Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Nuovo stadio, dal Comune sì con riserva. Il punto: come e cosa salvare di San Siro

    Il Consiglio cittadino dà un placet condizionato. Due i punti sul tappeto: la rigenerazione del Meazza e il taglio delle volumetrie. Ai club resta l’«arma» Sesto San Giovanni

    Il progetto del nuovo stadio di Inter e Milan ottiene dal Consiglio comunale di Milano un sì condizionato (o molto condizionato, a seconda dei punti di vista), da 16 paletti. E all’interno delle due società prevale una moderata soddisfazione, perché, almeno, con il via libera alla giunta per concedere l’interesse pubblico, un percorso è stato avviato. Ma tutto è ancora in gioco. La trattativa inizia ora, come ammette il sindaco Beppe Sala: «Ora parte la discussione vera». Che ruoterà attorno a due punti fondamentali: la rigenerazione di San Siro e il taglio delle volumetrie.

    Ma se la necessità di una mediazione sulle volumetrie era stata ampiamente messa in conto dai club (che quindi sono disposti a cedere qualcosa, sempre che «il progetto resti sostenibile», come sottolinea l’ad dell’Inter Alessandro Antonello), quello che forse era stato sottovalutato era la necessità di dover salvare, nel linguaggio del consiglio comunale «rifunzionalizzare» San Siro, o una sua parte. Cosa vuol dire nel concreto? Pensare di vedere, in futuro, due stadi uno di fianco all’altro pare oggettivamente impossibile. Ma anche il totale abbattimento di San Siro oggi sembra un’ipotesi superata.

    Accanto al nuovo stadio resterà qualcosa di San Siro: magari (più facile) il campo, aperto e a disposizione dei cittadini, magari (più difficile) una versione dell’impianto ridotta che possa ospitare il calcio femminile o un recupero che faccia diventare San Siro qualcos’altro. I due studi d’architettura che si contendono il progetto, Populous e Manica, sono già al lavoro per studiare delle soluzioni che portino a «una proposta specifica in merito alla rifunzionalizzazione del manufatto esistente», per citare il documento del Consiglio comunale.


    I club poi valuteranno le proposte degli architetti e faranno due conti. È chiaro che il progetto stadio è sostenibile solo se consente la realizzazione di tutto il quartiere nuovo che deve nascere attorno, con hotel e uffici (ma anche verde). In caso contrario, i club hanno sempre un’arma che possono mettere sul tavolo, ovvero l’ipotesi di spostarsi a Sesto San Giovanni, e Paolo Scaroni, ad del Milan, nell’assemblea degli azionisti non a caso ribadisce che «c’è un piano B, sempre insieme con l’Inter perché assieme crediamo di essere più forti anche di fronte alla politica».

    Ma anche il Comune ha un’arma a disposizione, ovvero richiedere l’interesse culturale dell’impianto: una procedura che, da sola, richiede quattro mesi di tempo per arrivare a una definizione. Un bell’ostacolo per la fretta dei club. Trattative in corso, chissà che la soluzione arrivi dalla fantasia degli architetti.

    CorSera
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      Milan progetto giovani «ma per tornare grandi non ci vorranno 10 anni»

      Approvato il bilancio rossonero, perdite record. Gazidis: «Dobbiamo abbattere il monte ingaggi, no a giocatori in declino, investiamo su futuri top player»

      «Elliott ha una visione chiara e audace: riportare il Milan al vertice del calcio e non metterci 10-15 anni». Il lasso di tempo citato non è ovviamente causale: l’ad del Milan Ivan Gazidis parla durante l’assemblea degli azionisti che ha dovuto approvare un bilancio dai numeri «purtroppo noti», come dice il presidente Paolo Scaroni in avvio, ovvero un rosso di 155,9 milioni (contro i 135,6 dell’anno precedente), la crescita dei costi (+35,3 milioni quelli per il personale) e una contrazione dei ricavi. Il tutto nel day after di un’altra pesante sconfitta sul campo, «di cui sento la sofferenza», tanto per scacciare l’idea dell’amministratore interessato solo ai conti.

