Milan, troppi sprint e tanti infortuni: ora resta solo la corsa alla Champions
Fino a gennaio 23 gare e una sola sconfitta, poi 7 ko in 19. Un calo fisico e tanta assenze, una usura derivante anche dalla strategia di gioco che prevede un grosso sacrificio di corsa per tenere
Non è ancora primavera:un po' troppo presto per abbandonare l'Europa. Adesso che ha lasciato alla Roma il ruolo di unica superstite italiana tra le ultime sedici squadre rimaste nelle coppe, il Milan è animato da due sentimenti contrastanti. Da un lato può dedicarsi all'obiettivo della qualificazione alla Champions, con la dote da non dissipare di un discreto vantaggio sulla quinta in classifica. Dall'altro deve sicuramente rammaricarsi: almeno in Europa League tutte le avversarie in corsa sarebbero state abbordabili. Lo era in fondo anche questo Manchester United, che l'immaginifica squadra di Pioli, pur essendo zeppa di riserve e decimata dagli infortuni, ha battuto nel gioco all'andata all'Old Trafford e non ha particolarmente subito nemmeno a San Siro. Nel ritorno degli ottavi di finale l'equilibrio lo ha semplicemente spezzato l'ingresso - per un tempo solo - di uno tra i pochi campioni oggi in grado di vincere le partite: Pogba, al quale l'ex compagno Ibrahimovic, che è provvisto della stessa dote, ha appunto riconosciuto questa rara capacità.
Un inverno gelido
Resta però il fatto che l'inverno del Milan è stato decisamente gelido, almeno dal punto di vista dei risultati. Le uscite dalla Coppa Italia con l'Inter e dall'Europa League con lo United sono state sì più che dignitose, ma hanno anche obbedito a una tendenza innegabile. Per la squadra di Pioli, prima quasi indistruttibile e poi di colpo fragile, il consuntivo della stagione va scisso in due, dal punto di vista temporale e non. Fino a gennaio ci sono state 23 partite, tra campionato, preliminari di Europa League e fase a gironi, ed è arrivata una sola sconfitta col Lille a San Siro: un 3-0 talmente episodico da apparire assurdo. Da gennaio in poi ci sono state altre 19 partite, Coppa Italia ed Europa League incluse, e il trend si è pericolosamente invertito: addirittura 7 le sconfitte (Juventus, Inter 2 volte tra campionato e Coppa Italia, Atalanta, Spezia, Napoli e United), accompagnate dal dato inquietante dei 2 soli gol fatti e dei 15 subiti. Si tratta di numeri difficilmente addebitabili al caso: con la battibile Stella Rossa, del resto, la qualificazione agli ottavi dell'Europa League è stata raggiunta attraverso 2 pareggi e in entrambi i casi con una porzione non piccola di partita giocata in superiorità numerica per l'espulsione di un avversario.
Troppi sprint per i muscoli?
Persiste la sensazione che il calo di rendimento sia legato almeno un po' alla tattica spregiudicata: il sovrannumero in fase d'attacco si traduce in sbilanciamento fatale quando il pallone è degli altri. Ma appare molto più evidente come l'elevata percentuale di infortunati abbia influito parecchio sulle partite perse: nella sgradita classifica ufficiosa degli infortuni distribuita alla Lega di Serie A, fino alla vigilia della partita col Manchester il Milan era al terzo posto a quota 45, dietro Parma (60) e Verona (46). Prima del duello di ritorno con lo United l'aggiornamento è diventato ancora più traumatico: operazione di menisco per Calabria, nuovi guai muscolari per Leao e Romagnoli, tardiva guarigione dall'infiammazione all'anca per Rebic. Il problema non si spiega soltanto con le troppe partite ravvicinate di un calendario intasato: non è un caso che a Milanello lo stiano analizzando dal punto di vista scientifico e statistico. Milan Lab, che in passato fu creato proprio col prioritario obiettivo di realizzare una banca dati sui giocatori, per archiviare i loro infortuni passati e per prevenire quelli futuri, potrebbe tornare in auge. Intanto non va affatto esclusa la correlazione tra il sistema offensivista e i guai muscolari: il Milan è la squadra che più sprinta in campionato (gli scatti a partita con velocità superiore ai 25 km all'ora sono 24, più di qualsiasi altra squadra), perché ai giocatori, specie agli attaccanti, viene richiesto di collegare i reparti coprendo ad altissima velocità distanze rilevanti in campo. Lo certificano i dati analitici in possesso della Lega di serie A, non divulgati al pubblico. Tra novembre e gennaio, proprio in coincidenza con l'aumento esponenziale degli infortuni, la media degli sprint dei giocatori del Milan è cresciuta in maniera esponenziale: più 42%. E in letteratura medica l'annesso rischio di infortuni soprattutto ai flessori - più scatti violenti, più danni muscolari - è accertato.
L'importanza di Ibra
Può consolare Pioli, d'ora in poi e in seguito all'uscita dall'Europa, l'assenza di impegni infrasettimanali, oltre al graduale recupero degli infortunati. Il primo a tornare è stato Ibrahimovic, che ha rivendicato il merito di avere trasmesso ai suoi più giovani compagni la classica mentalità vincente e ha promesso di inseguire come minimo la qualificazione in Champions League, senza nascondere la tentazione sempre più chiara di rinnovare il contratto. Il suo ingresso con lo United, dopo quasi un'ora di gioco discreto ma poche occasioni da gol e quelle poche sprecate per la scarsa consuetudine col gol dei superstiti di un attacco ridotto all'osso, è stato una scossa e ha confermato che la squadra non può prescindere dal suo veterano. La primavera sta per iniziare. E comunque bisogna lasciarsi l'inverno alle spalle.
