Originariamente Scritto da Sean
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Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioIl successore ha fatto peggio, da quanto leggo anche io.
Qui però si tratta di calcio, di gestire una azienda calcistica a tutto tondo, dal merchandising ai budget ai rapporti coi dirigenti e i procuratori. Arrivabene è descritto come un duro e questa nel mondo del calcio è una qualità.
Inoltre ha un corriculum che spazia dalla Marlboro alla Ferrari, quindi parliamo di un uomo di lunga esperienza aziendale e di assoluta fiducia per l'azionista di riferimento. Il resto lo scopriremo osservandolo al lavoro.
Ma lo sa com'è fatto un pallone?
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".
(L. Pirandello)
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Originariamente Scritto da sylvester Visualizza MessaggioMa lo sa com'è fatto un pallone?
E' tifoso della Juve, è dal 2012 nel cda della Juve, almeno le regole del gioco credo le conosca comunque tra i suoi compiti non ci sarà il mercato, quello spetta a Cherubini (e Allegri, se è vera la voce sui suoi maggiori poteri).Last edited by Sean; 31-05-2021, 00:38:44....ma di noi
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@NicoSchira
Continuano i contatti per Maurizio #Sarri alla #Lazio: il tecnico chiede un triennale da €4M a stagione. #Lotito parte da €2,5M come base fissa più bonus (premio Qualificazione Champions di 0,5M). Intanto Tare continua a tenere in caldo anche le altre opzioni, ma Sarri intriga...ma di noi
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Tra i 4 chiesti e i 2,5 offerti c'è una certa distanza...vediamo se Lotito si decide a sganciare per una volta senza badare al soldo.Last edited by Sean; 31-05-2021, 00:48:38....ma di noi
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Vedrai che chiudono a 3 e mezzo...
Ma da Sarri quali altre squadre è richiesto?
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".
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Originariamente Scritto da sylvester Visualizza MessaggioVedrai che chiudono a 3 e mezzo...
Ma Sarri che altre richieste ha?
Le ignoro. Fino a prima della Lazio non gli era stata accostata nessuna squadra....ma di noi
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioLe ignoro. Fino a prima della Lazio non gli era stata accostata nessuna squadra.
Allora.facciamo che chiudono a 3...
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".
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@sirolopez
Sergio Ramos is leaving Real Madrid....ma di noi
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioNasser...ma sei parente, piu' o meno alla lontana, di Mario?
Inviato dal mio SM-G986B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SPANATEMELAparliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentusOriginariamente Scritto da GoodBoy!ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
grazie.
PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio@sirolopez
Sergio Ramos is leaving Real Madrid.I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioE' tifoso del Milan grazie a Maldini. Io un pensierino ce lo farei. Certo...dubito che gli bastino 5-6 milioni all'anno...ma magari ne ha abbastanza dei soldi che ha gia'.
Inviato dal mio SM-G988B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Manchester City, i sette peccati di Guardiola: così Pep ha perso la Champions
Senza un mediano di ruolo, con Gundogan arretrato e De Bruyne avanzato, ali troppo larghe e Foden fuori ruolo. E ancora, la difesa scomposta e i cambi scontati. Per il tecnico catalano una notte di errori fatali contro il Chelsea
Passerà alla storia come la finale che Guardiola ha tradito, più ancora che perso, con sinistre somiglianze con il quarto di finale del 2020 contro il Lione: è forse la vocazione all’autolesionismo di un genio inquieto? Questi, in ogni caso, sono i sette errori rinfacciati a Pep nella terribile notte di Porto.
1) Il mediano mancante
Il centrocampo del City è abituato ad avere un perno arretrato molto solido, quasi bloccato: quello che a Barcellona era Busquets, qui sono il più esperto Fernandinho o il più fresco Rodri. Sono loro, elementi tattici quant’altri mai, a garantire equilibri e protezione e a consentire l’impiego in contemporanea di quattro o addirittura cinque giocatori smaccatamente offensivi. Perché rinunciare a questa certezza proprio in finale e proprio contro un squadra pericolosa soprattutto tra la linea di difesa e quella di centrocampo (lì dove avrebbe dovuto operare il perno di Guardiola), affidando le mansioni difensive a un giocatore di enorme valore assoluto ma normalizzato, se schierato in quel ruolo, in cui gli altri due sono molto più capaci?
