Superlega: chi aderisce, i primi dubbi nel fronte del no
Alcuni club festeggiano in silenzio la sentenza della Corte di giustizia europea, qualcuno pronto a cambiare idea, tutti aspettano di capire cosa succederà. La Superlega: «Solo club europei, no agli arabi»
Sono ore di studio, di colloqui telefonici fittissimi, di pareri legali, di valutazioni politiche, di principi e calcoli economici. Si parlano i dirigenti all’interno delle squadre (e in alcuni casi discutono), si parlano i presidenti tra loro e naturalmente più di qualcuno ha già chiamato Bernd Reichart, ceo di A22 Sports, la società che promuove la nuova Superlega e sta cercando proseliti. «Se mi hanno telefonato in queste ore? In molti. Il dialogo che abbiamo iniziato diciotto mesi fa adesso può essere portato avanti alla luce del sole, senza che i club possano essere minacciati».
Alla luce del sole mica tanto. Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea che ha dato il via libera ai club di valutare progetti alternativi a quelli organizzati dalla Uefa, senza che quest’ultima possa minacciare o applicare sanzioni, il calcio italiano (o forse meglio dire europeo) è in un diffuso (e un po’ surreale) surplace. Tutti in attesa di capire che piega prende questa potenziale rivoluzione, nessuno che vuole fare la prima mossa, o scoprire le carte. «È troppo presto per esprimere opinioni», ha detto il presidente del Milan Paolo Scaroni riassumendo la posizione di tutti.
Le crepe nel fronte del no
È prematuro dire che il muro di no al nuovo progetto vede le prime crepe, è certo che qualcuno è rimasto in silenzio ma ha accolto con favore la sentenza della Corte di giustizia Ue e qualcun altro, che oggi si fa annoverare tra i contrari, se il progetto prendesse piede sarebbe prontissimo a cambiare idea. È possibile che i proprietari americani siano più aperti a valutare un sistema che ricalca quello degli sport made in Usa. E se resta forte l’obiezione del rischio di svalutare il campionato nazionale, ad attrarre, oltre alla possibilità di guadagnare di più, lo scenario futuro (o futuribile) di un nuovo sistema, con l’Uefa che resta nel ruolo di regolatore e i club che si gestiscono il business da soli, o quanto meno che finiranno per contare di più. E c’è chi auspica che, in mezzo a tanti dialoghi, non finiscano per parlarsi anche i due grandi nemici, il n.1 dell’Uefa Ceferin e gli organizzatori della Superlega per dare vita alla fine a un sistema «ibrido». Scenario lontano.
Oggi si approfondisce l’idea di trasmettere le partite gratuitamente sulla piattaforma streaming (ma è possibile che sarà gratis la visione dei match di una singola squadra mentre si farà pagare chi vuole vedere tutte le partite). «Abbiamo l’investimento e la capacità per creare una piattaforma di streaming per offrire il miglior calcio in diretta e gratuitamente, non abbiamo dubbi sulla sostenibilità», insiste a Radio24 Reichart che deve vendere il prodotto.
Certo, finché non entrano i club inglesi (e lì l’opposizione è arrivata direttamente dal governo) il progetto rischia di non decollare proprio, un torneo senza i migliori non va lontano. E d’altronde sembra difficile scalfire il rifiuto, per motivi diversi, del Bayern Monaco e del Psg. Reichart ha escluso con forza che si possa aprire a club arabi. «No, questo è un progetto europeo, da club europei e per club europei. I soldi dei sauditi non sono dietro la Superlega. Abbiamo parlato con investitori provenienti da Europa e Stati Uniti. Posso garantire i soldi con un fondo di investimento americano».
La verità è che la palla ce l’ha Florentino Perez, il presidente del Real Madrid che, a 76 anni, guida i rivoluzionari ed è il riferimento di chi resta in attesa: se si è arrivati a questo punto è merito/colpa soprattutto suo/a, che — dal primo progetto sgangherato di due anni fa a quello di oggi — non ha arretrato di un millimetro. Allo scoperto è uscito solo il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis che ieri al Tg1 ha spiegato: «Non sono per la Superlega, ma a favore di una democratica impostazione per la libertà d’impresa. Per cui il fatto di non avere più il monopolio di Uefa e Fifa potrà fare solo bene al calcio, perché queste sono istituzioni da superare che non hanno modernizzato il calcio ma lo hanno invecchiato». Vedremo se la tesi farà breccia.
