If this is your first visit, be sure to
check out the FAQ by clicking the
link above. You may have to register
before you can post: click the register link above to proceed. To start viewing messages,
select the forum that you want to visit from the selection below.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Inter-Spezia, formazioni e dove vederla: Inzaghi in rimonta, ha messo il Milan nel mirino
Sei successi nelle ultime sette partite, contro la squadra allenata da Thiago Motta i nerazzurri sono decisi a continuare con lo stesso ritmo
Si viaggia a velocità folle, finire fuoristrada è un attimo. La serie A è una corsa aperta, ricca di colpi di scena, con rimonte e sorpassi. L’Inter ha una doppia missione, tentare di superare il Milan e staccarsi di dosso l’Atalanta che ha alzato i giri e raggiunto in classifica i campioni d’Italia, impegnati oggi contro lo Spezia dell’ex tripletista Thiago Motta, sempre innamorato dei colori nerazzurri, ma deciso a far punti. «L’Inter per me è stata una grande esperienza. È la più in forma del campionato, bisogna attaccarla in fase di possesso».
Ci hanno provato in tanti, hanno fallito quasi tutti. La formazione di Inzaghi fila via con scioltezza contro qualunque avversario: sei successi nelle ultime sette partite (Champions inclusa) e punta dritto alla testa della classifica. Il Milan è nel mirino, il Napoli più vicino dopo lo scontro diretto. Nella settimana degli ex amori, sabato a Roma c’è Mourinho nel primo incrocio tra i nerazzurri e lo Special One dopo il Triplete nel 2009-10, l’Inter arriva con grandi certezze, sul gioco e sugli uomini, ma piena di infortunati e con un turnover obbligato che potrebbe diventare l’occasione giusta per chi è rimasto nel limbo.
Fuori Darmian, De Vrij, Ranocchia, tocca all’olandese Dumfries dimostrare di essere un giocatore da Inter e non un acquisto sbagliato dell’ultima estate. L’Inter sulle fasce ha costruito gran parte della sua forza. Lì e in attacco, dove stavolta dovrebbe riposare Dzeko, per far posto alla coppia Lautaro-Correa.
La formazione diventa un rebus, per la prima volta Inzaghi si ritrova con più di un guaio in ruoli cruciali, con impegni ravvicinati e decisivi. Spezia e Roma vanno battute per questioni di classifica, il Real Madrid, martedì prossimo, per conquistare il primo posto nel girone di Champions: sarebbe un traguardo non simbolico, aprirebbe scenari favorevoli al sorteggio.
I nerazzurri vivono alla giornata, ma hanno lo sguardo proiettato sul futuro prossimo. Arrivare alla sosta di Natale davanti a tutti è l’obiettivo, per nulla nascosto, di una formazione in fiducia, cresciuta a dismisura nell’ultimo mese, e di un allenatore bravo a coinvolgere tutta la rosa.
L’attacco resta il reparto su cui puntare, anche contro lo Spezia. È il migliore del campionato con 34 reti realizzate, di là la squadra di Motta è la più burrosa della serie A con ben 32 gol al passivo. Un testacoda da paura per gli ospiti, sempre imprevedibili e capaci di offrire un’idea di calcio non scontata. La settimana della verità comincia oggi per Inzaghi, deciso a sfruttare il calendario favorevole da qui alla sosta e a vincere tutte e cinque le restanti partite prima di Natale.
Il gigantesco punto interrogativo dell’Inter rimane la tenuta fisica. Inzaghi coinvolge, senza stravolgere. I cambi sono spesso misurati, mai s’è visto finora un totale ribaltamento della formazione tra una partita e l’altra. Gli intoccabili sono Barella (oggi potrebbe riposare) e Brozovic, unici ad aver giocato praticamente tutte le gare con Handanovic. I due sono il motore di una squadra, convinta della sua forza e di poter ripetere le otto vittorie di fila della passata stagione, per dare una dimostrazione di forza e mettersi davanti a tutti nella corsa scudetto.
