Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Auguri Liam! Anche da parte di Oscar Giannino!

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      L'Atlanta è scivolata in casa con la Spal e perde il quarto posto in favore della Roma, ora quarta in solitaria con +3 di vantaggio sui bergamaschi

      E' un campionato dove non ci sono partite che puoi dire scontate o "facili".
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      sopra una sola teca di cristallo
      popoli studiosi scriveranno
      forse, tra mille inverni
      «nessun vincolo univa questi morti
      nella necropoli deserta»

      C. Campo - Moriremo Lontani


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        Suso rompe con il Milan e chiede la cessione, Bernardeschi a disagio nella Juve Tutte le trattative

        Lo spagnolo è precipitato nelle gerarchie di Pioli: si è presentato in sede senza procuratore. Piatek al Psg al posto di Cavani?

        Suso si è stufato. E lunedì, con un blitz a Casa Milan, ha chiesto di essere ceduto. Sono lontani i tempi in cui lo spagnolo era intoccabile. Giampaolo lo aveva bloccato a Milanello durante l’estate e Pioli, all’inizio del suo mandato, lo ha fatto sempre giocare, sordo ai fischi di San Siro. Fischi che non hanno scoraggiato Suso sino a quando non è arrivato Ibrahimovic e il Diavolo ha scelto un abito diverso, il 4-4-2, con il promettente Leao a fianco dello svedese. Suso all’improvviso è precipitato nelle gerarchie: prima titolare, poi riserva, adesso dimenticato. Contro l’Udinese, quando è uscito Bonaventura, l’allenatore ha fatto entrare Rebic, che è risultato decisivo con una doppietta.

        L’alba di una nuova fase. E lo spagnolo si sente di troppo. Forse si è anche pentito di non aver ascoltato sino in fondo le sirene estive. Però intende approfittare degli ultimi dieci giorni di mercato anche se è curiosamente senza procuratore, visto che ha abbandonato Lucci ma non ha ancora definito con Raiola. Il colloquio con Boban e Maldini è durato trequarti d’ora e non sono mancati attimi di tensione. Suso vuole cambiare orizzonte. Il Diavolo non intende regalarlo, ma punta a una plusvalenza per aggiustare i suoi conti. Offerte concrete non ce ne sono. Incassare i soldi della clausola da 40 milioni, e valida solo per l’estero, è un’utopia. Al Milan basterebbe la metà. Siviglia, Valencia e Roma sono vigili. I giallorossi hanno bisogno con urgenza di un esterno d’attacco, che regali qualche certezza a Fonseca dopo l’infortunio di Zaniolo. E in questo senso sono riprese le difficili trattative con l’Inter per Matteo Politano. La Roma lo vuole in prestito con diritto di riscatto. L’Inter pretende l’obbligo, legato a 12 presenze. Se l’affare dovesse concretizzarsi dalla capitale potrebbero dare il via libera alla cessione di Under al Milan in cambio di Suso. Ai rossoneri piace anche Januzai, belga della Real Sociedad.

        Non è un momento felice per le cosiddette ali. Il malessere di Federico Bernardeschi nei confronti della Juventus è quasi pari a quello del collega milanista. Berna non è mai stato titolare inamovibile, però adesso è fuori dal progetto e da mezzala Sarri lo ha provato una sola volta contro l’Udinese in Coppa Italia. In Spagna si parla dell’interessamento del Barcellona (voce uscita già in estate) e della possibilità dello scambio con Rakitic. A Torino smentiscono. Ma Bernardeschi, nei sei mesi decisivi per l’Europeo, non può permettersi di rimanere a lungo in panchina. I prossimi giorni saranno decisivi, così come per Emre Can. L’unico sicuro di lasciare lo Stadium, per il momento, è Marko Pjaca, che torna a giocare in coppia con Simeone, non più a Firenze ma a Cagliari: la formula è prestito con diritto di riscatto e chissà che non sia la vera ripartenza per il croato. Mentre Cavani ha chiesto la cessione al Psg: lo aspetta l’Atletico Madrid. Piatek potrebbe sostituire l’ex napoletano in Francia.