      Quell’orizzonte temporale era lo stesso definito, anche allora per negazione, da Paolo Maldini, con l’aggiunta sibillina «se nell’idea della proprietà, ma non è così, c’è la volontà di fare 12 anni da squadra di media classifica, non saremo più a capo della direzione sportiva», che aveva in certo modo rafforzato l’idea di più anime all’interno del club.


      Gazidis approfitta delle domande dei piccoli azionisti (che in una nota dicono di «apprezzare la trasparenza») per mandare il messaggio che si rema tutti assieme: «Un club sano presuppone anche una discussione interna con persone che si fidano una dell’altra. Indiscrezioni sulle divisioni non so da dove escano, di sicuro non da me». Dopo aver chiuso anche la polemica con Galliani&Berlusconi (nata dall’uscita improvvida della serie D), spiega i punti cardine del progetto Elliott: abbattimento del monte ingaggi («serve una svolta, va riportato sotto controllo»), e investimento su «giovani calciatori che possano diventare assieme a noi dei top player. Non significa non investiremo in leader d’esperienza, com’è stato fatto con Higuain», ma senza «bruciare soldi per giocatori sul viale del tramonto», e sa tanto di una pietra sopra il nome di Ibrahimovic. E a proposito di mercato, dopo aver ricordato che fin qui sono stati spesi «157 milioni dall’acquisto del club», l’ad chiarisce che «a gennaio non mi piace essere molto attivo ma a volte è necessario». Il punto è spendere bene. Come tenere assieme le esigenze del presente (sul campo e non solo, visto che la sponsorizzazione di Emirates va rinnovata o sostituita), e avviare un piano di crescita nel fair play finanziario è la sfida massima, «irta di ostacoli». Che passa dall’aumento dei ricavi: sono stati annunciati investimenti nell’area commerciale.

      Bene, ma se non saranno 10 anni, quanto ci vorrà? Gazidis non si sbilancia: «Ho 55 anni, non ho troppo tempo da aspettare, io non sono rassegnato nemmeno per questa stagione. Pensare solo al presente però renderebbe più facile la vita di tutti, ma dobbiamo essere responsabili e rendere il club sostenibile». A occhio poco non ci vorrà.



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        Impaurito e senz’anima, il Milan ora è costretto a guardarsi le spalle

        Nessuno qui è senza colpe. Società e proprietà in primis, ma avendo il quarto monte ingaggi del campionato la squadra è sopravvalutata, molle e distratta

        Male sì, così male no. Che questo Milan avesse limiti, tecnici e caratteriali, era chiaro a tutti, già prima di partire. Così come a tutti era sembrato un tantino ambizioso l’obiettivo societario della qualificazione Champions. Ma chi poteva immaginarsi che dopo 9 giornate, un quarto di campionato, il Diavolo dovesse addirittura guardarsi le spalle? Eppure il fantasma della serie B è lì. I 3 punti sulla zona salvezza e le 5 sconfitte schiantano ogni tentativo di difesa. La crisi rossonera è grave, gravissima. Soprattutto perché adesso è chiaro che il problema non era l’allenatore ma la squadra, che è peggio. La gestione tecnica è stata per due mesi un alibi per molti giocatori, che si sono nascosti dietro alle incomprensioni con Giampaolo e il suo calcio complesso, scaricandogli addosso ogni colpa. Ma se con l’arrivo di Pioli la svolta non è arrivata, significa che la questione è diversa, è più profonda, più seria.


        Nessuno qui è senza colpe. Società e proprietà in primis. Ma questa squadra, che ha il 4° monte ingaggi della serie A, è sopravvalutata e senz’anima. Non bastano i nomi, né le valutazioni choc, se poi in campo si entra molli e con la testa altrove. Innanzi tutto è ormai chiaro che il Milan ha enormi lacune caratteriali. Non sa gestire le partite, non le sa leggere. Manca un leader. Capitan Romagnoli non lo è, non abbastanza. Alla prima difficoltà la squadra crolla. È la paura della paura. E così non si va da nessuna parte. Pioli, che l’ha capito, ci sta lavorando. E ha inquadrato il tema: «Qua sembra che vincere, pareggiare o perdere non cambi nulla. E invece cambia tutto». Non è nemmeno questione di età, di giovani o non giovani: a Roma hanno fallito malamente Biglia come Leao, Suso come Paquetá.


