di noi
                                sopra una sola teca di cristallo
                                popoli studiosi scriveranno
                                forse, tra mille inverni
                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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