        CorSera
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          Inter «così non basta»: dopo Young è arrivato Moses, Giroud in lista d’attesa

          La frenata in campionato spinge il club a rilanciare sul mercato: la squadra è stanca e l'allenatore chiede rinforzi per tenere il passo Juve: a breve il botto Eriksen

          Dieci giorni alla fine del mercato, dieci giorni per aggiustare e rifocillare un’Inter con il fiatone. Antonio Conte l’ha sempre detto, «le altre squadre in estate hanno aggiunto, noi sostituito togliendo pezzi importanti».

          L’emergenza, tante volte sottolineata dall’allenatore, si è palesata sotto forma di stanchezza e tradotta in una frenata, vistosa in classifica e pure nell’esplosività in campo. La Juventus ha allungato a +4, la Lazio è staccata di due punti ma vincendo il recupero sorpasserebbe, tutto perché l’Inter da un mese ha perso il suo volto belluino.


          Come un maratoneta partito fortissimo, i nerazzurri accusano una fisiologica crisi. Per superarla e ripartire serve l’aiuto del mercato. La base su cui Conte deve poter contare va ampliata con nuovi elementi, non appena numerici, ma di provata qualità. «Se non viaggiamo al massimo dei giri diventiamo una formazione normale. Giocando a velocità di crociera non abbiamo la qualità per portare a casa le vittorie», l’analisi cruda, ma sincera, dell’allenatore.

          L’ad Beppe Marotta gli ha per ora messo a disposizione Ashley Young e lunedì è sbarcato a Milano Victor Moses, in arrivo dal Chelsea via Fenerbahçe, dov’è rimasto nell’ultimo anno. Ha giocato poco in questa stagione, frenato da due infortuni. L’esterno destro farà oggi le visite, è in prestito fino a giugno e conosce bene Conte e i suoi metodi, assimilati quand’erano insieme al Chelsea. Sarà un’alternativa a Candreva, considerata l’imminente cessione di Lazaro al Newcastle.

          Conte però aspetta il botto: Christian Eriksen. Il 27enne danese è la soluzione mancante a centrocampo, per variare il gioco e cambiare partite intricate come quelle di Lecce. Sviluppi sono attesi verso metà settimana, va definita l’intesa sul conguaglio per il Tottenham: si tratta sulla base di 13 milioni più 2 di bonus. Eriksen potrebbe alternarsi, a seconda delle necessità, con Sensi o Brozovic.

          Rimane in sospeso la punta e Olivier Giroud resta l’indiziato. Il suo ingresso non è subordinato all’uscita di Politano, ma cedere l’esterno accelererebbe la pratica. La Roma è ancora interessata, nonostante sia saltato lo scambio con Spinazzola e, nonostante, le punture del ds giallorosso Petrachi alla dirigenza interista: «L’affare era fatto, c’è stato un cortocircuito tra Marotta e Ausilio», aveva detto adombrando dissapori tra i due. Ausilio ha replicato: «Petrachi parla di cortocircuito? Probabilmente perché l’ha vissuto spesso a Roma».

          Con quattro nuovi giocatori a disposizione, Conte potrebbe rilanciare la macchina interista a tutta velocità. Con i ricambi giusti si può dare l’assalto allo scudetto, quantomeno provarci, senza spremere sempre i soliti. Il calo dei nerazzurri è certificato dai numeri. Se le partite finissero dopo il primo tempo, l’Inter sarebbe in testa alla classifica con dieci punti di vantaggio sulla Juventus: 44 contro 34. La squadra di Conte affonda nella ripresa, quando il ritmo inevitabilmente cala, così tanto che l’Inter sarebbe quarta, a pari con Atalanta e Sassuolo, dietro la Juventus e a distanza siderale dalla Lazio, la squadra per eccellenza che capitalizza di più nei finali di gara. D’altra parte i nerazzurri sono la squadra che macina più chilometri di tutti in media (112,39 a partita), normale ci sia un calo fisico, anche perché Conte ha dovuto utilizzare gli stessi otto giocatori per almeno 20 delle 27 partite stagionali. Insomma la coperta era corta per davvero, ora lo hanno capito un po’ tutti. Non è tardi per correre ai ripari.