2) Il capocannoniere arretrato
Gündogan è il migliore realizzatore della squadra (17 gol) non per caso: quando parte dalla posizione di mezzala, soprattutto a sinistra, ha tempi di inserimento formidabili e un’intesa naturale con Foden e De Bruyne in particolare, che sanno come mandarlo in porta nei tempi e nei modi precisi. Nella stagione del City è stata un’arma fondamentale, che però Guardiola ha disattivato inchiodando il tedesco a 50 metri dalla porta.
3) Il creatore ingabbiato
De Bruyne è uno dei tre centrocampisti più forti al mondo. Ha una visione di gioco straordinaria, sa tagliare il campo con passaggi che improvvisamente ribaltano il fronte o scovare linee di passaggio invisibili per i calciatori normali. Eppure Guardiola gli ha chiesto (ma glielo chiede spesso) di fare non tanto il centravanti, quanto l’elemento più avanzato della squadra, quello che il passaggio deve suggerirlo invece di distribuirlo. Avrebbe senso se per fare arrivare la palla al distante De Bruyne ci fosse stato un De Bruyne, che invece non c’era. C’era al contrario un lanciatore sublime costretto a fare il ricevitore impacciato.
4) Le ali allargate
Guardiola ha due dribblatori straordinari, Mahrez a destra e Foden a sinistra. Hanno modi diversi ma ugualmente efficaci di eludere il difensore: il primo inganna con la finta, il secondo ti fulmina con lo scatto. Sono micidiali quando saltano l’uomo nei pressi dell’area perché dopo il dribbling possono andare subito al tiro, ma al Dragao Guardiola ne ha rimpiazzato uno dei due (Sterling al posto di Foden) e li ha allargati a più posso, sistemandoli all’altezza della linea laterale a fare uno contro uno con James e Chilwell, che hanno stravinto il duello perché l’ala larga è più pratica da marcare e perché l’idea di Pep (usare l’esterno come appoggio per l’inserimento di una delle tante mezzali) è naufragata di fronte alla lucidità con cui il quadrilatero composto da Azpilicueta, Kanté, Jorginho e Rüdiger ha coperto gli spazi e anticipato i movimenti.
5) Il genio snaturato
Si diceva di Foden, fortissimo come ala sinistra ma bravo anche come attaccante centrale. A Porto, invece, Guardiola gli ha dato una posizione ibrida sul centro-sinistra, che lo ha limitato molto. Errore raddoppiato dal fatto che all’ala ha messo Sterling, che era giù di forma da un pezzo e lo si è visto anche in finale: la sua pericolosità è durata una decina di minuti.
6) La difesa scomposta
Guardiola vuole che la squadra difenda a quattro e attacchi a tre, con un terzino (nello specifico, Walker) che si affianca ai due marcatori e un altro (Zinchenko) che in impostazione s’accentra e si trasforma in mezzala: in fase di possesso il modulo diventa 3-1-3-3 (o 3-1-6, vista l’assenza di una vera linea d’attacco). È lo stesso meccanismo che Pirlo ha cercato di introdurre alla Juve, con risultati modesti. Tornando al City, questo sistema modulabile non ha prodotto la sperata superiorità numerica a centrocampo perché il Chelsea, che di giocatori offensivi ne ha messi solo tre, ha sempre difeso a linee strette e inoltre ha saputo ribaltare il gioco con rapidità, cogliendo almeno quattro volte il City di sorpresa nel passaggio dalla conformazione a tre (con la linea di difesa molto alta e i tre elementi troppo distanti tra loro) a quella a quattro. Quando il Chelsea ha segnato, tutti i difensori del City si sono mossi per riguadagnare la posizione con troppe frazioni di fatale ritardo.
