Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    De Laurentiis show: "Callejon e Mertens? Vadano a far le marchette in Cina a vivere anni di m..."

    Aurelio De Laurentiis ci va giù pesantissimo su Dries Mertens e José Callejon, calciatori in scadenza di contratto che al momento non hanno raggiunto un accordo per il rinnovo. Interrogato sul tema a margine dell'intervista concessa ai media presenti a Palazzo San Giacomo, il numero uno del Napoli ha risposto così: "Non sono assolutamente disposto a fare uno sforzo importante. Se uno vuole fare le marchette in Cina per vivere due o tre anni di * questo è un problema suo nel quale non posso entrare. Se considerano i soldi un fine andassero in Cina, io non posso considerare la Cina una concorrenza".

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    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
    popoli studiosi scriveranno
    forse, tra mille inverni
    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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      Il Napoli rimane ai livelli attuali grazie a De Laurentis ed al suo modo di fare. Se hai una certa' eta' ti puoi scordare certi ingaggi.
      I SUOI goals:
      -Serie A: 189
      -Serie B: 6
      -Super League: 5
      -Coppa Italia: 13
      -Chinese FA Cup: 1
      -Coppa UEFA: 5
      -Champions League: 13
      -Nazionale Under 21: 19
      -Nazionale: 19
      TOTALE: 270

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        De Laurentiis è un bravo presidente ma ha il difetto di parlare troppo. Nell'ultimo mese ha messo in discussione l'allenatore e adesso due titolari. Siccome la stagione è appena iniziata, si capisce che avvelenare da sè il clima interno non è una buona strategia per raggiungere gli obiettivi di squadra.
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          Allegri e il Manchester United: "Non parlo bene l’inglese, ma sto imparando"

          Il tecnico ex Juve: “Un rischio il primo anno a Torino, c’era da ricostruire. Ibra al Milan era sempre inc..., a Mandzukic devo molto”

          Sono settimane che Oltremanica il nome di Massimiliano Allegri viene associato alla panchina del Manchester United, complice il peggior inizio di stagione di sempre dei Red Devils in Premier League. “Non parlo inglese ancora abbastanza bene, ma sto imparando”, ha detto l’ex allenatore della Juventus nel corso del simposio della Football Coaches Association. Ma per quanto abbia provato a schivare la spinosa domanda con una battuta (da buon livornese), Allegri sa bene che il destino di Ole Gunnar Solskjaer è davvero appeso a un filo sempre più tenue, quindi meglio che si affretti a imparare l’idioma di Sua Maestà. Intervistato poi dal sito polacco Przeglad Sportowy, il 52enne tecnico si è definito “uno che ascolta più di quanto parli”, strategia che - a suo dire - si è rivelata vincente nelle sue cinque stagioni in bianconero.

          “Quando sono arrivato a Torino dopo Antonio Conte, molti hanno pensato che fossi fregato - ha spiegato Allegri - e che il ciclo vincente della Juventus fosse finito, perché la squadra era satura. Vero, la situazione non era perfetta, perché ho trovato una squadra che aveva bisogno di essere ricostruita, il che era eccitante, ma anche rischioso, perché potevi fallire e alla Juve il fallimento non è contemplato. Ecco perché ho dovuto cercare dei modi diversi per stimolare il gruppo, ho ascoltato e ho cambiato. Esistono due modi per essere un buon allenatore: autoritario e aperto. Io preferisco quest’ultimo, quindi ascolto più che parlare: in questo modo ricevo più informazioni dall’esterno, che cambiano positivamente il mio mondo, perché mi spingono a mettere in dubbio le mie idee. Se penso che qualcosa vada bene al cento per cento, ne sono preoccupato e mi consulto su questa opinione con chi mi sta attorno”.

