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Helsinki-Roma 1-2: Abraham si sblocca, Mourinho si gioca l'Europa League nell'ultimo turno
Alla fine decide un autogol di Hoskonen (ma la Uefa assegna il gol a El Shaarawy). Il ko del Ludogorets rende ininfluente il risultato: determinante il confronto diretto coi bulgari all'Olimpico
Alla fine decide un autogol di Hoskonen (ma la Uefa assegna il gol a El Shaarawy). Il ko del Ludogorets rende ininfluente il risultato: determinante il confron…
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Lazio-Midtjylland 2-1: Milinkovic e Pedro ribaltano i danesi, qualificazione più vicina
Europa League,la squadra di Sarri va sotto, rimonta con i gol del serbo e dello spagnolo e porta a casa i tre punti che avvicinano il passaggio del turno
Basaksehir 2-1: Jovic firma la qualificazione, primo posto ancora possibile
Conference League, il serbo con una doppietta ribalta i turchi, la squadra di Italiano si garantisce il secondo posto. Per il passaggio diretto agli ottavi decisiva l'ultima giornata
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Spalletti, il Napoli e i quaderni segreti L’allenatore del Napoli annota sensazioni, emozioni, i concetti che vuole comunicare pubblicamente e quelli che vuole trasmettere ai giocatori: è l’artefice dei record di questo avvio di stagione. Il lavoro in allenamento e durante la partita
In panchina non ha taccuino, né calamaio. Luciano Spalletti non scrive nulla, memorizza. Chiede al suo staff di riprendere questa o l’altra sequenza. Neanche guarda la cartellina dei cambi. Va d’istinto, o almeno così sembra. Eppure quasi tutto quello che fa ha una logica, una conseguenzialità. Una coerenza di fondo. Perché ogni partita è già pronta molto prima del fischio di inizio. È il naturale resoconto di ore lunghissime — quelle poche che restano al netto dei viaggi e delle gare ogni tre giorni — passate al campo di allenamento a lavorare. Il tasso di intensità e di concentrazione è alto, non esiste altro che la sua squadra, il suo staff, le alchimie tattiche per bruciare gli avversari. Esiste per Spalletti un telo di protezione dello spogliatoio, che deve muoversi in un mondo a parte.
Isolamento? Sì, è anche questo uno dei segreti di Luciano, allenatore dei record in una Napoli che (ri)vive un sogno calcistico e che gli riconosce bravura e concretezza. Dunque niente lavagnetta dei buoni e dei cattivi in panchina, ma quaderni (tanti) custoditi nell’armadietto del suo ufficio di Castel Volturno. Memorie di vita quotidiana (non soltanto napoletana) che aggiorna e custodisce con gelosia. O forse riservatezza estrema. Spalletti è uomo attento, annota sensazioni e anche emozioni. Mette nero su bianco la sua idea di comunicazione pubblica, ma anche quei concetti che possono rappresentare una spinta motivazionale per i giocatori. I quaderni segreti di Luciano viaggiano con lui, da una città all’altra. Da una nazione all’altra.
Ci trovi Totti, ci trovi Icardi fino a Insigne, Mertens e ai protagonisti di questi giorni. I capitani coraggiosi con i quali è andato anche allo scontro. Rapporti interrotti che nell’immaginario collettivo sono stati rapporti di forza che lui ha voluto stravincere. Spalletti tiene l’etichetta e ci marcia: è l’essenza del personaggio, l’egocentrismo al quale cede per dare ulteriore forza alle motivazioni. La benzina dell’uomo in tuta — sì in campo ci va così — per tenere costantemente acceso il motore e far durare più a lungo possibile la stagione più esaltante della sua carriera.
