Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • TheSandman
    Ex Presidente
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    Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
    Milan, Spalletti si complica: il nodo è la buonuscita dall’Inter

    L'ad nerazzurro Marotta potrebbe liberare il tecnico, pagandogli qualche mese di stipendio, ma non c'è ancora stato l'incontro


    Luciano Spalletti ha detto sì al Milan: nelle ultime ore l'ex allenatore dell’Inter (che aveva smentito la notizia solo pochi giorni fa) ha sciolto le riserve e ora sta trattando con i dirigenti rossoneri per trovare un accordo su contratto e ingaggio, anche se lunedì sera da fonti rossonere hanno calcato la mano sui problemi contrattuali con l’Inter. L’allenatore è infatti ancora sotto contratto con i nerazzurri, e starebbe cercando l’accordo dell’ad nerazzurro Giuseppe Marotta, intenzionato a liberarlo. La richiesta do Spalletti è un anno di stipendio (il tecnico toscano ne ha ancora due, a 5 milioni netti). Insomma: sarebbe un affare anche per i nerazzurri. Si lavora quindi per trovare un’intesa che vada bene a tutti: Milan, Inter, Spalletti.

    Spalletti e il Milan stanno discutendo in queste ore sulla base di un contratto triennale. Pioli era una soluzione proposta da Maldini e Boban ma bocciata da Gazidis, ritenendo l’ex guida della Fiorentina un profilo troppo basso per guidare il rilancio (tra l’altro la proprietà è sensibile agli umori della piazza che non sarebbe entusiasta dell’arrivo di un tecnico reduce appunto da un’esperienza non entusiasmante a Firenze). Anche Ranieri e Prandelli non convincevano fino in fondo. Un’altra idea era Rudi Garcia, ma ha già un accordo di massima col Monaco, resta anche l’ipotesi di un «Papa straniero».


    Spettatori interessati alla vicenda sono Ferrero e Preziosi, entrambi in fase di riflessione dopo i risultati disastrosi di Di Francesco - lunedì ha rescisso il contratto - e Andreazzoli sulle panchine delle genovesi. Con la cordata di Vialli che si è sfilata dalla trattativa di acquisizione della Samp, Pioli sembra poco orientato ad accettare questa destinazione. Crescono le chance del Genoa.

    Marco Giampaolo si trova nella sua casa di Gallarate. Non è tornato a Giulianova, nonostante i tre giorni di riposo. Gli allenamenti, per chi non è partito con le Nazionali, riprenderanno mercoledì. Segno che il tecnico abruzzese aveva capito, già dalla notte di Marassi, che il suo destino era segnato. Il suo contratto scade il 30 giugno 2021. Il prossimo allenatore sarà il nono a guidare il Milan nelle ultime sette stagioni.

    CorSera
    Perdonatemi, io magari da dietro lo schermo sarò più altezzoso di Boban quando dietro il bancone di Sky faceva il "sotuttoio" e poi si è visto ora che fa il dirigente cosa sa fare in realtà, ma...

    ....ma come è possibile, a livello tecnico-tattico, passare in 2 ore da Spalletti a Pioli? o anche da Pioli a Spalletti sarebbe stata la stessa cosa eh...

    Cioè a prescindere che Pioli è un allenatore che sarebbe già delegittimato in partenza, perchè chiunque sa che l'anno prossimo mai e poi mai verrebbe riconfermato, ma sembrano forse due allenatori che hanno le stesse idee di gioco?

    Cioè la dirigenza deve valutare il materiale che ha in mano, pensare a un progetto e darlo in mano a chi più sembra in grado di portare la barca verso quel porto, magari se ti salta il tuo primo candidato punta a un altro candidato che anche in scala 1:1000000 si avvicina a quelle idee, non a chi propone un gioco totalemtne diverso...
    Last edited by TheSandman; 08-10-2019, 00:54:10.


    Tessera N° 6

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    • Steel77
      Super Moderator
      • Feb 2002
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      Originariamente Scritto da Zbigniew Visualizza Messaggio
      Puoi inoltrare richiesta al Tribunale del Riesame, ma che io sappia - il regolamento l'ho letto l'ultima volta molto tempo fa - se Steel respinge la domanda la sanzione aumenta e si applica anche al sottonick.
      Originariamente Scritto da Sidius Visualizza Messaggio
      “Ma non è questo il giorno”! cit.
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      Originariamente Scritto da Sidius Visualizza Messaggio
      Dio mio non si può vedere sta roba, non riconoscerò i miei stessi post
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      Originariamente Scritto da Zbigniew Visualizza Messaggio
      Magari Steel si commuove e annulla la pena. Può darsi.
      "Ho sempre confidato nella gentilezza degli sconosciuti"*
      *(frase detta al dottore che la stava internando).