          Ibra e Mandzu

          — Fra i tanti calciatori che ha allenato, il tecnico ne ricorda due in particolare, ovvero Zlatan Ibrahimovic e Mario Mandzukic che ha avuto, rispettivamente, al Milan e alla Juve e che, guarda caso, vengono indicati come possibili obiettivi del Manchester United che verrà (in realtà per lo svedese si tratterebbe eventualmente di un ritorno). “Al Milan Ibra era sempre inc.... perché gli altri non riuscivano a stare al passo con lui - ha raccontato ancora Allegri - e per due anni gli ho spiegato che gli altri non giocavano come lui e Ibra ha dovuto capire questa cosa. Un allenatore deve saper usare un giocatore per quanto può offrire ed è per questo che Mandzukic è così speciale per me, è un grande calciatore e mi ha dato un incredibile spazio di manovra. In passato ha spesso cambiato squadra, ma adesso è alla sua quinta stagione alla Juventus e questo è uno dei miei più grandi successi”.

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            Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza Messaggio
            Il Napoli rimane ai livelli attuali grazie a De Laurentis ed al suo modo di fare. Se hai una certa' eta' ti puoi scordare certi ingaggi.
            Mertens è pero' centrale in quella squadra. Se si puo' essere d'accordo sul fatto di non cedere a richieste di rinnovi ultramilionari (data l'età) lo si è meno sulla sparata pubblica...perchè adesso quello come ti gioca?
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              La Gazzetta dice che il Milan a gennaio deve vendere? Ma lo sanno che vendere a gennaio o a giugno non cambia niente, se non il risparmio di meta' ingaggio?
              I SUOI goals:
              -Serie A: 189
              -Serie B: 6
              -Super League: 5
              -Coppa Italia: 13
              -Chinese FA Cup: 1
              -Coppa UEFA: 5
              -Champions League: 13
              -Nazionale Under 21: 19
              -Nazionale: 19
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                Se per vendere intendono pezzi grossi come Donnarumma, non credo che la finestra invernale sia quella indicata...perchè di solito quegli affari non si fanno a gennaio...piuttosto appunto a giugno.
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                  Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                  Se per vendere intendono pezzi grossi come Donnarumma, non credo che la finestra invernale sia quella indicata...perchè di solito quegli affari non si fanno a gennaio...piuttosto appunto a giugno.
                  Invece dicono proprio che il Milan DEVE vendere a gennaio...i pezzi "pregiati"...Donnarumma, Suso, Romagnoli, Paqueta', Pjatek...
                  I SUOI goals:
                  -Serie A: 189
                  -Serie B: 6
                  -Super League: 5
                  -Coppa Italia: 13
                  -Chinese FA Cup: 1
                  -Coppa UEFA: 5
                  -Champions League: 13
                  -Nazionale Under 21: 19
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                    DeLa ne ha per tutti. Vediamo se più tardi esce online l'intervista completa:

                    ...ma di noi
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                    «nessun vincolo univa questi morti
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                      Napoli, De Laurentiis: ''Insigne deve capire cosa fare da grande. Nessun litigio con Ancelotti''

                      Il presidente bacchetta il capitano: ''Ha sempre avuto un atteggiamento di scomodità, se non viene utilizzato non può assumere atteggiamenti di sfida''. Sul rapporto col tecnico: ''Può restare qui dieci anni''. I rinnovi di Mertens e Callejon: ''Se vogliono i soldi vadano in Cina''

                      La firma della convenzione con il Comune di Napoli per l'uso dello stadio San Paolo (''Mi ero fermato con la convenzione perché avevo anticipato dei soldi che non mi erano stati restituiti, ora abbiamo chiuso") è stata l'occasione per Aurelio De Laurentiis di fare il punto sul momento che vive il Napoli: dalla vicenda Insigne ai rinnovi di Mertens e Callejon passando per il rapporto con Ancelotti e il mercato.

                      De Laurentiis: ''Insigne deve capire cosa vuole fare da grande''


                      Il presidente del Napoli non è tenero con il capitano, finito in tribuna a Genk dopo uno screzio con Ancelotti. "Non ero presente ieri a Castel Volturno al summit con Raiola e Ancelotti. Il problema Insigne non lo risolvo io, lo deve risolvere il signor Insigne in primis che deve capire da grande cosa vuole fare. Lui ha sempre avuto un atteggiamento di scomodità a Napoli. Io lo capisco, lo proteggo, mi sta molto simpatico ma lui ha sempre sentito scomoda la situazione napoletana. Deve tranquillizzarsi e diventare una persona più serena, deve capire che questa è casa sua, deve sorridere, ma questo è un problema suo, non glielo può risolvere Raiola (il suo procuratore, ndr), non glielo può risolvere Ancelotti. E' un grandissimo calciatore, può essere più in forma o meno in forma, se è meno in forma a giudizio dell'allenatore e non viene utilizzato non può uscirsene con battute o con atteggiamenti quasi di sfida perché l'allenatore è un padre di famiglia, ha 60 anni e solo per questo non lo manda a quel paese".