Fino a gennaio 23 gare e una sola sconfitta, poi 7 ko in 19. Un calo fisico e tanta assenze, una usura derivante anche dalla strategia di gioco che prevede un grosso sacrificio di corsa per tenere
Non è ancora primavera:un po' troppo presto per abbandonare l'Europa. Adesso che ha lasciato alla Roma il ruolo di unica superstite italiana tra le ultime sedici squadre rimaste nelle coppe, il Milan è animato da due sentimenti contrastanti. Da un lato può dedicarsi all'obiettivo della qualificazione alla Champions, con la dote da non dissipare di un discreto vantaggio sulla quinta in classifica. Dall'altro deve sicuramente rammaricarsi: almeno in Europa League tutte le avversarie in corsa sarebbero state abbordabili. Lo era in fondo anche questo Manchester United, che l'immaginifica squadra di Pioli, pur essendo zeppa di riserve e decimata dagli infortuni, ha battuto nel gioco all'andata all'Old Trafford e non ha particolarmente subito nemmeno a San Siro. Nel ritorno degli ottavi di finale l'equilibrio lo ha semplicemente spezzato l'ingresso - per un tempo solo - di uno tra i pochi campioni oggi in grado di vincere le partite: Pogba, al quale l'ex compagno Ibrahimovic, che è provvisto della stessa dote, ha appunto riconosciuto questa rara capacità.
Un inverno gelido
Resta però il fatto che l'inverno del Milan è stato decisamente gelido, almeno dal punto di vista dei risultati. Le uscite dalla Coppa Italia con l'Inter e dall'Europa League con lo United sono state sì più che dignitose, ma hanno anche obbedito a una tendenza innegabile. Per la squadra di Pioli, prima quasi indistruttibile e poi di colpo fragile, il consuntivo della stagione va scisso in due, dal punto di vista temporale e non. Fino a gennaio ci sono state 23 partite, tra campionato, preliminari di Europa League e fase a gironi, ed è arrivata una sola sconfitta col Lille a San Siro: un 3-0 talmente episodico da apparire assurdo. Da gennaio in poi ci sono state altre 19 partite, Coppa Italia ed Europa League incluse, e il trend si è pericolosamente invertito: addirittura 7 le sconfitte (Juventus, Inter 2 volte tra campionato e Coppa Italia, Atalanta, Spezia, Napoli e United), accompagnate dal dato inquietante dei 2 soli gol fatti e dei 15 subiti. Si tratta di numeri difficilmente addebitabili al caso: con la battibile Stella Rossa, del resto, la qualificazione agli ottavi dell'Europa League è stata raggiunta attraverso 2 pareggi e in entrambi i casi con una porzione non piccola di partita giocata in superiorità numerica per l'espulsione di un avversario.
Troppi sprint per i muscoli?
Persiste la sensazione che il calo di rendimento sia legato almeno un po' alla tattica spregiudicata: il sovrannumero in fase d'attacco si traduce in sbilanciamento fatale quando il pallone è degli altri. Ma appare molto più evidente come l'elevata percentuale di infortunati abbia influito parecchio sulle partite perse: nella sgradita classifica ufficiosa degli infortuni distribuita alla Lega di Serie A, fino alla vigilia della partita col Manchester il Milan era al terzo posto a quota 45, dietro Parma (60) e Verona (46). Prima del duello di ritorno con lo United l'aggiornamento è diventato ancora più traumatico: operazione di menisco per Calabria, nuovi guai muscolari per Leao e Romagnoli, tardiva guarigione dall'infiammazione all'anca per Rebic. Il problema non si spiega soltanto con le troppe partite ravvicinate di un calendario intasato: non è un caso che a Milanello lo stiano analizzando dal punto di vista scientifico e statistico. Milan Lab, che in passato fu creato proprio col prioritario obiettivo di realizzare una banca dati sui giocatori, per archiviare i loro infortuni passati e per prevenire quelli futuri, potrebbe tornare in auge. Intanto non va affatto esclusa la correlazione tra il sistema offensivista e i guai muscolari: il Milan è la squadra che più sprinta in campionato (gli scatti a partita con velocità superiore ai 25 km all'ora sono 24, più di qualsiasi altra squadra), perché ai giocatori, specie agli attaccanti, viene richiesto di collegare i reparti coprendo ad altissima velocità distanze rilevanti in campo. Lo certificano i dati analitici in possesso della Lega di serie A, non divulgati al pubblico. Tra novembre e gennaio, proprio in coincidenza con l'aumento esponenziale degli infortuni, la media degli sprint dei giocatori del Milan è cresciuta in maniera esponenziale: più 42%. E in letteratura medica l'annesso rischio di infortuni soprattutto ai flessori - più scatti violenti, più danni muscolari - è accertato.
L'importanza di Ibra
Può consolare Pioli, d'ora in poi e in seguito all'uscita dall'Europa, l'assenza di impegni infrasettimanali, oltre al graduale recupero degli infortunati. Il primo a tornare è stato Ibrahimovic, che ha rivendicato il merito di avere trasmesso ai suoi più giovani compagni la classica mentalità vincente e ha promesso di inseguire come minimo la qualificazione in Champions League, senza nascondere la tentazione sempre più chiara di rinnovare il contratto. Il suo ingresso con lo United, dopo quasi un'ora di gioco discreto ma poche occasioni da gol e quelle poche sprecate per la scarsa consuetudine col gol dei superstiti di un attacco ridotto all'osso, è stato una scossa e ha confermato che la squadra non può prescindere dal suo veterano. La primavera sta per iniziare. E comunque bisogna lasciarsi l'inverno alle spalle.
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