        CorSera
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          La scorsa stagione a crescere sono stati i ricavi consolidati, aumentati del 20% e giunti a quota €417 milioni, cifra mai raggiunta in precedenza dal Club, mentre l’EBITDA è cresciuto del 53% arrivando a €105,2 milioni. Il risultato netto ha riportato La scorsa stagione a crescere sono stati i ricavi consolidati, aumentati del 20% e giunti a quota €417 milioni, cifra mai raggiunta in precedenza dal Club, mentre l’EBITDA è cresciuto del 53% arrivando a €105,2 milioni. Il risultato netto ha riportato una perdita d’esercizio di €48,4 milioni, che il Club ascrive a consistenti investimenti a sostegno delle performance sportive., che il Club ascrive a consistenti investimenti a sostegno delle performance sportive.


          Perdite x 48 milioni, strano che non ci siano i soliti noti a parlarne

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            Inter, piano d’acquisto. Marotta: «Rinforzi a gennaio. Alziamo l’asticella con un’anima italiana»

            Approvato il bilancio, fatturato boom. Zhang: «Occorre pazienza, i risultati arriveranno Il mercato fatto è il più importante degli ultimi 110 anni dell’Inter»

            Un modello vincente fondato su solide basi. È il messaggio di Steven Zhang, eletto presidente un anno fa, e dell’ad Beppe Marotta destinato a Antonio Conte e al popolo nerazzurro. Il progetto dell’Inter cresce, con numeri incoraggianti in campo e fuori. L’assemblea dei soci ha approvato un bilancio da record con 417 milioni di fatturato, anche se la perdita di 48,4 milioni è in crescita rispetto ai 17,7 della passata stagione: pesano soprattutto le spese per il mercato. L’intenzione però è non fermarsi, ma continuare a investire, «perché il gap con chi sta davanti c’è ancora e vogliamo chiuderlo, ma dobbiamo avere pazienza e i risultati arriveranno. L’ultimo mercato è stato il più importante degli ultimi 110 anni dell’Inter», sottolinea Zhang.

            A tranquillizzare Conte ci pensa Marotta, deciso a regalare al tecnico almeno due rinforzi. «Il mercato di gennaio non è la panacea di tuti i mali, è arido d’opportunità, ma servirà per puntellare meglio questa squadra. La rosa deve avere un numero congruo di giocatori per le tre competizioni. Vogliamo alzare l’asticella», è l’iniezione di fiducia a Conte da parte dell’ad nerazzurro. «Il momento è di emergenza, sono venuti meno alcuni giocatori. Possiamo crescere ancora, guardiamo al mercato di gennaio con ottimismo, ma non siamo nella situazione di dover riparare ad errori fatti», analizza l’ad. Conte spinge per gli acquisti, Marotta gli fornirà quanto chiesto, pur sottolineando che «il percorso per arrivare alla vittoria è graduale. Questo è un anno di assestamento dove però vogliamo essere attori protagonisti».

            Zhang, insieme all’altro ad Alessandro Antonello, ha insistito sulla crescita dentro e fuori dal campo, sui 385 milioni di tifosi (120 in Cina), sull’aumento delle partnership con le aziende, sull’impegno del gruppo Suning che ha supportato lo sviluppo con investimenti massicci, su un nuovo rapporto con lo sponsor Nike, con cui è stato già ridiscusso il contratto, e con Pirelli con cui invece andrà fatta una riflessione. Marotta, parlando all’assemblea dei soci, ha chiarito le linee guida del progetto. «La priorità era costruire una mentalità vincente, Conte è il leader giusto per infonderla e Oriali trasmette il senso d’appartenenza all’Inter», ha sottolineato l’ad. Senza nascondere quale sarà lo sviluppo futuro dell’Inter. «Un gruppo dalla forte anima italiana. Questo zoccolo duro, dalla matrice culturale ben definita, ci consentirà di inserite talenti internazionali».

            Gli obiettivi per la stagione in corso sono chiari. «Non inseguiamo disperatamente la vittoria in campionato, vogliamo crescere in Europa e provare a vincere la Coppa Italia», la sentenza dell’ad nerazzurro. Conte è il leader, Marotta lo stratega, Zhang il motore: la strada per riportare l’Inter a vincere è tracciata.