7) I cambi scontati
Guardiola non ha voluto correggersi nell’intervallo, nonostante il dominio tattico del Chelsea nel primo tempo fosse stato lampante. Ha poi invece dovuto cambiare per obbligo: a causa dell’infortunio di De Bruyne ha finalmente chiamato in causa un attaccante puro, Gabriel Jesus, che ha immediatamente dato un riferimento al gioco del City. L’errore di Guardiola è stato di esagerare: inserendo anche Agüero ha solo intasato gli spazi e mettendo Fernandinho per sganciare Gündogan non ha tenuto conto che il tedesco non avrebbe più potuto trovare un varco della densità difensiva che il Chelsea a quel punto stava opponendo. Le rare occasioni di pericolosità sono arrivate quando Mahrez o Foden sono riusciti a saltare l’uomo, quindi grazie a qualche giocata individuale. Nel frattempo, il sofisticato impianto collettivo era già collassato.
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Allegria, passione e coraggio: il calcio di Tuchel, l'uomo che sa sempre trovare una soluzione
Così il tecnico tedesco ha battuto Guardiola e regalato la Champions al Chelsea. Il laboratorio di Magonza, l'equilibrio tra libertà e disciplina, il primo incontro con Abramovich
"Volevamo essere il sassolino nelle loro scarpe", ha detto alla fine Thomas Tuchel con quel ghigno tutto suo, mezzo ingenuo e mezzo sardonico. Ma il senso è quello: torturare con il fastidio di un imprevisto minimo la sofisticatezza di una scientifica teoria elaborata per la sola pretesa di essere originale. Filosofia 0 Espediente 1, ha riassunto il Times: due parole e un paio di cifre per raccontare come lo sfavorito può vincere una Champions. Come un sassolino può mandare all'aria un cammino segnato. Come certe volte basta così poco.
La versatilità di un timido estroverso
Tuchel ha l'adattabilità, dalla sua. Nel suo calcio immaginario somiglierebbe molto a Guardiola e, se potesse, filosoferebbe molto anche lui, ma poi ha imparato che la versatilità è una dote non meno importante della creatività, della genialità. È il terzo allenatore tedesco di fila a vincere la Champions, eppure non ci sono tratti comuni tra il metallaro Klopp, il normalizzatore Flick e l'enigmatico Tuchel, uno che sta avendo successo perché riesce ancora a sfuggire a ogni definizione. Preso di persona è più ironico e alla mano di quello che sembra, ha una semplicità nei rapporti che stride con quell'atteggiamento di chiusura che a volte traspare. È un timido, ma un uno di quei timidi che, se passi la soglia della timidezza, ti spalanca un mondo di estroversione.
Il laboratorio di Magonza
Incontrammo Tuchel per la prima volta nel 2010 a Mainz (noi la chiamiamo Magonza): con quel piccolo club di provincia aveva appena vinto le prime sette partite di Bundesliga, eguagliando un record che apparteneva a Bayern e Kaiserlautern. Poi rallentò (alle fine fu quinto), ma è in quella squadra di sconosciuti (tolto il giovanissimo Schürrle, che farà carriera altrove) che Tuchel è stato davvero lui, senza compromessi. La squadra si allenava in un campo appena fuori dal centro, aperta agli occhi dei passanti: i pensionati stavano sul marciapiede a seguire i lavori con le braccia dietro la schiena, come davanti a un cantiere. Erano allenamenti condotti a velocità impensabile per quei tempi in cui l'intensità non era ancora un dogma: erano basati sul movimento collettivo attorno a due perni fissi, i due centrocampisti centrali, a giudizio del tecnico gli elementi che "fanno" la squadra. A loro, più che gioco e geometrie chiede raccordo, occhio, senso della posizione, lucidità, visione. Sono dei collanti, prima di tutto, e in questo senso Jorginho e Kanté rappresentano la coppia ideale. A Parigi avanzava spesso Marquinhos, perché aveva magari centrocampisti di bel tocco e buone intuizioni, ma nessuno col cervello così fino.