      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
      Una volta mi ci sono trovato in un bar con una squadra "femminile"...ci vuole coraggio per trovare elementi di femminilità in quello spettacolo che mi sono ho visto pararmisi davanti. Una squadra di rugby avrebbe avuto più grazia.
      ahahahah

      Originariamente Scritto da DR. MERDONSO Visualizza Messaggio
      Io per questo non mi sento di criticarlo, anzi mi diede molto fastidio che volete cedere dybala
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      ottima consecutio


      Originariamente Scritto da THE ALEX Visualizza Messaggio
      Voglio quest'uomo in staff.....
      prepara l'offerta x la prossima sessione di mercato!

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      • robybaggio10
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        • Dec 2011
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        • Franciacorta
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        Originariamente Scritto da TheSandman Visualizza Messaggio
        Piatek può diventare un campione nel fare gol.

        Un campione è chi fa nella migliore espressione possibile una determinata cosa.

        Inzaghi che apporto dava alla manovra? Che cosa sapeva fare se non segnare?

        Inzaghi qualcuno vuole venirci a spiegare che quindi non era un campione? Ha fatto una doppietta in finale di Champions....

        Piatek l'anno scorso ha fatto 20 e rotti gol. Ha segnato contro la Juventus, ha ribaltato il Napoli pressochè da solo in coppa Italia.

        Signori, non sarà Suarez, ma in serie A vale ALMENO un Duvan Zapata?

        Eppure sta facendo ribrezzo.

        Improvvisamente prende 4 ogni santa domenica...

        Può essere un'ipotesi che non sia diventato un cesso lui dall'oggi al domani, ma che l'allenatore stia facendo rendere i giocatori meno di quanto potrebbero?
        E' la stessa cosa che ho detto io. Poi sul termine campione, per ognuno ha un suo significato. Inzaghi col senno di poi e' stato un campione, perche' ha fatto goal importanti. Pjatek potra' diventarlo, chi lo sa...ma oper ora di sicuro non lo e'. Shevchenko era un fuoriclasse. Van Basten un fenomeno. Messi un extraterrestre.
        I SUOI goals:
        -Serie A: 189
        -Serie B: 6
        -Super League: 5
        -Coppa Italia: 13
        -Chinese FA Cup: 1
        -Coppa UEFA: 5
        -Champions League: 13
        -Nazionale Under 21: 19
        -Nazionale: 19
        TOTALE: 270

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        • DR. CACARELLA
          Bodyweb Advanced
          • May 2011
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          Con pioli arrivate dritti in serie b

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          Cura il tuo corpo come un tempio
          Originariamente Scritto da M K K
          Desade grazie di esistere
          Originariamente Scritto da AK_47
          si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.

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          • DR. CACARELLA
            Bodyweb Advanced
            • May 2011
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            Ahaha steel era un voleva

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            Cura il tuo corpo come un tempio
            Originariamente Scritto da M K K
            Desade grazie di esistere
            Originariamente Scritto da AK_47
            si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.

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            • robybaggio10
              Bodyweb Senior
              • Dec 2011
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              • Franciacorta
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              Originariamente Scritto da DR. MERDONSO Visualizza Messaggio
              Con pioli arrivate dritti in serie b

              Inviato dal mio POCOPHONE F1 utilizzando Tapatalk
              Neanche Pioli puo' fare peggio di Giampaolo. Basta mettere in campo i meno peggio...cosa che Giampaolo non faceva.
              I SUOI goals:
              -Serie A: 189
              -Serie B: 6
              -Super League: 5
              -Coppa Italia: 13
              -Chinese FA Cup: 1
              -Coppa UEFA: 5
              -Champions League: 13
              -Nazionale Under 21: 19
              -Nazionale: 19
              TOTALE: 270

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              • sylvester
                Bodyweb Senior
                • Dec 2004
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                Non ci sono soldi.
                Sono sono in confusione?

                Donadoni e Tassotti come secondo.
                Con opzione per il secondo anno.

                Ma è così difficile? Cosa avrebbe Pioli più di Donadoni??









