Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    • Paradiso Scampia
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    Il Sassuolo gioca bene peccato si sia mangiato 2 gol facili.
    Male male o Napule.
    Originariamente Scritto da BLOOD black
    per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....

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      • Paradiso Scampia
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      Ahahaha ho parlato 1 a 1
      Originariamente Scritto da BLOOD black
      per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....

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        Minkia che cul0 il Napoli.
        Originariamente Scritto da BLOOD black
        per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....

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        • AK_47
          Bodyweb Advanced
          • Oct 2015
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          Sei un gufo di merda, mannaggia a te ho perso la schedina

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          • topscorer
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            • Oct 2012
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            • Paradiso Scampia
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            Ma che cazzuola si sono mangiati 2 gol facili sulla 1 a 0 poi hanno preso gol a 5 secondi dalla fine, zio caro che polli.
            Originariamente Scritto da BLOOD black
            per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....

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            • robybaggio10
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              • Dec 2011
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              • Franciacorta
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              Ottimo Kessie che mette un like ad un post di Gomez che festeggia il 5-0 sul Milan. Quelli del colore sbagliato hanno un QI superiore. Si sa!
              I SUOI goals:
              -Serie A: 189
              -Serie B: 6
              -Super League: 5
              -Coppa Italia: 13
              -Chinese FA Cup: 1
              -Coppa UEFA: 5
              -Champions League: 13
              -Nazionale Under 21: 19
              -Nazionale: 19
              TOTALE: 270

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              • marcu9
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                • May 2009
                • 42091
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                • Sicilia
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                Ho visto رونالدو sottotono. Non mi è piaciuto per niente دي سكجليوche ha sbagliato molto dietro. هيجوين ha corso tanto ma non era aiutato dalla squadra. Da بن ناصر mi sarei aspettato di più. Anche ماتويدي ha deluso, Sarri poteva cambiarlo per دي يجت ma ha preferito يمكن امري
                Lazio meglio messa in campo. Ha meritato la supercoppa!

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                Originariamente Scritto da Sean
                Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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                • Luke91
                  Bodyweb Senior
                  • Apr 2014
                  • 24879
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                  Originariamente Scritto da huntermaster
                  tu ti sacrifichi tutta la vita mangiando mer da in bianco e bevendl acqua per.farti le seghe nella tua kasa di prigio.
                  Originariamente Scritto da luna80
                  Ma come? Non avevi mica posto sicuro al McDonald's come salatore di patatine?

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                  • AK_47
                    Bodyweb Advanced
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                    Originariamente Scritto da Luke91 Visualizza Messaggio
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                    Siete risbucati anche su Facebook.

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                    • Sean
                      Csar
                      • Sep 2007
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                      • In piedi tra le rovine
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                      L’Atalanta di Gasperini umilia il Milan di Pioli, sommergendolo con una “manita” di gol di Gomez, Ilicic & C : clamorosa la differenza di forma, di gioco e di carattere. L’Atalanta è la stessa della straordinaria qualificazione in Champions League, mentre il Milan, da Donnarumma a Suso, è sempre dentro ai suoi incubi. Da Giampaolo a Pioli non è cambiato praticamente nulla. Maldini e Boban impotenti chiedono tempo: “In sei mesi non si rifà il Milan di Berlusconi”. E a questo punto – posto che accetti… – non basterebbe nemmeno Ibrahimovic a ritirare su un Milan così disastrato

                      Atalanta-Milan 5-0
                      La situazione è chiarissima: l’ Atalanta è la stessa che ha conquistato una storica qualificazione in Champions League (domenica scorsa s’era presa una pausa contro il Bologna), il Milan è lo stesso dall’inizio della stagione, una squadra bislacca, che ad alto livello non sta in piedi, in cui cambiare l’allenatore è servito a poco o nulla. Il Milan di Pioli va come quello di Giampaolo quanto a risultati (media punti praticamente identica), ma il tracollo di Bergamocinque gol di Gomez, Ilicic (2), Pasalic, Muriel – è addirittura umiliante, per un club che cercava ben di più del magrissimo centroclassifica in cui è costretto adesso.