Spalletti è uomo di campagna, si aspetta che un giorno di pioggia possa rovinare la semina di mesi. Non si racconta favole, ma a qualcosa inizia a credere. La squadra è poliedrica, eccentrica. È versatile e anche complicata da affrontare. Il Napoli sa essere uno e trino, si adatta agli avversari che incrocia e ogni volta trova la capacità di esprimersi in maniera differente. Dodici vittorie, 46 gol fatti tra campionato e Champions League: stravince in questo momento, eppure non è squadra che divide, piuttosto raccoglie consensi e anche simpatie. Proprio come il suo allenatore, che vive un inedito momento di attenzione benevola da parte della critica, pronta fino a ieri a ricordargli i titoli che in Italia non ha vinto e le querelle con i capitani dispettosi.
Spalletti fa la spola tra il campo e il suo ufficio, non molla di un solo centimetro e diffida, diffida moltissimo da chi gli sorride e lo accarezza. L’impegno aumenta in misura proporzionale allo scetticismo che avverte. Ed è in questi momenti che si accende la vena da protagonista ed eccede. Napoli è una città che lo coinvolge, il Napoli una squadra che lo sta rendendo sognatore. Sul quaderno avrà già scritto la parola scudetto?
CorSera
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C'e' da dire che il Napoli ' al top. Il Mazembe ha poco margine di crescita. L'Inter e' in ripresa e avra' un Lukaku e un Brozovic in piu'. La Juve riavra' Chiesa e Pogba. La Roma e' li' praticamente senza Zaniolo, Dybala, Wijnaldum e Abraham. Ha ampi margini di miglioramento. La Lazio invece la vedo al suo massimo...non puo' che peggiorare.
I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
Conte-Juventus, l’allenatore del Tottenham per il dopo Allegri
I risultati negativi di quest’anno aprono al clamoroso ritorno dell’allenatore che diede vita al ciclo dei nove scudetti consecutivi, in scadenza con gli Spurs
L’attuale allenatore del Tottenham sarebbe una suggestione fortemente voluta anche dallo stesso presidente Andrea Agnelli che avrebbe ricucito tempo fa i rapporti con il suo ex tecnico. Nonostante, nella stagione 2020-2021, quando l’allenatore salentino era seduto sulla panchina nerazzurra, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Juventus, ci fu un litigio tra i due con tanto di dito medio dello stesso Conte alla dirigenza bianconera seduta in tribuna in un Allianz Stadium deserto a causa delle normative anti Covid. Un episodio certamente spiacevole che sembrava aver messo la parola fine a un suo possibile ritorno alla Juventus. Invece, ora tutto sembra essere cambiato. Agnelli lo considera l’uomo giusto per ripartire. Da parte sua, Conte ha un contratto con il Tottenham che, a oggi, non ha ancora rinnovato, nonostante sembra che il presidente Levy sia disposto a fare ponti d’oro per lui e per la squadra del futuro. Conte, però, spesso schiva l’argomento. Che sia la Juventus il motivo?
CorSera
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I nuovi sviluppi dell'inchiesta sui conti della Juventus da parte della procura di Torino hanno riattivato anche la procura federale. È arrivata ieri, infatti, la richiesta da parte del procuratore federale della Figc, Giuseppe Chinè, di essere messo a conoscenza dei nuovi atti prodotti dai pm torinesi e che in precedenza non gli erano stati trasmessi, come ad esempio le intercettazioni telefoniche ed ambientali. Una mossa attesa fin dalla notifica di chiusura indagini di lunedì scorso. L'intento della Procura Federale è quello di capire se alla luce di nuove prove a cui non era stato possibile accedere in precedenza ci possano essere le condizioni per richiedere la revisione della decisione definitiva pronunciata a maggio dalla corte di appello federale a sezioni unite: era stata emessa una