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...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Il Milan schiera contemporaneamente troppi giocatori offensivi.
Per sostenerli dovresti fare moltissimo possesso palla e avere grande pressing iniziale per recuperare alto la palla.
Ma invece il pressing non lo fai, il centrocampo non è robusto e quindi la difesa è a lungo sotto stress.
Nelle ultime partite il Milan è andato meglio nel complesso, ma questo punto è rimasto invariato anche con Pioli.
Ci vorrebbe il coraggio di capire che non sei forte abbastanza per giocare così, e che i rischi sono maggiori dei ritorni.
Con Juve e Napoli sarai - penso - costretto ad una formazione più prudente perciò starai in campo come devi, e come dovresti sempre.
Originariamente Scritto da Sean
mò sono cazzi questo è sicuro.
Originariamente Scritto da bertinho7
ahahhahah cmq è splendido il tuo modo di mettere le mani avanti prima, impazzire durante, e simil polemizzare dopo
Ve dico la mia.
per normalizzare sto milan andrei più su un 3-5-2
con musacchio-romagnoli-rodriguez
calabria-krunic-bennacer-paquetà-hernandez
e davanti piatek-leao o piatek-rebic.
credo ci sarebbero molti più giocatori a proprio agio.
Gattuso nella sua modestia, magari anche nella sua insufficienza, era l'unico che ci aveva capito tutto. Intanto perchè, a differenza di tutti quelli che stanno al Milan adesso, appunto sapeva di essere un modesto tecnico chiamato a condurre una squadra modesta, giocatori giovani...e quindi ha dato quello che aveva: spirito di corpo, un gioco grintoso, casereccio, fatto di corsa e spirito di corpo...
...Perchè al Milan adesso sono tutti geni, tutti maestri. Maldini, Boban..per carità, guai a criticarli, loro non sbagliano. Giampaolo? Un maestro, ha scritto anche i manuali di Coverciano. Pioli? Uno che compie miracoli, "Padre Pioli" come ha titolato la stampa sportiva...tutti illustri professionisti, e infatti i risultati lo stanno dimostrando.
Il povero Gattuso si sentiva modesto, era modesto, ma in quel suo ambito, proprio perchè ne aveva coscienza, riusciva. Sono arrivati poi dei somari conclamati, che però ragionano, si muovono e si considerano come geni rinascimentali, ed ecco che lo spettacolo è servito.
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Ve dico la mia.
per normalizzare sto milan andrei più su un 3-5-2
con musacchio-romagnoli-rodriguez
calabria-krunic-bennacer-paquetà-hernandez
e davanti piatek-leao o piatek-rebic.
credo ci sarebbero molti più giocatori a proprio agio.
Idea già avanzata prima da me su questo forum, e poi da Fabio Capello a Sky.
Gattuso nella sua modestia, magari anche nella sua insufficienza, era l'unico che ci aveva capito tutto. Intanto perchè, a differenza di tutti quelli che stanno al Milan adesso, appunto sapeva di essere un modesto tecnico chiamato a condurre una squadra modesta, giocatori giovani...e quindi ha dato quello che aveva: spirito di corpo, un gioco grintoso, casereccio, fatto di corsa e spirito di corpo...
...Perchè al Milan adesso sono tutti geni, tutti maestri. Maldini, Boban..per carità, guai a criticarli, loro non sbagliano. Giampaolo? Un maestro, ha scritto anche i manuali di Coverciano. Pioli? Uno che compie miracoli, "Padre Pioli" come ha titolato la stampa sportiva...tutti illustri professionisti, e infatti i risultati lo stanno dimostrando.
Il povero Gattuso si sentiva modesto, era modesto, ma in quel suo ambito, proprio perchè ne aveva coscienza, riusciva. Sono arrivati poi dei somari conclamati, che però ragionano, si muovono e si considerano come geni rinascimentali, ed ecco che lo spettacolo è servito.
Al di là del 5 posto, che era addirittura 3 a pochi minuti dalla fine dell'ultima giornata dello scorso campionato, che col sennò del poi è stato un risultato strepitoso, ma che si "esauriva" con la chiusura del campionato, Gattuso aveva lasciato un'eredità strutturale importante: la miglior difesa del 2019 intesto come anno solare e una delle meno battute della stagione scorsa.
Da qui bisognava ripartire, e migliorare il resto.
Sono riusciti nell'impresa di subire 2 gol a partita, e di essere peggiorati nel gioco offensivo.