INTER (3-5-2): Handanovic; Skriniar, Bastoni, Dimarco; Dumfries, Brozovic, Vidal, Calhanoglu, Perisic; Correa, Lautaro. Allenatore: Inzaghi SPEZIA (4-3-3): Provedel; Amian, Erlic, Nikolaou, Bastoni; Kovalenko, Sala, Maggiore; Antiste, Nzola, Gyasi. Allenatore: Thiago Motta ARBITRO: Ghersini di Genova In tv: diretta su Dazn
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Genoa-Milan, formazioni e dove vederla: Pioli rivuole la vetta ma deve battere Sheva per ripartire, il piano e la carta Messias
Il campione ucraino alla prima sfida da allenatore dei rossoblù contro la sua ex squadra
Caro amico ti sfido. E se riesco ti batto. Perché dopo due (brutte) sconfitte consecutive in campionato il Milan non può permettersi romanticherie: stasera a Marassi ritrova Shevchenko, l’amico dei giorni più lieti, che va in cerca della prima vittoria da quando ha preso in mano la patata bollente Genoa. Prepariamoci a una serata emotivamente intensa: comunque vada, qualcuno soffrirà. «Tifo per lui, ma purtroppo nel caso dello sport ad alto livello si deve passare anche sopra le amicizie e le parentele, stavolta non tiferò per lui» ha messo in chiaro a Sky il d.t. rossonero Paolo Maldini. La verità è che il Diavolo non può permettersi un ulteriore passo falso se intende riprendere la corsa scudetto: il Napoli è avanti 3 punti, l’Inter preme dietro a -1, l’Atalanta ha iniziato a correre. Il momento è cruciale. La buona notizia per Stefano Pioli è il recupero di Fik Tomori al centro della difesa, accanto a Kjaer. Il reparto è giustamente nel mirino della critica: 7 gol nelle ultime due partite sono davvero troppi, una quota inaccettabile per chi vuole giocare per il titolo.
Anche in attacco c’è però molto da aggiustare: Ibrahimovic ha 40 anni e non può essere sempre al meglio, specie se deve esserci sempre per via degli infortuni di Rebic e Giroud. Stasera a Marassi una chance da titolare l’avrà Messias, l’eroe di Madrid che anche nel pomeriggio horror contro il Sassuolo è stato l’unico a salvarsi, almeno per l’impegno. Il brasiliano ha voglia ed entusiasmo: prenderà il posto di Diaz, che come Leao ha bisogno di tirare il fiato. Entrambi oggi partiranno dalla panchina, anche perché il calendario è fitto: sabato c’è la Salernitana e martedì lo scontro clou di Champions col Liverpool. Per il Milan è uno snodo cruciale: vietato fallire.
GENOA (3-5-2): Sirigu; Biraschi, Masiello, Vasquez; Behrami, Hernani, Badelj, Rovella, Cambiaso; Bianchi, Pandev. Allenatore: Shevchenko MILAN (4-2-3-1): Maignan; Kalulu, Kjaer, Tomori, Hernandez; Tonali, Kessie; Saelemaekers, Messias, Krunic; Ibrahimovic. Allenatore: Pioli ARBITRO: Sacchi di Macerata In tv: ore 20.45, in diretta su Sky e Dazn
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
"Gian Piero Gasperini rimarrà con noi fino al 2024". Ad annunciarlo, dopo il 4-0 inflitto al Venezia, è l'ad dell'Atalanta, Luca Percassi.
"Questa è la serata giusta per ringraziare l'allenatore, insieme ai ragazzi, per un lavoro che sta dando grandi frutti. Con mister Gasperini - ha aggiunto - c'è un rapporto forte e oggi abbiamo formalizzato il prolungamento del suo contratto fino al 2024 con opzione per un ulteriore anno (a favore del club, ndr). Siamo felici di annunciarlo dopo una vittoria in casa: un atto che dimostra come noi crediamo in lui e come lui creda nell'Atalanta".