sentenza di proscioglimento nei confronti delle 11 società e dei 59 dirigenti deferiti per presunte plusvalenze fittizie. Tali condizioni ci potrebbero essere nel caso in cui ci fosse l'evidenza del dolo nella definizione delle presunte plusvalenze fittizie (unico precedente quello che portò a sanzionare Chievo e Cesena in passato) o che da tali operazioni sia stato possibile rientrare nei parametri da rispettare per l'iscrizione al campionato: elementi che nel caso non riguarderebbero solo la Juve ma anche eventuali altre società coinvolte. In attesa di eventuali nuovi sviluppi sul piano sportivo, sono questi giorni piuttosto delicati per quel che riguarda l'inchiesta portata avanti dalla procura di Torino relativamente ai bilanci della Juve compresi tra il 2018 e il 2021. Sono in tutto 16 gli indagati, tra cui il presidente bianconero Andrea Agnelli (per cui era stata chiesta anche l'applicazione di misure cautelari, respinta dal gip), il vice Pavel Nedved, l'ex capo dell'area sportiva Fabio Paratici e l'attuale ad Maurizio Arrivabene: da lunedì scorso sono iniziati i venti giorni a disposizione per studiare le carte e preparare memorie difensive o farsi interrogare dai pm. Tra i vari capi d'accusa, i principali restano quelli di falso in bilancio e false comunicazioni al mercato. Sotto la lente di ingrandimento ancora le presunte plusvalenze fittizie, tesi in questo caso rafforzata dalle intercettazioni ambientali e telefoniche secondo i pm: «Fortuna che... alla luce delle recenti visite ci siamo fermati», rivelava Federico Cherubini a Stefano Bertola il 22 luglio 2021. Per la Procura sarebbe un'ammissione riguardo a plusvalenze artefatte in precedenza. Ma fari puntati anche sulle due manovre stipendi di marzo-giugno 2020 e soprattutto di marzo-giugno 2021 a causa di quegli accordi privati che sarebbero divergenti da quelli depositati in Lega secondo le valutazioni dei pm, compresa la famosa «carta che deve rimanere segreta» di Ronaldo che varrebbe 19,7 milioni e che la procura non avrebbe trovato ma sarebbe riuscita a ricostruire nei contenuti.
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Conte-Juventus, l’allenatore del Tottenham per il dopo Allegri
I risultati negativi di quest’anno aprono al clamoroso ritorno dell’allenatore che diede vita al ciclo dei nove scudetti consecutivi, in scadenza con gli Spurs
L’attuale allenatore del Tottenham sarebbe una suggestione fortemente voluta anche dallo stesso presidente Andrea Agnelli che avrebbe ricucito tempo fa i rapporti con il suo ex tecnico. Nonostante, nella stagione 2020-2021, quando l’allenatore salentino era seduto sulla panchina nerazzurra, nella semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Juventus, ci fu un litigio tra i due con tanto di dito medio dello stesso Conte alla dirigenza bianconera seduta in tribuna in un Allianz Stadium deserto a causa delle normative anti Covid. Un episodio certamente spiacevole che sembrava aver messo la parola fine a un suo possibile ritorno alla Juventus. Invece, ora tutto sembra essere cambiato. Agnelli lo considera l’uomo giusto per ripartire. Da parte sua, Conte ha un contratto con il Tottenham che, a oggi, non ha ancora rinnovato, nonostante sembra che il presidente Levy sia disposto a fare ponti d’oro per lui e per la squadra del futuro. Conte, però, spesso schiva l’argomento. Che sia la Juventus il motivo?
CorSera
In pratica tutti cavalli (per restare in tema) de ritorno alla Juve... sperando che le minestre riscaldate facciano sempre schifo eh ovviamente
Se Allegri arriva quarto rimane...o almeno credo. Conte per me resta in Inghilterra. Gli stanno offrendo un rinnovo a 20 milioni.
Il colpo vero sarebbe strappare Giuntoli al Napoli. Poi sarà lui a scegliere semmai il nuovo allenatore.