L'equilibrio tra libertà e disciplina
A Magonza, Tuchel insegnava l'equilibrio tra libertà e disciplina, valore a cui è rimasto ancorato e che sostiene vada applicato nella vita come nella tattica in campo. Un altro caposaldo era il dialogo: parlava molto con i giocatori, prendendoli uno a uno, allargando il colloquio alle cose della vita per capire meglio quelle di calcio. Ha continuato a farlo anche dopo, quando ha cominciato a confrontarsi con i divi milionari, e infatti a Parigi ha avuto un buon rapporto con Mbappé e soprattutto co Neymar, che non è un tipo facile e l'equilibrio tra libertà e disciplina lo ha spesso spezzato. Se la sua panchina parigina è saltata è perché è con Leonardo, che non è riuscito a legare: Tuchel aveva idee, la società ne aveva delle altre e quando l'allenatore ha cominciato a rinfacciarlo in pubblico, il suo destino si è segnato. Ma farsi cacciare dal Psg porta bene, visto che l'altro campione d'Europa 2020/2021 è Emery, il predecessore di Tuchel.
La tattica, i dvd, il registro degli errori
Già a Magonza, Tuchel era versatile: non aveva un sistema di gioco fisso e poteva cambiare impostazione di partita in partita. All'inizio della settimana presentava la sue intenzioni alla squadra e chiedeva ai giocatori che esprimessero opinioni e suggerimenti, poi lui faceva una sintesi. Ai ciascuno dei suoi uomini lasciava un cd con un breve riassunto, una decina di minuti, dell'ultima prestazione a livello individuale: non c'erano commenti, era il giocatore che doveva capire i suoi errori e provare a risolverli. E nello spogliatoio teneva un registro con le statistiche di ciascuno a disposizione di tutti. Così, se scoprivi che avevi magari sbagliato tre passaggi su dieci, sapevi di doverti impegnare per alzare la media.
Il rapporto con Neymar
Sono espedienti che con il tempo ha dovuto accantonare, o perfezionarli per adattarli a realtà più complesse, a gruppi di lavoro più frastagliati, a uomini spesso impossibili da domare, da catalogare, da normalizzare. A Parigi ha finito per diminuire l'intensità degli allenamenti, perché il Psg non era una squadra fanatica della fatica, al contrario. Ma al Chelsea ha ripreso il filo, anche perché in Inghilterra è tutto più semplice: basta buttare il pallone tra ventidue giocatori e quelli si scanneranno come se ogni partitella fosse la finale della Coppa del Mondo.
Allegria, passione e coraggio
Ad ogni modo, a Magonza come a Parigi come a Londra, Tuchel ha preservato un altro principio: allenarsi in allegria per poi giocare con passione. Difatti alla vigilia della finale ai suoi ha chiesto semplicemente coraggio, mentre Guardiola parlava di piani e di strategie e di visioni. Due mediani con il cervello, tre attaccanti da sguinzagliare e un mare di coraggio: è il calcio di Tuchel, forse è il calcio e basta.
Il primo incontro con Abramovich
Poi, anche lui è appeso a un filo come ogni allenatore del Chelsea perché, agli occhi degli inglesi, Abramovich è uno Zamparini che ce l'ha fatta: ai loro occhi è un'assurdità che un club abbia cambiato 17 allenatori in 18 anni. La Premier è abituata alla stabilità tecnica, ma i Blues fanno eccezione, e d'altronde hanno raggiunto tre finali di Champions (di cui due vinte) e conquistato due Europa League con allenatori subentrati in corso opera. E l'ultima, Sarri l'ha alzata quando ormai era un esonerato virtuale. Tuchel, che è a Londra da poco di più di quattro mesi, ha conosciuto Abramovich soltanto mercoledì sera a Porto, a fine partita, sul prato dove stavano festeggiando. "E' stato un bel momento per il nostro primo incontro", ha detto l'allenatore senza nascondere un filo di acida ironia, ma al Chelsea funziona così: ti affidano un compito e poi ti lasciano fare, ma se non lo completi te lo tolgono e chiamano un altro, senza pensarci due volte.
Contratto breve per una panchina instabile
Tuchel ha firmato un contratto di appena un anno e mezzo: "All'inizio mi sono preoccupato, mi chiedevo perché mi avessero offerto così poco tempo. Ma poi ho realizzato che anche se avessi avuto un quadriennale avrebbero potuto licenziarmi dopo sei mesi, e la preoccupazione mi è passata". In questi anni, Abramovich ha speso 110 milioni di euro per risarcire gli allenatori che ha esonerato (Conte fa la parte del leone: è quello che ne ha presi di più), ma Tuchel non si fisserà su queste cose. Un espediente sa sempre come trovarlo.