Leggo che saremmo in miglioramento perchè "il gioco è bello".
Amen, detto che facciamo comunque orrore, il gioco non deve essere bello, deve portare punti.
Bisogna essere solidi, Gianpaolo e Pioli stanno facendo uno peggio dell'altro.
Se il tuo gioco e attaccare, non segnare, e farti imbucare sistematicamente dagli avversari perchè non sei messo bene in campo, il gioco è bello solo per gli avversari.
La Lazio fa il colpo a San Siro col solito scatenato Immobile e Correa, battuto un Milan sempre più in crisi e che ancora non ha avuto una svolta positiva dal cambio di panchina. L’11° posto dei rossoneri fa impressione e non promette nulla di buono per il futuro.La Lazio invece si sta convincendo di essere una bella squadra e Inzaghi un bravissimo allenatore
LAZIO-MILAN 1-2
La Lazio non si è scoperta una bella squadra adesso. Lo ha sempre saputo, ma spesso non è riuscita a dimostrarlo e si è persa in un bicchier d’acqua, autosacrificandosi a un ruolo minore. Il presidente Claudio Lotito la presenta come “la squadra che in Italia ha vinto di più dopo la Juventus” e usa spesso la parabola di una “Ferrari” consegnata a Simone Inzaghi dal quale adesso vuole risultati e vittorie di conseguenza.
Una Lazio da Champions League è perfettamente nel range richiesto: la sua bandiera è oggi Ciro Immobile, con i suoi tredici gol, Milinkovic e Luis Alberto sono giocatori di alto livello. Simone Inzaghi ha faticato a imporsi come allenatore maturo e in grado di guidare una grande squadra, ma adesso ha sicurezza ed orgoglio, e la forza di reggere il confronto con tutti. Anche e soprattutto col suo presidente, che lo ha sempre considerato una sua creatura.
Questa Lazio è andata a San Siro ben sapendo di essere superiore al Milan e di poterlo battere. E così ha fatto, in una partita abbastanza aperta, ma in cui il Milan ha confermato di avere tutti i suoi limiti, che gioca sì e no mezza partita, poi si spegne e quasi non lotta più. Nel finale quando il Milan è andato sotto per il definitivo 1-2, ha praticamente smesso di giocare e di tirare in porta. Pioli vede una squadra in crescita, uno straccio di gioco e di impostazione forse si apprezza anche, ma in realtà il Milan è sempre allo stesso punto. Due sconfitte con Roma e Lazio, un pareggio col Lecce e una vittoria con la Spal descrivono molto più di tante parole il Milan di oggi. L’11° posto non offre grandi prospettive per il futuro.
SERIE A, GIORNATA N. 11 RISULTATI Roma-Napoli 2-1 (19' Zaniolo R, 55' Veretout rig R, 72' Milik N). Bologna-Inter 1-2 (59' Soriano B, 75' Lukaku I, 90'+2' Lukaku rig I). Torino-Juventus 0-1 (70' De Ligt J). Atalanta-Cagliari 0-2 (32' Pasalic aut C, 58' Oliva C). Genoa-Udinese 1-3 (22' Pandev G, 32' De Paul U, 87' Sema U, 90' + 4' Lasagna U). Verona-Brescia 1-2 (50' Salcedo V, 81' Pessina V, 85' Balotelli B) Lecce-Sassuolo 2-2 (18' Lapadula G, 35 Toljan S, 42' Falco L, 85' Berardi S) Fiorentina-Parma 1-1 (40' Gervinho P, 67' Castrovilli F) Milan-Lazio 1-2 (25' Immobile L, 28' Bastos aut M, 83' Correa L) Spal-Sampdoria 0-1 (90'+1 Caprari S) CLASSIFICA Juventus 29, Inter 28, Roma 22, Lazio, Atalanta e Cagliari 21, Napoli 18, Fiorentina 16, Verona 15, Parma 14, Milan e Udinese 13, Bologna 12, Torino 11, Sassuolo e Lecce 10, Genoa e Samp 8, Brescia e Spal 7. *** LAZIO-MILAN 1-2 La Lazio non si è scoperta una bella squadra adesso. Lo ha sempre saputo, ma spesso non è riuscita a
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Milan-Lazio 1-2, un’ora buona
ma i rossoneri devono capire la malattia
Pioli aveva appena finito di dire che l’obiettivo era la Champions, non è più un problema di allenatori
di Mario Sconcerti
Per un’ora è stato forse il Milan migliore della stagione. Aveva idea e voglia di giocare, anche contro un avversario che è sempre rimasto un gradino più in alto. Poi è stato come travolto dalla sua meraviglia, stupito di essere quasi una buona squadra e sentendo di colpo tutta la fatica che questo gli era costato. Pioli aveva appena finito di dire che l’obiettivo è la Champions. Io credo che il Milan dovrebbe essere lasciato libero di compiere liberamente il suo salto all’indietro, senza obbligarlo ad essere quello che non è. È il modo migliore per capire fino in fondo la malattia. Che non è vedere Paquetà nella zona di Gullit o Leao in quella di Van Basten: è che questo tipo di Milan perde ancora 160 milioni a stagione.
