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perchè la Lazio è come il crotone? ma statte fermo co ste manine, fattece le pippette invece de scrive che è meglio.
questa è la classifica del 2021 con la Lazio con una partita in meno:
Inter 32*, Atalanta 32, Juventus 31, Lazio 28*, Napoli 28, Milan 25, Roma 23, Genoa 21, Bologna 19, Verona 18, Sampdoria 18, Spezia 18, Udinese 17, Torino 15*, Fiorentina 15, Sassuolo 13*, Benevento 11, Cagliari 8, Parma 7, Crotone 6.
ottantì ma sei scemo? mi riferivo alla lazio, al famoso pareggio all'ultimo secondo, nel senso che magari allegri quel 1-0 di vantaggio, avrebbe fatto altre scelte per portarsi a casa la partita, forse, chissà.
ma nagelsman allena il lipsia.
perchècristodovrebbe andare alla roma?
Ma infatti non verrà mai alla roma. allenatore in ascesa esponenziale, per me sarà l'allenatore protagonista del prossimo decennio. è destinato al bayern monaco.
come zidane e tutti gli allenatori top, se a guardiola gli dai bidoni, non puoi aspettarti che ti vinca la champions, il discorso che fai, è molto generale
Insomma,
tu non Hai l'impressione che certi allenatori riescano a tirare fuori dalla propria squadra energia e qualità inaspettate?
Magari facendole rendere oltre le loro reali capacità.
Allegri di sembra uno di questi?
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Cesare Prandelli si dimette e lascia la Fiorentina. Uno stress fortissimo, risultati deludenti, molta amarezza e un allenatore che non riesce più a ritrovare il feeling col calcio di oggi. Praticamente per lui è come se tutto fosse rimasto sospeso all’eliminazione dell’Italia dai Mondiali di Brasile 2014. Da allora ha sempre cercato di tornare quello di prima senza riuscirci. Paga la Fiorentina, con il nuovo patron Commisso le cose non sono cambiate. Una (ex) grande squadra – che con il Prandelli I fu anche felice e vincente – lasciata da troppi anni in un limbo d’indifferenza
Affidare la Fiorentina a Cesare Prandelli era una scommessa. Lo si sapeva fin dall’inizio. Prandelli è un bravo allenatore, ma il calcio gli è cambiato intorno, è diventato molto più crudo, aspro, competitivo, un gioco che va sempre più al di là dell’aspetto tecnico e tattico. E Cesare Prandelli vuol lavorare in un’utopistica tranquillità che ormai non esiste più. L’ultimo vero Prandelli allenatore aveva chiuso con la Nazionale e il fallimento di Brasile 2014. Da allora era stato un continuo tentare di tornare a una felicità e una serenità precedente, mai più ritrovata. Galatasaray, Valencia, Al Nasr, Genoa…
Firenze è una piazza bellissima, ma anche difficile perché aspetta da troppi anni di tornare ad alti livelli e l’attesa si fa sempre più pesante. Prandelli rappresentava l’ultimo allenatore di una bella Fiorentina, dolce da ricordare, arrivata due volte quarta in Serie A (2008 e 2009). Oggi è impossibile tornare a quei livelli, si lotta partita per partita per traguardi ben meno entusiasmanti. Persino la qualificazione all’ Europa League diventa un problema. Insomma una marcia all’indietro con troppe speranze riposte nel nuovo presidente Commisso prima e nel caro Prandelli dopo. Su 21 partite della gestione Prandelli ne sono state perse 10, molto banalmente sono troppe e alla fine Ribery e Vlahovic non risolvono. Nella sostanza non è cambiato granché dai tempi precedenti al nuovo patron.
Prandelli ha gettato la spugna, si è arreso dichiarandosi ormai incompatibile con questo calcio, e di fatto prepensionandosi con una certa ruvidità e molta amarezza, alla Fiorentina torna Beppe Iachini. Vecchio timoniere delle salvezze e soprattutto uno abituato a queste fibrillazioni, i classici vai e vieni delle piccole squadre. Il problema è che Firenze piccola non lo è certo e nel suo cuore si sente grande. Anche se ormai molto rassegnata. Andando un po’ più in là delle attuali difficoltà si tratterebbe però anche di capire per quanti anni la Fiorentina sarà condannata a rimanere sospesa in questo limbo.