          CorSera
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            Inter, i dubbi di Conte: per lo scudetto serve di più

            La partita di Lecce, che ha spinto i nerazzurri a -4 dalla Juve, ha detto una cosa semplice: se vogliono continuare a correre per il tricolore Lukaku e compagni devono fare di più. E forse tentare strade diverse rispetto a quanto fatto finora

            Sotto di quattro punti rispetto alla Juve, con il rischio concreto di essere scavalcata anche dalla Lazio (che ha una partita in meno), e nel mezzo di una sessione di mercato esaltante per i tifosi, ma difficile da gestire in spogliatoio. Dopo il pareggio nello stadio di Via Del Mare, dove è cresciuto e che oggi lo fischia, Antonio Conte si risveglia con qualche dubbio e tante idee. La partita di Lecce ha detto una cosa semplice: se vuole continuare a correre per lo scudetto, l'Inter deve fare di più. E forse tentare strade diverse rispetto a quanto fatto finora.

            Questioni di modulo


            Oltre alle performance sottotono dei singoli (da Barella spento a Candreva pasticcione), l'impressione è che ormai la Serie A abbia preso le misure al gioco dell'Inter. Come già avevano fatto Roma, Fiorentina e Atalanta, anche il Lecce ha saputo trovare contromosse efficaci (e tutto sommato semplici) per imbrigliare il 3-5-2 di Conte. Schierando a specchio i suoi, Liverani ha creato una gabbia attorno a Lukaku e Lautaro, esaltando nell'uno contro uno a centrocampo la maggior qualità dell'ispiratissimo Petriccione rispetto agli appannati mediani nerazzurri. La macchina da gioco nerazzurra, che quando gira a piena velocità porta l'assedio all'area avversaria con sette o otto uomini, al ritmo rallentato della partita di Lecce si è dimostrata una costruzione fragile.


            Eriksen e le opzioni a centrocampo

            Quali saranno le contromosse di Conte per rendere la sua Inter più imprevedibile? A inizio campionato il suo principale maestro, Marcello Lippi, fece una previsione in tono di profezia: "Antonio strada facendo passerà alla difesa a quattro", disse a settembre. Per ora, salvo fugaci sprazzi di partita, l'allenatore dell'Inter è rimasto fedele al suo 3-5-2. Ed è improbabile che in un momento così delicato della corsa scudetto voglia tentare esperimenti radicali. Ma chissà mai che l'arrivo di Eiksen (sempre che arrivi, sia detto per scaramanzia) non lo tenti a provare altre soluzioni dietro alle due punte, che a Lecce hanno sofferto di solitudine.


            La tentazione del rombo

            Eriksen è uomo assist di classe mondiale. Magari un giorno - se Lippi avrà ragione nel profettizzare la difesa a quattro - Conte potrebbe tentare addirittura un rombo ancelottiano, con il danese dietro alle punte, Barella a fare il Gattuso della situazione (o il Conte, se si preferisce) e Brozovic / Sensi a disputarsi le posizioni di vertice basso ed esterno di sinistra. Per ora è fanta-tattica, ma mai dire mai. Conte nei suoi primi anni di Juve giocava con un 3-4-3 ultra offensivo, e passando al modulo attuale ha dimostrato di non essere un integralista. Chissà se, nella sua piena maturità come allenatore, vorrà tentare un'altra svolta.

            Verso la gara col Cagliari

            Intanto, in attesa di rinforzi, Conte spera di recuperare gli infortunati in vista della partita in casa con il Cagliari di domenica. In infermeria per ora ci sono Gagliardini, il solito Asamoah e D'Ambrosio. Da valutare le condizioni della caviglia destra di Brozovic, che a Lecce è uscito dal campo zoppicante. Le analisi mediche chiariranno se si tratti di una distorsione o di qualcosa di peggio. La gara al Meazza contro i sardi potrà essere anche l'occasione per testare in fascia, almeno per qualche minuto, il nuovo acquisto Ashley Young, appena arrivato dallo United. Conte potrebbe impiegarlo a sinistra, dove Biraghi non sempre dà sufficienti garanzie, o anche a destra, visto che Candreva, già diffidato, a Lecce si è fatto ammonire e non potrà quindi essere in campo contro la squadra di Maran.

