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Appena tornato dallo stadio. Emozioni davvero forti, neanche giocassimo la champions, ma clima incredibile. Ce la siamo complicata parecchio non segnando quando avremmo potuto. Poi un rigore per me regalato dall'arbitro (pessimo al di là del rigore) e siamo andati nel pallone, subendo il raddoppio. Quei pezzi di merda provocatori però alla fine se lo sono ritrovati su per il culo. Due cannoli belli grossi, da Chiavari son venuti per farsi chiavare e li abbiamo accontentati.
[emoji408] La Juventus di Allegri ha chiuso facendo 8 punti in meno di quella di Pirlo (70 contro 78), perdendo 2 partite in più (8), segnando 20 gol in meno (57-77) e subendone 38 contro i 38 di un anno fa. [Giovanni Capuano]
HALMA HALMA HALMAAAAA.
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A casa sto cesso, non lo segue nessuno nello spogliatoio già vlahovic lo odia
A casa sto cesso, non lo segue nessuno nello spogliatoio già vlahovic lo odia
Arthur è mille volte più forte di Locatelli
Su Arthur,non esagerare dai, Arthur mi pare "trottolino amoroso", ogni volta che ha una palla, o fa il retropassagio o lampassa al compagno vicino(passaggio orizzontale), un altro da cacciare.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Su Arthur,non esagerare dai, Arthur mi pare "trottolino amoroso", ogni volta che ha una palla, o fa il retropassagio o lampassa al compagno vicino(passaggio orizzontale), un altro da cacciare.
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Si è beccato allegri e pirlo come allenatori
Sono tutti da cacciare avete ragione, compriamo i giocatori Dell Empoli loro si che sono forti dato che ci hanno battuto
Siete rimasti indietro di 40 anni nel calcio
La Fiorentina di Italiano è la rivelazione della stagione. Chiude il campionato con un 2-0 alla Juventus di Vlahovic e si prende il posto in Conference League. Juventus in fase di smobilitazione, mandano via Dybala per tornare ancora una volta da Pogba: Agnelli, Arrivabane e Allegri saranno giudicati dai risultati, ma intanto per quest’anno la Juve è irrimediabilmente bocciata. La Lazio di Sarri quinta davanti alla Roma di Mourinho, l’Atalanta è la delusione: fuori dall’Europa.
LA FIORENTINA IN CONFERENCE, LA JUVENTUS SMOBILITA
Alla fine ogni pezzo va al suo posto, come quando completi un puzzle e tutto diventa più semplice. E’ tutto abbastanza scontato, il posto rimasto in Conference League se lo prende la Fiorentina al termine di una stagione entusiasmante, con ben 22 punti in più rispetto all’anno scorso e una festa finale con la vittoria sulla Juventus, l’unica dopo le altre tre sconfitte stagionali con i bianconeri.
Vlahovic accolto con una salva di fischi all’ingresso in campo e Italiano, Duncan, Torreira, Gonzalez & C. a prendersi la notte. E’ una bella novità la Fiorentina, sicuramente la rivelazione del campionato: e se nel finale di stagione non avesse avuto quei black out totali, il risultato sarebbe stato anche migliore. La sensazione che lascia la Fiorentina, in una stagione cominciata rocambolescamente (Italiano al posto di Gattuso che non ha mai iniziato la stagione in viola) e passata attraverso la cessione di Vlahovic alla Juventus, è quella di una storia all’inizio, in evoluzione. Chissà dove può arrivare…
POGBA DOPO DYBALA, E’ LA SCELTA GIUSTA?
Alla Juventus c’è aria di smobilitazione – il 2-0 incassato dalla Fiorentina è l’ottava sconfitta in campionato – , l’ultima partita per Chiellini e Dybala, i progetti per rifare a fondo la squadra (trattative per Pogba, Di Maria, Perisic etc…) e cercare di tornare a vincere subito dopo una stagione da “zero tituli” e un evidente regresso anche rispetto all’anno di Pirlo. Se poi certe operazioni abbiano senso o meno dopo aver dato il benservito a Dybala, è discorso ormai ozioso e inutile. Agnelli, Arrivabene, Nedved, e Allegri hanno deciso di fare così e saranno giudicati, come sempre, dai risultati. Intanto quest’anno sono stati senz’altro bocciati senza scuse.
