Identificati per i cori a Maignan: c’è un uomo di colore
Sono cinque i tifosi individuati grazie alle telecamere che si sono resi protagonisti degli insulti razzisti al portiere del Milan Mike Maignan. L’Udinese li bandisce a vita dallo stadio, ma ricorre contro la chiusura dello stadio per una giornata
E sono cinque. Il primo era stato individuato già lunedì, a meno di 48 ore dai vergognosi insulti razzisti contro Mike Maignan in Udinese-Milan, incastrato da un video postato sui social, mentre ieri è toccato ad altri quattro. Il retroscena è che uno di loro è di colore. Poi c’è una donna. Tre sono della provincia di Udine, uno della città. Fra i vari insulti, urlavano «scimmia». Hanno un’età compresa fra i 32 e i 46 anni: tutti quindi adulti e vaccinati, non ragazzini, tantomeno bambini. Si dovranno quindi assumere in pieno le proprie responsabilità per una vicenda che ha fatto il giro del mondo: come per il primo tifoso, il questore D’Agostino ha emesso nei loro confronti un Daspo di cinque anni, cioè la misura massima prevista trattandosi di soggetti non recidivi. Ma non se la caveranno così: l’Udinese ha annunciato che li bandirà a vita dallo stadio. Decisive anche in questo caso sono risultate le riprese di videosorveglianza interna messe a disposizione dalla società.
«Come accaduto fin dal primo momento, il club ha proseguito e prosegue il proprio lavoro al fianco della Questura confermando assoluta fermezza a riprova dell’impegno concreto contro ogni discriminazione» ha scritto in un comunicato la società, che però è stata comunque punita con una partita a porte chiuse, quella di sabato 3 febbraio col Monza. La sentenza del Giudice sportivo, motivata col fatto che «non sono state riportate chiare manifestazioni di dissociazione da parte dei restanti sostenitori», ha scatenato enormi polemiche. A Udine e non solo. Infatti la società ieri ha presentato ricorso «per salvaguardare la reputazione del nostro club, storicamente multietnico».
Le indagini proseguono, ma gli investigatori sono convinti di aver individuato quasi tutti gli autori delle offese razziste che sabato hanno portato Maignan a lasciare il campo per cinque lunghissimi minuti. In questi giorni, dopo il post-denuncia di domenica, il portiere francese è rimasto in silenzio. Anche per cercare di recuperare la serenità. La rabbia ora è passata, mentre intatta è la sua convinzione di aver fatto la cosa giusta al momento giusto. Fondamentale è stata la vicinanza dei compagni, dell’allenatore Stefano Pioli, ma anche di Zlatan Ibrahimovic e dei dirigenti. Non era facile, ma hanno saputo trovare le parole giuste.
Chi vive Milanello giorno per giorno, racconta che Mike ha apprezzato la netta presa di posizione del calcio e della politica, ma anche la pronta reazione delle forze dell’ordine. «Se non farete nulla, sarete complici anche voi» aveva scritto sui social il portiere, chiamando in causa direttamente le istituzioni. La risposta, stavolta, c’è stata.
CorSera
Sono cinque i tifosi individuati grazie alle telecamere che si sono resi protagonisti degli insulti razzisti al portiere del Milan Mike Maignan. L’Udinese li bandisce a vita dallo stadio, ma ricorre contro la chiusura dello stadio per una giornata
E sono cinque. Il primo era stato individuato già lunedì, a meno di 48 ore dai vergognosi insulti razzisti contro Mike Maignan in Udinese-Milan, incastrato da un video postato sui social, mentre ieri è toccato ad altri quattro. Il retroscena è che uno di loro è di colore. Poi c’è una donna. Tre sono della provincia di Udine, uno della città. Fra i vari insulti, urlavano «scimmia». Hanno un’età compresa fra i 32 e i 46 anni: tutti quindi adulti e vaccinati, non ragazzini, tantomeno bambini. Si dovranno quindi assumere in pieno le proprie responsabilità per una vicenda che ha fatto il giro del mondo: come per il primo tifoso, il questore D’Agostino ha emesso nei loro confronti un Daspo di cinque anni, cioè la misura massima prevista trattandosi di soggetti non recidivi. Ma non se la caveranno così: l’Udinese ha annunciato che li bandirà a vita dallo stadio. Decisive anche in questo caso sono risultate le riprese di videosorveglianza interna messe a disposizione dalla società.
«Come accaduto fin dal primo momento, il club ha proseguito e prosegue il proprio lavoro al fianco della Questura confermando assoluta fermezza a riprova dell’impegno concreto contro ogni discriminazione» ha scritto in un comunicato la società, che però è stata comunque punita con una partita a porte chiuse, quella di sabato 3 febbraio col Monza. La sentenza del Giudice sportivo, motivata col fatto che «non sono state riportate chiare manifestazioni di dissociazione da parte dei restanti sostenitori», ha scatenato enormi polemiche. A Udine e non solo. Infatti la società ieri ha presentato ricorso «per salvaguardare la reputazione del nostro club, storicamente multietnico».
Le indagini proseguono, ma gli investigatori sono convinti di aver individuato quasi tutti gli autori delle offese razziste che sabato hanno portato Maignan a lasciare il campo per cinque lunghissimi minuti. In questi giorni, dopo il post-denuncia di domenica, il portiere francese è rimasto in silenzio. Anche per cercare di recuperare la serenità. La rabbia ora è passata, mentre intatta è la sua convinzione di aver fatto la cosa giusta al momento giusto. Fondamentale è stata la vicinanza dei compagni, dell’allenatore Stefano Pioli, ma anche di Zlatan Ibrahimovic e dei dirigenti. Non era facile, ma hanno saputo trovare le parole giuste.
Chi vive Milanello giorno per giorno, racconta che Mike ha apprezzato la netta presa di posizione del calcio e della politica, ma anche la pronta reazione delle forze dell’ordine. «Se non farete nulla, sarete complici anche voi» aveva scritto sui social il portiere, chiamando in causa direttamente le istituzioni. La risposta, stavolta, c’è stata.
CorSera
Commenta