            CorSera
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              La scorsa stagione a crescere sono stati i ricavi consolidati, aumentati del 20% e giunti a quota €417 milioni, cifra mai raggiunta in precedenza dal Club, mentre l’EBITDA è cresciuto del 53% arrivando a €105,2 milioni. Il risultato netto ha riportato La scorsa stagione a crescere sono stati i ricavi consolidati, aumentati del 20% e giunti a quota €417 milioni, cifra mai raggiunta in precedenza dal Club, mentre l’EBITDA è cresciuto del 53% arrivando a €105,2 milioni. Il risultato netto ha riportato una perdita d’esercizio di €48,4 milioni, che il Club ascrive a consistenti investimenti a sostegno delle performance sportive., che il Club ascrive a consistenti investimenti a sostegno delle performance sportive.


              Perdite x 48 milioni, strano che non ci siano i soliti noti a parlarne

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              48 milioni su ricavi (al netto delle plusvalenze) di 377 milioni. La Juve -40 milioni su ricavi netti di 500 milioni...pero' per la Juve ci hanno frantumato le balle, qua splende il sole cinese.

              La cineseria più bella pero' la dice Zhang, quando afferma che il club ha fatto "il miglior mercato dei 110 anni di storia dell'Inter"...questo fantasmagorico mercato ha portato: Sensi, Barella, Godin e Lukaku. Per ora assieme a ricavi (e passivi) cresce anche il livello delle put.tanate. D'altro canto per vendere lavatrici occorre anche essere un po' degli imbonitori.
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                L’Atalanta guida i contropoteri forti d’Europa: identità, gioco, gol e affari

                I nerazzurri da noi, il Moenchengladbach in Germania, il Malaga in Spagna. Rodgers del Leicester va oltre Gasperini: «Noi ancora campioni? Non mi pongo limiti»

                La domanda non è se la classe media può vincere il campionato in Italia, Inghilterra, Spagna o Germania. Perché la risposta realisticamente è negativa, come quella che ha dato domenica Gian Piero Gasperini, allenatore dell’Atalanta simbolo e modello per tutta la borghesia del calcio europeo. La questione però non è meno interessante: di questo passo, a chi lo farà perdere?


                Ed è un interrogativo che si può tradurre in quattro lingue diverse: l’Atalanta in A, il Leicester in Premier, il Granada nella Liga e il Borussia Monchengladbach in Bundesliga sono solo la punta di quell’iceberg che Maurizio Sarri aveva già avvistato all’orizzonte prima di perdere due punti a Lecce: «Tira un’aria nuova nel nostro campionato. Fino a qualche anno fa in serie A sul 3-0 era finita, ora vedi una mentalità da calcio inglese, squadre che vogliono giocare e ribaltano partite che sembravano segnate. Sta venendo fuori un bel segnale e spero si protragga fino alla fine».

                Il segnale più vistoso è che tutti possono fare — o almeno provare a fare — punti contro tutti: lo stesso Lecce, il Parma che ha fermato l’Inter a San Siro e la Spal che ha bloccato il Napoli sono la dimostrazione più recente di questo nuovo scenario. Le ultime tre in classifica hanno conquistato fin qui 18 punti ed è la quota più alta degli ultimi nove campionati: l’anno scorso ne avevano appena 10.

                Se le piccole crescono, sono quelle che vogliono sedersi al tavolo dei grandi a trascinare i contropoteri d’Europa: l’Atalanta in Champions, nonostante tre sconfitte su tre, ha dato una scossa che continua in campionato (dove ha il miglior attacco con 28 gol, più di 3 a partita di media) e che fatte le dovute proporzioni è come quella del Leicester campione nel 2016. Proprio le Foxes sono tornate a sognare in grande: dopo i 9 gol da record al Southampton di venerdì scorso la squadra del rinato Vardy (già a quota 9 reti) è terza ad appena due punti dal City e a 8 dal Liverpool. Il Manchester United, che ha speso 90 milioni di euro per il difensore Maguire e finanziato così il rilancio del Leicester, ha ben 7 punti in meno dell’ex squadra di Ranieri, allenata ora da Brendan Rodgers. Che nel weekend ha dovuto rispondere alla stessa domanda di Gasperini sulle possibilità di scudetto e lo ha fatto in modo diverso: «Non mi pongo mai dei limiti».

