Originariamente Scritto da Naturalissimo.88
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Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Originariamente Scritto da Fabi Stone Visualizza MessaggioIl problema è che non basta essere veloci, credo.
Io poche volte gli ho visto fare la scelta giusta, sia semplice che difficile eh. Mi pare uno che si incapinisce sempre e comunque nell'uno contro uno e poco altro.
Ovviamente spero di sbagliarmi. Certo se il mister lo vede, mica è masochista, ci mancherebbe altro, infatti ripeto, spero diventi forte.
B & B with a little weed
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Eh ma è sempre rotto gli scarsi a noi bal bla tifoso romano
Inviato dal mio POCOPHONE F1 utilizzando TapatalkCura il tuo corpo come un tempio
Originariamente Scritto da M K KDesade grazie di esistereOriginariamente Scritto da AK_47si chiama tumore del colon, adenocarcinoma è la tipologia di tumore che colpisce le cellule dell'epitelio ghiandolare.
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Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
Mo ce manca Schick capocannoniere in Bundes e stamo apposto.
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Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza MessaggioOriginariamente Scritto da Pescalei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt
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Originariamente Scritto da Naturalissimo.88 Visualizza MessaggioOttima Lazio
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Inter, riscatto da scudetto per scacciare la rabbia della sconfitta col Barça
Conte («Non sono tornato a casa contento, non voglio più vedere questa mentalità») ha già proiettato la squadra alla sfida di domenica contro la Juventus.
Gli elogi li ha archiviati in un amen. «Non digerisco la sconfitta, chi mi conosce lo sa. Non torno a casa contento, non voglio questa mentalità». In questa frase c’è tutto Antonio Conte, la sua mentalità, la sua carica, la sua cattiveria. L’Inter del dopo Barcellona è un misto di sensazioni positive e frustrazione. Resta l’ottima prestazione, un primo tempo eccezionale, la consapevolezza di aver superato il primo esame di maturità nonostante il k.o. Non è però stato ancora digerito l’arbitraggio dello sloveno Damir Skomina, il rigore negato a Sensi.
L'episodio ha cambiato il match, ha complicato il cammino in Champions dei nerazzurri (diventano ora decisive le due partite con il Borussia Dortmund) e ha lasciato una sensazione di incompiutezza. Un risultato positivo al Camp Nou avrebbe permesso di mantenere l’imbattibilità e di rafforzare le convinzioni di una squadra comunque in crescita, nel gioco e nella personalità. «Non voglio dare alibi a nessuno», ha spiegato Conte sgombrando il campo dai dubbi, ma l’Inter non può essere maltrattata così in Europa, neppure al cospetto del Barcellona e soprattutto con la Var in funzione e rimasta muta. Anche Leo Messi è rimasto impressionato: «L’Inter è davvero una grandissima squadra», ha sentenziato il fuoriclasse argentino. I complimenti però non bastano e non cancellano l’errore e la presunzione di Skomina.
Al rientro dalla Spagna Conte ha provato a far superare ai suoi l’ingiusta sconfitta. L’allenatore è rimasto a dormire ad Appiano Gentile con la squadra e l’ha riportata in campo subito, ieri mattina. Dopo Messi c’è già in vista lo scontro di domenica con la Juventus di Cristiano Ronaldo. San Siro sarà esaurito con 75.900 spettatori attesi, il massimo con l’attuale capienza. È la prima sfida ufficiale, dopo l’amichevole estiva in Cina, tra Conte e i bianconeri da quando il tecnico è tornato in Italia. Un altro esame, un attacco al potere, perché una vittoria può lanciare l’assalto al campionato, favorire la fuga dell’Inter e lasciare la Juventus indietro di cinque punti. Un set point da non fallire. Sarri e Ronaldo però sognano il sorpasso proprio a San Siro.
La partita di Barcellona ha evidenziato le qualità interiste, soprattutto ha confermato l’evoluzione di Conte. L’ex c.t. della Nazionale è migliorato negli ultimi anni. Quand’era al Chelsea gli inglesi, l’avevano soprannominato «The Master of Tactics». Sul campo ha dato sempre lezioni e così è stato anche a Barcellona, ma Conte è diventato anche un ottimo comunicatore. Sa sempre dove e chi colpire, quale punto stressare e quale smorzare. Di questa crescita era ben cosciente l’ad Beppe Marotta quando ha deciso di portarlo all’Inter, anticipando proprio la Juve che ha provato invano a portarglielo via.
Quello contro i bianconeri è il match atteso da Conte, ma anche da Marotta, protagonista estivo del mercato a spese dell’ex allievo juventino Fabio Paratici. «Con il Barcellona è stata una partita top, quella contro la Juventus sarà molto importante anche perché siamo in testa al campionato. Sappiamo che è una partita interlocutoria, per cui più che il risultato conta la prestazione contro una squadra forte», sottolinea l’ad.