                "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
                Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
                vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

                (L. Pirandello)

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                • Sean
                  Csar
                  • Sep 2007
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                  • In piedi tra le rovine
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                  Il Milan ha deciso per l’esonero di Giampaolo e cercare un altro allenatore in panchina. Gazidis, Boban e Maldini vogliono dimostrare di avere club e squadra in pugno, di essere pronti a decidere per il meglio dei rossoneri. In realtà non si difendono nemmeno le poche idee che si hanno

                  Via Giampaolo avanti un altro. Probabilmente Pioli, forse addirittura Spalletti. Giampaolo non ha mai avuto in mano il Milan, ha sempre dato l’impressione di maneggiare un oggetto scomodo, quasi scottante. Per questo viene fatto fuori dopo una vittoria in trasferta, rocambolesca e quasi casuale. Ma nel Milan di questi anni non è la prima volta che allenatore e squadra si infilano in un tunnel buio, e non sempre il Milan, l’ha risolta con l’esonero dell’allenatore. Stavolta sembra esserci una conduzione molto più rabbiosa e determinata della crisi, quasi il Milan non volesse perdere tempo o sentirsi dire di aver trascurato il problema. Come se corresse per un traguardo superiore o molto ambizioso. Gazidis, Boban e Maldini vogliono dimostrare di avere il Milan in pugno e guidarlo con decisione e sicurezza. La sensazione è che ci si agiti senza un’idea precisa e soprattutto senza avere la forza di mantenere e difendere le poche che si hanno.

                  DA GIAMPAOLO A PIOLI, UN CAMBIO TRA UGUALI E LA MODESTIA DEL MILAN OGGI Può essere che Stefano Pioli porti il Milan in Champions League, molto più probabilmente farà un po' meglio di quel che non è riuscito a fare Marco Giampaolo. Anzi ne sfrutterà gli errori e l'esperienza, e forse, alla fine, farà quello che avrebbe fatto anche Giampaolo stesso. Gli allenatori appartengono più o meno alla stessa categoria, sono ottimi professionisti, non grandi allenatori, tantomeno delle star. Non c'è un grande senso logico nel passare da Giampaolo a Pioli – con Spalletti sarebbe stato oggettivamente diverso, ma è ormai un allenatore a carissimo prezzo -, si smuovono solo un po' le acque. Perché così fanno tutti, e molto banalmente ci provi. Posto che Giampaolo fosse addirittura da cambiare - e non è detto - perché il Milan oggi non è una macchina da Champions League ma una squadra immodestita da dieci stagioni mediocri (dallo scudetto della gestione Allegri – 2011), in cui il massimo delle
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
                  nella necropoli deserta»

                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                  • Sean
                    Csar
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                    Panchina Milan, testa a testa Spalletti-Pioli: questione di soldi

                    È rottura con Giampaolo, si punta forte su due ex tecnici nerazzurri. Spalletti è la prima scelta, ma ha problemi di buonuscita milionaria con l’Inter. Pioli tiene sospesa Genova

                    Il normalizzatore Pioli sta per sorpassare all’ultima curva la garanzia Champions Spalletti? Ore caldissime al quarto piano di Casa Milan dove l’esonero di Giampaolo è stato deciso nei fatti ma non comunicato per mancanza di immediati sostituti. Maldini e Boban spingono per un quadro già definito nella giornata di oggi, visto che domani la squadra riprenderà ad allenarsi. Fonti inglesi vicine a Elliott, riferiscono invece che la proprietà non ha fretta di chiudere subito. Meglio prendersi qualche ora in più e scegliere il profilo migliore che sbagliare ancora. Spalletti rischia di restare un sogno, perché Pioli, iniziale piano B, è in rimonta e la pista che porta a Marcelino, ex allenatore Valencia, molto più sfumata. I manager rossoneri spingono per un tecnico italiano e che già conosca la Serie A.

                    Ma andiamo con ordine.Tra Spalletti e l’Inter non c’è l’accordo sulla risoluzione del contratto. Il tecnico, furibondo per il licenziamento subìto dai nerazzurri che pur aveva condotto in Champions, ha chiesto al suo ex club, a cui è ancora legato da un contratto fino al 2021, il versamento di un anno di stipendio. L’ad interista Beppe Marotta non è disposto ad andare oltre i sei mesi, di cui tre già pagati.