                Lo spirito è quello giusto perché non c’è nulla da perdere, il senso di appartenenza è forte, l’identità del gruppo e anche del gioco sono ben riconoscibili: sono questi i segni particolari anche del neopromosso Granada, che grazie al rinvio di Barça-Real si gode il primato dopo dieci giornate. Uno sfizio che è costato appena 7,5 milioni sul mercato estivo, grazie a un allenatore di 38 anni, Diego Martinez e a uno stile che ricorda quello dell’Atletico di Simeone. Ma il Granada non è solo, perché in tre punti ci sono sette squadre e anche Real Sociedad, Siviglia e Villarreal rafforzano la sensazione che l’equilibrio sia molto di moda.

                Sia in Spagna che in Germania (dove ci sono due squadre in meno) il distacco tra testa e coda è ridotto a 15 punti: su tutti i campi si può lasciare qualcosa per strada, se non si gioca al massimo. Questa è la lezione, soprattutto per chi si concentra sulla Champions: le favole come quella del Leicester sembrano irripetibili. Ma qualche incubo non si nega a nessuno.


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                  Formula Atalanta, gol e spettacolo: così Gasperini va a caccia della vetta

                  I nerazzurri segnano più di tre reti a partita, meglio in Europa ha fatto solo il Manchester City ma giocando una gara in più. Dopo il 7-1 all'Udinese Gomez e compagni sono a tre punti dalla Juve capolista. Nonostante le sconfitte la Champions sta diventando un test utilissimo per alzare il livello in campionato

                  I numeri non sempre dicono tutto, ma in questo caso basta scorrerli per comprendere il senso di questo travolgente avvio di campionato dell'Atalanta. Grazie al 7-1 all'Udinese i bergamaschi hanno raggiunto quota 28 gol segnati nelle prime 9 giornate di campionato. Una media superiore a 3 gol a partita. E' il secondo miglior attacco dei cinque campionati più importanti d'Europa. Davanti solo il Manchester City di Guardiola che ha già inanellato 32 reti in Premier League (ma in 10 giornate) e martedì sera ha rifilato un 5-1 in Champions League proprio ai bergamaschi. Il Barcellona è fermo a 23 gol in 9 partite: nella Liga la squadra più prolifica è il Villarreal con 24 reti. Il Bayern comanda in Germania con 24 gol, il PSG in Francia con 25 (ma in 11 turni).

                  In Italia il secondo miglior attacco è abbondantemente distanziato: l'Inter con 20 centri. Nessuna squadra aveva mai segnato così tanto in Serie A nelle prime 9 giornate nell'era dei 3 punti a vittoria, introdotti nella stagione 1994-95. Per trovare un dato superiore bisogna risalire ai 29 gol del Milan nel campionato 1992-93. Con il 7-1 di ieri l'Atalanta ha eguagliato il suo successo più largo di sempre in Serie A: un 7-1 alla Triestina a giugno del 1952. Con la tripletta di ieri Muriel diventa il secondo giocatore nella storia dell'Atalanta ad avere segnato così tanto nelle prime 9 giornate. Meglio del colombiano aveva fatto solo Karl Aage Hanse nella stagione 1949-50 (9 gol). E Amad Traore è già nella storia della Serie A: primo nato nel 2002 a firmare un gol in campionato.

                  La squadra di Gasperini è a un passo dalla vetta: appena 3 punti dalla Juventus prima, due lunghezze dall'Inter seconda. E sognare non costa niente. Numeri a parte, l'Atalanta ha dimostrato una notevole capacità di reazione. Non si è lasciata tramortire dal 5-1, rimediata in trasferta col Manchester City martedì scorso in Champions League. Anzi, ha risposto proprio sul piano della goleada. A Zingonia tutti ammettono, a partire da Gasperini, che la Champions sta diventando un test utilissimo per alzare il livello in campionato. I ritmi feroci della massima competizione europea consentono a Papu Gomez e compagni di migliorare le prestazioni sui campi italiani. Qui entra in gioco l'abilità di Gasperini che riesce a trasformare in pochi giorni la delusione per le sconfitte europee in una spinta positiva per le partite di campionato.