RaiSport
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
L'obiettivo al Dall'Ara resta la vittoria per la Roma, indispensabile per restare agganciati al treno-Champions. L'Atalanta, quarta a +6, ha messo il turbo. Provare a restare in scia, è il regalo di Natale che Mourinho vuole fare a se stesso, alla Roma, ai romanisti. «Per qualche ragione tutti sono ancora lì. Il campionato non è un'autostrada in cui non ti fermi mai, perdi giocatori e punti in classifica. Inter, Atalanta e Milan erano davanti l'anno scorso e lo sono adesso, il Napoli anche. Se noi possiamo essere vicino a loro è meglio, è più motivante. Invece di essere a 20-30 punti di distanza siamo a 7-8 e abbiamo una sensazione positiva». Il tecnico gioisce per il recupero di Cristante, risultato negativo al tampone, ma è costretto a rinunciare a Felix, risultato invece positivo al Covid.
José non si lamenta. C'è stato un tempo in cui non perdeva occasione per pungolare la società. Ma i Friedkin continuano a garantire liquidità al club: versati altri 10 milioni questo mese in conto di aumento capitale. Ora la strategia di comunicazione di José è nuovamente cambiata: "Ho un gruppo forte, empatico. Che vuole fare bene. Il credito è per i giocatori, per quelli che non giocano tanto, come il caso di Diawara che ha giocato solo qualche minuto, che lavora tanto durante la settimana, anche con il feeling di chi arriva alla partita e non gioca, ma arrivare a lavorare con questa professionalità aiuta ad avere grinta, ma io direi anche amicizia".
(Il Messaggero)
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Multa pesante alla Juve dopo il patteggiamento: questo il possibile esito dell’inchiesta federale
Due i precedenti nel nostro calcio che potrebbero orientare il corso della giustizia sportiva: Chievo penalizzato nel 2018 e, scenario più simile a oggi, l’ammenda per Inter e Milan nel 2008
Una forte multa dopo il patteggiamento. È questo l’esito, immaginato dagli addetti ai lavori, del procedimento della giustizi sportiva nei confronti della Juventus e degli altri club che potrebbero essere indagati nell’inchiesta sulle plusvalenze fittizie. I riferimenti in materia sono fondamentalmente due. I 3 punti di penalizzazione inflitti al Chievo tre anni fa. E l’ammenda di 90.000 euro a Inter e Milan nel 2008.
I club milanesi utilizzarono le plusvalenze e per disunire le perdite le perdite mentre per il Chievo servirono per raggiungere quel livello economico necessario per iscriversi al campionato e per questi motivi la posizione della Juventus è la stessa delle milanesi visto che l'obiettivo era quello di migliorare i conti che comunque non mettevano a rischio l'iscrizione al campionato. La portata economica dei trasferimenti dovrebbe portare comunque a una multa più salata rispetto alle precedenti ma non come detto a punti di penalizzazione anche perchè Il tema principale è comunque noto a tutti: non esiste un listino prezzi dei calciatori e per questo è difficile dare una motivazione alla plusvalenza
Oggi la pressione dell’opinione pubblica è molto forte, più di quanto non lo fosse 13 anni fa nei confronti di Inter e Milan e potrebbe influire sul via libera della Procura Figc alla richiesta di patteggiamento da parte della Juve( indispensabile per poter chiudere la vicenda con una multa) sempre che il Tribunale Federale dia l'ok per questo tipo di accordo processuale tra accusa e difesa.
Due i precedenti nel nostro calcio che potrebbero orientare il corso della giustizia sportiva: Chievo penalizzato nel 2018 e, scenario più simile a oggi, l’amm…
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
La procura federale aprirà un altro fascicolo appena riceverà gli atti da Torino. Possibili ammende e penalizzazioni
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Mi aspetto che i giudici sportivi seguano i precedenti in materia, visto che fanno giurisprudenza, e che il processo non sia di piazza come nelle tribù africane o nei regimi.