                    Per la cronaca, l’ingaggio che la società di Zhang è tenuta a corrispondergli è di 5,4 milioni netti a stagione, più i bonus. Grava per 25 milioni lordi sul bilancio del Biscione per i prossimi due anni, questo compresi i costi per lo staff e il pagamento dei premi che i nerazzurri sono obbligati a versagli nonostante non sia più in panchina. L’Inter nel contatto telefonico di ieri pomeriggio ha gelato il tecnico toscano proponendo la copertura di soli tre mesi, da aggiungersi al trimestre già pagato. Morale: 7 milioni lordi totali. Davanti alla riluttanza di Spalletti, gli sarebbe stato risposto: «O dai le dimissioni o non ci vai».


                    La tensione è ovviamente altissima, perché Luciano si sente tradito dal suo ex amministratore delegato che ha garantito a Conte il doppio dello stipendio che veniva corrisposto a lui e rinforzi sul mercato che invano aveva chiesto.

                    Per attraversare il Naviglio e vestire la casacca del Diavolo, Luciano Spalletti, disoccupato di lusso diviso tra l’appartamento al Bosco Verticale a Milano e la tenuta in Toscana, è disposto ad accettare la proposta di contratto biennale da 5 milioni a stagione del Milan. Ci sono però due ostacoli, propriamente non secondari, alla firma con i rossoneri: il mancato accordo sull’entità della buonuscita che si attende da Beppe Marotta e il tempo risicato a disposizione per raggiungere un’intesa con il nuovo club.

                    Sarebbe pronto ad affrontare la sfida del rilancio del Milan, che «solo uno dotato di lucida follia potrebbe raccogliere». Lo entusiasma il progetto dei giovani e la convivenza con Maldini e Boban. Non lo spaventa nemmeno il fatto di lavorare con una proprietà straniera perché fra la Roma di Pallotta e l’Inter dei cinesi si è abituato. Però siccome è diventata una questione di principio non intende concedere sconti ai nerazzurri. Suning da par suo fa muro e non è disposto a slanci di generosità.

                    In questa situazione confusa il Milan — nonostante non tutti in società siano convinti della scelta — ieri in serata ha di nuovo avviato i contatti con l’ex tecnico della Fiorentina Stefano Pioli che, non a caso, aveva tenuto in stand by Genoa e Samp, entrambe alla ricerca di un nuovo allenatore. Se Spalletti non troverà nelle prossime ore un accordo con l’Inter per la rescissione del contratto, Pioli diventerà la nuova guida del Milan, dopo esserlo già stato (anche lui) dell’Inter. Non è escluso che già oggi incontri a Milano Maldini e Boban per discutere del progetto.


                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • Sean
                      Csar
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                      • In piedi tra le rovine
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                      Milan-Giampaolo, un fallimento sulle spalle di tutti. Ora serve chiarezza

                      Nessuno può abiurare la scelta dell’estate. Il tecnico sconta l’eccessiva arrendevolezza in fase di mercato, il Diavolo è diventato una somma di debolezze

                      «È stata una decisione facile perché Marco porta il bel gioco che ha sempre contraddistinto il club. Quando Paolo mi ha chiesto chi pensassi fosse un allenatore da Milan, io gli ho risposto subito Giampaolo. Paolo mi ha poi confessato che nella sua testa c’era già solo lui: ci siamo confrontati con Gazidis e abbiamo proceduto». Parole e musica di Zvone Boban (Paolo è ovviamente Maldini): era l’8 luglio, l’occasione la presentazione del nuovo tecnico del Milan (l’ennesimo: il prossimo sarà il nono in sette anni). Una decisione condivisa a tutti i livelli dirigenziali, che nessuno può quindi abiurare, una decisione che non ha pagato, anche se un esonero dopo sette giornate è un record di precocità. Giampaolo sconta l’eccessiva arrendevolezza in fase di mercato, quando non si è imposto per avere uomini funzionali al suo gioco, e l’eccessiva intransigenza dopo, nelle scelte di formazione e nell’ostracismo verso i nuovi acquisti. Alla fine, il Milan è diventato una somma di debolezze. Che dirigenti prestigiosi non hanno al momento curato. A maggior ragione se dovesse saltare un’alternativa di peso come Spalletti (per di più per questioni di soldi): chiunque dovesse sedersi su quella panchina lo farebbe con l’etichetta del piano B, o C, stampata in fronte. Pioli è l’alternativa difesa da Maldini, alla fine condivisa da Gazidis, ma depotenziata da Elliott non appena partorita. Non il migliore degli inizi.