LA LAZIO DI SARRI DAVANTI ALLA ROMA DI MOURINHO
Il punto preso dalla Lazio contro il Verona le permette di chiudere al sesto posto davanti alla Roma. Il lavoro di Sarri alla fine ha dato i suoi frutti, anche se a prezzo di una fatica notevole prima di trovare stabilità nei risultati. La Lazio chiude col secondo miglior attacco dopo l’Inter, Ciro Immobile che vince la classifica cannonieri per la quarta volta, e una difesa da zona retrocessione. Sarri mostra cenni di preoccupazione sul futuro della Lazio, molti giocatori in scadenza di contratto, altri in partenza a cominciare da Milinkovic.
La delusione è l’Atalanta la cui caduta è stata verticale e che resta fuori dall’ Europa. Non appena si è saputo che la società era stata venduta a un business man italo americano, si sono persi evidentemente i riferimenti e Gasperini non ha ripetuto i miracoli degli anni precedenti.
SERIE A 2021-2022 ULTIMA GIORNATA, N.38 Venerdì 20 maggio 2022 Torino - Roma 0-3 (33' Abraham R, 42' Abraham rig. R, 78' Pellegrini rig. R) Sabato 21 maggio 2022 Genoa - Bologna 0-1 (66' Barrow B) Atalanta - Empoli 0-1 (79' Stulac E) Fiorentina - Juventus 2-0 (45'+1' Duncan F, 90'+2' Gonzalez rig. F) Lazio
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
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Inter-Sampdoria e Sassuolo-Milan: Sabiri e Berardi le trappole per Inzaghi e Pioli
Berardi è tifoso dell'Inter e ha già segnato dieci gol ai rossoneri, ma il mercato può portarlo al Milan. Sabiri ha deciso il derby da tutto o niente ed è uno degli uomini più in forma
Il democratico Sassuolo ha già rivoluzionato la gloriosa storia delle provinciali e forse non solo di quelle: quest’anno ha vinto in trasferta contro Milan, Inter e Juventus. Riscrivere la storia del campionato all’ultima giornata però è un’altra cosa, anche se Domenico Berardi popola da giorni i sogni rossoneri, quelli brutti ma non solo, nella costante ricerca da parte dei tifosi di auspici positivi per compensare le vibrazioni negative, che non mancano mai: il calabrese è un noto tifoso interista, ha segnato dieci gol al Milan, la squadra a cui ha fatto più male in carriera, con un celebre poker nel 2013, costato l’esonero ad Allegri e poi anche una tripletta, tanto per gradire, l’anno successivo. Nelle ultime tre partite, due delle quali vinte dal Sassuolo a San Siro (a novembre terminò 3-1 per i neroverdi), Mimmo è in calo, si fa per dire: un assist e due gol. Ma soprattutto, da avversario nel suo derby personale che dura da anni, il Diavolo si è trasformato per lui in una destinazione possibile, se non probabile, per non perdere a quasi 28 anni (li farà l’1 agosto) il treno verso una grande squadra. Dopo i tanti dispiaceri dati al suo patron Squinzi — milanista della vecchia guardia che motivava i venditori della sua multinazionale invitandoli a essere «come Gattuso» — Berardi giocherà da bestia nera(zzurra) o si imbucherà nella foto della festa ricordo della sua prossima squadra?
