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Ma non l'ha detto nessuno che io ricordi anche perché nessuno sano di mente potrebbe dirlo di uno di 30 gol all'anno
Contro lo Zenit la Juventus conquista una vittoria sofferta ma altrettanto importante, la quale consente di affrontare con il giusto spirito la delicata sfida di domenica sera contro l'Inter. Una vittoria, la terza consecutiva in Champions, che di fatto ipoteca il passaggio agli ottavi di Champions. Queste le parole del difensore Leonardo Bonucci sul momento positivo della squadra dopo un inizio di stagione disastroso:
“E' stata una gara dura, loro appena perdevano la palla si chiudevano. Il merito della vittoria è di tutta la squadra, abbiamo ritrovato la voglia di soffrire e di avere pazienza, questa è la cosa più importante. Nel recente passato avevamo perso questa caratteristica da Juve, giocavamo con un grande campione come CR7 e volevamo metterlo in condizione di fare sempre bene pensando potesse risolvere lui tutte le partite.Quest'anno giochiamo meglio e da squadra, stiamo ritrovando quell'umiltà giusta che serve per ritrovare la vittoria”.
Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Ottavo/decimo posto. Tocca tornare alle profezie di dopo Udinese ed Empoli. Sembrava si fosse trovata una vita, una pezza, una toppa (derby, Milan, Roma) ma era un fuoco fatuo. La squadra è da rifondare. Allegri deve distillare 11 giocatori e far giocare sempre quelli.
Non ho visto la partita, mi sono risparmiato l'ennesima arrabbiatura.
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«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Dal Sassuolo al Verona, un’altra sconfitta per la Juventus schiaffeggiata da una doppietta di Simeone. Più che una crisi è uno sprofondo nel panico e nel ventre molle della classifica. A -13 dalla vetta (forse anche -16…) e a +7 sulla terzultima. Sono talmente tante le colpe, che è difficile ormai individuare l’origine precisa della crisi. Alla debolezza del centrocampo, si sono ormai aggiunte lo sfaldarsi della storica difesa bianconera, e l’incapacità dell’attacco non tanto di far dimenticare Ronaldo quanto almeno l’incapacità di Dybala, Morata & C di fare gol. Le responsabilità di Allegri ci sono tutte, per quante partite ancora la Juventus può accettare questo progressiva discesa così in basso?L’alternativa è l’ “anno zero”, un temporaneo downgrading da grande club, un declassamento che eviti drammi eccessivi e inutili. Tanto ormai non c’è nulla da perdere…
Verona-Juve 2-1, la responsabilità di Allegri e il “downgrading” di un grande club
E’ ricominciata lì dove era finita, al gol di Maxime Lopez del Sassuolo si sono aggiunti i gol di Giovanni Simeone del Verona (6 in due gare tra Lazio e Juve). Come se fosse una partita sola, come se la Juve non fosse mai uscita dal campo e non fosse riuscita a resettarsi e ricominciare.
Non c’è nulla di sorprendente ormai in quanto sta accadendo alla Juve, più che una squadra in crisi mi sembra una squadra nel panico. Non si spiegherebbe altrimenti per una squadra comunque di alto rango e monte stipendi da Champions League l’aver già perso com Empoli, Napoli, Sassuolo e Verona. Ma anche questo l’avevamo già detto tre giorni fa, e quindi è difficile alzare i toni, o scoprire un dettaglio in più di tutto quello che non funziona e non sta in piedi.
La stagione della rinascita – la terza o quarta consecutiva veramente… – ha già detto che da Szczesny in porta a Morata e Dybala in attacco, con tutto quel popò di roba che c’è in mezzo, è in corso un disgregamento straordinario, in cui tutti sono coinvolti. Dal presidente ad Allegri, dalla squadra alla dirigenza che quella squadra ha messo in piedi.
Qualche mese fa si dava la colpa quasi esclusivamente al centrocampo dei Rabiot, Ramsey, Bentancur, Arthur, Bernardeschi, McKennie e così via. Oggi non si salva veramente nessuno, soprattutto quella difesa che doveva essere l’ancora di salvataggio e invece la maniera con cui anche un Capuano o un Frattesi qualsiasi riescono a mandarla a gambe all’aria lascia esterrefatti. Per non parlare di chi avrebbe dovuto far dimenticare Ronaldo – Dybala, Morata, Chiesa, Kulusevski, Kean… – ma si è a sua volta dimenticato di fare gol.