                      Chissà dunque che questa situazione caotica non finisca per portare prima o poi un po’ di chiarezza: magari capiremo chi comanda nel Milan, che vive ancora il paradosso di un ad, Gazidis, arrivato con ottime referenze (e compenso in linea) proprio per tenere in mano la barra del comando e non certo per fare solo il direttore commerciale. Infine, con un nuovo allenatore sapremo se i giocatori, a partire dagli acquisti, valgono quanto sostengono proprietà e dirigenti. Cambiare ancora la panchina, ha almeno il pregio di ridurre gli alibi.

                      CorSera
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
                      popoli studiosi scriveranno
                      forse, tra mille inverni
                      «nessun vincolo univa questi morti
                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
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                        Milan, Giampaolo paga l’integralismo e il primo atto contro il Genoa

                        Il progetto dell’allenatore non esiste più, sfumato, frantumato dopo solo 7 giornate. Ma per risolvere i guai di una squadra a volte cacciare l’allenatore aiuta, non sempre basta

                        Titoli di coda. Di una storia mai nata, di un racconto mai iniziato. Che arrivi Spalletti, Pioli o chissà chi altro, è una questione che riguarda il domani, il futuro, il Milan che verrà. L’unica certezza dell’oggi è che il progetto Giampaolo non esiste più. Svanito, sfumato, frantumato. Dopo solo sette giornate. Insieme alla grande occasione di un allenatore che dopo una gavetta lunga una vita sognava una storia diversa, un finale diverso. E forse lo meritava anche, come se lo meriterebbero tutti quelli che partono da lontano, i figli di nessuno, senza spinte né compromessi. Nei romanzi va così. La vita è diversa. Il calcio è diverso.

                        Perché nella vita e nel calcio senza compromessi non si va lontano. Se Marco Giampaolo ha commesso errori, e ne ha commessi, è stato proprio nell’intestardirsi su certe scelte. «Sono un talebano» ha detto più volte. Gli integralismi non sono però mai una buona idea. Fissarsi col trequartista quando il trequartista non ce l’hai è un esempio di integralismo. Inutile, dannoso. La conversione a un sistema più logico, il tridente, è arrivata solo dopo aver sprecato due mesi di lavoro. Il peccato originale.


                        Poi si può discutere sul fatto che gli accordi fossero diversi, che dal mercato un trequartista sarebbe dovuto arrivare, ma è un altro discorso. Le colpe sono di tutti. Giocatori che non rendono, proprietà distante, dirigenti che non hanno trovato il modo di dare al tecnico ciò che al tecnico serviva. Ma Giampaolo, e questo è indiscutibile, ci ha messo del suo. La strampalata formazione di partenza contro il Genoa, con Leao e Paquetá fuori, è stato il punto di non ritorno. Una scelta poi corretta all’intervallo, ma che nella testa dei dirigenti rappresentava la prova dello stato di confusione del tecnico. È a quel punto che anche Maldini, che lo aveva scelto con forza e che lo ha poi difeso durante i primi flop, s’è dovuto arrendere. Per adeguarsi alla linea di Boban, che fin dai primi giorni non aveva risparmiato critiche, anche pubbliche, verso un tecnico che aveva avallato ma non scelto.

                        La verità è che nei suoi cento giorni al comando Giampaolo e il Milan non sono mai stati realmente in sintonia. Dopo una prima parte d’estate convincente, il Diavolo è sparito. La sconfitta di Udine ha aperto la crisi già alla prima giornata. I dubbi di dirigenza e proprietà sono cresciuti di settimana in settimana. Il Milan è riuscito addirittura a peggiorare, schiacciato da criticità evidenti: la mancanza di un gioco e di un’identità, lo scarso utilizzo degli acquisti estivi, l’insistenza sulla vecchia guardia, l’attacco fantasma. Ma anche il rischio di deprezzamento dei top, come Piatek e Paquetà, che ha inquietato e indisposto Elliott.

                        Cento giorni ed è tutto finito. Era nei piani, lo si era messo in conto. Magari non così presto, ma era un’eventualità. Giampaolo era una scommessa e le scommesse a volte si perdono. Basta sapere, e tenerlo bene in mente, che per risolvere i guai di una squadra a volte cacciare l’allenatore aiuta, ma non sempre basta.


