Milan-Liverpool in Champions, Sconcerti: errori non all’altezza. Inter deludente: le big a un altro livello
Sono pochi i quattro punti finali, al Liverpool è bastato spingere a tratti, in Inghilterra c’è una qualità diversa, si gioca un altro calcio: non a caso qualifica quattro squadre su quattro
di Mario Sconcerti
Il Milan ha fatto poco in Champions, come era prevedibile accadesse. Era fuori da sette anni, l’ultima volta si giocava un altro calcio, Guardiola puntava sul tiki-taka, Moratti era ancora presidente onorario dell’Inter e Berlusconi presidente in carica. In più il Milan era nel girone peggiore, con un gigante come il Liverpool e i campioni di Spagna dell’Atletico e un classico di questi tornei, il Porto, che non a caso ha vinto due edizioni della Champions. Sono pochi i quattro punti finali, fanno pensare di aver investito soldi ed entusiasmi su un sospiro. Danno l’idea di uscire senza nemmeno aver imparato niente, semplicemente consumandosi ogni partita un po’.
Gli errori che hanno dato il via ai gol del Liverpool non sono all’altezza del torneo. Sul primo hanno sbagliato Kessie e Maignan. Sul secondo Tomori fallisce un controllo di base davanti alla sua porta, inconcepibile a quest’altezza. Il piccolo paradosso è che il Milan si risparmia almeno l’Europa League, una pietra più che un orgoglio, da portare nell’altra metà di una stagione che in Italia resta molto importante. Il Liverpool non era cattivissimo, pieno anzi di riserve e già qualificato. Ma gli è bastato spingere a tratti per trovare la differenza.
Tra noi e gli inglesi in genere la diversità non sta più tanto nella corsa, nella velocità, ma ormai nello stretto privato del calcio, cioè la qualità dei giocatori. Sono più bravi dei nostri. Il Liverpool trova armonie di squadra anche quando non corre perché sono tutti fantasisti in qualunque ruolo. Escono dall’area in dribbling, non sbagliano mai un appoggio. Giocano in sostanza un altro calcio. D’altra parte l’Italia non porta quattro squadre agli ottavi dal 2003, tanto tempo fa. E non vinciamo la Coppa dal 2010, Mourinho aveva ancora tutti i capelli neri.
Ha deluso anche l’Inter che ribadisce a Madrid la differenza degli avversari vista a San Siro. Nemmeno il Real si danna, va lentamente ma vince in modo automatico. Dopo un’ora Inzaghi aveva già fatto tutti i cambi, un segnale chiaro di abbandono. Questi club classici hanno giocatori troppo diversi e hanno l’abitudine a queste partite. Non a caso l’Inghilterra porta agli ottavi quattro squadre su quattro e tutte al primo posto, la Spagna ne ha per ora due su due, le altre due giocano oggi. Debiti e pandemia hanno cambiato un po’ le cose nel senso che senza problemi è rimasta solo l’Inghilterra. Ma l’Italia tarda nell’usare le occasioni. Vedremo stasera se Juventus e Atalanta compenseranno in parte questa notte molto dura da accettare.
CorSera
Sono pochi i quattro punti finali, al Liverpool è bastato spingere a tratti, in Inghilterra c’è una qualità diversa, si gioca un altro calcio: non a caso qualifica quattro squadre su quattro
di Mario Sconcerti
Il Milan ha fatto poco in Champions, come era prevedibile accadesse. Era fuori da sette anni, l’ultima volta si giocava un altro calcio, Guardiola puntava sul tiki-taka, Moratti era ancora presidente onorario dell’Inter e Berlusconi presidente in carica. In più il Milan era nel girone peggiore, con un gigante come il Liverpool e i campioni di Spagna dell’Atletico e un classico di questi tornei, il Porto, che non a caso ha vinto due edizioni della Champions. Sono pochi i quattro punti finali, fanno pensare di aver investito soldi ed entusiasmi su un sospiro. Danno l’idea di uscire senza nemmeno aver imparato niente, semplicemente consumandosi ogni partita un po’.
Gli errori che hanno dato il via ai gol del Liverpool non sono all’altezza del torneo. Sul primo hanno sbagliato Kessie e Maignan. Sul secondo Tomori fallisce un controllo di base davanti alla sua porta, inconcepibile a quest’altezza. Il piccolo paradosso è che il Milan si risparmia almeno l’Europa League, una pietra più che un orgoglio, da portare nell’altra metà di una stagione che in Italia resta molto importante. Il Liverpool non era cattivissimo, pieno anzi di riserve e già qualificato. Ma gli è bastato spingere a tratti per trovare la differenza.
Tra noi e gli inglesi in genere la diversità non sta più tanto nella corsa, nella velocità, ma ormai nello stretto privato del calcio, cioè la qualità dei giocatori. Sono più bravi dei nostri. Il Liverpool trova armonie di squadra anche quando non corre perché sono tutti fantasisti in qualunque ruolo. Escono dall’area in dribbling, non sbagliano mai un appoggio. Giocano in sostanza un altro calcio. D’altra parte l’Italia non porta quattro squadre agli ottavi dal 2003, tanto tempo fa. E non vinciamo la Coppa dal 2010, Mourinho aveva ancora tutti i capelli neri.
Ha deluso anche l’Inter che ribadisce a Madrid la differenza degli avversari vista a San Siro. Nemmeno il Real si danna, va lentamente ma vince in modo automatico. Dopo un’ora Inzaghi aveva già fatto tutti i cambi, un segnale chiaro di abbandono. Questi club classici hanno giocatori troppo diversi e hanno l’abitudine a queste partite. Non a caso l’Inghilterra porta agli ottavi quattro squadre su quattro e tutte al primo posto, la Spagna ne ha per ora due su due, le altre due giocano oggi. Debiti e pandemia hanno cambiato un po’ le cose nel senso che senza problemi è rimasta solo l’Inghilterra. Ma l’Italia tarda nell’usare le occasioni. Vedremo stasera se Juventus e Atalanta compenseranno in parte questa notte molto dura da accettare.
CorSera
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