Già individuare dei punti di appiglio più precisi e netti della crisi, sarebbe un progresso. Adesso al di là di un banale e populista tutti colpevoli, è difficile capire come attaccare la crisi, curarla, evitare che porti a conseguenze ancor più stravolgenti. La Juve è a -13 dalle prime (forse anche -16 se Napoli e/o Milan vincessero…) e a +7 dalla terzultima in classifica (+9 o anche meno sull’ultima).
Di solito è l’allenatore che in questi casi deve riuscire a venirne fuori, il suo approccio minimalista – se non puoi vincere cerca almeno di prendere un punto – non sta pagando, anzi sta parecchio complicando le cose. Mettere in discussione Massimiliano Allegri, l’allenatore dei 5 scudetti reingaggiato con 4 costosi e impegnativi anni di contratto, equivale a una bestemmia, però mi chiedo anche per quanto tempo la Juventus possa sopportare questo rapido sprofondare nel ventre molle del calcio italiano.
La soluzione drastica per adesso è quella di un downgrading generalizzato e temporaneo, un autodeclassamento, come direbbero quelli che se ne intendono. Addio Juve grande squadra, addio successi, trasformare tutto in un anno zero e aspettare di venirne fuori senza drammi strazianti in un momento tra l’altro particolarmente delicato per la debolezza del bilancio (la Juve ha un rosso di 210 milioni). Poi si vedrà. Tanto non c’è più nulla da perdere.
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Atalanta e Lazio pareggiano 2-2 una partita spettacolare. La Lazio va due volte in vantaggio con Pedro e Immobile, ma l’Atalanta la riprende entrambe le volte sul finale del primo tempo con Zapata e proprio allo scadere del recupero con De Roon. Per Gasperini e Sarri è dura, hanno grande personalità, quasi sempre dividono tifo e critica, ma sanno quel che vogliono e vanno dritti per la loro strada.
Atalanta – Lazio, il cammino complicato di Gasperini e Sarri
L’amarezza è quella della Lazio, la felicità è quella dell’ Atalanta, ma il risultato è lo stesso per entrambe. La Lazio va avanti due volte (Pedro e Immobile) e l’cAtalanta due volte la riacchiappa allo scadere del primo tempo (Zapata) e a partita ormai praticamente finita (De Roon). Gasperini e Sarri allenano due belle squadre, ma non due grandi squadre, lo fanno in maniera diversa e partendo da idee diverse del calcio, ma a entrambi piace lo spettacolo, non speculano, cercano un calcio molto dinamico e possibilmente spettacolare.
Quasi sempre viene perdonato loro pochissimo, l’ Atalanta per definizione deve restare un miracolo, ma i miracoli prolungati negli anni sono abbastanza complicati. Sarri comporta uno stravolgimento della maniera non solo di stare in campo ma soprattutto di pensare. I tracolli di Bologna e Verona sono stati molto inquietanti e la fede nel sarrismo stesso è arrivata a tremare. Come dice Acerbi: “La fatica mentale comporta anche una maggior fatica fisica”. Ed ecco spiegati certi black out della Lazio. La testa pesante. Però al di là di certi smarrimenti una certa luce si vede.
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Juventus, il futuro non è roseo. Ma solo Allegri può dare la svolta
di Massimo Mauro
Il primo tempo della Juventus proprio non si spiega. Si è visto solo il Verona, che ha giocato da grande squadra, senza paura di fare l’uno contro uno (correndo in avanti ma difendendo anche bene), di appoggiarsi su progetto tattico e tecnico che dà risultati. Nel secondo tempo qualcosa è cambiato, anche perché il Verona non poteva andare a tutta birra per 90’. Ma bisognerebbe capire quale motivo la Juve non tenti di giocare tutta la gara come ha fatto negli ultimi 15’.
E’ peraltro difficile vedere Bonucci e Chiellini al limite della propria area di rigore quando si è sullo 0-0, ma questo è il segnale di una squadra che deve aspettare gli errori altrui. Ma se le cose stanno così allora dovrebbero giocare solo contropiedisti.
E poi i singoli: Cuadrado e Morata in particolare sono stati imbarazzanti. Una debolezza generale al cospetto di un avversario con interpreti ben diversi. Veloso e Caprari sono i gestori del gioco, ma a parte le prodezze tecniche di Simeone (stupendo il secondo gol) la differenza in partenza era enorme.