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              Juve, il piano Sarri per agevolare Ronaldo nel «qui ci penso io»

              Il campione portoghese sempre più determinante: l'organizzazione di gioco di una squadra che può e deve ancora migliorare gira intorno a lui e a tutto il suo potenziale

              Quindi il sarrismo a tinte bianconere si riduce a dare la palla a Ronaldo aspettando che faccia un gol (e a sostituire Dybala, come aggiungerebbero i più maligni)? Non è così, però dopo 11 gol in 7 partite di fila di campionato segnati dal portoghese la domanda viene anche spontanea, anche perché la misurazione del tasso di «sarritudine» di ogni partita dà risultati mai uguali uno all’altro. Ci penso io: è la risposta sul campo del campione portoghese, caricato a pallettoni dopo il novembre nero, con il ginocchio dolorante e il pallone d’oro a Messi che lo hanno infastidito e anche molto. Sarri cosa pensa? Va dritto al punto, con grande sincerità: «Il pensiero è che hai dentro un fuoriclasse, che a volte ti crea una piccola problematica, ma te ne risolve cento. Quindi è chiaro che tutto il resto dell’organizzazione deve girare intorno a lui».

              L’allenatore lo aveva già detto ad agosto, nel pieno della tournée asiatica: «Devo pensare a sistemare gli altri dieci». Senza contare che appena firmato il contratto con la Signora, l’ex Comandante è volato a far visita al campione sul suo yacht, per presentare se stesso e le proprie idee: gerarchie e priorità sono state chiare fin da subito. In campo i risultati sono eccellenti e questo non fa che aumentare il rispetto reciproco, in attesa che scoppi la passione: ma quanto può crescere ancora la Juve dell’allenatore che predilige il collettivo e del campione che il collettivo se lo prende sulle spalle?


              La miglior partita della Juve sarriana resta quella di settimana scorsa contro l’Udinese, senza Ronaldo: squadra simmetrica, movimenti coordinati, «linee di passaggio sempre più pulite» come ha sottolineato l’allenatore avversario Luca Gotti, che di Sarri è stato fedele assistente al Chelsea. Però a quella partita bisogna fare la tara: perché era un ottavo di Coppa Italia, contro un avversario non al meglio, a livello di formazione e di motivazioni. E soprattutto perché pensare a una Juve senza Ronaldo non ha senso. La «piccola problematica» di cui parla Sarri forse è legata al fatto che Ronaldo «non ha una posizione precisa, come del resto Dybala». E quindi mantenere la squadra corta, compatta, armonica, non è sempre facile, soprattutto sul lato sinistro, dove Matuidi fatica ad andare oltre il ruolo, per quanto nobile, di guardaspalle di Cristiano.

              La novità che si intravvede, a volte solo nelle intenzioni come ha dimostrato il finale di sofferenza contro Roma e Parma, è che attorno al giardino di Ronaldo, Sarri ha seminato qualcosa di diverso: la necessità di tenere il baricentro alto, la voglia di avere il pallone tra i piedi per cercare la giocata giusta, il gusto stesso di rifare qualcosa provato in allenamento. Per ora la pianta è ancora fragile ma deve crescere in fretta, dato che tra un mese abbondante c’è la prima settimana clou che introduce alla primavera bianconera: Lione (26 febbraio), Inter (1 marzo) ed eventuale semifinale di ritorno di Coppa Italia (4 marzo), diranno se la semina è stata buona e se le radici sono profonde. E soprattutto se la pianta di Sarri farà ombra a Ronaldo. O — cosa più probabile — farà da gradevole sfondo alle sue imprese.