                        CorSera
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          Inter, la spina della rosa: mancano cambi di qualità e Conte aspetta Lukaku

                          Il tecnico difende il centravanti belga che però ora deve riscattarsi. «La Juventus? È come se avesse due squadre e mezzo. Se peschi dalla panchina a caso, non sbagli»

                          L’animo interista è un po’ più pesante. La sconfitta con la Juventus non ha ridimensionato i nerazzurri, ha però chiarito il distacco dalla squadra di Maurizio Sarri, soprattutto in termini di rosa. «È come se avessero due squadre e mezzo. Se chiudi gli occhi e peschi a caso dalla panchina non sbagli mai», l’analisi di Antonio Conte.

                          La differenza sta soprattutto lì. Barcellona e Juventus sono sconfitte arrivate per motivi differenti, con una somiglianza di fondo: la rosa dell’Inter non è ancora al livello di queste corazzate. È bastato il cambio obbligato di Sensi per scombinare i piani di Conte, costretto a pescare Vecino dalla panchina. Anche a Barcellona le sostituzioni erano sproporzionate: l’allenatore nerazzurro ha dovuto inserire Gagliardini e Politano, i catalani Vidal e Dembelé. La differenza è abissale. Conte ha già dato un’impronta: la strada è giusta, il percorso è lungo e la rosa per adesso è nettamente insufficiente per affrontare anche la Champions League.


                          «La Juve si è dimostrata una squadra molto forte», ha risposto Conte a Valerio Staffelli, inviato di Striscia la Notizia ,che gli consegnava il tapiro d’oro. Alla domanda se voleva essere il Conte di Montecristo per vendicarsi della Juve, il tecnico ha replicato: «Non ho bisogno di nessuna vendetta».

                          L’acquisto di Conte è stato il più importante del mercato, il secondo posto in classifica e la striscia di sei vittorie consecutive sono lì a dimostrarlo. È sbagliato però pensare che l’ex c.t. possa ripetere quanto fatto con la prima Juventus, quando vinse subito lo scudetto. Il Milan di allora, guidato da Allegri e con in rosa Ibrahimovic e Thiago Silva, non era della struttura e della portata della Juventus di oggi. In più i bianconeri in quell’anno non giocavano neppure le coppe. Conte ha detto e ridetto di vedere almeno l’1% di possibilità di vittoria nell’Inter di oggi, ma nel dopo partita con i bianconeri ha pure sottolineato: «Loro sono un grattacielo costruito negli anni, è dura scalarlo se non vedi la luce, non basteranno due tre anni per colmare il gap».

                          L’ex presidente Massimo Moratti tenta di infondere fiducia, ma ha centrato il punto: «L’avversario è molto forte, ma l’Inter può aspirare al titolo. Con qualche altro acquisto giusto può diventare fortissima». Sulla stessa linea il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera: «A pieno organico l’Inter se la può giocare con chiunque».

                          Il nome della rosa a dover aggiungere qualcosa in più è Romelu Lukaku. Il centravanti belga ha faticato. Conte lo ha difeso e su di lui non ha dubbi. Il centravanti contro la Juve ha lasciato il rigore a Lautaro e si è aggregato alla Nazionale belga. In questa pausa dovrà tentare anche di recuperare una condizione ottimale, fin qui è stato frenato da un problema alla schiena prima e da un affaticamento muscolare. Alla ripresa dovrà essere a posto, perché in una rosa senza troppi petali, soprattutto in attacco, per Conte è indispensabile poter davvero contare sul suo gigante.


                          CorSera
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                          sopra una sola teca di cristallo
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                          «nessun vincolo univa questi morti
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                            Napoli, poche certezze e tanti dubbi: così l'attacco si è smarrito

                            Due reti nelle ultime quattro partite ufficiale, ad una ritrovata solidità difensiva fa da contraltare la sterilità di quello che sembrava il punto di forza degli azzurri. I cambiamenti di modulo e le rotazioni continue di Ancelotti stanno disorientando gli attaccanti: Milik da recuperare, preoccupa l'abulia di Insigne

                            I dubbi sono di più delle certezze, a dispetto della continuità tecnica su cui il Napoli faceva molto affidamento per garantirsi una partenza sprint, nel secondo anno della gestione Ancelotti. Invece dopo sette giornate di campionato gli azzurri sono già costretti a rincorrere in classifica: a -6 dalla vetta e nel limbo di un inaspettato quarto posto, che stride con le ambizioni sbandierate pubblicamente durante l'estate da società, allenatore e giocatori. L'unica nota positiva è il primato solitario nel girone di Champions League, anche se il clamoroso exploit nel debutto in Europa contro i campioni in carica del Liverpool è stato in parte vanificato dal successivo e deludente pareggio di Genk. Proprio l'alternanza tra alti e bassi sta diventando del resto una preoccupante regola e gli ultimi risultati altalenanti sono lo specchio degli squilibri che la squadra sta mostrando sul campo: tra equivoci di natura tattica e scarso rendimento di alcuni dei protagonisti più attesi, in maniera particolare Insigne e Lozano.