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Napoli-Sassuolo
(ore 15 su Dazn)
Vietato lasciarsi distrarre dalla delicata trasferta di Anfield Road, nella tana del Liverpool. C’è da pensare prima al Sassuolo e per l’occasione Luciano Spalletti rilancia Kvaratskhelia e Osimhen, entrambi a riposo in Champions League contro il Glasgow Rangers (3-0, mercoledì 26 ottobre). A centrocampo, invece, potrebbe rivedersi Anguissa, ormai completamente recuperato. Un ritorno importante per gli azzurri. Non sarà facile affrontare il Sassuolo, che riabbraccia il suo grande ex, Raspadori. «Dobbiamo avere un pizzico di presunzione e di ambizione. Potremmo essere la 13ª squadra sconfitta dal Napoli, ma potremmo anche essere una squadra che può mettere in difficoltà un Napoli che è quasi ingiocabile. La strada migliore è far tirare meno in porta, loro creano tante occasioni da gol», ha detto Alessio Dionisi.
Lecce-Juventus
(ore 18 su Dazn)
È il momento peggiore degli ultimi anni per la Juventus. I bianconeri sono fuori dalla Champions League già ai gironi e per il futuro si prospetta una rivoluzione (si vocifera di un clamoroso ritorno di Antonio Conte nell’estate 2023). «Nella vita capitano anche queste cose, ma non trovo la parola adatta per definire questo momento. Noi ora dobbiamo pensare a lavorare e a migliorare. Ci sono squadre che non hanno fatto la Champions per otto anni, ma non bisogna andare in frustrazione. Altrimenti non ne veniamo più fuori...», ha detto Massimiliano Allegri. Così, invece, Marco Baroni: «La Juventus arriverà qui arrabbiata dopo l’eliminazione e sinceramente non mi aspetto siano al di sotto dei loro standard in termini di qualità. Non ha senso quindi fare alcun confronto tra noi e loro. Il nostro lavoro in settimana? Abbiamo lavorato bene e abbiamo preparato bene la partita soffermandoci anche sugli errori commessi a Bologna».
Inter-Sampdoria
(ore 20.45 su Dazn, Sky Sport, Sky Sport Uno, Sky Sport Calcio, Sky Sport 4K e in streaming su Now Tv)
L’Inter arriva alla sfida con la Sampdoria con grande entusiasmo. In primis, per la qualificazione agli ottavi di Champions con una giornata di anticipo (che rende la trasferta di Monaco di Baviera del 1° novembre quasi un’amichevole) grazie al 4-0 rifilato al Viktoria Plzen di mercoledì 26 ottobre. In secondo luogo, per il rientro di Lukaku, che con i cechi ha giocato gli ultimi minuti segnando anche il quarto gol. Invece, sarà una partita emozionante per Dejan Stankovic, il grande ex nerazzurro, uno dei protagonisti del Triplete: «Il mio passato non si può e non si deve cancellare. Mai», ha detto. E ancora: «Era importante vincere a Cremona. Con l’Inter sono stati i dieci più belli della mia vita. Torno da avversario stavolta con la mia Samp e i tifosi nerazzurri sanno che sono una persona leale, e lo sarò anche stavolta, cercando di fare il meglio possibile contro un’avversaria che sta vivendo un momento molto positivo e ha superato il periodo “negativo”. Hanno un grande allenatore, Simone sta lavorando alla grande e i risultati si vedono. Dovremo essere, insomma, perfetti».
CorSera
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Massimo Tarantino e le coltellate ad Assago: «L’ho disarmato d’istinto, ma non sono un eroe»
L'ex difensore di Napoli, Inter e Bologna: «Ero al posto sbagliato al momento sbagliato ma ho fatto la cosa giusta per proteggere mia moglie e mia figlia. Sono sconvolto»
«Non ero preparato psicologicamente ad affrontare un evento tragico come quello che è accaduto sotto i miei occhi giovedì ad Assago. Mi deve credere se le dico che sono in difficoltà a parlarne, e non solo per quello che ho visto. Vorrei evitare di passare per uno che ruba la scena ai protagonisti. Io sto bene, ma ci sono persone in ospedale (come Pablo Marì del Monza, ndr) e addirittura una che non ce l'ha fatta».