                      ''Ancelotti può restare dieci anni''


                      Quanto ad Ancelotti, De Laurentiis ribadisce di voler andare avanti: "Ho un allenatore molto bravo, con cui c'è un rapporto amichevole e di stima reciproca. Ho sentito e letto di tutto e di più, che io avrei litigato con Ancelotti, ma ho sempre detto che Ancelotti può restare qui anche dieci anni. Io sono per la continuità".

                      ''Mertens e Callejon? Non sono disposto a fare sforzo importante''

                      Chiaro il messaggio che De Laurentiis manda a Mertens e Callejon, entrambi in scadenza di contratto: "Non sono disposto a fare sforzi importanti, ogni giocatore ha un suo valore a seconda di dove gioca e che età ha. Se poi un giocatore vuole andare a fare le marchette in Cina perché viene strapagato questo è un problema suo. Non posso considerare
                      concorrenziale la Cina, che considero lontana. Se la considero vicina sono problemi loro, a me non riguardano. Nella vita bisogna scegliere se essere contenti e lavorare in quello che ti piace fare o se vuoi lavorare solo per soldi. Se consideri i soldi un fine, vadano in Cina".

                      ''Affezionato a Koulibaly ma prima o poi dovrò venderlo''

                      De Laurentiis affronta poi il tema mercato: "Io sono affezionato a Koulibaly e non l'ho venduto neanche per 150 milioni, poi arriverà un momento in cui Koulibaly bisognerà venderlo per forza". Su Fabian Ruiz: "Se io mi convinco a pagare 30 milioni uno che sembra uno sconosciuto 30 milioni non sono nato ieri. Chiaramente il giocatore vale, un conto è giocare in nazionale un altro farlo in un club che gioca ogni tre giorni. Abbiamo Fabian Ruiz ma chissà quanti altri ne troveremo, la porta è sempre aperta non bisogna mai affezionarsi a un giocatore".

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                        Esplode il caso Insigne nel Napoli, De Laurentiis lo tratta da bambino viziato, da potenziale campione mai maturato ad alto livello. Il capitano ha avuto troppi scontri col pubblico del San Paolo, Sarri prima e Ancelotti poi, e adesso anche col presidente. E’ quasi una dichiarazione di divorzio. Ma si era capito già da un po’ che nel Napoli di Ancelotti c’era qualcosa che non andava. E del resto già la classifica parlava chiaro…

                        "Il problema Insigne non lo risolvo io, lo deve risolvere il signor Insigne in primis che deve capire da grande cosa vuole fare. Lui ha sempre avuto un atteggiamento di scomodità a Napoli. Io lo capisco, lo proteggo, mi sta molto simpatico ma lui ha sempre sentito scomoda la situazione napoletana”

                        AURELIO DE LAURENTIIS


                        Il Napoli è una pentola in ebollizione, e non soltanto per i troppi passi falsi, la classifica deludente, i sei punti dalla Juve, l’idillio un po’ scemato con Ancelotti, i malumori del San Paolo e in generale le aspettative mancate.


                        Era un po’ di tempo che il presidente De Laurentiis non parlava, probabilmente proprio perché stava covando dei rancori verso la sua stessa squadra. Insigne come un bambino viziato, un potenziale campione mai maturato ad alto livello. E’ raro trovare un’intemerata del genere di un presidente contro un proprio giocatore. Negli anni Insigne, capitano ad honorem dopo la partenza di Hamsik, si è scontrato un po’ con tutti: col pubblico, con Sarri, con Ancelotti e più volte con De Laurentiis.