Il Chievo prese 3 punti di penalizzazione per aver alterato il bilancio al fine di iscriversi al campionato, non avendone le condizioni: non è il caso della Juventus, che ha semmai (ma va provato) imbellettato il bilancio gonfiando le plusvalenze per ridurre le perdite.
I processi non si fanno sui giornali, su twitter o facebook ma nei tribunali, dove trovano posto l'accusa e la difesa e tra loro dei giudici. Un processo non è un televoto nè un sondaggio di opinione.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
A differenza della indagine su Inter e Milan qua ci stanno le intercettazioni. Se nelle intercettazioni c'è materia per provare un rigonfiamento intenzionale delle plusvalenze i giudici sportivi avrebbero la prova del dolo e dunque sarà difficile scampare ad una penalizzazione.
A Inter e Milan fu data una multa perchè era impossibile provare che i valori dei calciatori X ed Y non fossero frutto della aleatorietà del mercato ma di un doloso rigonfiamento del prezzo. Nel caso del Chievo invece c'erano le intercettazioni che provavano quel rigonfiamento e l'aggravante di aver usato quel metodo delle plusvalenze per rientrare nei parametri dell'iscrizione al campionato.
Qui manca questa specifica aggravante ma ci sono le intercettazioni. Bisogna capire che dicono quelle intercettazioni, perchè a quel punto lo scoglio della aleatorietà della valutazione dei calciatori cadrebbe a fronte di una predeterminata volontà e consapevolezza di star gonfiando il prezzario.
E' in base a questo che si determinerà la pena.
Terminati gli interrogatori, e passate le carte alla procura federale, se ne capirà di più.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Zlatan Ibrahimovic: «La guerra, la morte di mio fratello, i furti da ragazzo: ho trasformato l’odio in un’arma»
Zlatan Ibrahimovic si racconta: «Ero un bimbo diverso dagli altri, con le ragazze ero timidissimo, la prima volta a 17 anni. Non credo in Dio, solo in me stesso. A Sanremo con Amadeus è stato un trionfo, invece Fiorello parla troppo veloce...». Domani esce il suo nuovo libro «Adrenalina»
Lei crede in Dio? «No. Credo solo in me stesso».
Non crede neppure nell’Aldilà? «No. La vita è questa. Quando sei morto, sei morto. Non so neppure se voglio un funerale o una tomba, un posto dove far soffrire chi mi ha voluto bene».
È superstizioso? «No. Non mi piace quando mi dicono “in bocca al lupo”. Non mi serve. Decido io come deve andare».
Le gridano zingaro. «L’ultima volta è successo a Roma. Per l’esultanza dopo un gol. Cinquantamila persone mi gridavano zingaro, e l’arbitro ha ammonito me».
Qual è stato il gol che le ha dato più felicità? «Forse la rovesciata da trenta metri, in Nazionale, contro l’Inghilterra. Gli inglesi mi hanno sempre disprezzato, dicevano che contro di loro non segnavo mai...».
Se è per questo, lei quando era al Psg disse che la Francia è un Paese di merda. «Marine Le Pen chiese la mia espulsione. Il giorno dopo temevo le reazioni per strada. Invece i francesi mi avvicinavano per congratularsi: Ibra hai ragione, è davvero un Paese di merda».
È stato più felice per il gol agli inglesi o per la nascita di Maximilian e Vincent? «Non c’è confronto. La nascita di un figlio è la cosa più importante che possa succederti. Una vita che nasce dalla tua. Ricordo quando arrivò Maxi: lo presi, me lo misi sul petto... Ricordo quando Vincent da Stoccolma mi disse: “Papà, mi manchi”. Una coltellata. Volevo mollare tutto, pure il Milan, e tornare da lui».
È vero che i suoi figli odiavano il calcio? «Li portavo a palleggiare: uno piangeva, l’altro guardava gli uccelli. Ora giocano a calcio tutti e due. Al provino sono andati con il nome della madre, Seger. Li hanno presi. Maxi ha scelto di chiamarsi Ibrahimovic. Vincent deve ancora decidere».