È una delle domande del giorno, anche se il Sassuolo naturalmente non è solo Berardi: Gianluca Scamacca è un obiettivo di tutte e due le milanesi, a cui ha fatto un gol a testa quest’anno, ed è all’ultimo atto della stagione della consacrazione (16 gol fin qui). Quella del Mapei sarà anche l’ultima partita della carriera del capitano del Sassuolo, Francesco Magnanelli, arrivato in C2 17 anni fa e in campo per 520 volte con la squadra emiliana, un’istituzione: «Giocheremo per vincere — ha detto il Magna — . Se dovessimo perdere non significa che ci siamo scansati, se dovessimo vincere significa che siamo stati il Sassuolo». Un pericolo vero.
La Samp incute meno timore agli interisti. Forse è normale, vista la classifica, ma la squadra di Giampaolo resta fin troppo sullo sfondo di questa domenica da brividi. Al di là di un ex più o meno avvelenato come Antonio Candreva (6 gol all’Inter, la sua vittima preferita), uno degli osservati speciali sarà Abdelhamid Sabiri, tra i più in forma in questo finale: il tedesco di origine marocchina, 25 anni e mezzo e una carriera fin qui sottotraccia, ha deciso il derby da tutto o niente contro il Genoa e la scorsa settimana è stato tra i grandi protagonisti del 4-1 show contro la Fiorentina, non solo per il gol segnato. Riscattato in queste ore dalla Samp (meno di due milioni all’Ascoli, un affare), Sabiri parte dalla sinistra ma è un 10, per i movimenti e per il tocco: maneggiare con cura.
CorSera
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Scudetto, il Milan e la ricetta di Pioli contro il Sassuolo: «Basta fare quello che sappiamo senza pensare sia già fatta»
L'allenatore rossonero alla vigilia della partita decisiva predica calma e rivendica: «Siamo stati i migliori fino a oggi». Niente discorsi ai suoi, solo la classifica appesa al muro e il rito del pranzo collettivo
Un punto, un punto soltanto. Lo scudetto è così vicino che sembra di toccarlo. L’entusiasmo è alle stelle, il Milan e i suoi milioni di tifosi sparsi per il globo ora vogliono a tutti i costi quel tricolore che manca da undici anni, troppi, ma Stefano Pioli sa bene che non è ancora finita ed è ciò che va ripetendo da giorni ai suoi ragazzi, nella pace di Milanello, dove anche ieri erano in centinaia fuori dai cancelli per sostenere la squadra nell’ultimo assalto: quel punto bisogna ancora andarlo a prendere, stasera a Reggio Emilia, dove il suo Diavolo si troverà di fronte un Sassuolo giovane e sfrontato che venderà carissima la pelle, pur non avendo più reali obiettivi di classifica. Giusto così.
Il tecnico rossonero non ha mai vinto un titolo in carriera, ma sembra avere le idee chiare su ciò che il suo Diavolo deve e soprattutto non deve fare oggi al Mapei per scalare quell’ultimo centimetro che manca: «Basta fare ciò che sappiamo, senza pensare sia già fatta». I rossoneri hanno a disposizione due risultati su tre, sempre che l’Inter batta la Samp. Ma la verità è che puntare al pareggio sarebbe una pessima idea, soprattutto perché una delle certezze che questa stagione ha consegnato è che i piccoli diavoli, per tattica e mentalità, sanno giocare solo e soltanto per vincere. «Siamo stati i migliori sino ad oggi, dobbiamo esserlo anche all’ultima partita» ha messo in chiaro l’allenatore, che a Milano si sta trovando benissimo, fra la casa in zona Conciliazione e le passeggiate a CityLife e Porta Nuova, ma che per quei soliti scherzi del destino si troverà stasera a giocarsi la partita della vita a quaranta chilometri dalla sua Parma, dove tutto è cominciato. Sua madre vive ancora lì. «È lei a ricordarmi sempre che non ho mai vinto un trofeo» ha raccontato in un’intervista. Ci siamo, Stefano: oggi è il giorno buono.
