L’Inter campione d’inverno con Dumfries per simbolo. Da Conte a Inzaghi non era proprio previsto.
L’Inter campione d’inverno. Non era previsto…
L’Inter che vince l’ultima partita d’andata con un gol di Dumfries (tre gol nelle ultime quattro partite) e taglia per prima il traguardo di metà stagione è la sintesi perfetta della parabola nerazzurra. Una rigenerazione breve e geniale che ha consentito alla squadra campione d’Italia di restare protagonista, nonostante la maggior parte di noi l’avesse già condannata al ruolo di comparsa dopo il trauma dell’addio di Conte, Lukaku, Hakimi ed Eriksen. Sostituirli con Inzaghi, Dzeko, Dumfries e Calhanoglu significava nel vecchio codice dell’aspro Antonio Conte, ritornare a mangiare in trattoria quando per un po’ ci si era abituati a frequentare i ristoranti gourmet da 100 euro a botta.
Non è andata così, il bravo Inzaghi, che ha dovuto combattere contro il pregiudizio della sua gioventù professionale ed esperienza limitata alla Lazio, si è mostrato pronto anche lui per le grandi platee e per i grandi ristoranti, e anzi il passaggio agli ottavi di Champions League è stato quasi un lusso, un optional. Addirittura un passo avanti rispetto all’illustre predecessore.
Certo sullo sfondo abbiamo pure un’inchiesta della magistratura sulle plusvalenze nerazzurre e un traguardo tagliato in uno stadio di cui tra pochi anni non resterà più nulla se non una solitaria torre, ultimo resto di un tempo straordinario che il calcio finanza di oggi cancellerà senza alcuno scrupolo. Sono storie che camminano su binari paralleli. Ma non dimentichiamo, comunque, che all’infinito anche le rette parallele si incontrano…
L’Inter campione d’inverno. Non era previsto…
L’Inter che vince l’ultima partita d’andata con un gol di Dumfries (tre gol nelle ultime quattro partite) e taglia per prima il traguardo di metà stagione è la sintesi perfetta della parabola nerazzurra. Una rigenerazione breve e geniale che ha consentito alla squadra campione d’Italia di restare protagonista, nonostante la maggior parte di noi l’avesse già condannata al ruolo di comparsa dopo il trauma dell’addio di Conte, Lukaku, Hakimi ed Eriksen. Sostituirli con Inzaghi, Dzeko, Dumfries e Calhanoglu significava nel vecchio codice dell’aspro Antonio Conte, ritornare a mangiare in trattoria quando per un po’ ci si era abituati a frequentare i ristoranti gourmet da 100 euro a botta.
Non è andata così, il bravo Inzaghi, che ha dovuto combattere contro il pregiudizio della sua gioventù professionale ed esperienza limitata alla Lazio, si è mostrato pronto anche lui per le grandi platee e per i grandi ristoranti, e anzi il passaggio agli ottavi di Champions League è stato quasi un lusso, un optional. Addirittura un passo avanti rispetto all’illustre predecessore.
Certo sullo sfondo abbiamo pure un’inchiesta della magistratura sulle plusvalenze nerazzurre e un traguardo tagliato in uno stadio di cui tra pochi anni non resterà più nulla se non una solitaria torre, ultimo resto di un tempo straordinario che il calcio finanza di oggi cancellerà senza alcuno scrupolo. Sono storie che camminano su binari paralleli. Ma non dimentichiamo, comunque, che all’infinito anche le rette parallele si incontrano…
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