Se termina la stagione degli Sconcerti non ci resta che quella degli Zazzaroni (e i suoi epigoni sono pure peggio). Questo è.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioSe termina la stagione degli Sconcerti non ci resta che quella degli Zazzaroni (e i suoi epigoni sono pure peggio). Questo è.
Inviato dal mio SM-G998B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Repubblica (per la quale Sconcerti organizzò le pagine sportive, chiamando in redazione Brera e Mura) omaggia Sconcerti ripubblicando un suo articolo scritto la notte della vittoria mondiale dell'Italia nel 1982. Confrontare prego con quanto si va leggendo al giorno d'oggi:
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Bearzot: “Quanto male mi avete fatto, tutti!”
Col ct nella notte della vittoria in uno stadio ormai vuoto. Punta con amarezza il dito nel buio e ai fantasmi di coloro che lo avevano accusato dice: "Sono ferite che non si cicatrizzeranno mai, chi crede nei valori umani non può dimenticare" (articolo pubblicato su Repubblica il 13 luglio 1982)
dal nostro inviato Mario Sconcerti
Miracolosamente. misteriosamente. o forse solo per caso, mi sono trovato solo per un attimo con Bearzot davanti “alla notte di Madrid”. L'Italia era campione del mondo da meno di un'ora, le grandi strade che si allungavano attorno allo stadio Bernabeu erano piene di gente felice e selvaggia. Guardavamo quell'angolo di follia dolce, poi tornavamo a voltarci verso il campo, poche luci ormai accese, l'erba sommersa dai chiaroscuri di una contr’ora innaturale, il rumore delle grida ancora nelle orecchie. Era difficile e forse inutile tentare di sottrarsi alla tentazione di credersi testimone io, protagonista lui, di un attimo di storia. Ed era come se volesse strappare alla notte quante più immagini fosse possibile per tenersele dentro. Un lungo momento di silenzio per riuscire a capire che era davvero successo. Gli ho chiesto se lui lo aveva mai pensato e gli è tornata nella voce un attimo di professionalità, lontana, stonata. “Ero sicuro che avremmo fatto bene. Perché meravigliarsi in fondo? Già in Argentina avevamo giocato il miglior calcio”.
Gli ho chiesto se questo non bastasse a chiudere la porta sulle antiche scale e mi ha risposto di no, un no secco, duro, ineliminabile. “Le ferite che qualcuno mi ha aperto non si cicatrizzeranno mai. Sono uno che crede nei valori umani, davanti a chi li dimentica non ho compassione”.
Gli ho detto che molti avevano cambiato marcia, che questa strana notte avrebbe ancora più coperto di retorica la sua strada. Era un uomo da leggenda, ormai, cosa potevano contare storie tanto mortali? Mi ha risposto: “Sono schifato dal miele con cui adesso mi vanno ricoprendo; ci soffoco in quel miele”.
Mentre lo vedevo dare un ultimo sguardo al campo sottobraccio a Zoff, scivolare nel sottopassaggio. scomparire e chiudere quasi ufficialmente il suo Mondiale. ho pensato che era stata lunga la strada per arrivare a quel miele.
Era cominciata molta noia fa a Pontevedra, o forse ancora prima, nei primi accenni d'estate trovati ad Alassio. Era cominciata tra il pessimismo generale (compreso quello di chi scrive), tra sfumature che allora sembravano ostinazioni e lungo la strada sono diventate poi scelte di una felicità incredibile; veri colpi di cemento ad un ambiente sempre più assediato e isolato, perfettamente cosciente che solo dentro di sé poteva trovare la forza per tirare avanti.