                        Adesso direi che siamo giunti all’apice, Insigne si ritiene un grande giocatore – e forse effettivamente lo è – e vuole da società e allenatori certi riconoscimenti, certe benefit, certe posizioni di privilegio che non gli vengono riconosciute. E’ considerato un giocatore come tutti gli altri, senza alcunché di speciale. Insigne è un ottimo fantasista, ma gli manca il cuore, la rabbia o anche la semplice capacità di farti vincere le partite da solo o quasi. Tende abbastanza facilmente, al contrario, alla depressione, a lasciarsi andare al tran tran, e soprattutto a innervosirsi ai primi fischi o ai richiami dalla panchina. Per cui il rapporto con Sarri prima e con Ancelotti poi si è presto incrinato.

                        Nell’ esplodere del “caso Insigne” c’è in piccolo e in proporzione tutta la difficoltà del Napoli di quest’anno a fare il grande salto e anzi ad averlo fatto addirittura al contrario. Già quest’estate ci si chiedeva e ci si interrogava se Insigne potesse rimanere al Napoli. Adesso direi che la risposta ce l’abbiamo e che la situazione sia comunque molto più chiara. Da oggi Insigne è un capitano a termine…

                        "Il problema Insigne non lo risolvo io, lo deve risolvere il signor Insigne in primis che deve capire da grande cosa vuole fare. Lui ha sempre avuto un atteggiamento di scomodità a Napoli. Io lo capisco, lo proteggo, mi sta molto simpatico ma lui ha sempre sentito scomoda la situazione napoletana" AURELIO DE LAURENTIIS Il Napoli è una pentola in ebollizione, e non soltanto per i troppi passi falsi, la classifica deludente, i sei punti dalla Juve, l'idillio un po' scemato con Ancelotti, i malumori del San Paolo e in generale le aspettative mancate. Era un po' di tempo che il presidente De Laurentiis non parlava, probabilmente proprio perché stava covando rancori verso la sua stessa squadra. Ne ha avute per tutti, tranne che per Ancelotti con cui si diceva avesse anche litigato è rotto e dice invece di voler stare altri dieci anni, ma soprattutto Mertens e Callejon possono pure andarsene in Cina, Koulibaly prima o poi sarà venduto, Fabian Ruiz pure: insomma tutti hanno un prezzo che
                        ...ma di noi
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                          Inter, un piccolo sorriso per Conte: Sensi pronto per il Sassuolo

                          Il centrocampista, infortunatosi contro la Juve, dovrebbe partire dalla panchina. In difesa Bastoni favorito su Godin

                          L'Inter ha iniziato il conto alla rovescia in vista della ripresa del campionato. I nerazzurri scenderanno in campo domenica all'ora di pranzo in trasferta contro il Sassuolo. E subito i numeri si presentano per dare l'allarme. Nelle ultime 5 sfide contro gli emiliani l'Inter non ha mai vinto: quattro sconfitte e un pareggio lo score. L'Inter riparte da qui con un obiettivo da centrare: conquistare i tre punti per dimenticare le sconfitte contro Barcellona e Juventus e cambiare le statistiche legate alle sfide con il Sassuolo. Antonio Conte, orfano di Danilo D'Ambrosio e Alexis Sanchez, si può consolare con il recupero di Stefano Sensi: l'ex, infortunatosi nel primo tempo del match contro la Juve, a meno di clamorosi colpi di scena inizierà dalla panchina.
                          Per quanto riguarda la difesa il ballottaggio è tra Bastoni e Godin, con il primo che sembra favorito, anche perché mercoledì c'è la sfida di Champions contro il Dortmund, un match da non sbagliare dopo il pareggio contro lo Slavia Praga e il kappaò contro il Barcellona. A centrocampo la certezza Brozovic dovrebbe essere affiancato da Barella e Gagliardini, a destra è favorito Candreva. Davanti con l'intoccabile Romelu Lukaku si giocano una maglia Matteo Politano e Lautaro Martinez di rientro oggi a Milano dopo le gare con l'Argentina.