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Pioli; "Un Milan più forte, è l'anno delle conferme, miglioreremo il gruppo"
Stefano Pioli, stabile nel ciclone delle panchine: l'aspetta il rinnovo con il Milan oltre il 2022.
"Non è la priorità. Con Maldini e Massara si parlerà soprattutto di come migliorare la squadra".
La attende di sicuro il sorteggio di Champions, il 26 agosto: il grande risveglio del Milan dopo 7 anni?
"La bella addormentata si risveglierà nella sua casa: in mezzo ai più grandi club. Prima dell'Atalanta ho chiesto ai ragazzi: volete ancora giocare col Rio Ave o è ora di City, Psg, Bayern?".
Siete numero 53 del ranking Uefa.
"Un po' strano che i vicecampioni d'Italia siano messi in quarta fascia. Ma vogliamo crescere: affrontare le più forti aiuta, dovrà essere l'anno della nostra conferma".
Ha spezzato il sortilegio Champions: mago, esorcista o ciclista, con la volata al fotofinish?
"Solo fortunato a lavorare in questo club e con questo gruppo. Mi sarebbe piaciuto ripercorrere il Giro del mio idolo Bugno, in rosa dalla prima all'ultima tappa. Ma il calo era normale. Non abbiamo mai avuto dubbi sui principi di gioco, lavorando sui particolari".
Sembravate troppo sbilanciati.
"Il sistema è molto più fluido di quanto dicano le formule: cambiamo spesso nella costruzione, per ottenere la superiorità numerica. Preparare la partita, coi giocatori sempre partecipi, è la cosa più bella per me. Gli accorgimenti sono studiati".
Come nella serata decisiva?
"Quando andavamo a mille, potevamo aggredire gli avversari fino alla loro area. Con l'Atalanta abbiamo evitato di difenderci in parità numerica, con umiltà".
Lei diceva: non immagino un Milan senza Donnarumma.
"Professionista esemplare, concentrato sul campo. Poi una trattativa può funzionare oppure no. Ci siamo sentiti e ringraziati a vicenda, è un rapporto sincero. Gli ho fatto gli auguri per l'Europeo".
Maldini dice: scordatevi il mercato di Berlusconi, bisogna essere creativi.
"La creatività i miei dirigenti l'hanno già dimostrata. A parte Ibra, sul quale avevo ovviamente espresso parere positivo, penso a Kjaer e Saelemaekers, a Tomori che non conoscevo, se non per uno spezzone. Qualunque sarà il budget, il nome Milan continua a essere un richiamo. L'importante è avere costruito una base di 10-12 giocatori da squadra di vertice, come Hernandez, Tomori, Kjaer, Kessié, Calabria, Çala, Ibra. Ora dobbiamo migliorare il gruppo: la conferma è sempre la cosa più difficile".
Teme analogie col secondo anno alla Lazio, caduta ai play-off di Champions?
"Qui il secondo l'ho già scavallato, allora non affrontai di petto alcune dinamiche di gruppo. Da lì ho smesso di mediare, a costo di decisioni impopolari".
Il 2-0 di Bergamo ha chiuso il cerchio dello 0-5 nel 2019?
"Le grandi delusioni ti aiutano a crescere. Quel Natale difficile ci ha dato lo spunto per cambiare sistema di gioco, prendere Ibra, fare un mercato in uscita mirato".
Ibra ha giocato metà delle partite.
"Mi dispiace per gli infortuni di Mandzukic, scelto per alternarsi con lui senza che calasse il livello. Zlatan non potrà giocarle tutte. Sa quando forzare: il rapporto è sincero. La Champions è meno pesante dell'Europa League il giovedì. Ma ci vuole il quarto attaccante".
Nomi maturi o linea giovane?