                  Senza trascurare altri due fattori. L'equilibrio di un ambiente che permette di girare subito pagina dopo le battute d'arresto in Champions. E l'entusiasmo dei tifosi che aiutano ad attutire le conseguenze delle sconfitte. La reazione al 5-1 col City è iniziata subito dopo il triplice fischio grazie all'applauso dei 3.000 sostenitori bergamaschi sulle tribune dell'Etihad Stadium di Manchester. Quella prima consolazione collettiva è stata determinante per non lasciarsi avvolgere dalla malinconia. Adesso l'Atalanta cercherà di conquistare la prima vittoria in Champions. In questo modo allontanerebbe anche l'amara constatazione di una differenza troppo marcata di competitività tra la competizione europea e il nostro campionato. Ma questo è un problema generale del nostro calcio. A Bergamo proseguono nel miracolo di una squadra che, con risorse economiche inferiori, continua a scalare posizioni. Il 3° posto dello scorso campionato per ora è confermato. Con il benefit di una vista molto più ravvicinata sulla vetta. E la ciliegina di questo attacco da record che abbatte primati storici.

                  I nerazzurri segnano più di tre reti a partita, meglio in Europa ha fatto solo il Manchester City ma giocando una gara in più. Dopo il 7-1 all
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                    Ronaldo: «Voglio restare giovane mentre invecchio: “anziani” come me ce ne sono in squadre come la Juve?»

                    Il portoghese a France Football: «Devi essere intelligente per durare. Il talento senza lavoro è inutile. Dipendesse da me giocherei solo la Champions e in Nazionale»

                    «Il mio obiettivo è di rimanere giovane man mano che invecchio e quindi competitivo. C’è giocatore che gioca tanto quanto me alla stessa età, in una squadra come la Juventus?». Cristiano Ronaldo si confessa a France Football, in un’intervista esclusiva che uscirà interamente martedì sul magazine francese. «Devi essere intelligente per durare - aggiunge il fenomeno portoghese, ormai prossimo ai 35 anni -. A 19-20 anni ho capito che il calcio era una questione di numeri: titoli, record e gol. Per prima cosa serve il talento: senza quello, non puoi fare molto. Dopo, il lavoro, perché il talento senza lavoro è inutile. Nulla cade dal cielo. Non sarei mai arrivato dove sono senza la mia voglia di lavorare. Se dipendesse da me, non giocherei che partite importanti, quelle della Nazionale e della Champions. Sono quel tipo di gare che mi motivano, perché c’è interesse, un ambiente difficile, pressione. Poi è chiaro che bisogna essere professionisti ogni giorno per rispetto della tua famiglia e del club che rappresenti e che ti paga per questo, quindi dai sempre il meglio».

                    Per ora è ancora tempo di dare la caccia a gol, vittorie e trofei, come il sesto Pallone d’Oro. «Settecento gol è un numero impressionante e mi rende ancora più orgoglioso il fatto che pochi giocatori abbiano raggiunto quella cifra - rileva -. Il mio preferito? La rovesciata alla Juve in Champions League perché era un gol che cercavo di segnare da anni». Ma è anche l’ora di continuare l’eterno duello con Messi: «Essere uno di fronte all’altro in Spagna ci ha permesso di essere migliori, più performanti. Al Real, ho sentito la sua presenza più che a Manchester, quindi avevo un po’ più di pressione. Ma da un certo punto di vista, è stata una sana rivalità». CR7 quindi assicura: «Alla fine della carriera mi staccherò da tutto».


                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • CRI PV
                      Mufasa
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                      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                      48 milioni su ricavi (al netto delle plusvalenze) di 377 milioni. La Juve -40 milioni su ricavi netti di 500 milioni...pero' per la Juve ci hanno frantumato le balle, qua splende il sole cinese.