I nerazzurri si presentano da primi della classe, imbattuti e con due sole reti incassate in campionato. Un parametro più di altri colpisce: l’Inter non ha mai subito gol nel primo tempo, né in campionato né in Champions, segno che l’approccio alle partite è sempre corretto. Sarà determinante anche contro la Juventus partire bene. L’arma in più è il belga Romelu Lukaku. Il centravanti, non convocato a Barcellona per un problema al quadricipite, sarà alla guida dell’attacco dopo essere stato al centro di una lunga disputa estiva di mercato tra i club. Non avrà al suo fianco lo squalificato Alexis Sanchez, ex compagno al Manchester United e spalla ideale. Conte però a Barcellona ha finalmente trovato un grande Lautaro Martinez: gol e gioco per il «Toro» argentino. L’assalto al campionato è lanciato, l’Inter vuole assestare un doppio colpo: centrare la settima vittoria di fila e staccare la Juventus.
CorSera...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Napoli, adesso c'è un caso Insigne. E la qualificazione in Champions passa dal Salisburgo
Gli uomini di Ancelotti non sono andati oltre lo 0-0 a Genk, riaprendo i giochi nel girone E. Il tecnico ha deciso di mandare in tribuna il capitano, che non ha gradito l'esclusione
Questa volta il bicchiere del Napoli è indiscutibilmente mezzo vuoto, a dispetto del primo posto solitario nel girone E della Champions League. Ma il pareggio senza gol portato via dalla trasferta di Genk resta per gli azzurri una grande occasione sprecata e ha soprattutto vanificato in parte l'impresa compiuta al San Paolo nel turno precedente, contro il Liverpool. I giochi per la qualificazione sono infatti adesso apertissimi e per la squadra di Carlo Ancelotti sarà quasi decisivo il doppio confronto nelle prossime due giornate contro gli austriaci del Salisburgo, che sono andati invece vicinissimi a una clamorosa rimonta ad Anfield, dimostrando di essere competitivi.
Il Napoli si è al contrario lasciato in fretta e furia alle spalle la deludente trasferta in Belgio, ripartendo nella notte per l'Italia con un volo charter. I prossimi giorni serviranno per preparare la trasferta di domenica a Torino e anche per disinnescare il caso Insigne, spedito addirittura in tribuna a Genk. "Non l'ho visto brillante durante la seduta di rifinitura e ho preferito farlo riposare", ha minimizzato Ancelotti. Ma il capitano ovviamente non ha gradito e il pareggio senza gol degli azzurri ha acceso ancora di più i riflettori sulla rinuncia al capitano, visto che gli azzurri non sono riusciti a trovare la strada del gol. Dries Mertens ha messo con la sua solita franchezza il dito nella piaga: "Volevamo fare il nostro gioco e non ci siamo riusciti, purtroppo. Dopo i tre punti con il Liverpool avevamo bisogno di consolidare la nostra classifica con un'altra vittoria, invece abbiamo solo pareggiato ed è un peccato". L'attaccante ha però difeso Milik, autore degli errori più gravi sotto porta. "Arek è un gran giocatore, bisogna avere fiducia in lui. Sarà di nuovo importante per questa squadra. L'ha dimostrato e lo dimostrerà ancora". Un attestato di stima per il polacco, di gran lunga il peggiore in campo alla Luminus Arena, dove peraltro ha tradito anche Lozano.
Nel Napoli ha funzionato solo la difesa, ben guidata da Koulibaly. "Era molto importante uscire da questa partita almeno con un punto. Sapevamo che sarebbe stato difficile, il Genk ha calciatori giovani e di talento, sapevamo che potevano metterci in difficoltà. Noi abbiamo fatto abbastanza bene, ma non siamo riusciti a fare il gol che poteva sbloccare tutta la squadra. Dovremo rivedere la partita in tv: serviva più rabbia, più determinazione. Dispiace perché nel complesso siamo stati solidi, come non ci succedeva da tempo. Adesso guardiamo al futuro", ha detto il difensore senegalese, il grande ex della gara. Ma anche il portiere Meret ha cercato di pensare positivo: "Abbiamo quattro punti in classifica e creato tante occasioni, purtroppo però non siamo stati bravi a concretizzarle, colpendo oltretutto tre pali. Non dobbiamo fare nessun dramma, comunque, guardiamo già alla prossima partita". Dietro l'angolo incombe già un'altra trasferta, domenica contro il Torino reduce dalla sconfitta con il Parma ma senza il grande ex Walter Mazzarri, squalificato insieme al vice Frustalupi.