                          Dall'Inghilterra, Matic-Inter primi contatti

                          Nel mentre, dall'Inghilterra confermano la possibilità che a gennaio Nemanja Matic arrivi in nerazzurro. Secondo il 'The Sun' l'operazione potrebbe decollare complice il fatto che il 31enne centrocampista viene utilizzato pochissimo. Matic sarebbe pronto a lasciare lo United, nel contempo Conte necessita di una pedina a centrocampo. E il giocatore dello United sarebbe un'opzione più economica rispetto ad altri centrocampisti che giocano in Europa.

                          Il centrocampista, infortunatosi contro la Juve, dovrebbe partire dalla panchina. In difesa Bastoni favorito su Godin
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                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Il doppio obiettivo del Milan sistemare classifica e bilancio

                            Pioli punta su Piatek per ripartire, quasi impossibile che a gennaio arrivino rinforzi

                            Spalle al muro, il Diavolo lo era già. E non da ieri. Da anni. Ma è indiscutibile che la notizia di quel buco da 155,9 milioni sia stata per tutti uno choc. L’ennesimo di questa cupa fase storica nella quale il Milan è imprigionato da molto, troppo tempo, e dalla quale sembra sempre più complesso uscire. Niente vittorie, niente ricavi: un circolo vizioso che lentamente ma inesorabilmente sta erodendo immagine e sogni di un club che negli ultimi anni si è avvitato su se stesso, perdendo il passo, mettendo a rischio appeal e credibilità.

                            Fra campo e conti, la luce non si vede. Nemmeno in lontananza. E l’impressione è che anche dentro al club ci sia qualcuno che solo adesso si sta realmente rendendo conto di quanto la situazione sia complessa. Da Casa Milan filtra con forza il messaggio che a gennaio non verranno ceduti i migliori. Anche perché, per inciso, vendere quando tutti sanno che nei hai bisogno estremo non è mai una buona idea. In più va detto che per Donnarumma e Suso non c’era la fila prima e non c’è ora. Implicitamente questo «non vendiamo» significa però anche un’altra cosa, e cioè che difficilmente ci saranno rinforzi veri, di peso, come aveva invece lasciato intendere Zvone Boban nel giorno della presentazione di Pioli. «Ci servirebbe qualche giocatore di esperienza», furono le parole dell’uomo mercato croato. Possibile, con un rosso di bilancio del genere? Servirà un mezzo miracolo. La verità è che questo Milan, dal pozzo, dovrà uscire da solo, con le proprie mani, un centimetro alla volta, come nel discorso di Al Pacino in «Ogni maledetta domenica». La svolta sul campo serve qui, adesso. Il Diavolo è a un bivio: ripartire o affondare. La scelta di esonerare Giampaolo per puntare tutto su Pioli nasce da questo, dalla necessità di non perdere altro tempo. Perché il tempo non c’è più.


                            Nonostante l’avvio critico, nonostante questa ennesima mazzata, i milanisti ci sono. Contro il Lecce sono attesi in 50mila. Di domenica sera, in posticipo. Un segnale forte, di vicinanza vera, da parte di un pubblico che però pretende un cambio di passo, una prova d’orgoglio. Tre delle prossime quattro gare saranno a San Siro, contro Spal e Lazio, con in mezzo la trasferta in casa della Roma. L’effetto San Siro potrebbe risultare decisivo, se la prima dovesse andare bene. Il piano di Pioli, scelto proprio perché specialista in subentri, è infatti finalizzato proprio a riaccendere il Milan nelle testa e nell’animo, prima che nel gioco. La rivoluzione della normalità: meno pensieri, più intensità.

                            Pioli s’affiderà con ogni probabilità a Piatek centravanti. Con Leao in panca o dirottato a sinistra. Una scelta chiara, di fiducia forte, non scontata, visto il rendimento del polacco. Per avere il quale, a gennaio Elliott ha speso 35 milioni, appesantendo quel bilancio che ora fa paura. Pioli, il Milan, hanno troppo bisogno del Pistolero. Non si può lasciare indietro nessuno, adesso. Dal pozzo si esce tutti insieme. O nessuno.