Affidare la Fiorentina a Cesare Prandelli era una scommessa. Lo si sapeva fin dall'inizio. Prandelli è un bravo allenatore, ma il calcio gli è cambiato intorno, è diventato molto più crudo, aspro, competitivo, giocatori sempre più ingovernabili, un gioco che va sempre più al di là dell'aspetto tecnico e tattico. E Cesare Prandelli vuol lavorare in un'utopistica tranquillità che ormai non esiste più. L'ultimo vero Prandelli allenatore aveva chiuso con la Nazionale e il fallimento di Brasile 2014. Da allora era stato un continuo tentare di tornare a una felicità e una serenità precedente, mai più ritrovata. Galatasaray, Valencia, Al Nasr, Genoa... Firenze è una piazza bellissima, il calcio è nelle viscere delle persone, ma è anche una piazza difficile perché aspetta da troppi anni di tornare ad alti livelli e l'attesa si fa sempre più pesante. Prandelli rappresentava l'ultimo allenatore di una bella Fiorentina, dolce da ricordare, arrivata due volte quarta in Serie A (2008 e 2009):
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Prandelli-dimissioni, Sacchi: «Ci vuole coraggio, è una scelta da vincente»
«Non passa giorno che non benedica la scelta di ritirarmi. Nel calcio o in politica in Italia chi si dimette è visto come un perdente. Da Cesare un gesto di intelligenza e onestà»
Lei si fece da parte dopo una vittoria, un 2-0 a Verona. Disse: «Non ce la faccio più». «Appena finita la partita chiamai mia moglie e le dissi: basta, è finita. Per la prima volta, non avevo provato nulla. Nessuna soddisfazione, nessuna emozione. Lì capii che era arrivato il momento di chiudere».
Se n’è mai pentito? «Smettere è stata la seconda decisione più giusta della mia vita dopo quella di fare l’allenatore. Ho dato tutto me stesso per 27 anni, sempre con lo stesso impegno, lo stesso perfezionismo, che fossi al Bellaria in Seconda Categoria o al Milan. Lo stress è stato un compagno di vita. Nel momento stesso però in cui ho percepito che la gioia per una vittoria non compensava più lo stress, ho capito che il mio tempo da allenatore era finito».
Si fece aiutare da uno specialista? «Andai da uno psicologo, gli chiesi se quella improvvisa assenza di emozioni fosse normale. Mi rispose che non era normale l’ansia dei 27 anni precedenti».
Eppure si dice che l’ansia, lo stress, la tensione aiutino ad alzare il livello, a dare il massimo. Quasi un doping psicologico. «Lo stress, finché lo governi, è un plusvalore. Ti spinge al perfezionismo, al miglioramento costante. Se però lo stress ti sovrasta, devi avere la lucidità di fermarti. Ne parlo spesso con Pep Guardiola: anche lui a un certo punto della sua carriera ha scelto di prendere un anno di pausa. C’era chi gli dava del perdente, invece è diventato ancora più bravo».
La colpa è anche dell’aggressività ormai insostenibile dei social network? «La colpa è della cultura della vittoria ad ogni costo, sbagliatissima. Il concetto del “se non vinci sei un fallito” è il peggior insegnamento che si possa dare a un ragazzo. L’errore, la sconfitta, fanno parte della vita. Perdi solo se non dai il massimo. E se non impari».
Lei cosa ha imparato? «Che non volevo diventare il più ricco del camposanto. Se sono felice, se vivo senza rimpianti, se sono fiero di quello che ho fatto in quei 27 anni di vittorie e di sconfitte, di gioie e di stress, è proprio perché un bel giorno ho detto basta, grazie, va bene così. Non passa istante che non benedica quella decisione».