Reggio Emilia, sempre per quella storia del destino, può essere la chiusura di un cerchio: è lì che nel luglio di due anni fa Pioli venne meritatamente riconfermato da Elliott dopo la strepitosa cavalcata post lockdown, quando il progetto Rangnick stava già prendendo forma, ed è lì che adesso c’è da scrivere il capitolo chiave del racconto. Non l’ultimo, perché la storia di Pioli al Milan è destinata a durare, non solo perché a novembre gli è stato rinnovato il contratto fino al 2023, ma perché anche RedBird — prossimo proprietario del club — è intenzionato a confermarlo. Oggi al Mapei potrebbero esserci Paul e Gordon Singer di Elliott.
«Ho sempre dormito bene prima delle partite, mentre dopo ho sempre dormito poco. Domani sera mi auguro di dormire pochissimo» ha sorriso il Normal One, che dice di vedere i suoi ragazzi «tranquilli come sempre» e che per questo motivo non ha intenzione di cambiare strategie: niente discorsoni da film, niente pugni sul cuore, niente metafore belliche, che non è neanche il momento. Basta la classifica appesa ai muri di Milanello, basta il rito del pranzo collettivo. Per il resto, motivazioni extra non servono: la possibilità di vincere lo scudetto più imprevisto di sempre, nonostante almeno due o tre squadre nettamente più attrezzate, basta e avanza.
In attacco partirà titolare Giroud, malgrado in settimana ci fosse un po’ di preoccupazione: sta benissimo. Ibrahimovic è invece ancora a mezzo servizio, il ginocchio si gonfia, ma in questi giorni s’è confermato l’immenso leader che in due anni ha portato il Diavolo a un punto dallo scudetto. Anche ieri ha ribadito ai suoi giovani compagni come la pensa: «Se volete essere ricordati nella storia del Milan, questo è il momento».
CorSera
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Scudetto, per l'Inter di Simone Inzaghi grigliata e giorni di riposo: «Vediamo come va a finire»
Per la sfida contro la Sampdoria serve solo vincere e credere a una sconfitta del Milan
Libertà. Di credere fino in fondo in uno scudetto sulla carta impossibile. Simone Inzaghi non ha mai smesso di inseguire il sogno, è stato il primo a coltivarlo da quando è arrivato all’Inter la scorsa estate, è l’ultimo ad arrendersi. «La squadra ha fatto una settimana come le altre, sappiamo che ci sono questi ultimi 90 minuti da giocare alla grande contro la Samp per non avere rimpianti, sapendo che non dipende da noi, ma dobbiamo fare 84 punti e poi vedremo quel che accadrà».
Una settimana come le altre in casa Inter, ma poi non tanto. Libertà è stata la parola chiave della stagione. A ogni intervista i giocatori rispondevano di sentirsi più liberi con Inzaghi rispetto a Conte, nel modo di giocare e vivere l’approccio alle partite. Il tecnico non è mai stato un generale, ci ha sempre tenuto a rimarcare che si può vincere anche senza usare il pugno duro. La sua avventura nerazzurra l’ha impostata così, nel segno del dialogo. «Il paragone con Conte mi dà poco fastidio. Normale ci sia, ma non gli do peso. Il campo deve dare i giudizi. È una grandissima annata, indipendentemente da cosa succederà. La serata di gennaio per la Supercoppa e la vittoria della Coppa Italia fanno venire la pelle d’oca».
La settimana dell’ultima fatica non è stata diversa, due giorni di riposo, una grigliata ad Appiano, il discorso alla squadra: credeteci, ci sono già passato quando ero alla Lazio, ci davano tutti per spacciati e poi ci fu Perugia. La sintesi delle parole di un allenatore nato per dialogare.
Gli resta l’ultimo grande salto da compiere: lo scudetto. Ha vinto coppe, il titolo però ti fa entrare in un circolo ristretto. Sarebbe uno choc e una svolta conquistarlo all’ultima giornata, nel modo più inatteso, il 22 maggio la data del Triplete di Mourinho.
A Inzaghi manca solo lo scudetto per dirsi davvero un vincente. «Come immagine della stagione sceglierei una foto a colori, non in bianco e nero come pensavano tutti all’inizio. Abbiamo vinto coppe, espresso gioco, siamo tornati agli ottavi di Champions. Ci stiamo giocando lo scudetto all’ultima giornata. So come eravamo partiti e quali erano gli obiettivi, sapevamo che l’anno non era semplice».