                      L’ Atalanta è una squadra entusiasmante, dal gioco martellante, che va in gol in maniera veloce e spettacolare con i suoi attaccanti. Ha nettamente il miglior attacco della serie A: 43 gol distribuiti un po’ fra tutti. Sono molti in più dei tanto osannati attacchi dell’ Inter di Lukaku & Lautaro (36) e della Juve di Ronaldo, Dybala e Higuain (31). Muriel ha gli stessi gol di Ronaldo (10), e non parte nemmeno titolare. Gasperini ha fatto un lavoro straordinario e chiude con questa clamorosa vittoria un 2019 eccezionale.

                      Il Milan non è mai stato in campo, è andato subito in bambola. Non è stato capace nemmeno di limitare la sconfitta, si è fatto travolgere. Al di là di tutte le considerazioni tecniche possibili è chiaro come la mancanza di personalità e soprattutto della leadership riconosciuta di qualcuno abbia fortemente menomata la squadra. Rino Gattuso lo scorso anno più o meno suppliva a questa lacuna caratteriale e teneva insieme una squadra tecnicamente povera e timida al tempo stesso. Né Giampaolo, né Pioli hanno saputo ricostruire quel clima, hanno cercato una soluzione tecnico-tattica lì dove il problema era primo di tutto un altro.

                      Il Milan si avvia a un Natale di processi interni, in cui i primi sotto accusa sono i dirigenti (Gazidis, Maldini, Boban) che questa squadra hanno costruito. Boban ormai allarga semplicemente le braccia: “In un anno o in sei mesi non si rifà il Milan di Berlusconi”. Cercheranno di colmare la voragine di coraggio e di carattere con l’ingaggio di Ibrahimovic. Ma a questo punto, anche pagandolo tutti i soldi che vorrebbe, chissà se accetterà. E poi, comunque, mi sa che qui non basta nemmeno Ibra.

                      SERIE A, GIORNATA N. 17 Atalanta-Milan 5-0 La situazione è chiarissima: l' Atalanta è la stessa che ha conquistato una storica qualificazione in Champions League (domenica scorsa s'era presa una pausa contro il Bologna), il Milan è lo stesso dall'inizio della stagione, una squadra bislacca, che ad alto livello non sta in piedi, in cui cambiare l'allenatore è servito a poco o nulla. Il Milan di Pioli va come quello di Giampaolo quanto a risultati (media punti praticamente identica), ma il tracollo di Bergamo - cinque gol di Gomez, Ilicic (2), Pasalic, Muriel - è addirittura umiliante, per un club che cercava ben di più del magrissimo centroclassifica in cui è costretto adesso. #Pioli e il tracollo del #Milan: "#Ibrahimovic alzerebbe la competitività del Milan. Siamo una squadra giovane, aumenterebbe voglia e intensità degli allenamenti. Primo responsabile di questa situazione sono io. E anche i giocatori" #AtalantaMilan 5-0 pic.twitter.com/mdKvvCxvxD — Fabrizio Bocca (@fabriziobocca1)
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
                        • Sep 2007
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                        • In piedi tra le rovine
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                        Il Napoli batte il Sassuolo con un autogol all’ultimo istante, e torna a vincere in campionato dopo oltre due mesi e la crisi che ha portato all’esonero di Ancelotti. La squadra adesso riflette il carattere e la grinta di Gattuso. “Starò pure loro sulle palle, ma io parlo all’anima dei giocatori: questo lavoro lo so fare solo così”

                        Sassuolo-Napoli 1-2
                        Il Napoli non vinceva una partita di campionato dal 19 ottobre (2-0 al Verona). Da allora, parallelamente alla qualificazione in Champions League, una discesa progressiva fino all’esonero di Ancelotti. L’esordio di Rino Gattuso – definito da De Laurentiis “Ringhio Starr” – non era andato bene, il Parma vittorioso al San Paolo, la classifica sempre più depressa, il proposito di rientrare subito nella lotta per la Champions League vanificato fin dalla prima partita.