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Milan, Giampaolo si affida a Rebic. Reina: "Serve cuore"
L'attaccante croato titolare è una delle carte che dovrebbe giocarsi il tecnico per la gara chiave con il Genoa. Intanto il portiere fa un appello pubblico alla squadra
E' uno dei leader dello spogliatoio del Milan. Per questo motivo le parole di Pepe Reina sono molto significative. Indicano al gruppo l'approccio da seguire per invertire la tendenza dopo la sconfortate sconfitta casalinga con la Fiorentina. E' quasi un discorso pubblico alla squadra: "Si può vincere, si può pareggiare e si può perdere - dice il portiere spagnolo a Sky Sport - quello che non ci deve mancare mai è l'anima, il cuore. Bisogna mettere grinta per 90 minuti, così alla fine della partita ti senti vuoto, perché hai lasciato l'anima sul campo".
Atteggiamento da cambiare
L'ex estremo difensore del Napoli chiarisce ulteriormente il concetto: "Quella è l'unica cosa sulla quale non dobbiamo mai recriminare. Dobbiamo poterci guardare negli occhi e dire: 'Ragazzi abbiamo fatto tutto il possibile, siamo in pace con noi stessi'. Quella è l'unica cosa che quando metti il 100% non ti si può rimproverare. Poi ovviamente nel mondo del calcio per la gente i risultati contano parecchio, però per noi la base fondamentale deve essere svuotarci dentro al campo". Dichiarazioni non casuali a pochi giorni di distanza da una partita - quella contro i viola a San Siro - nella quale il Milan è sembrato vuoto soprattutto dal punto di vista caratteriale, incapace di reagire a livello temperamentale alla prestazione debordante della Fiorentina.
Scelte di Giampaolo non solo tecniche
Intanto Giampaolo sta valutando le scelte di formazione in vista della partita di sabato col Genoa a Marassi, determinante per il prosieguo della sua avventura in rossonero dopo tre sconfitte consecutive. In attacco dovrebbe toccare a Rebic a fianco di Rafael Leao e Suso. Cambio obbligato in difesa dove Duarte è candidato a prendere il posto dello squalificato Musacchio. Ballottaggi Hernandez/Rodriguez e Bennacer/Biglia. Ma, al di là di chi scenderà in campo dal primo minuto, dovrà cambiare soprattutto l'atteggiamento in modo da trasferire sul campo lo spirito delle parole di Reina. Le stesse decisioni di Giampaolo potrebbero tenere conto di questo aspetto: quindi non solo considerazioni tecniche e tattiche, ma anche di personalità. L'allenatore rossonero punta su una formazione che esprima la massima compattezza.
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Pastore, di “buon” è rimasto poco
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - L’immagine più nitida, e probabilmente più triste della partita della Roma in Austria, è l’uscita dal campo, a una quindicina di minuti dalla fine, di Javier Pastore, forse l’uomo più atteso della squadra B di Paulo Fonseca,per favorire l’ingresso di Mirko Antonucci. Cioè di un ragazzino che la società giallorossa nei mesi passati non è riuscita a piazzare, ovviamente in una serie inferiore, dopo l’annataccia a Pescara.A quel punto,si è avuta la certezza, praticamente matematica, che l’argentino, raramente visibile durante il gioco,non è più un calciatore da palcoscenici importanti. Troppo non atleta, ormai, per potersi esibire con personalità e continuità in partite che non siano amichevoli di inizio stagione. Il piede c’è, le gambe no. Un problema, ne converrete, per un club che lo paga fior di milioni e che in cambio non riceve nulla o quasi. La prova del Flaco, al di là di qualche lampo tecnico, non ha regalato uno straccio di speranza per il futuro. La Roma, lo ha indirettamente “confermato” lo stesso ds Petrachi, nell’ultimo calciomercato ha cercato in ogni modo di privarsi dell’ex Psg, ma non ha trovato alcun acquirente disposto ad accollarsi un giocatore scarico atleticamente e dallo stipendio esagerato. Così, Pastore è rimasto alla Roma, per farsi sostituire all’occorrenza addirittura dall’acerbo Antonucci.
OCCHIO ALL’ITALIA - Un cambio che, qualora ce ne fosse stato bisogno dopo aver contato otto novità rispetto a Lecce, ha sentenziato che adesso c’è il campionato in testa ai pensieri della Roma. Significativo, ad esempio, il non ingresso in campo di Dzeko al posto di Kalinic, lontanissimo dalla forma migliore, o dell’irritante, deludente, presuntoso Kluivert. Ci può stare, però, perché in questo momento,considerato anche il format della Europa League, appare nettamente più importante l’impegno di domenica in campionato contro il Cagliari. Perché l’obiettivo dell’azienda Roma,si sa,è tornare a fine anno in Champions. Certo, anche vincendo l’Europa League si centrerebbe il traguardo,ma per arrivare alla finale di Danzica si può anche non vincere la seconda partita dei gironi. Non battere il Cagliari all’Olimpico sarebbe più dannoso.
IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - L’immagine più nitida, e probabilmente più triste della partita della Roma in Austria , è l’uscita dal campo, a una quindicina di minuti dalla fine, di Javier Pastore , forse l’uomo più atteso della squadra B di Paulo Fonseca ,per favorire l’ingresso di Mirko......ma di noi
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