Particolari, anche scomodi. quasi insinuazioni; ma come non dare atto adesso a Bearzot che lasciare a casa Pruzzo, preferirgli Selvaggi, vero ventitreesimo nella comitiva, forse l'unico votato davvero all'inutilità tecnica, era soprattutto un mettere al riparo la sua squadra da mille polemiche, dal pericolo di fratture interne. Dopo le prime partite senza gol. dopo i primi fiaschi di Rossi o di Graziani. molti, forse noi per primi, avremmo cominciato a chiedere l'ingresso di Pruzzo. E tutto sarebbe diventato materia destabilizzante. Perfino il lento trascinarsi di Vierchowod, partito infortunato tale rientrato, aveva un lucidissimo senso. Serviva per dare via libera senza polemiche a Bergomi.
Bearzot ha vinto il suo Mondiale con dodici. tredici uomini effettivi. Ha creato il suo convento. Il suo Forte Alamo, e contro lo strapotere degli armamenti altrui, ha opposto la disperata volontà dei suoi assediati, l'armonia forse obbligata, ma tenace di chi sa di dover vivere un'avventura grandissima, ma l'ultima.
Da questo matto spirito di corpo è nata la squadra che poi è persino sfuggita a se stessa non appena Rossi si è aperto. Una squadra che Bearzot non ha mai cambiato. Anche quando freschezza e schieramenti avversari avrebbero consigliato, avvicendamenti. Bearzot ha preferito cambiare tattica, ma mai squadra. Ed ha finito col vincere il Mondiale con un'Italia zeppa di terzini, preferendo rischiare l'ultimo linciaggio piuttosto che il miracoloso slancio vitale che teneva uniti i suoi undici, dodici eroi. Li ha mischiati, adattati, camuffati, trasformati, ma mai cambiati.
Ha vinto lui, forse prima ancora che loro. E non ci sono sconfitti. Il miele che adesso si spande sulla sua strada, potrà anche soffocarlo. ma resta una sfinitezza dolce. Come il grazie onesto, sincero, per niente retorico né altisonante, quel grazie da amici che adesso gli arriva da tutta Italia. Ed al quale con orgoglio mi unisco.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Mario Sconcerti, addio al fuoriclasse del giornalismo
Giovedì mattina lo avevamo sentito confortato. «Daniele mi spiace stare lontano dal giornale e dal Mondiale, guarda che domani mi portano il computer e ho un’idea, per un pezzo...». L’idea come sempre era vincente e il pezzo sarebbe stato come sempre importante.
Mario Sconcerti sapeva, conosceva, insegnava. E qui nasce il guaio: era inimitabile, uno stile che scorreva veloce, sempre ricco di immagini originali, coraggiose, personali, dove tutta la cultura di Mario emergeva elegante, mai prepotente. La tentazione di copiare è forte, anche nel giornalismo, un errore grave farlo con i fuoriclasse. E quanto a giornalismo, materia complessa, lui era un numero 10, alla Rivera, alla Platini, nel caso di Mario forse è più appropriato citare Giancarlo Antognoni, fiorentino come il «Navarro», così Gianni Brera, il più grande di tutti, aveva battezzato il giovane Mario Sconcerti. Brera aveva capito subito il talento di Sconcerti, capace nella sua generosa carriera di andare oltre calcio e sport, chiamato da Scalfari per guidare le pagine sportive di Repubblica, ha diretto il Corriere dello Sport, il Secolo XIX, vicedirettore alla Gazzetta dello Sport, opinionista televisivo a Sky, alla Rai e a Mediaset, dal 2006 editorialista al Corriere della Sera, dove è stato amico, maestro, compagno di avventura, regista dall’assist facile, fare gol con lui era un gioco da ragazzi.
Gli ultimi giorni sono stati faticosi senza la sua firma, noi tutti, al Corriere e nella redazione sportiva, eravamo un po’ in ansia perché a inizio Mondiale lo avevamo sentito stanco, con una voce flebile, sottile, facile capire che non fosse in forma, e il suo ricovero ospedaliero non ci aveva colto di sorpresa. Ma sapevamo che sarebbe stata una tappa di pianura, per sistemare un po’ di cose, in particolare quel rene che faceva i capricci. E con sollievo giovedì mattina lo avevamo sentito confortato, la sua voce era tornata quella di prima, forte e chiara: «Daniele mi spiace stare lontano dal giornale e dal Mondiale, guarda che domani mi portano il computer e ho un’idea, per un pezzo...».
