Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Originariamente Scritto da thai95 Visualizza Messaggiocapocannoniere in europa la scorsa stagione con la maggior parte dei goal segnati su rigore.
2. Segnare su rigore, come atto dispregiativo è una cosa che non capirò mai. I rigori vanno saputo battere, non è affatto facile, ed è pieno di testimonianza laddove fior fior di Campioni nei rigori hanno fallito miseramente.Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Comunque il problema dei rigori il BFC non l'ha, l'ultimo che ci diedero, 7/8 anni fa i giocatori si guardavano con aria confusa e nessuno sapeva cosa fare, chi doveva calciarlo.
Infatti poi dopo la conta toccò ad Acquafresca che la buttò fuori.
Un altra volta in coppa Italia contro il Napoli pareggiammo alla fine dei supplementari e si andò ai rigori, vinse il Napoli anche perché a noi i nostri non li lasciarono tirare.
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Originariamente Scritto da topscorer Visualizza MessaggioIbra?I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Originariamente Scritto da Mario12 Visualizza MessaggioB & B with a little weed
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Originariamente Scritto da Death Magnetic Visualizza MessaggioMartin Palermo.
Inviato dal mio Pixel 4a utilizzando Tapatalk
Capace di segnare di testa da 40 metri, e di sbagliare tre rigori nella stessa partita.B & B with a little weed
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioIbra sui rigori ha una buonossima media...attorno all'80%...come Totti e Baggio.(ride)
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioIbra sui rigori ha una buonossima media...attorno all'80%...come Totti e Baggio.
Totti = 86 segnati e 19 sbagliati.
Baggio = 97 segnati e 17 sbagliati.
Immobile = 54 segnati e 9 sbagliati.
C.Ronaldo = 133 segnati e 25 sbagliati.
Messi = 97 segnati e 26 sbagliati.
Ti metto la chicca.
Gilardino = 17 segnati e 8 sbagliati.
Inviato dal mio SM-G988B utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Inter-Napoli, le formazioni e dove vederla in tv: Conte perde Sanchez, torna Lautaro con Lukaku. Riposa Ruiz
Scontro diretto tra i nerazzurri e la squadra di Gattuso che potrebbe far riposare Ruiz. Inter senza Vidal, a centrocampo il trio Barella, Brozovic e Gagliardini
È diventata oramai un classico, stavolta però lo scontro è d’altissima quota. Inter e Napoli s’affrontano per la quinta volta nel 2020, ma per la prima sono una di fianco all’altra in classifica, divise da appena un punto (quello di penalizzazione del Napoli), insieme a caccia del Milan e tallonate dalla Juventus.
Antonio Conte rifiuta la condanna scudetto, «mi viene da sorridere a sentire che abbiamo l’obbligo di vincere», però intende arrivare fino in fondo, perché «vogliamo essere protagonisti». Per farlo l’Inter deve correre negli scontri diretti, dove troppo spesso non è riuscita a imporsi. «In questa stagione c’è maggior equilibrio, poi magari una prenderà il largo. Sono importanti gli scontri diretti non solo per la classifica, anche per un aspetto mentale. Ci sono tante squadre ambiziose, vorranno essere protagoniste, alla fine però ne vince una e negli ultimi 9 anni è stata sempre la stessa. Sentir dire che c’è obbligo di vincere mi fa sorridere».
Un successo può imprimere un’ulteriore spinta all’Inter che in campionato macina avversari e cerca la quinta vittoria consecutiva. La trasferta di Cagliari ha lasciato Conte senza Sanchez, con Hakimi a disposizione ma non in perfette condizioni, cui si aggiunge Vidal non ancora recuperato, Eriksen che deve ancora metabolizzare il ruolo di mezzala e Sensi da riportare in condizione. L’uomo per tutte le stagioni è sempre Gagliardini.