Allegri in pubblico cerca di trasmettere una immagine di fiducia, ma non credo che in privato lo pensi. C’è orgoglio, ma poco altro. Il futuro della Juve non è roseo, non ha proprio i giocatori a cui affidarsi. Quindi, o trova un progetto tattico e tecnico all’altezza, oppure sarà un’annata dietro al quarto posto. Detto questo, solo un uomo di credibilità e con la fiducia dell’ambiente come Allegri può riuscire a trovare il bandolo della matassa
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Juventus, Sconcerti: si è perso il senso della tradizione e dei costumi, ma il problema è Allegri, più forte della stessa società
L’allenatore avrà le sue colpe ma, dalla rosa alla dirigenza, nessuno oggi insegna più il senso della Juventus. E il contratto lo rende più forte di un club irriconoscibile
Basta un piccolo confronto con i giocatori di adesso per capire che quella attuale è una formazione di un’altra categoria. Il calcio è un gioco senza tempo, conta solo quello che fai adesso. I tifosi, i clienti, non devono avere il problema di ricordare. Quindi è giusto che il problema oggi diventi Allegri. Ma la vera domanda è che cosa sia davvero successo in questi due anni che hanno cambiato la Juve.
Perché sono costati 700 milioni in aumenti di capitali decisi non per investire ma per coprire perdite. La differenza dei calciatori è tutta lì. Ma ci sono confronti altrettanto importanti. Alla partenza della stagione 2017, il presidente onorario era Giampiero Boniperti. Ceo era Marotta, direttore sportivo Paratici. Oggi dopo Agnelli è rimasto Nedved. Dai vertici alle basi dirigenziali non c’è più storia della Juve, è difficile pensare ormai anche Nedved come esempio della grande cultura juventina.
È come se il giovane Agnelli, l’intera nuova generazione delle varie anime della famiglia, si fosse chiusa sulla propria gioventù rifiutando il passato. Non c’è più tradizione, senso dei costumi, in questa Juve. Non tramanda. Perché eliminare da ragazzi Del Piero, Vialli, Tardelli, lo stesso Chiellini, Platini? Chi insegna oggi il senso vero della Juve?
Di fedele è rimasto Allegri, che però ha un difetto: ha un contratto che lo rende più forte della stessa Juve: quattro anni a 9 milioni netti, una settantina nel totale lordo. Tra i suoi dirigenti, chi può essere sicuro di essere ancora lì fra quattro anni? Forse nemmeno Agnelli. È questa oscillazione di forze che ha reso poco gestibile la Juve. Ognuno difende se stesso, si trincera dietro un’idea non gradita all’altro. La selezione dei giocatori diventa casuale per eccezionalità del periodo e per filosofie di gestioni contrastanti. Certo, il calcio è un gioco che alla fine si gioca sul campo. Ma in queste condizioni sbagliare diventa in fretta un’abitudine.
CorSera
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Certo che 4 anni di contratto sono davvero tantini...
il.classico 2 + 1 e sarebbe stata una cosa più gestibile.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Finchè si continua a puntare l'obiettivo sull'allenatore o su questioni metafisiche (gli uomini che devono trasmettere la juventinità sono gli stessi che c'erano anche nel '19 quando si vinceva, per rispondere a Sconcerti) non si avrà intero tutto il quadro.
Giocano i giocatori. E' una squadra, ormai lo ripeto ad ogni post e da mesi, che manca di un attacco credibile e di una prima punta di ruolo. Il centrocampo è inschierabile e non segna. Sarri la definì una rosa "inallenabile", ovvero in qualunque modo la sistemi in campo rimane disarmonica.
Lo stesso Allegri lo disse due anni fa che c'erano da cambiare tanti giocatori...ma preferirono cambiare l'allenatore...e Sarri non è che giocò meglio, ma avendo Ronaldo che copriva le magagne si riuscì a restare a galla. Con Pirlo già meno e adesso il vuoto.
Ci sono passaggi simili nella storia dei club, ne ho vissuti già altri: è inutile consultare chissà quali oracoli: se hai la squadra forte vinci, se hai una squadra esaurita perdi.
Il primo responsabile è comunque la società. I "quarantenni rampanti", convintisi di essere infallibili, sono finiti in un vicolo cieco.
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Roma, Mourinho: ''C'è troppa negatività, ora ho capito perché questa è una piazza difficile''
Incalzato sul tema dei giocatori esclusi (e nuovamente non convocati), il tecnico portoghese reagisce così: ''Si vede sempre il lato negativo, altri club sono più protetti''. Arriva il Milan: ''Grande lavoro di Pioli, la società si è evoluta''. L'ex El Shaaarawy favorito su Mkhitaryan
"Ora inizio a capire perché si dice che Roma sia una piazza difficile, magari gli altri club sono più protetti, senti più positività dalla gente di casa. A Roma questo non esiste, però è divertente così". Incalzato sul tema degli esclusi (i vari Diawara, Villar, Borja Mayoral e Reynolds, nuovamente non convocati per la partita contro il Milan), José Mourinho non le manda a dire in conferenza stampa: "Voi siete sempre bravi a trovare il lato negativo di ogni situazione. Anche per questo discorso giocatori, si pensa sempre a chiedere di loro anziché sottolineare che la Roma porta in panchina 6 o 7 giocatori con meno di 20 anni".