                        La seconda partita, quella col Sassuolo, è stata profondamente diversa. Il Napoli ha mostrato gli stessi difetti, le stesse distrazioni, ha rischiato molto, ma poi è venuto fuori il carattere di Gattuso, che ha spinto la squadra fino all’ultimo secondo di partita. Era quello che De Laurentiis stava cercando, Insigne, Mertens e Callejon – pur sbagliando moltissime, troppe occasioni – hanno mostrato cuore e coraggio. Non possiamo capire che Napoli sarà nel futuro, se riuscirà a mantenre lo spirito di Gattuso. Abbamo capito solo quale strada ha imboccato.

                        Serie A, giornata n. 17 Sassuolo-Napoli 1-2 Il Napoli non vinceva una partita di campionato dal 19 ottobre (2-0 al Verona). Da allora, parallelamente alla qualificazione in Champions League, una discesa progressiva fino all'esonero di Ancelotti. L'esordio di Rino Gattuso – definito da De Laurentiis "Ringhio Starr" - non era andato bene, il Parma vittorioso al San Paolo, la classifica sempre più depressa, il proposito di rientrare subito nella lotta per la Champions League vanificato fin dalla prima partita. #Gattuso : "Io i giocatori li tocco perché voglio farmi sentire e parlare alla loro anima. Questo lavoro lo so fare così. Quando stai 24 ore addosso ai giocatori puoi stargli pure sulle palle, ma io faccio così" #SassuoloNapoli 1-2 pic.twitter.com/3aiHOZA9HG — Fabrizio Bocca (@fabriziobocca1) December 22, 2019 La seconda partita, quella col Sassuolo, è stata profondamente diversa. Il Napoli ha mostrato gli stessi difetti, le stesse distrazioni, ha rischiato molto, ma poi è venuto
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                        • Sean
                          Csar
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                          Milan, Boban: «Mercato? Faremo il meglio che ci permetteranno. La società vuole i giovani...»

                          La frase non è piaciuta al fondo che ricorda i tanti soldi spesi. Pioli se la prende con i giocatori: «Sconfitta figlia di una cattiva settimana. Abbiamo sbagliato l’approccio»

                          Umiliato da quella stessa squadra che nei programmi dell’ad Gazidis viene portata ad esempio perché riesce a sostenersi valorizzando i giovani, il Milan ha sancito il fallimento del suo progetto tecnico. «Abbiamo commesso errori sotto ogni profilo: tattico, tecnico e atletico. Del resto abbiamo affrontato l’avversario peggiore che ci potesse capitare. L’Atalanta si è dimostrata troppo superiore nei nostri confronti» mastica amaro Stefano Pioli. Mentre tre anni fa il Diavolo sollevava il suo ultimo trofeo a Doha, la Supercoppa Italiana ai danni della Juventus con il rigore decisivo di Pasalic (ieri fantastico protagonista del successo bergamasco), il presente è contrassegnato da una lotta intestina senza precedenti. I dirigenti dell’area tecnica contro le politiche del fondo Elliott, seccato per le dichiarazioni scarica-barile dei manager, Pioli caustico con i giocatori. È l’ora della resa dei conti: peccato che il girone d’andata non si sia ancora concluso e la stagione sembra avviata a una deprimente mediocrità. Ma andiamo con ordine.

