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Ci sono (stati) i Galeazzi e ci sono i Varriale: il tempo che passa ci fa rimpiangere i primi.
Mamma mia non mi ci fare pensare...
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
È morto Giampiero Galeazzi: il telecronista voce e anima del grande sport aveva 75 anni
La scomparsa di «Bisteccone», così era stato soprannominato dal giornalista Gilberto Evangelisti, avvenuta a Roma dopo una lunga malattia
È morto a Roma il giornalista sportivo Giampiero Galeazzi. Aveva 75 anni ed era malato da tempo. Ne aveva parlato lui stesso col Corriere: ««Non ho il Parkinson, ho problemi di diabete. La salute va su e giù, come sulle montagne russe. Ho sbalzi di pressione, gonfiore alle gambe. Quando mi emoziono, mi tremano le mani, ma non sono messo così male, ho anche perso un po’ di chili».
Storico telecronista e conduttore televisivo, era anche un ex campione di canottaggio. Sono indimenticabili le sue telecronache, in particolare quella che nel 1988 accompagnò i fratelli Abbagnale. Conosciuto anche con il soprannome di Bisteccone per la sua esuberante fisicità (nomignolo che gli fu dato dal giornalista Gilberto Evangelisti, che come raccontava lo stesso Galeazzi, «Ero alto, massiccio, lui mi vide e disse: “Ma chi è ‘sto Bisteccone?”»), all'anagrafe era Gian Piero Daniele Galeazzi. Nato a Roma il 18 maggio 1946 ma di origini piemontesi, si era laureato in Economia con una tesi in statistica.
Fu un professionista del canottaggio: nel 1967 vinse il campionato italiano nel singolo e nel doppio con Giuliano Spingardi l'anno successivo. La passione gli era stata trasmessa da suo padre Enrico, campione europeo nel 1932 nel «due senza». Approdato in Rai («Lavoravo dalle 8 del mattino alle 8 di sera, - dirà- portavo il cappuccino a Ciotti, leggevo i risultati della C la domenica. Insomma, feci la gavetta, al fianco di maestri come Guglielmo Moretti, il mio santo protettore, Enrico Ameri, lo stesso Ciotti, Rino Icardi, Claudio Ferretti») e inviato alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972, Galeazzi ha costruito una carriera folgorante e ricchissima di soddisfazioni: indimenticabili per milioni di telespettatori, non solo appassionati di sport, i racconti dei trionfi dei fratelli Abbagnale nel canottaggio e delle imprese tennistiche azzurre negli anni d’oro, quelle di Adriano Panatta e company.
A proposito della storica telecronaca sugli Abbagnale, raccontò: «Eppure la sera prima stavo giocando a carte con Evangelisti quando arrivò la notizia di uno sciopero. A quel punto, invece di andare a letto, girai per Seul, nei bar frequentati dai militari americani. Soltanto quando tornai in albergo all’alba scoprii che lo sciopero era stato revocato. Mi precipitai a fare la telecronaca senza neppure il foglio dei finalisti».
Tifoso laziale, fede mai nascosta, padre di due figli (Gianluca e Susanna, entrambi giornalisti, il primo a La7, la seconda a Sky), Galeazzi ha saputo essere un grande cronista d’assalto anche nel calcio, grazie alle sue incursioni a bordo campo e negli spogliatoi riuscendo a piazzare il microfono sotto al naso di gente come Maradona, Platini, Liedholm e di tanti altri grandi protagonisti del football negli anni ‘’80 e ‘90: «Per non parlare delle docce di champagne che mi hanno fatto negli spogliatoi durante le feste per gli scudetti - ricordò anni dopo - L’idea di far intervistare a Maradona i compagni dopo la vittoria fu geniale».
E la gioia per lo scudetto biancazzurro del 2000: «Mi stavo addormentando in telecronaca per un match di due spagnoli anonimi, quando sento la Juventus che stava perdendo e la Lazio che aveva già battuto la Reggina. Scappo allo stadio, salgo in tribuna Monte Mario e tutti che m’abbracciano... Non c’era un collega, stavano tutti a Perugia per lo scudetto della Juve e invece lo scudetto era lì, della mia Lazio. E io feci l’unico servizio Rai».