Il Milan ha vinto 4 partite su 11, contro Brescia, Verona, Genoa, Spal. Ha perso sei partite, ogni volta che l’asticella si è appena alzata. Non è più un problema di stagione, è una realtà che si rivela con qualunque allenatore ed ogni schema possibile. Adesso è a otto punti perfino dall’Europa League, manifestazione che è stato costretto a lasciare per i suoi debiti. Qualcosa di inaudito che è stato venduto come un’idea. Silenzio. Ora facciamo silenzio. Lasciamo che i territori del Milan riflettano su quello che sta succedendo senza portare sempre tutto sulla nevrosi del risultato. Quello non c’è più. È la Lazio intanto che ritorna. È la stessa squadra da anni, compra poco, sbaglia meno. Immobile vincerà forse la sua terza classifica dei marcatori, come Riva, Pulici, Signori, Platini. Nessuno ha fatto meglio. Siamo davanti a un grande giocatore misterioso che fuori dall’Italia non entra nel gioco. Perché non è un centravanti, è una prima punta, tutto molto diverso. E alla Nazionale serve un centravanti. Per questo Conte faceva giocare Pellè, il suo Lukaku della porta accanto.
Tre squadre delle prime quattro attuali per statistica andranno in Champions. Due abbondanti delle ultime tre andranno in B. Le stagioni del calcio sorprendono, ma alla fine si smentiscono raramente. A proposito di sorprese, ogni gol del Verona vale due punti, sette per 15 punti. Fosse una regola, l’Atalanta avrebbe 60 punti. Invece è stanca. A memoria credo che il Cagliari non fosse così in alto dai tempi di Riva. Gioca benissimo dentro uno schema raro: corre sapendo dove andare.
CorSera
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Maran, la mente dietro al miracolo Cagliari: «Non devo dimostrare niente a nessuno»
Trentino, 56 anni, uomo più di sostanza che di proclami, il tecnico è l’artefice in panchina del miracolo Cagliari, intrufolatosi a pieno diritto zona Champions
«Sono stanco morto, dopo le partite non riesco a dormire. Ma avesse sentito gli strilli che ho lanciato in allenamento... mica che qualcuno proprio adesso abbassa la guardia». Rolando Maran, 56 anni, uomo più di sostanza che di proclami, è l’artefice in panchina del miracolo Cagliari, intrufolatosi fra Lazio e Napoli a un punto dalla zona Champions. Una proprietà solida, una rosa di qualità rinforzata in estate e un entusiasmo dilagante su tutta l’isola non bastano a spiegare l’impresa della provinciale che, dopo 10 giornate, sogna di prendere il posto di qualche nobile decaduta.
«A inizio stagione un risultato del genere era impensabile. Guardando i nomi delle squadre che ci appaiano in classifica sembra che con loro non abbiamo niente da spartire. Ma il nostro obiettivo è continuare a rompere le scatole il più possibile».
A inizio stagione la società aveva indicato la salvezza come obiettivo. Difficile ora contenere l’ambizione?
«Il presidente Giulini nell’anno del centenario e della ricorrenza dei 50 anni dallo scudetto ci teneva ad allestire una squadra che potesse dare soddisfazioni alla gente della Sardegna. Ha investito molto e il direttore Carli ha svolto un ottimo lavoro per concretizzare le idee del presidente. Abbiamo dei sogni ma restiamo ancorati alla realtà. Occorre restare rigidi mentalmente, senza lasciarsi andare a voli pindarici».
Cosa si cela dietro il laboratorio di Maran?