CorSera
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Juventus, 44 milioni irrinunciabili: ora la missione si chiama Champions
Pirlo dice non aver ancora rinunciato all'idea scudetto, ma pragmaticamente deve guardarsi alle spalle per non rischiare l'uscita dalle prime 4: e ancora ci sono passaggi chiave come le gare con Napoli, Atalanta, Milan e Inter
La sosta per le nazionali priva Andrea Pirlo di 12 calciatori, convocati e impegnati nei match internazionali di qualificazione agli Europei, con l'inedita sfida all'Allianz Stadium tra il Portogallo di Ronaldo e l'Azerbaigian di De Biasi. Tempo che l'allenatore della Juventus avrebbe potuto impiegare per cercare di limare i problemi, di perfezionare gli ingranaggi ormai evidentemente non all'altezza: compito difficile, visto che i problemi che ti ritrovi a marzo difficilmente li risolvi in primavera, come recita la regola non scritta del calcio, reso ancora più complicato dalle dodici assenze.
La corsa Champions
Anche se le parole di Pirlo dopo il ko con il Benevento non sono state di resa per la lotta scudetto, la classifica suggerisce alla Juventus di guardarsi anche alle spalle per blindare la qualificazione Champions. Che con i suoi 44 milioni di euro all'ingresso rappresenta un obiettivo da non fallire, per non dover ricorrere a ulteriori sforzi economici o, nel peggiore dei casi, a un ridimensionamento del progetto bianconero. Sette squadre, dalla capolista Inter alla Lazio con una partita in meno, in corsa per quattro posti: difficilmente i nerazzurri mancheranno la qualificazione, riducendo a tre i posti disponibili. Una volata che i bianconeri vivranno con meno certezze rispetto agli anni passati, quando divoravano gli scontri diretti gettando le basi per lo scudetto: nelle sfide con avversarie coinvolte nella corsa Champions, la squadra di Pirlo ha finora collezionato tre vittorie, due sconfitte e tre pareggi, in attesa di giocare il match di andata con il Napoli in programma il 7 aprile.
Le tre tappe verso l'Europa
Napoli, Atalanta, Milan e Inter saranno i quattro passaggi chiave delle ultime giornate di campionato per Ronaldo e compagni: dal 3 aprile, giorno del derby con il Torino, al 23 maggio, match di chiusura della stagione con il Bologna, la Juventus dovrà mettere in cascina i punti della tranquillità, tecnica ed economica. Difficile pensare che una rosa come quella bianconera possa farsi sfuggire un obiettivo così importante: nell'anno delle sorprese, ultima delle quali la vittoria del Benevento all'Allianz Stadium, meglio non dare nulla per scontato. Dopo il Torino arriverà il primo scontro diretto contro il lanciatissimo Napoli, atteso all'Allianz Stadium dallo scorso ottobre, seguito dalla sfida casalinga con il Genoa di quattro giorni dopo. Atalanta in trasferta, esame chiave per la Champions, Parma in casa e Fiorentina in trasferta le tre partite in una settimana che daranno il via all'ultimo sprint, quello di maggio: Udinese, Milan, Sassuolo, Inter e Bologna la cinquina con cui si concluderà la stagione. Un calendario niente affatto semplice, almeno per la Juventus vista con il Benevento: servirà un cambio di passo per non dover riscrivere i programmi futuri dei bianconeri.
Pirlo dice non aver ancora rinunciato all'idea scudetto, ma pragmaticamente deve guardarsi alle spalle per non rischiare l'uscita dalle prime 4: e anco…
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Prandelli, le dimissioni dalla Fiorentina: le vere ragioni dell’addio
La tachicardia dopo la partita con il Milan, le aspettative troppo alte, il calcio arrogante che non gli piace. Prandelli si è sentito troppe volte solo a gestire una squadra che squadra non lo è quasi mai stata e voleva un aiuto più concreto della società
Un gesto d’amore. «È la seconda volta che lascio la Fiorentina. La prima per volere di altri, oggi per una mia decisione». Cesare Prandelli saluta Firenze, la città che lo ha adottato, un punto fermo della sua vita, con una lettera aperta dura, dolorosa, vera. Dopo quattro mesi e mezzo di lavoro appassionato si è trovato a fare i conti con sé stesso e le sue fragilità. Prandelli ha sempre voluto tornare, sin dal giorno in cui con entusiasmo aveva abbracciato la Nazionale e non ci ha pensato due volte a rispondere all’appello di Rocco Commisso, all’inizio di novembre, forse sottovalutando le difficoltà che avrebbe trovato sulla sua strada.