In partita chi l’ha cambiata? «Capello mi ha insegnato a badare al gol. E mi ha massacrato, di continuo. Un uomo molto duro. Il primo giorno, dopo la conferenza stampa, i festeggiamenti e tutto, entro nello spogliatoio, lui sta leggendo la Gazzetta dello Sport, e io bello gasato gli faccio: “Buongiorno mister!”. Lui non posa il giornale. Resto un quarto d’ora lì, con la Rosea in faccia. Poi Capello si alza, chiude il Gazzettone, e se ne va, senza dirmi una parola. Come se non esistessi».
Lei nel libro parla bene di Moggi. «Con me è stato il top».
Ma a causa sua sono stati tolti due scudetti alla Juve. «Quegli scudetti li abbiamo vinti, e nessuno ce li può togliere. Nessuno può cancellare il sudore, la fatica, la sofferenza, gli infortuni, i gol. Per questo, quando dicono che in carriera ho vinto undici scudetti, li correggo: sono tredici. Moggi era uno che incuteva soggezione, anche se non a me. Come Berlusconi».
Di Berlusconi cosa pensa? «Troppo simpatico. Una domenica sono in tribuna a San Siro, mi fa sedere accanto a lui. Poi mi fa: “Ibra, ti dispiace scalare di un posto? Sta venendo una persona molto importante”. Io scalo, scala anche Galliani. Penso che stia arrivando un politico. Invece arriva una donna bellissima, su tacchi impressionanti. Berlusconi mi strizza l’occhio: “Persona molto importante...”. E forse per lui lo era davvero».
A Sanremo è stato un trionfo. «Ero nervoso. Amadeus mi ha lasciato libero di essere me stesso. “Cosa devo fare?” gli ho chiesto. E lui: “Fai Zlatan. Guida tu, io ti seguo”».
E Fiorello? «Con Fiorello c’è stata meno chimica. Lui era il pilota numero 1, numero 2, numero 3; poi venivamo io e Ama. È bravo, ma parla troppo veloce, non capivo una parola».
Lei ha cantato con Mihajlovic, a cui in campo diede una testata. «Sinisa mi aveva provocato per tutto il match, dicendomi cose orribili in slavo, anzi serbo-croato, e io ci ero cascato. Adesso mi chiama bato: figlio mio. Quando si ammalò, della stessa malattia di mio fratello Sapko, stavo quasi per andare al Bologna. Per lui. Mihajlovic in campo era cattivo, come lo era Ballack, un altro provocatore di professione; ma lo faceva per dare un vantaggio ai suoi compagni. Non come Materazzi».
Materazzi com’era? «Entrava da dietro per fare male; e noi calciatori capiamo subito quando uno entra per fare male o semplicemente entra duro, come Chiellini, come Stam, come Maldini...».
Paolo Maldini: grande persona, figura limpida dello sport italiano... «Paolo Maldini era cattivissimo. Se voleva farti male sapeva come fare. Ma lo evitava, perché metteva la sua giusta cattiveria al servizio della squadra».
Materazzi invece? «Con lui avevo un conto aperto da anni. L’ho saldato in un derby. Quello entra a piedi levati, io salto, lo evito, e lo colpisco con una gomitata alla tempia. Pippo Inzaghi commentò: “Il più bel derby della mia vita: 1-0, gol di Ibra, Materazzi in ospedale”. Ovviamente stava scherzando».
Nel libro lei dice di Inzaghi che pensava solo a segnare. «E le pare poco? Pippo mi diceva: tu Ibra fai quello che vuoi, dribbla, svaria, crossa; io sto davanti alla porta. Il gol è l’unica cosa che sapeva fare. Come Trezeguet. Ma tra un attaccante da circo e uno che segna, scelgo il secondo».
Con Lukaku cos’è successo? «Derby di Coppa Italia. Lui litiga prima con Romagnoli, poi con Saelemaekers; io intervengo per difendere i compagni, e Lukaku mi attacca sul piano personale. Da restare choccati. Eppure eravamo stati compagni al Manchester».