                          Dopo aver assistito alla peggior recita rossonera del campionato Zvone Boban, che ha il merito di metterci sempre la faccia, confessa il proprio disagio per la storica disfatta. «È giusto essere tristi e sconcertati. E anche preoccupati dal momento che la gara è stata dominata dall’Atalanta. Non ce lo aspettavamo perché la squadra sembrava in crescita. È uno stop disastroso, ma dovremo avere la forza di reagire». Il manager croato non mette in discussione l’operato di Pioli, anche per i progressi dell’ultimo mese e mezzo, ma non si può esimere dal provare vergogna. «Non ci sono dubbi, ognuno di noi sente un dolore profondo, soprattutto alla luce della non prestazione che abbiamo visto. Non cerchiamo patetiche difese di questa patetica sconfitta». Il popolo rossonero è attonito dopo la terza stagione consecutiva dominata da mercati con cifre stellari. «Noi siamo i primi tifosi del Milan. Per me è patetico scusarsi dopo un rovescio del genere, offende quasi di più gli appassionati. È un disastro, ci dispiace tanto».


                          D’accordo, ma intanto con il mercato alle porte ci sarebbe la possibilità di cambiare in parte il volto della squadra. «Cercheremo di fare del nostro meglio rispetto a quello che potremo e che ci permetteranno di fare per migliorare la squadra» sibila Zvone, prima dell’affondo decisivo. «La difficoltà è quando non vedi certe cose che avrebbero dovuto essere chiare nelle letture: la squadra è molto giovane, ma questa è la politica della società. Perdere fa sempre male, vorremmo essere subito competitivi, ma ci vuole un po’ di tempo. Deve essere chiaro a tutti che in un anno o in sei mesi non si può rifare il Milan di Berlusconi» conclude Zvone che avrebbe voluto procedere nell’estate scorsa a uno smantellamento della rosa, avendo ereditato dalla gestione cinese giocatori considerati non idonei. Le dichiarazioni ovviamente non sono piaciute a Londra, presso la sede del fondo, dove ricordano le cifre spese fin qui. In questo contesto burrascoso, anche per valutare eventuali piani B, Boban pretende da Ibrahimovic una risposta positiva o negativa entro Natale. Ci vorrà qualche giorno in più per definire la questione Todibo, nonostante il Barcellona abbia dato semaforo verde all’operazione.

                          Pioli punta l’indice contro i giocatori. «Questa sconfitta è figlia di una cattiva settimana. Abbiamo sbagliato completamente l’approccio, ma io ho scelto i giocatori e quindi la colpa è mia. Sarebbe facile chiedere scusa, ma non siamo questi».



                          CorSera
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                          • Sean
                            Csar
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                            Milan, dopo la batosta con l’Atalanta è tutti contro tutti: Maldini è più debole, la frase di Boban irrita Elliott

                            «Sul mercato faremo del nostro meglio rispetto a quello che ci permetteranno di fare». Ma la proprietà ricorda che nel 2019 sono stati spesi (male) 160 milioni

                            Più che nell’umiliazione dei cinque gol a zero, roba che al Milan non capitava da oltre vent’anni, più che nelle facce scioccate dei dirigenti in tribuna, più che nella disgraziatissima classifica che è lì da vedere, il senso più autentico e profondo di questo Atalanta-Milan 5-0 che per entrambe è già un pezzo di storia sta tutto nelle lacrime finali di Gigio Donnarumma. Un pianto vero, bambino, irrefrenabile. Il suo preparatore Gigi Turci che prova a consolarlo, abbracciandolo come un padre. Qualche metro più in là, Gomez e Ilicic saltano e ballano insieme ad altri 20mila bergamaschi impazziti di gioia. Scena madre, questa, di un pomeriggio rossonero cupo e disgraziato come nella storia centoventennale del club ce ne sono pochi. Perché un conto è perdere, un altro è perdere così. L’Atalanta è l’Atalanta, già. Questa Atalanta. Ma il Milan è il Milan. O almeno dovrebbe esserlo. E il Milan non può perdere così, farsi umiliare.