«Il lavoro è iniziato un anno e mezzo fa quando sono arrivato a Cagliari. Chi è rimasto è cresciuto a livello di mentalità e ha aumentato l’autostima. Poi io dopo anni e anni di gavetta so che per costruire qualcosa di solido occorre lavorare giorno dopo giorno».
Intanto poche squadre in Italia possono vantare un centrocampo formato da Nainggolan, Rog e Nandez.
«L’aspetto tecnico è fondamentale, altrimenti con le buone intenzioni non si va da nessuna parte. Radja è un esempio per gli altri: ha l’attitudine a trasmettere ai compagni qualcosa di sé. Ciò permette a tutti, me compreso, di crescere».
Abituato com’era a frequentare spogliatoi di star, come indossa i panni del fratello maggiore a Cagliari?
«Guardi, quando Nainggolan è tornato qui sembrava che non fosse mai andato via. Il suo innesto nel gruppo si è svolto con la massima naturalezza».
Per lei nato a Trento come è stato l’impatto con la Sardegna?
«All’inizio mi son dovuto ambientare, poi però ho capito che dopo un’iniziale diffidenza i sardi si aprono solo con chi se lo merita. Conquistare la loro fiducia è stato impagabile».
Può essere la stagione della sua consacrazione?
«Dopo un ottavo posto con il Catania e un nono con il Chievo non penso a questo aspetto. Tutto il mio percorso è stato una consacrazione».
Se fosse stato meno schivo avrebbe avuto una carriera diversa?
«Può darsi ma io ho sempre voluto essere me stesso, senza violentarmi. Non devo dimostrare niente a nessuno, non riesco a scimmiottare ciò che non sono».
Nel calcio ha mai dovuto combattere contro un’etichetta?
«L’atteggiamento low profile mediaticamente non paga, lo so. Se sei pratico ti accusano di essere difensivista, se hai più di 50 anni e non hai allenato una grande sembra che tu non abbia ambizioni. Per fortuna certi pregiudizi non vengono coltivati dagli addetti ai lavori, altrimenti non avrei avuto le chiamate da altri club quando guidavo il Chievo. Oggi sembra che conti di più essere un personaggio perché si urla o ci si atteggia in tv».
Da amante dello sci come farà quest’inverno?
«Aspetto la sosta, ma mi hanno detto che c’è una stazione sciistica anche qui in Sardegna. Proverò».
Quale promessa si sente di fare ai suoi tifosi?
«Di renderli orgogliosi di questa squadra».
E se arriva un piazzamento in Europa?
«Ah brinderemo insieme. Per una volta rinuncerò al Valpolicella Ripasso e si festeggerà con il Cannonau».
...ma di noi
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Balotelli, furia contro i razzisti
Il Verona: li ha sentiti solo lui
Mario scaglia la palla sugli ultrà e vuole lasciare: partita sospesa 4’
Poi il suo post: «Vergognatevi davanti ai vostri genitori, figli e amici...»
A un certo punto non ce l’ha fatta più, è scoppiato. Ha preso il pallone in mano e l’ha calciato in segno di protesta contro la curva del Verona, i loro cori ironici, gli insulti e i «buu» razzisti. «Basta, non ne posso più, me ne vado». Al 10’ della ripresa, Verona-Brescia da partita accesa si è trasformata nell’ennesimo episodio di razzismo della serie A, incapace di guarire dalla più spregevole e diffusa delle malattie dei nostri stadi. Mario Balotelli, da sempre bersaglio dei peggiori insulti e cori, non poteva sopportare oltre. Difendeva palla vicino alla bandierina, si è stufato e l’ha scagliata in curva. Un gesto forte. L’arbitro Mariani non ha capito, lo ha ammonito. L’attaccante bresciano come una furia si è incamminato verso lo spogliatoio, deciso ad andarsene. Compagni di squadra e avversari l’hanno bloccato. «Ma non sentite? Basta, non gioco più». Solo a quel punto l’arbitro ha compreso la gravità della situazione e ha interrotto il gioco. Ha chiesto allo speaker dello stadio di fare un annuncio contro gli atteggiamenti discriminatori, minacciando di interrompere il match, sospeso per quattro minuti. Balotelli si è calmato, l’hanno convinto a restare, mentre il pubblico ironicamente gridava il suo nome: «Mario, Mario». L’arbitro gli ha tolto l’ammonizione.