E lei gli aveva proposto una scommessa: 50 sterline per ogni stop sbagliato...
«Era un modo per farlo migliorare (Ibra ride). E comunque la scommessa lui non l’ha accettata. Lukaku ha un grande ego, è convinto di essere un fuoriclasse, ed è davvero forte. Ma io sono cresciuto nel ghetto di Malmoe, e quando qualcuno mi viene sotto a testa bassa, lo metto al suo posto. Così l’ho colpito nel suo punto debole: i rituali della mamma. E lui ha perso il controllo. Anche se mi è rimasto un dubbio atroce...».
Quale? «Quel derby l’abbiamo perso. Io sono stato espulso. Poi mi sono infortunato. Sono successe un sacco di cose storte. Vuoi vedere che il rito Lukaku me l’ha fatto davvero? Così ho chiesto agli amici credenti di pregare per me. Devo saldare il conto anche con lui. Spero di incontrarlo presto».
Per strada? «Ma no, sono cose che vanno risolte in campo. Io non odio nessuno, tanto meno Lukaku. L’odio è un sentimento impegnativo».
Cosa pensa dell’inchiesta sulla Juventus? «È solo agli inizi, è presto per giudicare. Posso dirle che io su tasse, bilanci, soldi sono attentissimo, pago bene le persone che se ne occupano».
I procuratori non hanno troppo potere? «No. I procuratori tutelano i calciatori». Mino Raiola, il suo procuratore, è molto discusso. Lei lo definisce «amico, fratello, padre». «Le racconto un episodio. A Manchester mi rompo il ginocchio. Esco dal campo con le mie gambe, rifiuto gli antidolorifici, penso che non sia niente. Invece ho il crociato a pezzi, si sono staccati tendini, muscoli: un disastro. Mino comincia a ricevere le telefonate degli avvoltoi».
Chi? «Chirurghi, italiani e no, che mi vogliono operare. Studiamo la cosa e vediamo che il migliore al mondo è tale Freddie Fu, un dottore americano originario di Hong Kong, che lavora a Pittsburgh; ma per un appuntamento bisogna aspettare mesi. Pochi giorni dopo mi chiama Mino: “Ibra prepara le valigie, si parte per Pittsburgh”. Atterriamo alle 4 del mattino e andiamo subito in ospedale. Il leggendario professor Freddie Fu ci aspettava sotto l’ingresso con il suo staff. Alle 4 del mattino».
Messi o Ronaldo? «Fortissimi entrambi. Dico Messi anche perché abbiamo giocato insieme».
Che rapporto avevate? «Professionale. Leo vive per il calcio. Ma il Pallone d’oro quest’anno lo meritava Lewandowski».
E con Guardiola? «Non mi ha mai capito. Voleva programmare tutto quello che dovevo fare. Mi veniva un gesto d’istinto, ma poi pensavo a quello che voleva Guardiola, e cambiavo. Così pensavo doppio. Guardiola non ama i giocatori di personalità. Ero diventato un problema; e siccome non riusciva a risolverlo, l’ho risolto io, andandomene».
Anche con Allegri vi siete scontrati, al Milan.
«Avevamo perso 3-0 con l’Arsenal, e lui era tutto contento. È vero che avevamo passato il turno, ma non c’era nulla da ridere, e gliel’ho fatto notare».
E Allegri cosa le ha risposto? «Tu Ibra pensa a te, che hai fatto cagare. Gli ho ribattuto che aveva fatto cagare lui: per paura si era portato due portieri in panchina... Allegri è bravissimo a gestire lo spogliatoio, ma doveva avere più coraggio: andare al Real Madrid, misurarsi con l’estero. Invece ha fatto la scelta comoda».
Perché non saluta mai l’allenatore avversario prima della partita? «Perché sono troppo concentrato. È vero, non lo faccio mai, neppure con Mourinho, che pure mi piace molto. Solo una volta ho abbracciato Mihajlovic, quando era malato».