                            Impossibile non farsi una domanda, dopo quei cinque gol, dopo quelle lacrime: come può il Milan, questo Milan, pensare realmente di trattenere ancora a lungo un talento come Donnarumma, il cui contratto scade fra un anno e mezzo? O come Paquetá, finito nel mirino del Psg dell’ex d.t. rossonero Leonardo, che fa il suo mestiere e ora cerca di portarselo a Parigi? O come il formidabile Theo Hernandez, la cui assenza per squalifica ieri si è fatta drammaticamente sentire? Più il Milan perde, più perde valore, più perde appeal. Più quindi rischia di perdere talenti, altro che trovarli. Tutto è legato: campo, conti, squadra, allenatore, dirigenza, proprietà. Tutti colpevoli di questo sprofondo rossonero, nessuno escluso, ognuno per la propria quota parte.


                            Pioli non rischia, questa è una certezza, resta al suo posto. I miglioramenti, fatta eccezione per l’horror show di ieri, ci sono stati. In più è ormai chiaro a tutti che il problema non è l’allenatore. La disfatta di Bergamo ha incendiato però l’aria ai piani alti, che era in realtà già incandescente. Cenere che covava sotto la polvere. Gasperini non ha fatto altro che accendere la scintilla. E il Milan ora è una spaventosa polveriera.

                            Tutti contro tutti, a rimpallarsi le responsabilità. Quel «sul mercato cercheremo di fare del nostro meglio rispetto a quello che ci permetteranno di fare» pronunciato da Boban ha mandato Elliott su tutte le furie. Il nodo dello scontro sta lì. Con la proprietà a ribattere che i 160 milioni investiti solo nel 2019 non sono pochi, ma sono stati spesi male. Tutta la dirigenza è sotto accusa, nel mirino di Elliott c’è però soprattutto il d.t. Maldini, al quale viene imputata la responsabilità d’aver costruito una squadra che ha il quarto monte ingaggi della A ma che a fine dicembre è miseramente undicesima. Tanto che diverse anime della proprietà sono sempre più convinte che farebbe bene a dimettersi. La posizione dell’antico capitano dei tempi gloriosi è sempre più debole, sempre più fragile. Come sempre più debole e fragile è questo povero Diavolo, che una volta faceva gioire o arrabbiare, ora solo piangere.



                            CorSera
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                            • Sean
                              Csar
                              • Sep 2007
                              • 119990
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                              • In piedi tra le rovine
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                              La Lazio batte nettamente la Juve con i gol di Luis Alberto, Lulic e Cataldi (3-1) e conquista ancora la Supercoppa italiana. Era già successo in campionato, Inzaghi sa mettere alla corda i bianconeri, ne evidenzia i difetti, riesce a far andare in tilt la squadra più titolata del calcio italiano. Sarri ha un problema nella costruzione della difesa e il trio Dybala, Ronaldo, Higuain talvolta è un po’ traditore. Insomma a questa Juve si può fare concorrenza: questo il messaggio che arriva dalla vittoria della Lazio. E a questo punto, per i biancocelesti, non è nemmeno folle parlare di scudetto…


                              Juventus-Lazio 1-3
                              La conquista della Supercoppa Italiana con un risultato secco e che non ammette discussioni (3-1, gol di Luis Alberto, temporaneo pareggio di Dybala, Lulic e Cataldi) non è un caso. Inzaghi era già riuscito a vincere l’edizione 2017 dello stesso trofeo, l’ultima Coppa Italia, e adesso anche questa finale a partita secca. Il trofeo vinto è anche e soprattutto una sottrazione alla squadra più forte – la Juve – che già in campionato due settimane fa aveva perso contro la Lazio nella stessa identica maniera. Non essendo la Juve molto avvezza alle sconfitte in Italia – si fa per dire, visto che si è giocato a Riad… – il fatto fa abbastanza scalpore.