"Se nei 5 campionati principali siamo la squadra più giovane tra le prime, è perché abbiamo dimostrato maturità. Che non è questione di età, ma di atteggiamento. Nel calcio moderno servono giocatori con due doti: intelligenza e capacità di strappare, di accelerare. Prima il Milan era monopasso, oggi bisogna reggere l'uno contro uno a campo aperto".
Un calcio box to box, stile basket?
"È finito il 'meglio non prenderle'. All'estero si prepara la partita per esaltare le proprie qualità".
È Kessié il nuovo leader?
"Ne abbiamo più di uno, lo è anche Kjaer. Franck nelle difficoltà è il riferimento dei compagni. Fino a un minuto prima dell'allenamento è lì che balla e sembra che non gli interessi, poi è un esempio per tutti".
Quanto tempo per tornare sul tetto d'Europa?
"Il Milan deve tornarci. L'unico rimpianto è l'eliminazione con lo United: il gol annullato a Kessié a Manchester e il ritorno senza Ibra, Rebic e Leao. Si dice che le italiane non abbiano ritmo e intensità, ma noi in Europa non siamo mai andati in difficoltà. Però da qui a pensare di potersela giocare con Chelsea, Bayern, City e compagnia c'è un percorso di crescita, fatto di anni in Champions".
Invece il tetto d'Italia è più vicino?
"Un passo per volta. L'Inter ci ha messo anni e investimenti, la Juventus sarà di nuovo tra le favorite. Noi non dobbiamo perdere determinazione ed entusiasmo".
Il podio della A è tutto lombardo.
"Milano è al centro di tutto, traina l'economia: è giusto che sia tornata in cima. La nostra proprietà ci sostiene e ci tutela. L'Atalanta è una società fortissima e asseconda Gasperini, grandissimo allenatore".
Ma era esclusa dalla Superlega: Shevchenko ha detto a "Repubblica" che con una coppa vietata alla Dinamo Kiev nessuno si sarebbe accorto di lui.
"La meritocrazia è alla base dello sport, però Uefa e Fifa devono chiedersi perché club così importanti hanno pensato alla scissione. Significa che il sistema ha fallito".
Barça, Real e Juve rischiano la Champions.
"A me sembra inevitabile un tavolo tra le componenti del calcio europeo, per sviluppare il prodotto: servono confronti e cambiamenti".
Intanto sta tornando il pubblico.
"Fine di un incubo. Penso a cosa ci siamo persi, negli stadi di Celtic, Stella Rossa e United vuoti, e al calore dei tifosi a Milanello, prima di Bergamo. Con loro a San Siro, non avremmo dovuto aspettare l'ultima giornata per qualificarci".
E la vistosa differenza di rendimento casa-trasferta, concetti virtuali a porte chiuse?
"Non siamo mai mancati nel controllo del gioco, ma in casa abbiamo dati molto negativi nell'uno contro uno offensivo: non abbiamo tanti giocatori che saltano l'avversario".
Giusto mantenere le 5 sostituzioni?
"Sì, con 23 giocatori in lista non è positivo che 8-9 si sentano estranei alla partita".
Ancora Shevchenko: per il fuorigioco vanno valutati solo petto e ginocchia.
"In effetti il fuorigioco millimetrico mi mette in difficoltà, faccio fatica anche col replay".
Var e rigori: le accuse al Milan per i 20 a favore?
"Non mi toccano: ne avremmo meritati di più. Il Var torni alle origini: intervento in caso di errore evidente dell'arbitro. E poi basta fidarsi del fermo immagine: sullo slancio, un contatto in foto lo vedi sempre, ma il calcio non è mica statico. Mi permetto anche un consiglio al designatore Rizzoli, che stimo: coppie fisse arbitro-Var, che si alternino nei due ruoli per affinare uno stesso modo di arbitrare. Oggi cambiano di continuo: si nota spesso scarsa simbiosi".
Il 26 agosto 2015 il Leverkusen spinse la sua Lazio fuori dalla Champions: 6 anni dopo c'è il risarcimento?
"Sarà la mia prima Champions. È una crescita continua: la passione mi permette di essere curioso, voglioso di migliorare. Mi sento completo. Ma ho voglia di cimentarmi contro i più grandi allenatori".
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