                            Attacco spuntato

                            L'attacco del Napoli non segna più: due gol nelle ultime quattro partite ufficiali, tra campionato e Champions. In precedenza era stata invece al di sotto delle aspettative la difesa, tradita dalla falsa partenza (autorete con la Juve ed espulsione contro il Cagliari) di Koulibaly, che ha appena dovuto scontare oltretutto due giornate di squalifica. Il suo ritorno dopo la sosta di campionato rappresenterà sicuramente un prezioso valore aggiunto per Ancelotti, anche se adesso il problema principale degli azzurri è diventata improvvisamente la sterilità offensiva. A Genk erano stati i clamorosi errori di Milik e la sfortuna (tre pali) le concause dell'inatteso blackout sotto porta. Ma a Torino è andata ancora peggio, visto che la squadra è apparsa spuntata e ha costruito poche occasioni, nonostante il ritorno al modulo 4-3-3.

                            Milik da recuperare, preoccupa Insigne

                            Ancelotti le sta provando tutte per dare la scossa alle sue punte, senza però ottenere risultati incoraggianti e finendo al contrario per aumentare l'incertezza. I cambiamenti di modulo e le rotazioni continue stanno infatti disorientando gli attaccanti, invece di motivarli attraverso la concorrenza per il posto in squadra. Esemplare il caso di Milik, che è stato finora un fantasma e ha collezionato soltanto due presenze dal 1', fallendo clamorosamente l'esame di Genk. Ma adesso recuperare il polacco diventa una priorità, visto che nei piani estivi (fallito l'assalto sul mercato a Icardi) doveva essere lui il titolare al centro del reparto: dove al contrario si stanno avvicendando con alterne fortune Mertens e Llorente. Il Napoli dovrà inoltre trovare la collocazione giusta per il nuovo acquisto Lozano, che è stato utilizzato finora come un jolly. Vero è che il giovane messicano ha la qualità per fare bene in più ruoli, però è altrettanto evidente che il suo ambientamento non può essere agevevolato dalla mancanza di certezze e di precisi punti di riferimento. Preoccupa infine l'abulia di Insigne, che sta tradendo nella fase realizzativa e pure nei suoi doveri di capitano, che gli impongono di essere d'esempio per i compagni.

                            La sosta per dare equilibrio

                            Nella sosta ci sarà dunque molto lavoro per Ancelotti, che dovrà trovare in fretta i correttivi necessari per dare equilibrio al Napoli. La solidità difensiva è un buon punto di partenza, ma per volare in alto c'è bisogno di restituire brillantezza ed efficacia all'attacco. Con i pareggi non si va lontano.

                            Due reti nelle ultime quattro partite ufficiale, ad una ritrovata solidità difensiva fa da contraltare la sterilità di quello che sembrava il pun…
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                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              La Roma si difende dalla crisi


                              IL MESSAGGERO (U. TRANI) - L'equilibrio c'è, il gol no. Il comportamento della Roma quinta in classifica è di facile lettura. Basta prendere in esame le ultime prestazioni. Campionato o Europa League fa lo stesso. Più che sul gioco, è il caso di soffermarsi sull'atteggiamento. Che, dopo il derby del 1° settembre, è stato modificato con alcuni accorgimenti tattici. Il lavoro di Fonseca, però, è ancora lì, in mezzo al guado. Se adesso il 4-2-3-1 funziona in fase difensiva, contemporaneamente perde l'efficacia offensiva. L'involuzione, guardando alle 9 partite stagionali, è evidente: media di 3 reti nei primi 4 match e di 1 nei successivi 5. Spavalderia all'inizio e prudenza oggi: la sintesi è esagerata, ma non sballata. Il portoghese, al momento di analizzare ogni gara, promuove solo parzialmente la squadra. Mezza prestazione, di solito, gli va bene. E presenta l'elenco dei peccati, non sempre veniali: gli sprechi davanti e le distrazioni dietro, il possesso palla sterile e scontato. L'allenatore, comunque, non ha mai rinnegato il suo stile di gioco.

