Il Milan sulla scala a Pioli: Spalletti affare abortito per questione di soldi
La società rossonera esonera Giampaolo e cambia ancora. La squadra depressa va riaccesa col nuovo allenatore, visto come un normalizzatore di un gruppo che pare in tilt
Si cambia. Un’altra volta. Dal progetto Giampaolo, durato la miseria di cento giorni, al piano Pioli. La rivoluzione della normalità, nelle intenzioni. In attesa di capire se porterà a una svolta sul campo, improrogabile visto l’avvio al rallentatore di questo Milan che va riacceso prima nella testa che nelle gambe, si può già dire che si tratta di una svolta ideologica. Dal talebano al normalizzatore, dall’uomo dei sogni all’uomo dell’equilibrio. Di sicuro qualcosa serviva, in questo senso. La confusione, tattica e non solo, era evidente. Anziché migliorare, col passare delle settimane il Milan è peggiorato. Nel gioco, nella mentalità. La scelta di Stefano Pioli va in questa direzione: normalizzare un gruppo finito in tilt (anche) per le troppe istruzioni. Il suo slogan sarà «semplicità». Come quando si presentò all’Inter, nel novembre del 2016, per prendere il posto di De Boer. E disse: «Non vendo illusioni, i miei concetti sono chiari: difendere bene, attaccare bene». Il «testa alta e giocare a calcio» col quale Marco Giampaolo si presentò a luglio per ora finisce in soffitta. Il primo obiettivo del Diavolo, ora, è riaprire una stagione che rischia di essere finita quasi prima di iniziare.
Arrivato martedì sera a Milano, dopo che nelle ore precedenti aveva già discusso telefonicamente del progetto tecnico con Maldini e Boban, Pioli, assistito dall’agente Gabriele Giuffrida, firmerà mercoledì mattina un contratto biennale. Esiste però un gentlemen’s agreement fra le parti secondo il quale, se non dovesse raggiungere la qualificazione alle coppe europee, l’accordo si scioglierebbe automaticamente a giugno. Guadagnerà 1,5 milioni netti all’anno, stipendio ben inferiore a quello che Elliott era pronto a riconoscere a Spalletti, che era la prima scelta.
Lusingato all’idea di risvegliare l’orgoglio rossonero e dopo essersi accordato per un ingaggio di 5 milioni, Luciano aveva provato a vincere le resistenze dell’Inter nella notte di lunedì inviando un messaggio a Steven Zhang. Nonostante l’affetto che lo lega all’allenatore toscano, il presidente nerazzurro ha ribadito la linea societaria. Ha spiegato cioè a Spalletti che non gli sarebbe stato corrisposto un anno di stipendio per consentirgli di allenare il Milan. «Pagare sei mesi è elegante, oltre è da stupidi» osservano dalla sede nerazzurra. Il Milan dal canto suo non se l’è sentita di coprire, al posto dei nerazzurri, le richieste economiche del tecnico di tre milioni. L’accordo è saltato e ha avuto effetti anche altrove. Pioli era nel mirino delle due genovesi, che invece ora restano in attesa. Il Genoa ha confermato Andreazzoli, la Samp invece sceglierà fra De Biasi, favorito, Iachini e Gattuso.
Da Spalletti, il Milan è passato quindi al piano B. Pioli, che ritroverà il fedelissimo Biglia e che nello staff porterà il figlio Gianmarco ed erediterà da Giampaolo il preparatore dei portieri Gigi Turci, avrà il non facile compito di traghettare la squadra fuori dalla crisi. Boban e Maldini garantiscono per lui, sono convinti che possa farcela. Perché ciò accada, dovranno stargli vicino: la gente milanista, estenuata dai troppi anni bui, non sembra aver granché gradito la scelta. Domenica 20 ottobre la prima partita con il Lecce, a San Siro, in un clima di grande attesa. Si sono visti debutti più complicati. Anche se per il Milan, da troppo tempo, tutto sembra sempre maledettamente complicato.