Chi è il calciatore più forte della storia? «Ronaldo il Fenomeno. Da piccolo lo imitavo».
E Maradona? «Maradona è un mito. Vedendo un documentario su di lui avevo deciso di andare al Napoli, per fare come Diego: vincere lo scudetto».
All’epoca lei era a Los Angeles. «Ma ero stanco dell’America. Pensavo di smettere. Mino mi disse: sei matto, tu devi tornare in Italia. Con il Napoli era fatta; ma poi De Laurentiis cacciò Ancelotti. Allora chiesi a Mino: qual è la squadra messa peggio, che io posso cambiare? Rispose: ieri il Milan ha perso 5-0 a Bergamo. Allora è deciso, dissi: andiamo al Milan. È un club che conosco, una città che mi piace».
E lei ha cambiato il Milan. «All’inizio in allenamento non correva nessuno. Li ho affrontati uno per uno, e non in disparte, davanti agli altri: in allenamento bisogna ammazzarsi di lavoro. Se io corro, se io mi ammazzo, il mio compagno correrà e si ammazzerà per me. L’hanno capito tutti, tranne uno».
Chi? «Leao all’inizio non mi dava retta. Ci è arrivato per conto suo. Infatti è molto migliorato».
Lei però scrive che non va a cena con i compagni di squadra. Perché? «Li metterei in imbarazzo. Io sono un leader. Sarebbero a disagio. È un sacrificio che faccio per loro».
È vero che ha consigliato a Mbappé di andare via dal Psg? «È vero. Mbappé ha bisogno di un ambiente più strutturato, come quello del Real Madrid. Però poi ho detto al presidente del Psg di non venderlo».
È stato giusto o sbagliato fischiare Donnarumma? «Gigio è un grandissimo portiere. Se gli avessero dato quel che chiedeva, sarebbe rimasto al Milan. Ora deve fare casino per essere titolare nel Psg. Non esiste che i sudamericani impongano quell’altro. Gigio è più forte».
Com’è stata la festa per i suoi 40 anni? «Mi sono commosso. Non amo le feste a sorpresa, ma Helena l’ha organizzata lo stesso. Sono venute persone che non vedevo da tempo: Pogba, Verratti, Ambrosini, Abate, Cassano, Galliani, Moggi, Zambrotta, Dacourt, Oddo, Sirigu, Kulusevski... Anche gente che avevo trattato male in campo».
Anche Gattuso? «Certo. Con Rino ci caricavamo a vicenda. Lui mi chiamava “brutto slavo”, io lo infilavo a testa in giù nei bidoni della spazzatura».
Come si fa a giocare fino a 40 anni? «Adeguando il gioco al tuo nuovo corpo. Imparando a calcolare il momento giusto. Dosando gli scatti. Facendo da sponda per gli altri».
Non c’è nulla che le faccia paura? «Il futuro un po’ mi preoccupa. Con i 40 anni è arrivata un po’ d’ansia».
Farà l’allenatore? «Non lo so, è così stressante... Farò qualcosa capace di darmi adrenalina. Ma finché reggo, faccio il centravanti. Voglio giocarmi lo scudetto fino all’ultima giornata. E andare al Mondiale in Qatar».
Ibra, lei visto da vicino è un buono. «La vedo delusa».
Un po’.
«Sono buono perché da un’ora stiamo chiacchierando. Se lei fosse sul campo, la sbranerei».
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
We process personal data about users of our site, through the use of cookies and other technologies, to deliver our services, personalize advertising, and to analyze site activity. We may share certain information about our users with our advertising and analytics partners. For additional details, refer to our Privacy Policy.
By clicking "I AGREE" below, you agree to our Privacy Policy and our personal data processing and cookie practices as described therein. You also acknowledge that this forum may be hosted outside your country and you consent to the collection, storage, and processing of your data in the country where this forum is hosted.
Commenta