Ma oltre al suo impegno come giornalista sportivo, Gian Piero va ricordato anche per le sue incursioni nel mondo dello spettacolo: a Sanremo con Pippo Baudo nel 1996, per esempio, e in tante occasioni al fianco di Mara Venier (sua grande amica). Negli ultimi anni, come opinionista, aveva partecipato a diverse trasmissioni di calcio: da Notti mondiali a 90’ minuto, da Notti europee a 90’ minuto Champions: «Mara? Io conducevo già 90° Minuto e lei fu brava a buttarmi nello spettacolo. M’hanno rovinato dieci anni di Domenica In. Magnavo la sera e non venivo più al circolo a fare la partitella. Me so’ ritrovato in poco tempo addosso un set de valigie de 50 chili».
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Sì beh un secolo fa, volato via anche in fretta devo dire a guardarlo da qui.
Nonostante Galeazzi fosse tifoso della Lazio, riusciva piacevole e simpatico a tutti i tifosi del calcio...questo grazie alla sua professionalità, al lasciare il tifo da una parte e a mettere in bella mostra solo la sua professione, dunque il momento o l'evento al quale partecipava e sul quale doveva costruire un servizio giornalistico.
Quando racconta dallo spogliatoio del Napoli il primo scudetto di Maradona, lascia il suo personale tifo a casa e potrebbe tranquillamente essere scambiato per un appassionato del Napoli...ma questo pure quando intervista Platini o faceva servizi sulla Roma o sul Milan ecc..e difatti il cordoglio per la sua scomparsa è trasversale e tocca tutti.
Un abisso rispetto all'oggi dove il giornalista non si limita a confessare la sua fede calcistica ma di quella fede fa un otre di acido da spargere nel circo mediatico e social, ed è così che il personale sopravanza il professionale segnando il degrado del mestiere.
La generazione dei Galeazzi aveva troppo rispetto per la professione e per l'ascoltatore per non dare un servizio inappuntabile non verso tutti ma verso il proprio lavoro e lo sport e dunque a cascata per chiunque si fosse messo davanti al televisore.
I telecronisti ed i commentatori odierni avrebbero tutto da imparare da figure simili se solo non fossero troppo concentrati a sbrodolarsi addosso o a schizzare acido nelle loro personali guerre di religione: il risultato poi sono quegli strilli da gallina a recitare la "garra charrua", lo sbavare sul niente, il riempire il vuoto con lo zero che rappresentano.
Prima che con se stesso, il giornalista alla Galeazzi quel vuoto lo riempiva con quanto andava a raccontare. Per questo quelle pagine di sport e di calcio si sono fissate nella memoria collettiva e restano ancora.
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Giornalista empatico, la telecronaca dei fratelli Abbagnale rimase emblematica proprio per il pathos che riuscì a trasmettere, anche ad uno agnostico del canottaggio come me.
Il tifo per la Lazio non ha mai prevaricato la sua professionalità, che invece spaziava attraverso diversi sport e discipline.
sigpic Free at last, they took your life
They could not take your PRIDE
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
E’ morto a Roma Giampiero Galeazzi, storico telecronista sportivo, conduttore televisivo, giornalista ed ex campione di canottaggio. Galeazzi, volto popolarissimo...
Originariamente Scritto da BLOOD black
per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....
Pif sotterra la serie A. Dicono di aver parlato con Inter e Milan (per acquistarne una), ma che la serie A e' disastrosa. Be'...hanno ragione!
Io però penso che non sia tanto il campionato quello cui si riferiscono (che aveva di più quello francese quando presero il PSG?) ma il sistema-Italia, la sua cronica incapacità di favorire investimenti e dunque ritorni in solido. Le lungaggini burocratiche, la corruzione, la politica, insomma tutto quanto sappiamo e conosciamo.
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Giampiero Ventura si ritira nel giorno di Italia-Svizzera: «In bocca al lupo a Mancini»
L’ex c.t. della Nazionale, responsabile della più clamorosa eliminazione degli ultimi 60 anni, dice addio nel giorno in cui gli azzurri devono conquistare il biglietto per i Mondiali del 2022
Il giorno dell’addio di Giampiero Ventura. Ironia della sorte, proprio venerdì 12 novembre, a poche ore dalla sfida decisiva dell’Italia contro la Svizzera, all’Olimpico di Roma, per staccare il pass diretto al Mondiale in Qatar 2022. Evitando i playoff, quest’anno cambiati rispetto a quattro anni fa, fatali all’ex c.t. nel 2017 contro la Svezia. Una disfatta che legherà per sempre il nome di Ventura al mondiale mancato in Russia nel 2018, 60 anni dopo quello fallito dal c.t. Alfredo Foni contro l’Irlanda del Nord (15 gennaio 1958) – in una gara passata alla storia come «La battaglia di Belfast» – che non permise agli azzurri di presentarsi a Svezia 1958, al primo Mondiale vinto da Pelè con il Brasile.