Doveva essere un nuovo inizio per lui e per la Fiorentina e invece si è rivelata una parentesi dolorosa. Centotrentaquattro giorni vissuti sempre sul filo hanno svuotato l’allenatore di Orzinuovi. Per Prandelli la panchina viola non era un semplice lavoro, né l’opportunità di rilanciarsi dopo qualche avventura sbagliata all’estero. Firenze è Firenze, una scelta di cuore. Una specie di favola che non ha avuto il lieto fine. «Nella vita di ciascuno, oltre alle cose belle, si accumulano scorie e veleni che talvolta ti presentano il conto tutto assieme. In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono. Per il troppo amore sono stato cieco davanti ai primi segnali che qualcosa non andava, qualcosa che non era esattamente al suo posto dentro di me», scrive sincero.
I mesi viola sono stati una specie di calvario per i risultati che non sono stati all’altezza delle aspettative, le sue prima ancora di quelle della gente. Ma anche perché si è sentito troppe volte solo a gestire una squadra che squadra non lo è quasi mai stata. Si aspettava anche un aiuto più concreto dalla società e forse da qualche giocatore importante. Ma alla fine dei conti ha pesato soprattutto il fatto di non essere riuscito a ribaltare la situazione e la classifica, a dare ai tifosi viola quello che volevano: una Fiorentina vera. «So che Firenze capirà e sono consapevole che la mia carriera di allenatore possa finire qui, ma non ho rimpianti e non voglio averne. Probabilmente questo mondo di cui ho fatto parte per tutta la vita non fa più per me e non mi ci riconosco più. Sicuramente sarò cambiato io e il mondo va più veloce di quanto pensassi».
Il calcio litigioso di oggi, in cui prevale l’arroganza, non gli piace. «Si parla troppo poco di pallone e troppo di tutto il resto», non si stanca mai di ripetere. I primi segnali di difficoltà sono arrivati dopo la sconfitta di Genova contro la Sampdoria lo scorso 14 febbraio e ancora, più forti, la sera della bellissima vittoria a Benevento. Bastava guardare la sua faccia stravolta per capire che qualcosa non andava. Prandelli si è illuso di poter lottare contro i suoi demoni, ma domenica contro il Milan ha capito che doveva fare un passo indietro. La rimonta prima fatta e poi subita, la tensione debordante sotto forma di tachicardia. Momenti duri. Così, dopo un giorno di riflessione, lunedì sera ha chiamato Pradè e Barone per annunciargli le dimissioni. I dirigenti hanno capito. E martedì non è mancato un momento di commozione.
Prandelli si ferma qui. «Per ritrovare chi sono veramente e per non penalizzare la squadra che è ancora in lotta per la salvezza». Da oggi Firenze e la Fiorentina saranno più soli. «In questi mesi è cresciuta un’ombra dentro di me che ha cambiato il mio modo di vedere le cose. Sono venuto per dare il cento per cento, ma quando ho capito che non poteva essere così ho fatto un passo indietro». A Firenze è già tornato Iachini, sino alla fine della stagione. Dopo servirà un altro tecnico e di nomi se ne sono già fatti, forse troppi, da Sarri a Gattuso, passando per Italiano e Simone Inzaghi. Commisso deve pensarci bene: adesso non può sbagliare. Forse in futuro la Fiorentina sarà più forte. Di sicuro meno romantica.
CorSera
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Nomi sparati alla *****, Tudor? Spalletti? Gasperini? Ma richiamare semplicemente allegri no? Levare a fine stagione CR7 Dybala e qualche altro peso morto e iniziare a ricostruire una squadra come si deve è troppo complicato?