La vittoria di Cagliari è stata il rilancio dopo l’eliminazione di Champions, Conte è sempre lo stesso, le critiche però sono a senso unico, soltanto su di lui. «Mi sto abituando a pensare che qualsiasi cosa io faccia o dica venga sempre vista in maniera negativa. A inizio stagione ero sereno in conferenza e sono stato incolpato di aver mollato. Devo trovare una via di mezzo».
La via di mezzo non deve trovarla né lui né l’Inter, decisa a spingere sull’acceleratore e a puntare quanto più in alto possibile. Se c’è una squadra su cui Conte ha puntato fin dall’inizio, in tempi non sospetti, è stato proprio il Napoli di Gattuso: «Fino a due anni fa il Napoli ha conteso alla Juventus lo scudetto, poi siamo subentrati noi».
I punti sul campo sono gli stessi, ma se per l’Inter è il momento di crescere negli scontri diretti, per il Napoli è l’esame di riparazione, dopo aver sbagliato quello in casa con il Milan e non essersi presentato sul campo della Juventus. Certo in mezzo c’è stata la grande prova con la Roma e Gattuso arriva da tre successi di fila. Si sfidano due squadre in salute, con obiettivi non troppo diversi.
Al Napoli manca Osimhen e potrebbe non partire dall’inizio Fabian Ruiz, decisivo nella vittoria di Coppa Italia dello scorso febbraio. La sfida resta comunque tra i reparti offensivi, perché la nuova filosofia è segnare sempre di più. L’Inter ha l’attacco migliore del campionato con 29 reti, il Napoli è il secondo con 26. Si gioca senza tatticismi, per vincere e rischiando, anche oltre il lecito. In un campionato equilibrato però gli scontri diretti spostano. Non a caso il Milan che ha battuto sia Inter che Napoli è davanti a entrambe. «Vincere gli scontri diretti ti aiuta, ti dà più certezze, ti fa sentire più forte», ammette Conte. Il Napoli prova a capire chi è davvero, l’Inter vuole sapere fin dove può arrivare. Senza obblighi.
Milano, ore 20.45
Inter (3-5-2 1): Handanovic; 37 Skriniar, 6 De Vrij, 95 Bastoni; 36 Darmian, 23 Barella, 77 Brozovic, 5 Gagliardini, 15 Young; 9 Lukaku, 10 Lautaro. All.: Conte
Napoli (4-2-3-1): 25 Ospina; 22 Di Lorenzo, 44 Manolas, 26 Koulibaly, 6 Mario Rui; 4 Demme, 5 Bakayoko; 11 Lozano, 20 Zielinski, 24 Insigne; 14 Mertens. All.: Gattuso
Arbitro: Massa
Tv: ore 20.45 Sky 201 e 202
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Juventus-Atalanta, formazioni e dove vederla: Dybala e Gomez, numeri 10 con il mal di pancia
I due argentini hanno agitato la vigilia e rischiano la panchina entrambi. Pirlo e Gasperini pensano a risalire la classifica. Il bianconero: «Loro una squadra top»
Agitate dalle parole dei numeri dieci — Paulo Dybala (LEGGI QUI) e il Papu Gomez (QUI: cosa è successo), entrambi a rischio panchina — Juve e Atalanta si sfidano sul far della sera all’Allianz Stadium, in quella che è una cartolina dalla Champions e una sfida da inseguimento per il campionato: verso la cima, i bianconeri, con il bersaglio delle prime quattro, la Dea. Nel mezzo, tra estero e Italia, l’euro-dottrina che Andrea Agnelli così riassunse: «Perché l’Atalanta sì e la Roma no?». Va da sé, tocca sempre dimostrare la propria grandezza, anche se Andrea Pirlo, di quella del nemico, ne è già convinto: «Ci aspetta una gara difficile contro una top squadra». Anche se, al momento, Gian Piero Gasperini è alla prese con la prima tempesta, che Gomez ha reso perfetta, sparandola su Instagram: «Ma io ad aprire un account proprio non ci penso», taglia corto il tecnico. Che sarà Gasperson, ma mai Fedez.