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                Napoli, Gattuso perde altri pezzi: anche Allan out per la Lazio

                Problema muscolare per il brasiliano, che si aggiunge alla lista degli indisponibili per la sfida di Coppa Italia contro i romani. Dopo tre mesi di assenza tornano in curva gli ultrà. Intanto è stato esonerato il tecnico della Primavera Baronio

                Emergenza totale. Il Napoli s'è infilato un tunnel sempre più oscuro, di cui non si intravede la via d'uscita. Il ritiro a singhiozzo è ricominciato a tavola: pranzo a Castel Volturno, per volontà di Rino Gattuso. Il nuovo allenatore ce la sta mettendo tutta per ricompattare il suo gruppo, ma per ora con pochi risultati. Al contrario. La squadra continua a perdere pezzi. Pure il brasiliano Allan salterà infatti la sfida dei quarti di finale di Coppa Italia contro la Lazio per un affaticamento muscolare e il suo nome è stato di conseguenza depennato dallo scarno elenco dei convocati, come quelli gli altri 5 lungodegenti che continuano ad affollare l'infermeria: Koulibaly, Maksimovic, Mertens, Ghoulam e Malcuit.

                L'unica novità in difesa sarà dunque il ritorno tra i titolari del portoghese Mario Rui, che ha scontato la squalifica in campionato con la Fiorentina. In porta è probabile la conferma di Ospina, in vantaggio nel ballottaggio tra i pali con Meret. A centrocampo è invece scontato l'esordio dal primo minuto per il tedesco Diego Demme, che avrà al suo fianco nel 4-3-3 il polacco Zielinski ed Elmas, favorito su Fabian e sull'altro nuovo acquisto, lo slovacco Lobotka. Staffetta infine anche in attacco tra Callejon e Lozano, con il messicano che darà manforte nel tridente azzurro a Insigne e Milik.


                La vera arma in più per gli azzurri potrebbero essere tuttavia la carica dei tifosi, con l'interruzione dello sciopero dei gruppi organizzati delle curve. Gli ultrà torneranno al San Paolo dopo quasi tre mesi di assenza, in polemica con la rigida applicazione del regolamento d'uso dello stadio (in particolare per i posti numerati) da parte della Questura. Nessun compromesso, però: per chi sgarra scatta il Daspo. In ogni caso non è previsto il pienone, gli spettatori annunciati sulle tribune sono meno di ventimila. Non ci sarà nemmeno De Laurentiis, influenzato. Il presidente sta seguendo la crisi da Roma ed è in contatto telefonico quotidiano con Gattuso. Ma la crisi del Napoli è a 360 gradi. È saltata pure la panchina della rappresentativa della Primavera, con l'ultimo posto in classifica pagato con l'esonero da Roberto Baronio. Non si vedono spiragli nella stagione più nera della storia recente degli azzurri.

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                  La settimana dei tabù

                  LEGGO (F. BALZANI) - Dieci anni esatti. Tanto è passato da una vittoria della Roma a Torino contro la Juventus. Era il 23 gennaio 2010, infatti, quando Riise al minuto 92 regalò ai giallorossi la vittoria che avviò la grande rimonta sull’Inter nell’anno del primo Ranieri. Una vita fa, e non in senso retorico. Domani, 22 gennaio 2020, Fonseca sarà chiamato a sfatare un tabù pesante per lo stomaco della tifoseria e dal quale passa un altro digiuno lungo una vita. Superare la Juve di Sarri ai quarti porterebbe la Roma a due passi dalla Coppa Italia, da quel trofeo che a Trigoria non si vede addirittura dal 2008 e che è stato solo sfiorato il 26 maggio 2013 dalla proprietà Usa. Inutile ricordare l’avversario, lo stesso che quattro giorni dopo attende la Roma nel derby in una settimana chiave per il destino di un’intera stagione.

                  Ma torniamo alla Juve. Allo Stadium i giallorossi non sono mai riusciti a raccogliere nemmeno un pareggio nelle ultime 9 stagioni. Il riepilogo delle puntate precedenti è un martirio: 10 sconfitte su 10 partite con 7 espulsioni a carico della Roma; 24 gol subiti e solo 3 realizzati. L’ultimo in terra bianconera manca addirittura dal 2014. Metterne a segno uno domani sera potrebbe significare il passaggio del turno. Ma non sarà facile visto che in attacco mancherà lo squalificato Dzeko che sarà sostituito da Kalinic, a digiuno da oltre un anno.