Massimo Tarantino dovrebbe in teoria essere avvezzo ai riflettori, non foss'altro perché prima di diventare dirigente sportivo è stato un difensore di Napoli, Inter e Bologna tra le varie squadre, con anche una parentesi al Monza a fine anni Ottanta, per ironia della sorte. È stato responsabile dell'area tecnica della Spal fino al 30 giugno scorso. «Poi non ho proseguito il rapporto di collaborazione». Giovedì sera era al centro commerciale dove ha svolto un ruolo non secondario nel fermare Andrea Tombolini.
Riavvolgiamo il nastro. «Ero con mia moglie Tatiana e mia figlia Giorgia di 22 anni al supermercato a fare la spesa. Ci trovavamo in fila alla cassa con il carrello quando abbiamo sentito delle urla».
Si è spaventato? «In un primo momento è calato il silenzio, perché tutti abbiamo cominciato a chiederci cosa stesse succedendo. Poi è sbucata una persona con la maglia sporca di sangue. A quel punto si è generato il panico, c'era gente che scappava a destra e sinistra».
Lei cosa ha pensato? «È stata una questione di attimi, non c'era il tempo di razionalizzare. Semplicemente ho dato un calcio al braccio dell'aggressore facendogli volare via il coltello. A quel punto l'ho immobilizzato finché non sono arrivate le forze dell'ordine che lo hanno preso in custodia».
Mi scusi ma non ha temuto per la sua incolumità? «È stata una mossa irrazionale, mica sono addestrato. Non sono scappato perché il mio istinto primario è stato quello di proteggere mia moglie e mia figlia. Ho solo tentato di disarmarlo».
Cosa ha detto Tombolini quando l'ha bloccato a terra? «Urlava, ma tutti gridavano in quel momento, non si capiva niente. C'era il caos generale. Poi quando è stato disarmato è rimasto immobile, si vedeva che non era lucido. Gli agenti sono sopraggiunti dopo poco, anche se in questo momento non ho bene la percezione del tempo».
Non si è svolta davanti a lei l'aggressione a Luis Fernando Ruggieri, quindi? «No, perché è avvenuta nelle corsie centrali del supermercato. Credo che sia successo quando abbiamo sentito le prime due-tre urla, cioè al momento dei primi accoltellamenti. Solo in un secondo momento si è creato il panico nella zona delle casse».
Milano si è scoperta impreparata davanti al gesto di un folle? «Tutti lo siamo stati. Si parla di vita ordinaria delle persone, in coda con il carrello alla cassa. Ma, ripeto, io sono sconvolto soprattutto per chi ha non ce l'ha fatta, per la sua famiglia e per chi ha subito le ferite».
Cosa prova ora? «Non mi sento un eroe, anzi a dirla tutta provo disagio nel ritrovarmi al centro dell'attenzione. Reputo solo di aver fatto la cosa giusta dopo essermi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato».
Riuscirà a tornare nella corsia di un supermercato o sceglierà la consegna a domicilio? «Guardi, ho 51 anni e da tutta la vita faccio la spesa negli ipermercati. Un episodio, pur devastante, non può condizionare la vita mia e della mia famiglia. Non ci può rubare la quotidianità».
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Massimo Tarantino e le coltellate ad Assago: «L’ho disarmato d’istinto, ma non sono un eroe»
L'ex difensore di Napoli, Inter e Bologna: «Ero al posto sbagliato al momento sbagliato ma ho fatto la cosa giusta per proteggere mia moglie e mia figlia. Sono sconvolto»
«Non ero preparato psicologicamente ad affrontare un evento tragico come quello che è accaduto sotto i miei occhi giovedì ad Assago. Mi deve credere se le dico che sono in difficoltà a parlarne, e non solo per quello che ho visto. Vorrei evitare di passare per uno che ruba la scena ai protagonisti. Io sto bene, ma ci sono persone in ospedale (come Pablo Marì del Monza, ndr) e addirittura una che non ce l'ha fatta».