Addio vecchio Fair Play, ucciso dal virus. L'Uefa lancia il nuovo: spese senza sprechi
Congelato quasi un anno fa causa virus, oggi per l’Uefa il fair play finanziario è il passato. Non ha più senso. Illudersi che le squadre possano rispettare i nuovi parametri meno rigorosi del pareggio di bilancio è pura utopia. Oggi forse non c’è un club che sia in linea con i parametri e non per colpa sua. Zero flusso di cassa dagli stadi. Mercato di fatto inesistente che quindi non rifinanzia. Liquidità ridotta per tutti, Italia compresa. E contratti però da onorare. Si studia quindi un nuovo modello di Fair Play, che avrà nel mirino necessariamente sprechi ed esagerazioni. Se impedire le spese non è più possibile, si cercherà almeno di imporre tetti a salari e trasferimenti. Obiettivo: approvazione entro fine anno, con entrata in vigore dal 2022, e periodo di adattamento graduale, qualche anno, prima di andare a regime e consolidarsi meglio del sistema precedente.
Congelato quasi un anno fa causa virus, oggi per l ’Uefa il fair play finanziario è il passato. Non ha più senso. Illudersi che le squadre possano rispettare i nuovi parametri meno rigorosi del pareggio di bilancio è pura utopia. Oggi forse non c’è un club che sia in linea con i parametri e non...
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I nomi sono sempre quelli che ricicciano fuori dalla formalina dove vengono poi riposti dopo che le squadre hanno fatto le loro scelte. E' da 3 anni che per la Juve i giornali parlano di Spalletti, Inzaghi, Gasperini...quando ancora nessuno sa che fine farà Pirlo.
La questione dell'allenatore la si affronterà (eventualmente) a maggio, a partita finita e a carte scoperte dopo l'ultima mano. Adesso a citare 3 o 4 nomi sono buono pure io.
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Ma infatti non verrà mai alla roma. allenatore in ascesa esponenziale, per me sarà l'allenatore protagonista del prossimo decennio. è destinato al bayern monaco.
Ma direi pure meno male.
Arrivato a Trigoria, dopo un mesetto lo ritroviamo a vagabondare vicino stazione Termini.
sigpic Free at last, they took your life
They could not take your PRIDE
I nomi sono sempre quelli che ricicciano fuori dalla formalina dove vengono poi riposti dopo che le squadre hanno fatto le loro scelte. E' da 3 anni che per la Juve i giornali parlano di Spalletti, Inzaghi, Gasperini...quando ancora nessuno sa che fine farà Pirlo.
La questione dell'allenatore la si affronterà (eventualmente) a maggio, a partita finita e a carte scoperte dopo l'ultima mano. Adesso a citare 3 o 4 nomi sono buono pure io.
io credo che le decisioni verranno prese a breve invece...
ps
la blackfrancia è fortissima anche a livello under21.......a questi europei nonostante l'assenza del fortissimo Aouar (Lione) schiererà Konate (Lipsia) e Kounde (Siviglia) in difesa, Camavinga a centrocampo oltre ai vari Guendouzi Edouard (Celtic), Ikoné (Lille) ecc.
il futuro è loro
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
Addio vecchio Fair Play, ucciso dal virus. L'Uefa lancia il nuovo: spese senza sprechi
Congelato quasi un anno fa causa virus, oggi per l’Uefa il fair play finanziario è il passato. Non ha più senso. Illudersi che le squadre possano rispettare i nuovi parametri meno rigorosi del pareggio di bilancio è pura utopia. Oggi forse non c’è un club che sia in linea con i parametri e non per colpa sua. Zero flusso di cassa dagli stadi. Mercato di fatto inesistente che quindi non rifinanzia. Liquidità ridotta per tutti, Italia compresa. E contratti però da onorare. Si studia quindi un nuovo modello di Fair Play, che avrà nel mirino necessariamente sprechi ed esagerazioni. Se impedire le spese non è più possibile, si cercherà almeno di imporre tetti a salari e trasferimenti. Obiettivo: approvazione entro fine anno, con entrata in vigore dal 2022, e periodo di adattamento graduale, qualche anno, prima di andare a regime e consolidarsi meglio del sistema precedente.
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