Dopo Pioli al Milan cambia anche la Sampdoria con Ranieri al posto di Di Francesco. E’ lo stesso identico cambio che si è verificato alla Roma nel marzo scorso. Si cambia per cambiare, senza alcuna garanzia di fare meglio, perché i risultati comandano e tutto il resto è teatro. E agli allenatori, ovviamente, sta benissimo così…
Dopo Pioli al posto di Giampaolo al Milan, Ranieri al posto di Di Francesco alla Sampdoria. Nel secondo caso siamo addirittura al paradosso, Ranieri rileva la panchina di Di Francesco esattamente come accadde nel marzo scorso alla Roma. Situazione non solo paradossale ma soprattutto kafkiana, che mostra l’improbabilità e anche i limiti dell’ambiente del calcio, professionalità messe continuamente in discussione, i risultati a governare il sistema. Il resto è tutto teatro.
Non c’è una logica in tutto questo, l’esonero e il rimpiazzo con un nuovo allenatore fa parte della giostra del campionato che bene o male ogni tanto rinnova i suoi partecipanti e da una scossa ai meccanismi per suscitare qualche brivido in più.
L’esonero talvolta paga (vedi Mihajlovic subentrato al Bologna lo scorso anno al posto di Inzaghi), altre volte no (vedi Montella al posto di Pioli alla Fiorentina la scorsa stagione, o Prandelli al Genoa dopo Ballardini e Juric un anno fa). Si cambia allenatore anche per non rimanere inerti di fronte alla classifica che peggiora, alle contestazioni, alla depressione dell’ambiente. Molto spesso l’esonero viene a tentare di rimediare un errore di scelta iniziale, ma non c’è alcuna garanzia di svolta. Bene o male è una giostra, un circo di personaggi che si alternano, uno spettacolo stanco che cerca qualche colpo di scena. Agli allenatori sta benissimo così, collezionano esoneri ma anche incarichi e contratti che bene o male soddisfano tutti. Altrimenti molti di loro finirebbero con l’uscire dal giro ed entrare nel dimenticatoio.
Dopo Pioli al posto di Giampaolo al Milan, Ranieri al posto di Di Francesco alla Sampdoria. Nel secondo caso siamo addirittura al paradosso, Ranieri rileva la panchina di Di Francesco esattamente come accadde nel marzo scorso alla Roma. Situazione non solo paradossale ma soprattutto kafkiana, che mostra l’improbabilità e anche i limiti dell’ambiente del calcio, professionalità messe continuamente in discussione, i risultati a governare il sistema. Il resto è tutto teatro.
Non c’è una logica in tutto questo, l’esonero e il rimpiazzo con un nuovo allenatore fa parte della giostra del campionato che bene o male ogni tanto rinnova i suoi partecipanti e da una scossa ai meccanismi per suscitare qualche brivido in più.
L’esonero talvolta paga (vedi Mihajlovic subentrato al Bologna lo scorso anno al posto di Inzaghi), altre volte no (vedi Montella al posto di Pioli alla Fiorentina la scorsa stagione, o Prandelli al Genoa dopo Ballardini e Juric un anno fa). Si cambia allenatore anche per non rimanere inerti di fronte alla classifica che peggiora, alle contestazioni, alla depressione dell’ambiente. Molto spesso l’esonero viene a tentare di rimediare un errore di scelta iniziale, ma non c’è alcuna garanzia di svolta. Bene o male è una giostra, un circo di personaggi che si alternano, uno spettacolo stanco che cerca qualche colpo di scena. Agli allenatori sta benissimo così, collezionano esoneri ma anche incarichi e contratti che bene o male soddisfano tutti. Altrimenti molti di loro finirebbero con l’uscire dal giro ed entrare nel dimenticatoio.
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