C’è trambusto pure a casa Juve, dopo i pensieri di Dybala e la risposta presidenziale, che spalanca i bar sport dei social. Legando classifiche di rendimento — da top 5 o top 20? — e di stipendio. Come da legge dello sport professionistico Usa: prendo un sacco di soldi perché li valgo. Chiaro, essendo una star. Al netto delle versioni, di offerte fatte (da una parte del club), o mai ricevute (dall’entourage del giocatore), restano un dubbio e una certezza.
Nei piani bianconeri Dybala è capitan futuro, eppure per due estati è finito in vetrina, quasi venduto. Quel che non si discute, invece, sono i numeri: 97 gol in 240 partite. Oltre all’ultima stagione, da «miglior giocatore della serie A» (copyright Lega calcio). Da lì in poi, è normale contrattazione, con buone ragioni da parte di chi offre e di chi chiede. Dev’essere per questi spifferi che Pirlo ripete ai suoi una parola: «Concentrazione. È quella che viene a mancare in alcune situazioni della partita. Se non stiamo collegati per 95 minuti, poi le gare si complicano. Quindi, bisogna lavorare su questo».
Vuole parlare solo di campo anche Gasperson, che sfoglia tutto l’alfabeto dei suoi: «Sono stato chiaro, ora c’è la Juve e dobbiamo parlare anche degli altri, da Gollini a Zapata». Di soap opera, ne fa volentieri a meno: «Da parte mia basta, si è già detto abbastanza». Conta solo la formazione: «Ho la possibilità di scegliere, di far entrare uno o l’altro. Io devo pensare alla squadra e al miglior modulo possibile». Per Pirlo, è faccenda di predisposizione, «più che di risultati, perché dobbiamo affrontare tutte le sfide allo stesso modo». Ovvero, seguendo il solito menù: «Atteggiamento aggressivo, cercando di recuperare la palla velocemente, per poi avere la gestione del gioco». Sarà questione di testa pure per Gasperini uno che, qualche anno fa, appese nello spogliatoio la foto di un branco di lupi, dove il capo stava dietro, per tenere unito il branco ed essere pronto a correre ovunque, per proteggerlo. E sotto, una scritta: «Vuoi sapere cos’è un leader? Non si tratta di essere davanti, ma di prendersi cura della squadra».
Juventus (4-4-2): Szczesny; Cuadrado, Bonucci, De Ligt, Danilo; Ramsey, McKennie, Arthur, Chiesa; Morata, Cristiano Ronaldo. All.: Pirlo
Atalanta (3-5-2): Gollini; Toloi, Romero, Djimsiti; Hateboer, de Roon, Pessina, Freuler, Gosens; Malinovskyi, Zapata. All.: Gasperini
Tv: ore 18.30, Sky
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Genoa-Milan, ecco le formazioni e dove vederla in tv: i rossoneri ora parlano di scudetto
A Marassi la squadra di Pioli ritrova i rossoblu in crisi, ma è allarme infortuni: fuori Ibra, Kjaer, Bennacer e Gabbia, che starà fuori almeno sei settimane
Eravamo alle porte del lockdown, la squadra aveva già mostrato segnali di miglioramento a livello di gioco ma tradiva ancora limiti di personalità. Era l’8 marzo, il giorno dopo Giuseppe Conte avrebbe firmato il Dpcm che chiudeva in casa il Paese: San Siro era senza pubblico e quel giorno la zampata di Ibra non bastò. Milan-Genoa terminò 2-1 per i liguri, Pioli nel dopo-partita dribblò le domande sul possibile arrivo di Rangnick e sul recente licenziamento di Boban. Da quel pomeriggio di sole son trascorsi nove mesi, il pianeta rossonero dopo notevoli scossoni si è assestato e da allora è arrivata una striscia in campionato di 23 risultati utili. Dodici dopo la ripresa nella stagione scorsa (nove vittorie e tre pareggi) e undici nell’attuale (otto successi e tre pari).