                      La cineseria più bella pero' la dice Zhang, quando afferma che il club ha fatto "il miglior mercato dei 110 anni di storia dell'Inter"...questo fantasmagorico mercato ha portato: Sensi, Barella, Godin e Lukaku. Per ora assieme a ricavi (e passivi) cresce anche il livello delle put.tanate. D'altro canto per vendere lavatrici occorre anche essere un po' degli imbonitori.
                      Ahahahahah questa non te la fanno passare

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                        Paulo, mister coraggio

                        IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Ha traballato, appena un po', ma alla fine non ha perso la testa, questo va detto. Paulo Fonseca nell'ultimo periodo è apparso molto provato, in difficoltà per ciò che stava accadendo alla squadra, tra qualche pareggio inaspettato, i tanti infortuni e la sensazione, ormai vinto dalla sfortuna, di non poterne uscirne. I bravi allenatori, si va dicendo, si vedono nelle difficoltà, sono quelli che trovano la soluzione. Quando ti mancano tutti, o quasi, i centrocampisti, o pensi di affidarti a qualche svincolato/stagionato (sic) o il centrocampista te lo fai in casa. Lui ha creato Mancini e su di lui ha ridisegnato la squadra in un 4-1-4-1; un po' di anni fa Spalletti, sempre in periodo di grande emergenza, ha tirato fuori dal cilindro Totti centravanti e Perrotta trequartista, ma soprattutto quella bella Roma del 4-2-3-1 del 2005. Oggi, Fonseca, ha la forza di andare avanti con quelli che ha e il coraggio di rinunciare a uno tra Rodwell e Buchel, che non verranno tesserati.

                        AZZARDO Quel coraggio che sarebbe dovuto arrivare dai calciatori, tanto invocato dall'allenatore portoghese, è arrivato da Fonseca stesso, che ha saputo lavorare pure sulla testa della squadra, specie dopo la deprimente partita di Genova contro la Sampdoria. Lì è stato toccato il fondo: zero gioco, zero anima, zero di tutto. Paura, altro che coraggio. «Giocando così non si va da nessuna parte», disse al gruppo il giorno successivo alla sfida di Marassi, Paulo. Per rivedere un calcio logico ci voleva prima di tutto lo spirito, l'anima, il sentirsi squadra, al di là di chi in quel momento non c'era. E in questo si è appoggiato ai leader dello spogliatoio, a Dzeko, che sta facendo gli straordinari (gioca con la maschera e specie a Genova a rischiato molto), a Veretout, che cresce di partita in partita, sempre più con consapevolezze da leader, a Kolarov, pure lui sta scaricando il polmone, ma dovrà andare avanti ancora. La Roma ha ricominciato un campionato, con un abito diverso. Sia nella partita contro il Mönchengladbach sia in quella con il Milan, già si sono notate le differenze. L'altra sera si è rivisto pure un buon calcio, con molte occasioni in più create rispetto alla sfida di coppa. Nella fase più critica, Fonseca ha dato una mano pure ad altri calciatori, che sembravano persi. Pastore, ad esempio, almeno quello visto con il Milan, oggi sembra un altro. E' un giocatore, contestualizzato in un gruppo. Javier va gestito, ma potrebbe diventare una risorsa in più quando rientreranno tutti, mentre adesso è da considerare quasi un elemento indispensabile. Pure a Trigoria - dopo un anno di dubbi - hanno cominciato a sorridere, ripensando all'ingente investimento fatto su di lui. Ovvio, l'argentino ha mostrato nei mesi precedenti una certa fragilità muscolare, che non lascia tranquilli. Lui ha fatto sapere di aver trovato in Fonseca l'allenatore giusto per risorgere. Il tecnico sta coinvolgendo tutti, vedi il continuo ricorrere ad Antonucci, Santon e nell'ultima partita pure all'esordiente Cetin.

                        PSICOLOGO Fonseca è stato psicologo ma non solo: ha pian piano sistemato tatticamente la difesa, che appare più solida con Smalling ormai guida del reparto. Adesso si tratta di dare continuità ai risultati, e in questo serve ancora più sacrificio da parte dei calciatori. Udine e poi Roma-Napoli, sei punti per dire di aver passato con successo la brutta nottata. Ciò che sta succedendo alla Roma e quello che si avverte in molti calciatori, si capisce dalle parole di Gianluca Mancini rilasciate a Dazn. «Il senso di appartenenza è grande e noi giocatori dobbiamo dimostrarlo, bisogna appartenere alla maglia per cui giochi, quella per cui la domenica vai in campo per fare risultato. Bisogna dare il massimo di te stesso per fare bene. La pressione ci deve essere ma deve essere positiva, una pressione per aiutarti a migliorare. Il salto è stato grande, perché Bergamo è più piccola di Roma. Avverto questa differenza, ma la vivo serenamente». Ora si vede, non solo in lui.