L’idea come sempre era vincente e il pezzo sarebbe stato come sempre importante. Lo attendevamo felici quel pezzo, convinti che il direttore ormai si stesse rimettendo. La convinzione diventa sicurezza quando venerdì sera, una donna fantastica, Rosalba, moglie, compagna, assistente, telefonista, amica nostra, ci ha chiamato e, rassicurata dal miglioramento del suo Mario, ci diceva: «Sai Daniele che le cose stanno andando bene, gli esami sono a posto, i parametri sono tornati alla normalità, tra pochi giorni, martedì-mercoledì, Mario sarà dimesso...». Ieri l’irreparabile, quel cuore che si ferma, che non riparte più, i soccorsi inutili, medici e assistenti che scuotono la testa, la disperazione di mamma Rosalba e Martina, la loro figliola.
Mario Sconcerti era cresciuto a bordo ring, seguendo papà Adriano, procuratore di campioni come Sandro Mazzinghi, amava lo sport, lo studiava da sempre, innamorato della Fiorentina, ne era diventato addirittura amministratore delegato, erano i tormentati tempi di Cecchi Gori, ma la sua forza era quella di saper raccontare. Con delicatezza, con garbo, mai col veleno. Naturalmente non temeva la polemica, se era necessaria usava anche quell’arma tattica, era stimato da molti tecnici, con lui si confidavano. Un sottile piacere leggerlo e titolarlo, non accadrà più maledizione, ma la lezione di Sconcerti, umana e professionale, resterà per sempre. Che fortuna aver lavorato con lui.
CorSeraLast edited by Sean; 18-12-2022, 09:57:40....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Non avevo notato.
Sono dispiaciuto.
RIP
L'articolo sull'82 è veramente uno spaccato. Sembra di stare lì a distanza di 40 anni.Spesso vado più d'accordo con persone che la pensano in maniera diametralmente opposta alla mia.
"Un acceso silenzio brucerà la campagna
come i falò la sera."
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Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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2 a 1 !
Forza ragazzi.Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza Messaggio2 a 1 !
Forza ragazzi.
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Ma speriamo davvero !Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Inviato dal mio SM-G998B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Inchiesta Juve, il processo resta a Torino. Procura della Cassazione respinge il ricorso bianconero
E' inammissibile la richiesta dei difensori che avevano chiesto di trasmettere gli atti alla procura di Milano
Non sarà la Procura generale della Cassazione a decidere sulla competenza territoriale del processo alla Juventus. Un decreto firmato dal sostituto procuratore generale Mariella De Masellis stabilisce infatti l’inammissibilità della richiesta avanza dai difensori della società bianconera che avevano chiesto di trasmettere gli atti alla procura della repubblica di Milano visto che il reato più grave, quello di aggiotaggio, si configurerebbe nel luogo in cui ha sede la borsa. In alternativa i legali dei vertici della società chiedevano di trasferire il procedimento a Roma: secondo i difensori infatti, la diffusione dei comunicati stampa in cui venivano fornite le informazioni contabili finite sotto inchiesta, sarebbe avvenuta tramite un portale informatico di una società che ha sede legale nella capitale.
La procura di Torino invece è convinta che sia quella la sede corretta del processo: il reato si sarebbe consumato nel capoluogo subalpino quando la dipendente della Juventus aveva caricato le note della società sul computer premendo il tasto invio. Sarà quindi il giudice per l’udienza preliminare a dover decidere se il processo Juve dovrà svolgersi a Torino o in un’altro tribunale.sigpic
Free at last, they took your life
They could not take your PRIDE
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