Stasera a Marassi la squadra di Pioli ritrova il Genoa, più in crisi di allora, adesso inchiodato nei bassifondi della classifica. Il Milan vola trascinato da euforia, leggerezza e un impianto di gioco mandato a memoria. L’obiettivo è tenere a distanza le inseguitrici sperando che Inter e Napoli, stasera avversarie, si frenino a vicenda. Certo, il momento non è dei più semplici considerando che gli infortuni hanno ridotto la rosa a disposizione del tecnico. Ibrahimovic non recupera per la sfida rimandando ogni valutazione per la trasferta a Reggio Emilia con il Sassuolo. «Pioli sarà contento che sto tornando in forma» ha dichiarato compiaciuto lo svedese a 2000 persone collegate a una seduta di allenamento virtuale. Ma intanto oggi non ci sarà come Kjaer, Bennacer e Gabbia: per rivedere quest’ultimo in campo ci vorranno sei settimane, come si è evinto dal consulto che ha confermato la lesione distrattiva fra il primo e il secondo grado del legamento collaterale mediale del ginocchio sinistro. L’obiettivo è conservare la vetta nelle tre partite che mancano alla sosta, poi chissà se anche Pioli comincerà a pronunciare la parola scudetto.
«Per vincere il campionato bisogna avere il coraggio di sognarlo» ha detto Ibra, a cui Theo Hernandez ha fatto eco: «Possiamo scucire lo scudetto dalle maglie della Juve». Solo l’allenatore, abile nel levare pressioni alla squadra dall’età media più bassa della serie A, fa il pompiere. Realisticamente è consapevole che le concorrenti possono ricorrere a una panchina più lunga e ricca di soluzioni. Ecco perché stasera, ritrovando Leao in attacco e confermando Kalulu in difesa, è fondamentale fare punti, aspettando il mercato di gennaio e un rinforzo per il reparto arretrato.
«Abbiamo la visione di un Milan giovane e moderno che gioca nello stadio più bello del mondo e che dica la sua in Italia e in Europa» ha commentato Ivan Gazidis alla Bbc. L’ad, come la proprietà, non indica il primo posto come obiettivo finale da conquistare a tutti i costi. Ma chi glielo spiega ai baby Diavoli, imbattuti da 23 partite, che ci si può accontentare?
GENOA (4-4-2): Perin; Goldaniga, Bani, Masiello, Lu. Pellegrini; Ghiglione, Pjaca, Radovanovic, Lerager, Sturaro; Scamacca, Pjaca. All: Maran
MILAN (4-2-3-1): G. Donnarumma; Calabria, Kalulu, Romagnoli, Theo Hernández; Tonali, Kessié; Castillejo, Calhanoglu, Leao; Rebic. All.: Pioli
Tv: ore 20.45 Dazn
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Napoli, Gattuso a viso aperto: contro l'Inter con il modulo coraggio
Tutti a disposizione tranne Osimhen, che cercherà di rientrare per la gara con il Torino. Il tecnico con il 4-2-3-1, con Zielinski avanzato nella posizione di trequartista
Il morale del Napoli è alto, dopo le tre vittorie consecutive in campionato e la qualificazione per i sedicesimi di finale dell'Europa League, impreziosita dal primo posto in un girone abbastanza complicato. Allo scontro diretto contro l'Inter, a San Siro, gli azzurri arrivano dunque con il vento in poppa e la buona notizia della vigilia: sono tutti negativi i tamponi eseguiti al centro sportivo di Castel Volturno. Al gruppo in partenza per Milano sono stati dunque aggregati anche i difensori Hysaj e Rrahmani, che era indisponibili da quasi un mese per il Covid. In infermeria resta adesso solo Osimhen, autorizzato dalla società a concludere il suo percorso di riabilitazione dopo la lussazione alla spalla in una struttura specializzata, in Belgio. L'attaccante nigeriano morde il freno e vorrebbe farcela almeno per la sfida del 23 dicembre contro il Torino, ma il suo ritorno è previsto per il 2021.