                              Il risultato, comunque clamoroso anche se non nuovo, rappresenta una svolta, un cambio nei rapporti di forza del calcio italiano. La Lazio, anzitutto, è una squadra molto più forte e importante del comune apprezzamento generale. Alcuni suoi giocatori – Acerbis, Milinkovic, Luis Alberto, Immobile – sono sicuramente di alto livello. Simone Inzaghi ha ormai dato conferma più volte delle sue grandi qualità. E’ un ottimo gestore del gruppo, produce un gioco aggressivo molto incisivo e al livello di quello delle grandi squadre (alcune delle quali tiene alle sue spalle), ha la pazienza di Giobbe per sopportare tutte le critiche e le isterie dell’ambiente romano, è un educatissimo e severo testardo che va avanti per la sua strada. La società, nelle persone di Lotito e Tare, ha costruito una squadra fuori dagli schemi, spendendo complessivamente abbastanza poco, ma lavorando meglio di molti altri, che hanno speso di più e ottenuto un rendimento peggiore. Alcuni giocatori oggi sono dei veri e propri gioielli.

                              E’ chiaro invece che nella Juve qualcosa stia succedendo, e che il rischio di una certa inquietudine possa turbare la stagione. Proprio nel momento in cui Sarri si converte al tridente Ronaldo-Dybala-Higuain – che non ha la continuità che uno si aspetterebbe e che qualche volta è un po’ traditore… – , la squadra flette, l’attacco fa molti meno gol di quanti potrebbe segnare, in difesa la squadra soffre. Succede con De Sciglio e Demiral, mentre non c’è convinzione piena di De Ligt. Mentre tutti siamo concentrati a parlare dell’ attacco della Juve, i suoi guai sono in difesa. Molto banalmente perché prima c’era il reparto migliore del mondo o quasi (Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini) e adesso forse Sarri non è il massimo degli specialisti per ricostruire e organizzare un settore del genere. Ma passando da Allegri a Sarri credo lo si sapesse e lo si fosse anche messo in preventivo. Il problema della Juve oggi è che raramente riesce a imporre il suo gioco in maniera prepotente, da padrona, non riesce a coordinare l’altissima qualità dei suoi campioni con un gioco che ora non ha né continuità, né forza, né coraggio. Ci sono allenatori che cercano il gol e il gioco in maniera lineare, diretta, verticale (Allegri, Conte, Gasperini) e altri in maniera molto più manovrata e geometrica (Sarri di chiara ispirazione guardiolana). Ma oggi Sarri è rimasto nel mezzo, cercando un compromesso che ancora non ha trovato.

                              Perdere la Supercoppa italiana non è tutto sommato un gran danno, anzi forse è un buon sistema per ragionarci sopra, darsi una svegliata e lavorare su buchi e difetti della Juve. Nel frattempo tanto di cappello alla Lazio, che ci ha indicato un possibile mondo nuovo davanti.

                              SUPERCOPPA ITALIANA Juventus-Lazio 1-3 La conquista della Supercoppa Italiana con un risultato secco e che non ammette discussioni (3-1, gol di Luis Alberto, temporaneo pareggio di Dybala, Lulic e Cataldi) non è un caso. Inzaghi era già riuscito a vincere l'edizione 2017 dello stesso trofeo, l'ultima Coppa Italia, e adesso anche questa finale a partita secca. Il trofeo vinto è anche e soprattutto una sottrazione alla squadra più forte - la Juve - che già in campionato due settimane fa aveva perso contro la Lazio nella stessa identica maniera. Non essendo la Juve molto avvezza alle sconfitte in Italia - si fa per dire, visto che si è giocato a Riad... - il fatto fa abbastanza scalpore. Il risultato, comunque clamoroso anche se non nuovo, rappresenta una svolta, un cambio nei rapporti di forza del calcio italiano. La Lazio, anzitutto, è una squadra molto più forte e importante del comune apprezzamento generale. Alcuni suoi giocatori – Acerbis, Milinkovic, Luis Alberto, Immobile – sono
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
                              popoli studiosi scriveranno
                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                La Lazio vince la Supercoppa, Inzaghi pensa allo scudetto. E alla Juve viene un dubbio...