                  Fonseca avrà poca scelta per il resto della formazione. Torneranno Florenzi e Kolarov, usciranno probabilmente Under e Santon mentre Spinazzola sarà confermato come terzino. La settimana dei tabù prosegue, come anticipato, contro la Lazio domenica all’Olimpico. In questo caso, però, i numeri sono molto meno impietosi. La Roma non vince un derby di ritorno dal 2016 (1-4) ma l’ultimo successo in casa nella seconda parte della stagione risale addirittura al 2011 con doppietta di Totti sotto la pioggia. Sotto la gestione Pallotta il conto totale però è in parità: 7 vittorie, 7 sconfitte e 5 pareggi. Per concludere in bellezza, visto che è imminente il passaggio nelle mani di Friedkin avvistato ieri a Lugano e atteso dopodomani a Londra, bisogna frenare la corsa della Lazio in un Olimpico ancora non da tutto esaurito. Per l’occasione Fonseca avrà di nuovo Dzeko che non ha mai segnato in un derby capitolino su azione. L’unico e ultimo gol, infatti, è arrivato su rigore nel 2015.

                  LEGGO (F. BALZANI) - Dieci anni esatti. Tanto è passato da una vittoria della Roma a Torino contro la Juventus . Era il 23 gennaio 2010, infatti, quando Riise al minuto 92 regalò ai giallorossi la vittoria che avviò la grande rimonta sull’Inter nell’anno del primo Ranieri. Una vita fa, e non in s...
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                    L’Inter zittisce Petrachi

                    LEGGO (F. BALZANI) - Politano è a Roma, ma solo per questioni familiari da risolvere. Oggi l’esterno tornerà a Milano e spera presto di poter riprendere il treno per la capitale. Nel frattempo ha detto no alle offerte di Monaco e Siviglia. Politano vuole solo la Roma e ha dato incarico al suo procuratore Lippi di riavvicinare Marotta e Petrachi. L’ad interista è furioso dopo le parole del ds romanista, ma ancora di più lo è Ausilio: “Petrachi parla di cortocircuito tra me e Marotta perché è una situazione che ha vissuto spesso a Roma, soprattutto quando si parla di interviste. Per tranquillizzarlo dico che noi all’Inter siamo tutti allineati. Tra colleghi ci deve essere rispetto, educazione e professionalità. Parli della Roma, non dell’Inter”. Difficile rimettere in piedi l’affare. Alternative: Januzaj che piace pure ad alcuni club di Premier oltre a Dilrosun dell’Herta Berlino. Attesa nelle prossime ore, invece, l’ufficialità per il difensore Ibanez.

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                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                      L'ultimo saluto a Pietro Anastasi. Gentile: "Vergognoso il mancato minuto di raccoglimento"

                      Celebrati i funerali dell'ex attaccante di Juve e Inter e della Nazionale, scomparso a 71 anni per la Sla. Bettega: "È stato l'uomo simbolo degli anni '70". Oriali: "Impossibile non volergli bene, un onore giocare con lui e poterlo frequentare". Gentile: "Vergognoso che non gli sia stato tributato 1' di raccoglimento su tutti i campi". Il ricordo anche di Ezio Greggio

                      Tanti vecchi amici ma anche gente comune per l'ultimo saluto a Pietro Anastasi. Centinaia di persone si sono ritrovate nella basilica di San Vittore a Varese dove si sono celebrati i funerali dell'ex attaccante di Juve e Inter e della Nazionale italiana, scomparso venerdì sera a 71 anni dopo una lunga malattia. Molti i tifosi e gli appassionati in piazza già dalle 14, un'ora e mezza prima dell'inizio della funzione, con sciarpe e cappellini di Varese e Juventus. Una pioggia di applausi ha accolto l'entrata del feretro e alla cerimonia c'era anche una fetta importante del mondo del calcio. A partire dagli ex compagni di squadra alla Juventus come Roberto Bettega, Claudio Gentile e Fabio Capello, mentre a rappresentare la società bianconera, di cui Anastasi ha vestito la maglia dal 1968 al 1976, c'erano il vicepresidente Pavel Nedved e Paolo Garimberti, presidente del J-Museum. Con Anastasi ha condiviso l'esperienza in nerazzurro e in Nazionale pure Lele Oriali, presente insieme all'attuale ad dell'Inter, Beppe Marotta, di casa in quella Varese dove l'ex giocatore ha vissuto la parte finale della sua vita.