Lo ha vissuto intensamente, a suo modo. Con il vice Farris, fido scudiero, sempre al fianco, un po’ l’ha milanesizzato dopo i 21 anni passati a Roma con la Lazio. La moglie Gaia Lucariello, i figli più piccoli Lorenzo e Andrea (l’altro è Tommaso), sempre con lui al Parco Sempione, nei giorni di riposo. L’appartamento in centro, in Corso Garibaldi a Brera, gli amici di una vita, tra cui l’ex laziale e milanista Oddo. La vigilia della partita scudetto è così simile al suo avversario Stefano Pioli, un altro senza scudetti sul petto.
Inzaghi è stato una rivelazione per l’Inter, la capacità di prendere una squadra orfana di due campioni come Hakimi e Lukaku, cui si è aggiunto l’addio di Eriksen, l’ha rimodellata nel gioco e nelle abitudini. Il presidente Steven Zhang ne ha apprezzato il carattere senza spigoli, l’allineamento totale a proprietà e dirigenza. Gli è stato sempre vicino, anche ieri ad Appiano dove si è presentato per non far mancare il suo appoggio. L’Inter ripartirà da Inzaghi. La prossima settimana il primo rinnovo sarà il suo, insieme fino al 2024. Poi verranno gli altri, Handanovic e un ultimo tentativo si farà per Perisic: «Spero nella fumata bianca».
L’attesa di Inzaghi è tutta per vedere come va a finire. «Siamo andati oltre le aspettative, c’è ancora l’ultimo momento e voglio viverlo nel migliore dei modi». Con la libertà di crederci.
CorSera
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Anche Macron coinvolto. Proteste ufficiali dalla Spagna. La stella francese rinuncia al Real e resta nel club qatariota, un affare da 600 milioni in tre anni: potrà decidere tecnico e squadra, possono lasciare Leonardo e Pochettino
Pochi minuti prima del fischio d’inizio, una pedana e un microfono sul prato del Parc des Princes. Dovevano servire per il saluto d’addio di Angel Di Maria, ma il programma è cambiato e lo stadio è fuori di sé dalla gioia. Sul campo entra il presidente Nasser Al Khelaifi, che accompagna l’uomo del giorno e delle prossime tre stagioni del Paris Saint-Germain: Kylian Mbappé, che dopo mesi di esitazioni e trattative ha deciso di dire no al Real Madrid. «Sono felice di restare in Francia e a Parigi, la mia città», dice Mbappé nell’ovazione dei cinquantamila. «Spero che continuerò a fare quel che amo di più: giocare a calcio e vincere trofei». Poi Mbappé indossa la maglietta con la scritta 2025, segno di un impegno a lunga scadenza, e partono i fuochi d’artificio.
L’ultima partita in casa con il Metz, a campionato già vinto, si è trasformata in un momento storico per il Psg. È un colpo di scena capace di umiliare Florentino Perez, il presidente del Real Madrid che annuncia subito una causa presso l’Uefa, e di esaltare i tifosi parigini. Che sabato sera, dopo l’annuncio di Mbappé, hanno finalmente sospeso lo sciopero dei cori e hanno rimesso al posto giusto l’enorme striscione della curva Auteuil, rimasto capovolto per mesi.
La stagione che si conclude ha visto il divorzio tra la curva e la società, i tifosi sono stati protagonisti di clamorose contestazioni contro la dirigenza ma anche contro i giocatori, accusati di essere campioni strapagati ma poco pronti a battersi e soffrire. Assieme a Marquinhos e a Marco Verratti, Mbappé è stato tra i pochi risparmiati dalla rabbia dei tifosi, prima e dopo la clamorosa eliminazione proprio con il Real Madrid negli ottavi di finale di Champions League.