«Ho deciso di fermarmi. Non voglio più affrontare discorsi di campo. Dopo 37 anni di calcio con tante soddisfazioni e qualche momento negativo penso sia un mio diritto riprendere la mia vita. Gli anni passano, voglio godermi la vita», ha detto Ventura a «Tuttomercatoweb», nell’intervista rilasciata alla rubrica «A tu per tu». Inoltre, l’ex c.t. fatto i suoi auguri alla Nazionale di Mancini: «Faccio un grande in bocca al lupo a Mancini affinché possa andare ai Mondiali e vincerli». Un rimpianto enorme quel Mondiale mancato per Ventura. Un’amarezza che non potrà mai dimenticare. Come aveva raccontato, a suo tempo, in un’intervista a «La Gazzetta dello Sport»: «Non ho trovato un senso, ma ho una spiegazione: ho fatto calcio per 35 anni, sul campo, ma non mi sono mai occupato della politica sportiva, non ho mai fatto parte di un Sistema. Ho sempre pensato che l’essere conta più dell’apparire. Che produrre conta più che promettere. Il progetto che avevo messo sul tavolo stava andando bene. Avevo ereditato l’Italia più anziana degli ultimi 50 anni e la stavo svecchiando con l’inserimento massiccio di giovani: ho fatto esordire 14 giocatori nuovi. Se ci fossimo qualificati questi giovani sarebbero stati inseriti nella lista per il Mondiale dove continuo a credere che l’Italia avrebbe fatto bene. Russia 2018 doveva essere il trampolino di lancio per essere poi tra i favoriti all’Europeo 2020. Tutto aveva un senso e ha funzionato fino alla gara con la Spagna. Dopo quella gara è partita invece una demolizione senza precedenti, un delitto premeditato mai visto».
E ancora: «Dopo la sconfitta con la Spagna è iniziata una delegittimazione continua: sono diventato l’unico colpevole di tutti i mali. La Figc spettatrice, la squadra salvata: tutta colpa di Ventura. Perché sono rimasto? Me lo chiedo anche io. Per passione, per affetto, per presunzione, non lo so bene neanche io. So solo che in quel momento sentivo forte dentro di me l’attaccamento all’azzurro e a tutto quello che per me aveva sempre rappresentato. Sentivo che nonostante tutto ce l’avremmo fatta. Di certo questa è una mia grandissima colpa».
CorSera
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Non solo calcio per lui ma anche il canottaggio. Ce lo ricordiamo in quelle sue viscerali telecronache dei trionfi della canoa italiana ai mondiali e alle olimpiadi, dove riusciva a creare un pathos in crescendo accompagnando ogni vogata degli atleti come stesse lì fino a diventare afono.
Poi tanto calcio. Le interviste "a bordo campo" alla maniera sua, sequestrando quasi con la sua mole i giocatori a fine partita che non avevamo modo di sottrarsi a quel rito vista l'imponenza del giornalista...ma anche la sua empatia e la sua professionalità di vecchia scuola Rai.
Me lo ricordo negli spogliatoi del Napoli appena dopo il primo scudetto mentre tra gavettoni e spumante intervistava Maradona. Un professionista esemplare da quale traspariva la passione e l'amore per il suo lavoro. I suoi entusiasmi erano genuini e questo arrivava agli spettatori.
Ci sono (stati) i Galeazzi e ci sono i Varriale: il tempo che passa ci fa rimpiangere i primi.
veramente un grandissimo.
Penso che qualunque amante del calcio lo ricordi con affetto <3
aveva un tavolo prenotato per lui ogni sera nello stesso ristorante di Roma <3
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
Io però penso che non sia tanto il campionato quello cui si riferiscono (che aveva di più quello francese quando presero il PSG?) ma il sistema-Italia, la sua cronica incapacità di favorire investimenti e dunque ritorni in solido. Le lungaggini burocratiche, la corruzione, la politica, insomma tutto quanto sappiamo e conosciamo.
Certo...intendevo la serie A dal punto di vista "organizzativo" e burocratico. Il sistema calcio in toto insomma.
I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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