CorSera
La società rossonera esonera Giampaolo e cambia ancora. La squadra depressa va riaccesa col nuovo allenatore, visto come un normalizzatore di un gruppo che pare in tilt
Si cambia. Un’altra volta. Dal progetto Giampaolo, durato la miseria di cento giorni, al piano Pioli. La rivoluzione della normalità, nelle intenzioni. In attesa di capire se porterà a una svolta sul campo, improrogabile visto l’avvio al rallentatore di questo Milan che va riacceso prima nella testa che nelle gambe, si può già dire che si tratta di una svolta ideologica. Dal talebano al normalizzatore, dall’uomo dei sogni all’uomo dell’equilibrio. Di sicuro qualcosa serviva, in questo senso. La confusione, tattica e non solo, era evidente. Anziché migliorare, col passare delle settimane il Milan è peggiorato. Nel gioco, nella mentalità. La scelta di Stefano Pioli va in questa direzione: normalizzare un gruppo finito in tilt (anche) per le troppe istruzioni. Il suo slogan sarà «semplicità». Come quando si presentò all’Inter, nel novembre del 2016, per prendere il posto di De Boer. E disse: «Non vendo illusioni, i miei concetti sono chiari: difendere bene, attaccare bene». Il «testa alta e giocare a calcio» col quale Marco Giampaolo si presentò a luglio per ora finisce in soffitta. Il primo obiettivo del Diavolo, ora, è riaprire una stagione che rischia di essere finita quasi prima di iniziare.
Arrivato martedì sera a Milano, dopo che nelle ore precedenti aveva già discusso telefonicamente del progetto tecnico con Maldini e Boban, Pioli, assistito dall’agente Gabriele Giuffrida, firmerà mercoledì mattina un contratto biennale. Esiste però un gentlemen’s agreement fra le parti secondo il quale, se non dovesse raggiungere la qualificazione alle coppe europee, l’accordo si scioglierebbe automaticamente a giugno. Guadagnerà 1,5 milioni netti all’anno, stipendio ben inferiore a quello che Elliott era pronto a riconoscere a Spalletti, che era la prima scelta.
Lusingato all’idea di risvegliare l’orgoglio rossonero e dopo essersi accordato per un ingaggio di 5 milioni, Luciano aveva provato a vincere le resistenze dell’Inter nella notte di lunedì inviando un messaggio a Steven Zhang. Nonostante l’affetto che lo lega all’allenatore toscano, il presidente nerazzurro ha ribadito la linea societaria. Ha spiegato cioè a Spalletti che non gli sarebbe stato corrisposto un anno di stipendio per consentirgli di allenare il Milan. «Pagare sei mesi è elegante, oltre è da stupidi» osservano dalla sede nerazzurra. Il Milan dal canto suo non se l’è sentita di coprire, al posto dei nerazzurri, le richieste economiche del tecnico di tre milioni. L’accordo è saltato e ha avuto effetti anche altrove. Pioli era nel mirino delle due genovesi, che invece ora restano in attesa. Il Genoa ha confermato Andreazzoli, la Samp invece sceglierà fra De Biasi, favorito, Iachini e Gattuso.
Da Spalletti, il Milan è passato quindi al piano B. Pioli, che ritroverà il fedelissimo Biglia e che nello staff porterà il figlio Gianmarco ed erediterà da Giampaolo il preparatore dei portieri Gigi Turci, avrà il non facile compito di traghettare la squadra fuori dalla crisi. Boban e Maldini garantiscono per lui, sono convinti che possa farcela. Perché ciò accada, dovranno stargli vicino: la gente milanista, estenuata dai troppi anni bui, non sembra aver granché gradito la scelta. Domenica 20 ottobre la prima partita con il Lecce, a San Siro, in un clima di grande attesa. Si sono visti debutti più complicati. Anche se per il Milan, da troppo tempo, tutto sembra sempre maledettamente complicato.
CorSera
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