CorSera
Alcuni club festeggiano in silenzio la sentenza della Corte di giustizia europea, qualcuno pronto a cambiare idea, tutti aspettano di capire cosa succederà. La Superlega: «Solo club europei, no agli arabi»
Sono ore di studio, di colloqui telefonici fittissimi, di pareri legali, di valutazioni politiche, di principi e calcoli economici. Si parlano i dirigenti all’interno delle squadre (e in alcuni casi discutono), si parlano i presidenti tra loro e naturalmente più di qualcuno ha già chiamato Bernd Reichart, ceo di A22 Sports, la società che promuove la nuova Superlega e sta cercando proseliti. «Se mi hanno telefonato in queste ore? In molti. Il dialogo che abbiamo iniziato diciotto mesi fa adesso può essere portato avanti alla luce del sole, senza che i club possano essere minacciati».
Alla luce del sole mica tanto. Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea che ha dato il via libera ai club di valutare progetti alternativi a quelli organizzati dalla Uefa, senza che quest’ultima possa minacciare o applicare sanzioni, il calcio italiano (o forse meglio dire europeo) è in un diffuso (e un po’ surreale) surplace. Tutti in attesa di capire che piega prende questa potenziale rivoluzione, nessuno che vuole fare la prima mossa, o scoprire le carte. «È troppo presto per esprimere opinioni», ha detto il presidente del Milan Paolo Scaroni riassumendo la posizione di tutti.
Le crepe nel fronte del no
È prematuro dire che il muro di no al nuovo progetto vede le prime crepe, è certo che qualcuno è rimasto in silenzio ma ha accolto con favore la sentenza della Corte di giustizia Ue e qualcun altro, che oggi si fa annoverare tra i contrari, se il progetto prendesse piede sarebbe prontissimo a cambiare idea. È possibile che i proprietari americani siano più aperti a valutare un sistema che ricalca quello degli sport made in Usa. E se resta forte l’obiezione del rischio di svalutare il campionato nazionale, ad attrarre, oltre alla possibilità di guadagnare di più, lo scenario futuro (o futuribile) di un nuovo sistema, con l’Uefa che resta nel ruolo di regolatore e i club che si gestiscono il business da soli, o quanto meno che finiranno per contare di più. E c’è chi auspica che, in mezzo a tanti dialoghi, non finiscano per parlarsi anche i due grandi nemici, il n.1 dell’Uefa Ceferin e gli organizzatori della Superlega per dare vita alla fine a un sistema «ibrido». Scenario lontano.
Oggi si approfondisce l’idea di trasmettere le partite gratuitamente sulla piattaforma streaming (ma è possibile che sarà gratis la visione dei match di una singola squadra mentre si farà pagare chi vuole vedere tutte le partite). «Abbiamo l’investimento e la capacità per creare una piattaforma di streaming per offrire il miglior calcio in diretta e gratuitamente, non abbiamo dubbi sulla sostenibilità», insiste a Radio24 Reichart che deve vendere il prodotto.
Certo, finché non entrano i club inglesi (e lì l’opposizione è arrivata direttamente dal governo) il progetto rischia di non decollare proprio, un torneo senza i migliori non va lontano. E d’altronde sembra difficile scalfire il rifiuto, per motivi diversi, del Bayern Monaco e del Psg. Reichart ha escluso con forza che si possa aprire a club arabi. «No, questo è un progetto europeo, da club europei e per club europei. I soldi dei sauditi non sono dietro la Superlega. Abbiamo parlato con investitori provenienti da Europa e Stati Uniti. Posso garantire i soldi con un fondo di investimento americano».
La verità è che la palla ce l’ha Florentino Perez, il presidente del Real Madrid che, a 76 anni, guida i rivoluzionari ed è il riferimento di chi resta in attesa: se si è arrivati a questo punto è merito/colpa soprattutto suo/a, che — dal primo progetto sgangherato di due anni fa a quello di oggi — non ha arretrato di un millimetro. Allo scoperto è uscito solo il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis che ieri al Tg1 ha spiegato: «Non sono per la Superlega, ma a favore di una democratica impostazione per la libertà d’impresa. Per cui il fatto di non avere più il monopolio di Uefa e Fifa potrà fare solo bene al calcio, perché queste sono istituzioni da superare che non hanno modernizzato il calcio ma lo hanno invecchiato». Vedremo se la tesi farà breccia.
CorSera
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