                      Gentile: "Vergogna mancato 1′ raccoglimento su tutti i campi"

                      "È vergognoso che ad Anastasi non sia stato tributato un minuto di raccoglimento su tutti i campi della Serie A. C'è grande amarezza". A dirlo è Claudio Gentile arrivando alla cerimonia funebre dell'ex compagno, scomparso dopo aver combattuto con la Sla. Solamente Juventus e Inter hanno infatti ricordato il campione d'Europa del 1968 con un minuto di raccoglimento prima delle rispettive partite di campionato.


                      Bettega: "Era uomo simbolo degli Anni '70"

                      "È stato il mio compagno di camera, riusciva a darmi tranquillità per affrontare una sfida dura. È stato l'uomo simbolo degli anni '70, era un mondo diverso, non paragonabile a quello di oggi. Era un grande uomo": Roberto Bettega ricorda così l'ex compagno di club e Nazionale. "Il mio gol di tacco? Il cross era di Anastasi, ricordo bene - prosegue -. Era una persona che ti incitava e ti instradava, è stato davvero importante nella mia vita, come uomo e come amico. Niente minuto di silenzio? Non sono domande da porre me, il mio minuto di silenzio è iniziato venerdì alle 11 quando sono stato informato della sua scomparsa".

                      Oriali: "Era impossibile non volergli bene"

                      "Era impossibile non volergli bene, era un simbolo di tutti ed un grande amico. Voglio ricordarlo con un sorriso". Sono le parole con cui Lele Oriali tratteggia la figura di Pietro Anastasi. "È stato un onore - aggiunge Oriali, all'arrivo al funerale - poter giocare con lui e poterlo frequentare. Aveva tanti valori umani, era un grande giocatore". L'ex mediano, dietro gli occhiali da sole, si abbandona alla commozione: "Nell'ultimo periodo non l'ho sentito spesso e me ne dispiaccio".

                      Marotta: "Ha creato la nobiltà di essere meridionale"

                      "Il valore della memoria di Pietro Anastasi è molto forte, da tifosi ci ha regalato emozioni in quell'unico Europeo vinto dall'Italia nel 1968. Anastasi ha creato la nobiltà dell'essere meridionale". Anche Beppe Marotta ricorda con grande trasporto Pietro Anastasi e cerca di spegnere le polemiche sul mancato minuto di raccoglimento sui campi della Serie A. "A Lecce lo abbiamo fatto - spiega l'ad dell'Inter, arrivando alla cerimonia funebre - come club, era un doveroso gesto di riconoscenza verso una figura di grandi valori. Per il resto mi pare sia stata una situazione contingente. La federazione lo ricorderà nei prossimi impegni delle Nazionali".

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                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

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                        Porello Ausilio, s'è risentito perchè Petrachi gli ha detto che non s'è capito con Marotta, ovverosia che è una sorta di bimbominkia che ha bisogno della mamma per fare un pur minimo passo...e perchè, non è forse vero?

                        Ausilio invece di perdere tempo a fare come gli infanti che si rimandano le canzonature, pensi a stare zitto e a lavorare, che in 6 anni a Milano non ha vinto una fava e gli hanno dovuto dare due maestre di sostegno (prima Sabatini ed ora Marotta) che lo tengono al guinzaglio perchè sennò da solo fa danni...e non lo mandano senza accompagnamento nemmeno a comprare una caramella, perchè rischia di tornare con uno scontrino da 30 milioni con obbligo di riscatto.
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                                CorSera
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