Mbappé è stato l’unico a non deludere mai, il faro della squadra nei momenti decisivi. Lasciarlo andare al Real Madrid, il suo sogno sin da quando era bambino, sarebbe stata una catastrofe per il Paris Saint-Germain, che da quando è di proprietà del fondo QSI del Qatar continua a vincere la Ligue 1 e continua a perdere la Champions League, il vero obiettivo della società.
Ecco perché l’offerta alla quale Mbappé ha finito per dire sì sembra senza precedenti: secondo la stampa spagnola, uno stipendio lordo di 100 milioni l’anno per tre anni, più un bonus alla firma di 300 milioni di euro, più il controllo dei diritti sulla sua immagine. L’offerta è straordinaria non solo per i soldi: Kylian Mbappé avrà uno status da giocatore-dirigente, la squadra verrà ricostruita attorno a lui tenendo conto dei suoi suggerimenti e delle sue preferenze. Quindi, con ogni probabilità, addio al direttore sportivo Leonardo e all’allenatore Mauricio Pochettino, poco capaci di gestire le troppe stelle dello spogliatoio.
L’operazione Mbappé a Parigi ha coinvolto anche il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, che pur tifoso dell’Olympique Marseille avrebbe messo una buona parola per convincere il numero 7 — che considera un modello per i giovani francesi — a restare. Gli spagnoli indignati promettono che la porta del Real si chiude per sempre e il presidente della Liga, Javier Tebas, parla di «insulto al calcio», ma Mbappé non sembra preoccuparsene troppo: tre gol al Metz, titolo di capocannoniere, e Parigi ai suoi piedi.
CorSera
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Oggi finalmente sapremo chi avrà vinto questo campionato. Sarebbe una prima volta sia per Pioli che per Inzaghi; circa il Milan una primissima volta per tanti suoi giocatori, per i suoi dirigenti e in un certo senso anche per i tifosi, perchè l'ultimo scudetto risale ad 11 anni fa, il che nel calcio rappresenta un tempo paragonabile ad un paio di ere geologiche, se pensiamo che nel frattempo sono passate ben 3 proprietà, tanti tecnici, tanti giocatori e il calcio si è andato vieppiù trasformando.
Decisivo pure per Inzaghi, che cerca di sviare la responsabilità ricordando le due coppe vinte quest'anno...ma quelle le vinceva già alla Lazio, le ha vinte Pirlo l'anno scorso, le ha vinte pure suo fratello, le hanno vinte tutti o quasi: lui invece all'Inter è stato chiamato per fare il bis in campionato e soprattutto dunque raggiungere la seconda stella, i 20 campionati vinti, aprire un ciclo sulla scorta del tricolore lasciato da Conte...e non certo per farsi soffiare il titolo da un Milan che di sicuro non era partito con come obiettivo lo scudetto.
Attenzione massima al Sassuolo per il Milan: la squadra emiliana potrebbe farsi stuzzicare dall'idea di restare a suo modo nella storia facendo il clamoroso sgambetto all'ultima giornata e scrivendo il suo nome negli annali, un pò come il Mantova del '67, il Verona del '73, la Lazio del 2002, il Perugia con la Juventus due anni prima ecc...quindi, in questa domenica di un maggio già estivo, si deve ricacciare da sè l'idea che tutto appaia scritto, perchè mancano ancora l'ultima pagina e il punto alla fine.
Comunque andrà, stasera per qualcuno sarà gran festa. Vincere il campionato è una profonda emozione, ti fa campione nello sport nazionale, iscrivi il tuo nome in un albo che ha oltre un secolo di storia e per un anno ti potrai fregiare del titolo sulle maglie. Sei sopra a tutti e tuti gli altri stanno dietro.
E' questa sana invidia sportiva che per noi juventini, reduci da una stagione simil catastrofica, col solo medicamento della qualificazione in champions, deve rappresentare il pungolo più feroce per tornare a fare bene. Per intanto beato chi sta vivendo questa attesa e chi stasera vincerà.
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