Gattuso non potrà dunque contare nemmeno contro l'Inter sull'acquisto più costoso della storia del Napoli, ko per l'infortunio subito in Nazionale lo scorso 13 novembre. Gli azzurri sono stati bravi a non risentire della sua assenza e si presentano lo stesso a San Siro con il secondo reparto offensivo più prolifico della Serie A (26 gol segnati), proprio alle spalle di quello dell'Inter. Toccherà a Lozano, Mertens e Insigne reggere il confronto a distanza con Lukaku e Lautaro Martinez. Per il capitano c'è una motivazione in più: a Milano nella sua carriera non ha mai segnato contro i nerazzurri.
La formazione del Napoli è quasi fatta, con i ritorni tra i titolari di Ospina, Mario Rui, Bakayoko e Lozano, che erano stati inizialmente esclusi contro la Sampdoria per il turn over. Resta in piedi solo un ballottaggio a centrocampo, tra Demme e Fabian. Il modulo sarà invece sicuramente quello più coraggioso: il 4-2-3-1, con Zielinski avanzato nella posizione di trequartista. Gattuso però conta molto anche sulla tenuta della sua difesa, che sul campo ha subito solo 8 gol in dieci giornate (più i tre della sconfitta a tavolino contro la Juventus). Gli azzurri hanno trovato nelle ultime partite l'equilibrio giusto e sono pronti per lo scontro diretto con l'Inter, in cui ci sarà in palio il secondo posto. Per Ringhio, che non ha dimenticato i suoi trascorsi rossoneri, sarà pure un derby personale.
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Gomez, Milik, Eriksen e Dybala: quattro grandi giocatori sospesi tra problemi con Atalanta, Napoli, Inter e Juventus e il mercato. Un groviglio inestricabile di interessi, soldi e umori bollenti che condizionano la loro stagione. Per Gomez una rottura addirittura violenta con Gasperini: Milik emarginato dal Napoli quando avrebbe avuto diritto di portare regolarmente a conclusione il suo contratto, ma nessuno ha protestato; Eriksen rappresenta il fallimento di Conte come gestore di giocatori di talento; Dybala è un problema perché vuole dalla Juve un trattamento da superstar senza essere una superstar: o firma un nuovo contratto entro giugno o addio. Insomma una montagna di problemi che potrebbero cominciare a risolversi dal prossimo mercato di gennaio: chi vuole approfittarne?
Gomez, Milik, Eriksen e Dybala. Non è solo questione di soldi, anzi forse non lo è affatto. Anche se ora tocca fare il prezzo di quattro campioni, stabilire quanto valgono, guardarsi intorno, vedere chi c’è, in Italia e in Europa, che possa investirci sopra. Visto che i club italiani sono costretti a vendere, o hanno le mani legate oppure non possono fare diversamente.
C’è un filo rosso che tiene uniti Gomez, Milik, Eriksen e Dybala. Sono casi molto complessi, intrigati, grovigli di interessi e di umori, spesso irrisolvibili. Sono tutti grandi giocatori, ma ognuno ha un problema più o meno grande col suo club. Gomez, che dell’ Atalanta in questi anni è stato la bandiera, giocatore di grande talento e imprevedibilità, ha clamorosamente rotto in maniera anche abbastanza violenta con Gasperini. Tanto da dover ora scegliere, o Gasperini o Gomez. Non è detto che la favola di Gomez, 33 anni a febbraio, sia riproponibile altrove nella stessa identica fattispecie, certo è che l’incompatibilità tra il giocatore e l’allenatore è al momento irrisolvibile, addirittura con presumibili nuovi strascichi, e la cessione sul mercato di gennaio inevitabile. Sembra una soluzione accettata da entrambe le parti.