                            CorSera
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
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                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                            • Sean
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                              Sarri è già la mente della Juve: la sua è la rivoluzione della ragione

                              Col 4-3-3 e il tridente Costa-Higuain-Ronaldo il suo metodo Sarri, fatto di triangoli che si riproducono nello svolgimento dell’azione, può esaltarsi. Buffon: «Mai avuto un tecnico tanto esigente»

                              Il premio Nobel Mario Vargas Llosa, uno degli scrittori preferiti da Maurizio Sarri, sostiene che «l’autentico rivoluzionario è logico e freddo, non un sentimentale». Per conquistare il cuore di una squadra in effetti ci sono tanti modi, ma cominciare dal cervello forse è il migliore per impostare un rapporto solido e duraturo. Del resto successe anche nel passaggio tra Conte e Allegri: il primo aveva creato un binario e un metodo di lavoro molto precisi (e duri) da seguire, il secondo sciolse le briglie alla squadra, la aiutò nella gestione delle varie situazioni chiave durante una partita. E il risultato fu un ibrido perfetto, capace di volare fino alla finale di Champions a Berlino contro il Barcellona del trio meraviglia Messi-Neymar-Suarez. L’evoluzione della specie bianconera tiene ovviamente conto di un gruppo di giocatori che negli anni ha aumentato la sua forza. Ma anche l’ulteriore passaggio tra due sistemi totalmente diversi può servire a diventare una squadra ancora più forte, non a caso l’unica imbattuta tra campionato e Champions: la transizione dal calcio artistico, istintivo e situazionista, di Allegri al ferreo metodo sarriano alla ricerca dell’azione perfetta, provata e riprovata, sta già dando i primi risultati evidenti.

                              Non a caso in testa al campionato oggi ci sono due squadre e le ha entrambe a disposizione Sarri, che in sette giornate ha perso due punti con la Fiorentina ma ha già battuto Napoli e Inter. Da una parte c’è la Juve asimmetrica (per definizione dello stesso allenatore bianconero), quella che con il ritorno di Douglas Costa a disposizione però può ritrovare equilibrio e pericolosità già mostrati nella prima ora contro il Napoli a fine agosto. Col 4-3-3 e il tridente Costa-Higuain-Ronaldo il metodo Sarri, fatto di triangoli che si riproducono nello svolgimento dell’azione, meglio se a due tocchi, può esaltarsi: non per nulla è stato il punto da cui è partito l’allenatore per l’avventura più importante della sua carriera.


                              L’infortunio del brasiliano e la contemporanea assenza dei due terzini destri Danilo e De Sciglio hanno costretto Sarri ad accelerare il varo della Juve-2, quella con Cuadrado terzino e il trequartista, prima Ramsey e poi contro Leverkusen e Inter, Bernardeschi. Che non sia una soluzione di ripiego lo ha dimostrato la vittoria di San Siro con i 24 tocchi prima del gol decisivo di Higuain, ma anche la crescita nel gioco mostrata nelle due partite precedenti: in questo sistema la squadra è cortissima e sia Dybala che Higuain come partner di Ronaldo in attacco sembrano ancora più a loro agio, soprattutto l’argentino più giovane, che d’incanto una volta riavvicinato all’area ha ritrovato il gol e il sorriso.

                              A dimostrazione dell’impatto «culturale» fortissimo che ha avuto sulle due Juventus, Sarri è stato definito da Buffon «l’allenatore più esigente» tra quelli avuti in 18 anni di Juve. E adesso il tecnico ha davanti un calendario-laboratorio, con esami tosti, da non fallire, ma non impossibili per una squadra al quadrato: prima della prossima sosta per le Nazionali la Juve deve affrontare due volte la Lokomotiv Mosca in Champions, mentre in campionato riparte domani sera contro il Bologna, quindi affronterà Lecce, Genoa, il derby col Torino all’Olimpico e quindi il Milan allo Stadium. Un ciclo giusto per capire quale Juve preferisce Sarri. Anche se la via migliore sarà proprio quella di sfruttare l’abbondanza e la condizione dei singoli giocatori, per creare una specie di mostro a due teste, imprevedibile e ingestibile per gli avversari. Del resto innamorarsi di una sola Juve non sarebbe rivoluzionario.