                              ATTACCO DECIMATO - E al gruppo ricorda sempre che la strada del successo passa per il coraggio e il dominio in partita. Facile a dirsi. Anche perché gli infortuni sono andati a colpire proprio i ruoli che hanno caratterizzato, in passato, le squadre di Fonseca. Il suo rombo offensivo accoglie soprattutto attaccanti. Se alza nel tridente l'esterno basso, significa che il suo sistema di gioco va aiutato in quel match o in quel periodo. Ultimamente, però, si è ritrovato senza i migliori interpreti di quel reparto: out da quest'estate Perotti, sempre titolare a sinistra nel precampionato, sono usciti di scena anche Under, Mkhitaryan e Pellegrini. Davanti, insomma, ha gli uomini contati. Proprio lì dove avrebbe usato il turnover per mettere in campo, anche per alternare i calciatori negli impegni ravvicinati, sempre i più freschi. Con l'obiettivo di sfruttare la brillantezza che, da qualche match, è mancata alla Roma.

                              Tra l'altro anche Pastore va utilizzato con il misurino, essendosi spesso fermato prima dell'inizio della stagione. E Kalinic si è presentato a Trigoria senza aver fatto la preparazione con l'Atletico Madrid. Ecco perché Dzeko, risparmiato solo a Graz, gioca sempre e si stanca. Non c'è al momento l'alternativa per il centravanti che è stato appena operato per la doppia frattura allo zigomo destro. Non esiste nemmeno per Kluivert e Zaniolo, Da trequartista ha fatto un giro sulla giostra Veretout che, nelle caratteristiche, non porta qualità e si limita alla sostanza. Antonucci, primo cambio contro il Cagliari, rende bene l'idea di quanto la rosa sia in sofferenza. Anche perché sono out pure Zappacosta, stagione quasi compromessa, e Diawara, fuori per 2 mesi. E Spinazzola, con Florenzi indisponibile nell'ultime 2 partite per l'influenza intestinale, fatica a trovare la condizione migliore.

                              NON GIUDICABILE - La Roma di Fonseca, insomma, non c'è. E non si vede in campo. Sospeso, dunque, ogni giudizio. Sul metodo e ancora di più sul gioco. La realtà conta più di qualsiasi alibi. Il portoghese, costretto a scelte forzate e obbligate (e il nervosismo di domenica, in questo senso, è comprensibile), non può certo garantire sull'identità e sulla fisionomia. In 9 partite, solo a Bologna e a Lecce è riuscito a confermare la stessa formazione, assemblata per conquistare 2 successi: sofferti, ma pesanti. E con gli undici migliori per l'allenatore. E con Zaniolo, in entrambi i viaggi, dodicesimo uomo.

                              ...ma di noi
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                              forse, tra mille inverni
                              «nessun vincolo univa questi morti
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                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                «Le parole di Petrachi? Primitive e infelici»

                                LEGGO (F. BALZANI) - Il calcio femminile si schiera contro il primitivo Petrachi. Non sono passate inosservate d'altronde le parole di fuoco del ds romanista per il gol annullato a Kalinic per una spinta su Pisacane. «Il calcio è un gioco maschio, non di ballerine. Altrimenti ci mettiamo il tubino e le scarpine di danza classica». A bacchettarlo maggiormente è stato il ct azzurro femminile Milena Bertolini: «La frase che il calcio non è uno sport per signorine, è del 1909 e l'ha pronunciata Guido Ara. Sono passati 110 anni e credo che dovremmo andare avanti. È un modo di pensare un po' primitivo. Quello di Petrachi è il pensiero medio degli italiani verso le donne che fanno calcio. Forse non ha la conoscenza esatta di cosa vuol dire essere donna e fare calcio. Lo abbiamo dimostrato ai Mondiali, nei quali si è vista grande aggressività e niente piagnistei». Gli fa eco la Gama, capitano e colonna portante della Juve: «È un'uscita ampiamente infelice in un tempo ampiamente sbagliato». Anche il ministro per lo Sport Vincenzo Spadafora bacchetta il ds: «Trovo che le sue affermazioni non siano coerenti con ciò che rappresenta lo spirito sportivo e manifestino un'arretratezza culturale di cui non sentivamo il bisogno».
                                In tarda serata Petrachi ha fatto marcia indietro: «Mi scuso se qualcuno si è sentito offeso dalle mie parole. Non era affatto mia intenzione insinuare che il calcio sia uno sport non adatto alle donne»

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                                nella necropoli deserta»

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