Milik è stato il caso dell’estate, messo sul mercato, sostituito da Osimhen prima ancora di essere ceduto, ma poi clamorosamente rimasto perché mai chiuse le trattative con Roma e Juventus. Nella più classica ma anche più ottusa tradizione dei presidenti italiani chi rifiuta la cessione ed è in scadenza di contratto viene messo fuori rosa. Quando è suo pieno diritto arrivare fino alla fine del contratto ed essere utilizzato regolarmente senza alcuna emarginazione. Ma ormai, in questo senso, non protesta più nessuno e tutti accettano il ritorno alla preistoria del calciomercato. Quando comandava il “vincolo” e i calciatori non avevano la possibilità di dire no.
Eriksen è arrivato un anno fa all’ Inter dal Tottenham dove era stato un giocatore di spicco, uno dei leader. Costato 27 milioni, quando a giugno sarebbe costato zero perché svincolato. Ma con Conte non ha mai avuto feeling, lui non si è mai espresso all’altezza del suo talento e del suo prezzo, questo è vero, ma Conte ha fallito nel non saperlo integrare nel gruppo e nel non saper trovare una soluzione tecnica e tattica giusta per farne se non un titolare almeno un punto di forza dell’ Inter. Eriksen oggi è sì e no una comparsa nerazzurra. Gira e rigira cadiamo sempre nel solito punto, con Conte si finisce col privilegiare la rudezza, la forza, il carattere e la fisicità dei calciatori. Rispedirlo via al miglior offerente è uno spreco, ma un’opzione – la meno dolorosa – ormai presa seriamente in considerazione dalla società, cui non resta che assecondare il tecnico in attesa poi di ripensare tutto al termine della stagione. Vedremo se con uno scudetto in mano o meno.
Il caso Dybala è a parte e sfiora il mercato solo marginalmente, ma senza escluderlo totalmente. Dybala ha un contratto che scade nel 2022, è un grande calciatore, ma alla Juve sta faticando moltissimo e non riesce quasi più a dare il meglio di se stesso. La Juve dice Agnelli gli ha fatto una proposta di rinnovo con congruo aumento, nonostante il momento e nonostante le prestazioni non convincenti del giocatore, lui vuole un contratto da superstar, ma non sta oggettivamente giocando da superstar. A gennaio non sarà ceduto, ma a gennaio sia Dybala che la Juve cominceranno a guardarsi intorno per giugno. In quel momento o Dybala dovrà aver rinnovato il suo contratto o dovrà essere ceduto. Se non si vuole andare a finire nelle solite telenovele dell’ultimo anno prima di dirsi addio. Gomez, Milik, Eriksen e Dybala: difficile trovare la strada del lieto fine.
Gomez, Milik, Eriksen e Dybala. Non è solo questione di soldi, anzi forse non lo è affatto. Anche se ora tocca fare il prezzo di quattro campioni, stabilire quanto valgono, guardarsi intorno, vedere chi c'è, in Italia e in Europa, che possa investirci sopra. Visto che i club italiani sono costretti a vendere, o hanno le mani legate oppure non possono fare diversamente. C'è un filo rosso che tiene uniti Gomez, Milik, Eriksen e Dybala. Sono casi molto complessi, intrigati, grovigli di interessi e di umori, spesso irrisolvibili. Sono tutti grandi giocatori, ma ognuno ha un problema più o meno grande col suo club. Gomez, che dell' Atalanta in questi anni è stato la bandiera, giocatore di grande talento e imprevedibilità, ha clamorosamente rotto in maniera anche abbastanza violenta con Gasperini. Tanto da dover ora scegliere, o Gasperini o Gomez. Non è detto che la favola di Gomez, 33 anni a febbraio, sia riproponibile altrove nella stessa identica fattispecie, certo è che...ma di noi
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