                                Simone, amico di Paratici, era un’idea dei bianconeri per il dopo Allegri. Ora li ha battuti due volte di fila. «Il titolo? Continuando così i sogni diventano realtà»


                                Finisce con il volo sicuramente più inaspettato, almeno dal pubblico arabo che intona «Cristiano, Cristiano» a più riprese: non è quello di Ronaldo, ma quello dell’aquila laziale, con tanto di inno ufficiale sparato a palla nel piccolo King Saud University Stadium. Ed effettivamente quella di Simone Inzaghi è una squadra rapace, che dopo otto successi di fila in campionato va a prendersi la Supercoppa così come si era presa i tre punti con la Juve a Roma due settimane fa.

                                Stesso risultato, ma emozioni molto diverse. Perché questo trofeo, già sottratto a Madama nell’agosto 2017, per la Lazio è un’altra cosa, anche rispetto all’ultima Coppa Italia vinta contro l’Atalanta. Questo è il biglietto d’ingresso ufficiale per la lotta scudetto. «Continuando così i sogni si trasformano in realtà» dice il presidente Lotito. E anche Simone Inzaghi (tre trofei da allenatore e sette da giocatore in carriera) adesso ha voglia di pensare in grande: «Al di là del sogno tricolore dobbiamo lavorare per goderci serate come queste: ce ne sono state diverse in tre anni e mezzo ed è il frutto di questi ragazzi, che continuano a crederci. Abbiamo fatto qualcosa di magico, in due settimane battere due volte la Juve è incredibile. Stasera è una vittoria meritata di un gruppo forte che ha sempre creduto in quello che facevamo, si meritano tutto questo. Una dedica? Penso a tutte le persone che sono sempre state con me, mia moglie i miei figli. In questi anni non ho mai avuto particolari problemi, ma in determinati momenti in cui le cose non andavano so chi c’è stato e chi non c’è stato».

                                Di sicuro c’è stata la Juve, che ha cominciato a tenere d’occhio Inzaghi già nel 2017, quando da tecnico emergente ne aveva scalfito il dominio con due vittorie, una anche allo Stadium con doppietta di Immobile. E la Signora aveva pensato a Inzaghi junior anche per il dopo Allegri. Le presentazioni non servono, perché Simoncino è cresciuto nel Piacentino dietro al fratello Filippo, coetaneo, amico e compagno di calcio di Fabio Paratici, direttore dell’area sportiva juventina. Ma anche gli omaggi non sono graditi, vatti a fidare degli amici: «Ero fiducioso anche alla vigilia — spiega l’allenatore della Lazio —. La Juve l’ho vista meglio all’Olimpico, ma ha perso una grande squadra. Non so se ci sono crepe nel suo dominio, punti deboli ne hanno davvero pochi. Il nostro segreto è stata la lucidità delle scelte, al momento giusto e con gli uomini giusti: Luis Alberto stava giocando benissimo ma l’ho tolto perché temevo per lui un’altra ammonizione. Se guardo la rosa bianconera e i giocatori che sono entrati dalla panchina, sono ancora più orgoglioso dell’impresa che abbiamo fatto: questo gruppo da tre anni e mezzo mi fa emozionare». Idee chiare, squadra collaudata, qualità in crescita esponenziale. Il dubbio dopo le uniche due sconfitte juventine della stagione è prematuro, ma lecito: e se fosse stato Inzaghi l’uomo giusto su cui puntare?



                                CorSera
                                ...ma di noi
                                sopra una sola teca di cristallo
                                popoli studiosi scriveranno
                                forse, tra mille inverni
                                «nessun vincolo univa questi morti
                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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