                              CorSera
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                              «nessun vincolo univa questi morti
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                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                Da Sanchez a Zapata, quanti infortunati: una sosta da incubo per i club

                                Sono tanti i giocatori finiti ko con le nazionali. L'Inter la più penalizzata, oltre al cileno Conte dovrà fare a meno anche di D'Ambrosio. L'Atalanta perde il suo bomber, il Bologna Medel e Tomiyasu. Negli altri campionati out Neymar, Modric, Bale e Kanté

                                E' stata una sosta da incubo per gli allenatori di Serie A. Ogni volta i club salutano con apprensione i calciatori in partenza per gli impegni con le rispettive Nazionali. Mai come in questa occasione i timori si sono concretizzati. Le notizie peggiori sono arrivate alla Pinetina. Per Antonio Conte è stata una mazzata l'infortunio di Alexis Sanchez alla caviglia sinistra, provocato da uno scontro di gioco con lo juventino Cuadrado nell'amichevole tra Cile e Colombia ad Alicante in Spagna. El Nino Maravilla è stato operato ieri a Barcellona e tornerà a inizio 2020.

                                Ko azzurri


                                Attacco interista in emergenza. Ma non sono stati risparmiati nemmeno gli altri reparti. La squadra nerazzurra perde anche il titolare della fascia destra: D'Ambrosio è stato fermato dalla frattura di una falange del quarto dito del piede destro nel corso di Italia-Grecia. Dovrebbe tornare a fine mese. La partita dell'Olimpico, che ha regalato alla Nazionale la qualificazione anticipata a Euro 2020, è risultata indigesta pure a Federico Chiesa, vittima di un problema muscolare. Ma nel caso dell'attaccante viola sono state escluse complicazioni: potrebbe essere in campo già contro il Brescia lunedì sera.

                                Amichevole nefasta

                                L'amichevole tra Cile e Colombia ha fatto disperare molti allenatori di Serie A, non solo Conte. Ad Alicante si sono fatti male anche Zapata e Medel. Per l'attaccante dell'Atalanta probabile lesione muscolare all'adduttore della gamba destra, ma per determinare l'entità dello stop occorrerà aspettare altri esami in programma lunedì. Infortunio muscolare alla coscia destra anche per il centrocampista del Bologna che comunque non avrebbe potuto giocare contro la Juventus causa squalifica. Ma dovrà saltare anche le prossime uscite: per l'ex interista un mese di stop. I rossoblù devono rinunciare anche al giapponese Tomiyasu, finito ko (per il nipponico coscia sinistra) durante l'amichevole tra la selezione del Sol Levante e la Mongolia. Dovrà stare fermo 40 giorni.

                                Sollievo per Lozano

                                De Zerbi non potrà contare sul rumeno Chiriches nella partita tra Sassuolo e Inter: il difensore ha accusato un problema muscolare nella partita con le Isole Faroe, valida per le qualificazioni agli Europei 2020. Allarme rientrato per Lozano che era uscito in barella nel corso della partita tra Messico e Panama. I giorni successivi alla partita hanno escluso problemi seri: solo una botta. L'attaccante del Napoli è a disposizione di Ancelotti. Non ha nulla a che vedere con il campo invece quello che è successo al nigeriano Ola Aina che si è fatto male cadendo nella sua casa di Londra mentre festeggiava il suo 23esimo compleanno. Per l'ex Chelsea niente amichevole contro il Brasile a Singapore. Ma l'esterno del Torino si è già ripreso e sarà regolarmente in campo a Udine.

                                Problema internazionale

                                Il problema riguarda ogni campionato. E' lungo l'elenco delle stelle internazionali uscite acciaccate dalle partite degli ultimi giorni in Nazionale: ne fanno parte Neymar (stop di un mese), Modric, Bale e Kantè. E' una tassa quasi inevitabile soprattutto ad alto livello. I calciatori delle grandi squadra praticamente non fanno più la preparazione estiva visto che partono dopo una decina di giorni di ritiro per le tournée in America o Asia. E successivamente non si fermano quasi mai visto che devono rispondere alle chiamate dei rispettivi Ct con il corollario di lunghi voli spesso intercontinentali. Così ogni sosta spaventa gli allenatori di club.

                                Sono tanti i giocatori finiti ko con le nazionali. L'Inter la più penalizzata, oltre al cileno Conte dovrà fare a meno anche di D'Ambrosi…
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