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                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Csar
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                          Ieri assemblea degli azionisti anche della Roma. Al solito pepata e divertente la parte delle domande dei piccoli azionisti ai dirigenti. Siccome il sunto è abbastanza lungo metto il link: https://laroma24.it/news/altre-altre...egli-azionisti
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                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Napoli, lesione del crociato per Malcuit: emergenza sulle fasce

                            Il difensore francese sarà operato a Roma e rimarrà fuori almeno cinque o sei mesi. Club costretto a tornare sul mercato. Mercoledì sfida con l'Atalanta da non sbagliare, il tecnico confida nei recuperi di Mario Rui, Maksimovic e Manolas

                            La maledizione dello stadio Mazza ha colpito ancora il Napoli, molto al di là del deludente pareggio contro la Spal. A Ferrara si è infatti infortunato gravemente Malcuit: lesione del legamento crociato anteriore e del menisco interno del ginocchio, sullo stesso campo in cui è finito ko nelle passate stagioni Milik, con conseguenze altrettanto gravi. Stavolta è toccato al difensore francese, che verrà operato subito a Roma e rimarrà fuori per almeno cinque o sei mesi. Si accentua dunque per Carletto Ancelotti l'emergenza sulle fasce, dove la società sarà a questo punto costretta a intervenire sul mercato di gennaio. Nel frattempo però il tecnico azzurro deve confidare nei recuperi di Mario Rui, Maksimovic e soprattutto di Manolas, che sperano di tornare a disposizione nel turno infrasettimanale di mercoledì sera al San Paolo contro l'Atalanta: già fondamentale per la classifica.


                            In campionato il Napoli sta facendo fatica e svuotare al più presto l'infermeria è una priorità, dopo il colpo basso che ha messo fuori combattimento Malcuit. In organico c'è anche Hysaj ed è possibile a questo punto che Ancelotti torni a contare un po' di più pure su di lui, per tamponare l'emergenza. Il tour de force di autunno continua e c'è più che mai bisogno dell'aiuto di tutti, per permettere alla squadra di non perdere brillantezza. Le due trasferte di seguito a Salisburgo e Ferrara hanno infatti comportato un dispendio enorme di energie e già contro l'Atalanta sarà obbligatorio il ricorso al turn over, con Meret, Fabian, Callejon e Lozano che si candidano per un posto tra i titolari, sperando che anche Manolas e Mario Rui riescano a essere della partita nella sfida di alta classifica del San Paolo.


                            Il Napoli la affronterà con l'obbligo di tornare alla vittoria, dopo il deludente pareggio con la Spal. Ma per fermare la lanciatissima Atalanta gli azzurri dovranno sfoderare una prova da Champions, in netta controtendenza con le difficoltà che la squadra di Ancelotti sta incontrando in campionato. Per adesso il rendimento di Insigne e compagni è stato double face. Per questo si impone una reazione a Fuorigrotta, in cui ci saranno in palio il terzo posto e la possibilità di rimanere almeno nella scia di Juventus e Inter. I 40 mila tifosi annunciati al San Paolo hanno ancora voglia di sognare lo scudetto.

                            Il difensore francese sarà operato a Roma e rimarrà fuori almeno cinque o sei mesi. Club costretto a tornare sul mercato. Mercoledì sfida …
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                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                            • Sean
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                              Ahahahahah questa non te la fanno passare

                              Inviato dal mio ANE-LX1 utilizzando Tapatalk
                              Ma io quando leggo certe cose non ce la faccio a stare zitto Ma credo si saranno rotolati dal ridere anche gli interisti, perchè come ti viene in mente di dire che "la campagna acquisti fatta è la migliore dei 110 anni di storia dell'Inter"? Ma allora quella del "triplete"? E quella dei tedeschi col Trap? E quelle quando Moratti smiliardava con Ronaldo e compagnia?

                              Il bello è che nessuno, mentre 'sto Zhang dà fiato alle trombe, si alza per chiedere se stia facendo umorismo cinese.
                              ...ma di noi
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