"Milan si è evoluto"
Parlando invece di chi scenderà in campo, i giallorossi avranno un compito simile ad una settimana fa contro il Napoli: fermare la corsa della capolista. Domenica scorsa gli azzurri di Spaletti, adesso il Milan di Pioli. Mourinho spende belle parole sul Diavolo: "Sarà un piacere per me conoscere Pioli, quando ho allenato in Italia precedentemente non ho avuto modo di affrontarlo - spiega il tecnico portoghese - Con il Milan ha fatto un grande lavoro, magari simile a quello che dovrò fare io qui. Ha tanto merito nei risultati che ha ottenuto l'anno scorso e che sta continuando ad ottenere, ma va sottolineato anche il lavoro della società alle sue spalle.
Dietro di lui ci stanno persone importantissime come Paolo Maldini, hanno una struttura ormai stabile, un'ottima rosa che migliorano mercato dopo mercato. Se paragoniamo la squadra che aveva Pioli all'inizio della sua avventura e quella di ora c'è un abisso, c'è stata un'evoluzione del club, sono tornati in Champions e lottano sempre nelle zone alte della classifica".
El Shaarawy insidia Mkhitaryan
Con la panchina "dimezzata" Mourinho si affiderà a quelli che possono ormai definiti fedelissimi. Un possibile cambio potrebbe essere l'inserimento del grande ex El Shaarawy al posto di Mkhitaryan: "Sta facendo bene ma non è più un ragazzino, ha già giocato domenica contro il Napoli e all'intervallo a Cagliari ho deciso di cambiare anche per avere più profondità. Non vi dico chi gioca, ma Henrikh è fondamentale per noi. E' un mio fedelissimo come tutti, anche Fuzato che non ha giocato un minuto finora lo è". Troppi approcci "morbidi" nella ripresa, Mou risponde così: "Per me sarebbe più frustrante entrare in campo e prendere gol nei primi 5 minuti piuttosto che a inizio ripresa".
Spinazzola quasi pronto
Mourinho parla poi del rendimento della Roma contro le grandi: "La vittoria è fondamentale sempre. Non solo contro il Milan. Con il Napoli abbiamo visto una squadra che all'ultimo minuto voleva vincere e che all'ultimo corner sembrava si giocasse la vita. Questo atteggiamento porta gente allo stadio nonostante le sconfitte o la vergogna di Bodo". E poi arrivano buone notizie su Spinazzola: "Sta bene, il recupero procede nel modo corretto. Lo specialista che lo ha operato è stato qui due giorni e ha controllato: tutto va benissimo e non ci sono passi indietro. Ma non voglio fare previsioni sul ritorno in campo".
Incalzato sul tema dei giocatori esclusi (e nuovamente non convocati), il tecnico portoghese reagisce così: ''Si vede sempre il lato negativo, a…
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Finchè si continua a puntare l'obiettivo sull'allenatore o su questioni metafisiche (gli uomini che devono trasmettere la juventinità sono gli stessi che c'erano anche nel '19 quando si vinceva, per rispondere a Sconcerti) non si avrà intero tutto il quadro.
Giocano i giocatori. E' una squadra, ormai lo ripeto ad ogni post e da mesi, che manca di un attacco credibile e di una prima punta di ruolo. Il centrocampo è inschierabile e non segna. Sarri la definì una rosa "inallenabile", ovvero in qualunque modo la sistemi in campo rimane disarmonica.
Lo stesso Allegri lo disse due anni fa che c'erano da cambiare tanti giocatori...ma preferirono cambiare l'allenatore...e Sarri non è che giocò meglio, ma avendo Ronaldo che copriva le magagne si riuscì a restare a galla. Con Pirlo già meno e adesso il vuoto.
Ci sono passaggi simili nella storia dei club, ne ho vissuti già altri: è inutile consultare chissà quali oracoli: se hai la squadra forte vinci, se hai una squadra esaurita perdi.
Il primo responsabile è comunque la società. I "quarantenni rampanti", convintisi di essere infallibili, sono finiti in un vicolo cieco.
aggiungo che in questi 2 anni sono pure stati fatti acquisti in peggio, la rosa è pure peggiorata e di brutto
Originariamente Scritto da Marco pl
i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
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