Massimo Tarantino dovrebbe in teoria essere avvezzo ai riflettori, non foss'altro perché prima di diventare dirigente sportivo è stato un difensore di Napoli, Inter e Bologna tra le varie squadre, con anche una parentesi al Monza a fine anni Ottanta, per ironia della sorte. È stato responsabile dell'area tecnica della Spal fino al 30 giugno scorso. «Poi non ho proseguito il rapporto di collaborazione». Giovedì sera era al centro commerciale dove ha svolto un ruolo non secondario nel fermare Andrea Tombolini.
Riavvolgiamo il nastro. «Ero con mia moglie Tatiana e mia figlia Giorgia di 22 anni al supermercato a fare la spesa. Ci trovavamo in fila alla cassa con il carrello quando abbiamo sentito delle urla».
Si è spaventato? «In un primo momento è calato il silenzio, perché tutti abbiamo cominciato a chiederci cosa stesse succedendo. Poi è sbucata una persona con la maglia sporca di sangue. A quel punto si è generato il panico, c'era gente che scappava a destra e sinistra».
Lei cosa ha pensato? «È stata una questione di attimi, non c'era il tempo di razionalizzare. Semplicemente ho dato un calcio al braccio dell'aggressore facendogli volare via il coltello. A quel punto l'ho immobilizzato finché non sono arrivate le forze dell'ordine che lo hanno preso in custodia».
Mi scusi ma non ha temuto per la sua incolumità? «È stata una mossa irrazionale, mica sono addestrato. Non sono scappato perché il mio istinto primario è stato quello di proteggere mia moglie e mia figlia. Ho solo tentato di disarmarlo».
Cosa ha detto Tombolini quando l'ha bloccato a terra? «Urlava, ma tutti gridavano in quel momento, non si capiva niente. C'era il caos generale. Poi quando è stato disarmato è rimasto immobile, si vedeva che non era lucido. Gli agenti sono sopraggiunti dopo poco, anche se in questo momento non ho bene la percezione del tempo».
Non si è svolta davanti a lei l'aggressione a Luis Fernando Ruggieri, quindi? «No, perché è avvenuta nelle corsie centrali del supermercato. Credo che sia successo quando abbiamo sentito le prime due-tre urla, cioè al momento dei primi accoltellamenti. Solo in un secondo momento si è creato il panico nella zona delle casse».
Milano si è scoperta impreparata davanti al gesto di un folle? «Tutti lo siamo stati. Si parla di vita ordinaria delle persone, in coda con il carrello alla cassa. Ma, ripeto, io sono sconvolto soprattutto per chi ha non ce l'ha fatta, per la sua famiglia e per chi ha subito le ferite».
Cosa prova ora? «Non mi sento un eroe, anzi a dirla tutta provo disagio nel ritrovarmi al centro dell'attenzione. Reputo solo di aver fatto la cosa giusta dopo essermi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato».
Riuscirà a tornare nella corsia di un supermercato o sceglierà la consegna a domicilio? «Guardi, ho 51 anni e da tutta la vita faccio la spesa negli ipermercati. Un episodio, pur devastante, non può condizionare la vita mia e della mia famiglia. Non ci può rubare la quotidianità».
Un estratto dell'intervista sul Corriere della Sera di Massimo Moratti:
C’è poi la parte su Calciopoli: “Rivendico lo scudetto di Calciopoli? Assolutamente sì. So che gli juventini si arrabbiano; e questo mi induce a rivendicarlo con maggiore convinzione. Quello scudetto era il risarcimento minimo per i furti che abbiamo subìto. Ci spetterebbe molto di più". E sui rapporti con Moggi precisa: "È vero che Moggi voleva venire all’Inter e io non gli ho mai detto esplicitamente che non lo volevo; ma non l’avrei mai preso. Perché? Perché la serie A era manipolata e noi eravamo le vittime. Doveva vincere la Juve; e se proprio non vinceva la Juve toccava al Milan. Una vergogna: perché la più grande forma di disonestà è imbrogliare sui sentimenti della gente".
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