Il Verona era da poco andato in vantaggio, ha raddoppiato nel finale. Proprio Balotelli con un gran gol ha accorciato le distanze, non è bastato per evitare la sconfitta al Brescia.
SuperMario il suo stato d’animo lo ha affidato a un post: «Le persone di questa curva che hanno fatto il verso della scimmia: vergognatevi. Vergognatevi davanti ai vostri figli, mogli, genitori, parenti e amici». Prima aveva postato un video con bambini di colore che lo incitavano, con le parole «basta» e «love».
Stavolta però il Verona respinge le accuse. In molti sostengono di non aver sentito, negano cori razzisti. Il tecnico del Verona, Ivan Juric, più di altri. «Non c’è un caso. Ci sono stati sfottò e fischi, stop. I razzisti mi fanno schifo, a me che sono croato gridano zingaro di merda. Nessuno ha sentito, basta bugie». A ruota il presidente gialloblù, Maurizio Setti. «Non abbiamo sentito nulla. I tifosi veronesi hanno un modo simpatico di prendere in giro, ma il razzismo non esiste». L’allenatore del Brescia, Eugenio Corini (a rischio esonero), dà una versione opposta. «Se l’arbitro ha sospeso la gara qualcosa è accaduto». Furioso il comunicato del Brescia: «Gravi le dichiarazioni del Verona che tentava di negare o minimizzare l’accaduto». Il ministro per le Politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora, parla di «profondo imbarazzo. Ora risposte concrete».
Dalla tribuna forse non si percepivano, in campo i giocatori del Brescia hanno sentito i «buu». E pure gli ispettori della Procura federale: hanno scritto tutto, faranno rapporto. Rischia di pagare il Verona, non i razzisti che, sostiene Setti, «vanno radiati». Lo dicono tutti, però continuano a entrare negli stadi.
CorSera
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Dal Psg al Bayern Monaco, la crisi autunnale delle big del calcio
i parigini inciampano a Digione, i tedeschi incassano un pesante 5-1 in casa dell’Eintracht. Ma anche Barcellona e Real Madrid faticano a trovare il ritmo
Il calcio sta cambiando e forse non è più tempo delle piccole Cenerentole. Questo perché non sono state 48 ore felici per alcune big europee. Ne sa qualcosa il Psg, inciampato venerdì in quel di Digione. Una gara iniziata bene con il vantaggio firmato da Mbappé, ma ribaltata dagli avversari con Chouiar e Cadiz. Vero che i parigini hanno ben 7 punti di vantaggio sulla seconda, l’Angers, e si possono concedere qualche passo falso, ma quando una squadra con in campo tutti quei talenti non riesce a vincere, in qualche modo fa sempre notizia.
Come il Bayern Monaco che perde addirittura 5-1 in casa dell’Eintracht Francoforte. Una sconfitta del genere in Baviera non la vedevano da tempo, come non capita mai di vedere lo squadrone di Germania arrancare al quarto posto dopo 10 giornate a -4 dalla capolista, il Borussia Moenchengladbach, avversario della Roma in Europa League. Sta di fatto che i bavaresi reagiscono con Lewandowski dopo le reti di Kostic e Sow, ma è l’unica scintilla prima di crollare sotto i colpi di Abraham, Hinteregger e Paciencia.
Chi ci sta abituando a un cammino discontinuo è il Barcellona, che non riesce a trovare il filotto vincente per tenere dietro le rivali. Così accade che in casa del Levante i blaugrana passino in vantaggio con il rigore del solito Messi, per poi vivere una serata da incubo, perdendo anche Suarez (lesione al soleo della gamba destra, la diagnosi), con Campana, Mayoral e Radoja a ribaltare tutto. La preoccupazione di Ernesto Valverde, e come potrebbe essere il contrario, è tutta per le condizioni dell’attaccante uruguaiano.
Fortunato lui che il Real Madrid non sia andato oltre lo 0-0 al Santiago Bernabeu contro il Betis Siviglia. Sono ben altri i timori, invece, di Ole Gunnar Solskjaer, che rischia la panchina del Manchester United, dopo la debacle in casa del Bournemouth (1-0). L’eroe di giornata è King e ora il tecnico dei Red Devils rischia di finire ancora una volta sotto processo. Una lunga agonia per un club che ha saputo dominare l’Inghilterra e l’Europa e che ora si ritrova in decima posizione a 13 punti con già quattro sconfitte in 11 gare.
CorSera
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