Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • Sidius
    Trequartista User
    • Apr 2006
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    • Torino
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    Originariamente Scritto da Fabi Stone Visualizza Messaggio
    10 partite un mione...
    N ce veniva che no eh.
    Daje sor Clà! (cit)
    ahah la proporzione fa paura a pensarci


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    Originariamente Scritto da GoodBoy!
    modroc - yy

    piquet - gabbiani

    acquilani - manchini

    maybe - Vendola

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    lialicic - Kongobia

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    Cancrena - Val di fiori

    mouse - Sczesjky

    Jo Amo Mario - Ronado - Juliano

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    • fransisco1
      Bodyweb Advanced
      • Mar 2017
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      Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza Messaggio
      Ma l'obiettivo del Milan non e' tornare in champions. E' valorizzare qualcuno da rivendere...e per farlo non bisogna arrivare quarti, basta far giocare "bene" la squadra...e puoi pure arrivare 7°.
      A questo punto inizio a pensarlo anche io onestamente.
      e pure tutte le belle parole di maldini che tornava solo con un progetto serio ed ambizioso mi sa che restano solo parole,quello a cui ambiva era un corposo salario per rimpinguare il conto in banca.

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      • Giampo93
        Mangiatore di vite altrui
        • Jan 2015
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        Ma Sousa che morte ha fatto?
        Originariamente Scritto da Alberto84
        Te lo dico io gratis che devi fare per crescere: devi spignere fino a cagarti in mano


        Originariamente Scritto da debe
        Chi è che è riuscito a trasformarti in un assassino mangiatore di vite altrui?
        Originariamente Scritto da Zbigniew
        Kurt non sarebbe capace di distinguere, pur avendoli assaggiati entrambi, il formaggio dalla formaggia.
        Un indecente crogiuolo di dislessia e malattie veneree.

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        • robybaggio10
          Bodyweb Senior
          • Dec 2011
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          • Franciacorta
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          Originariamente Scritto da Giampo93 Visualizza Messaggio
          Ma Sousa che morte ha fatto?
          Allena il Bordò!
          I SUOI goals:
          -Serie A: 189
          -Serie B: 6
          -Super League: 5
          -Coppa Italia: 13
          -Chinese FA Cup: 1
          -Coppa UEFA: 5
          -Champions League: 13
          -Nazionale Under 21: 19
          -Nazionale: 19
          TOTALE: 270

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          • Giampo93
            Mangiatore di vite altrui
            • Jan 2015
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            Poveraccio, spiegare la tattica a congolesi di 90 kg
            Originariamente Scritto da Alberto84
            Te lo dico io gratis che devi fare per crescere: devi spignere fino a cagarti in mano


            Originariamente Scritto da debe
            Chi è che è riuscito a trasformarti in un assassino mangiatore di vite altrui?
            Originariamente Scritto da Zbigniew
            Kurt non sarebbe capace di distinguere, pur avendoli assaggiati entrambi, il formaggio dalla formaggia.
            Un indecente crogiuolo di dislessia e malattie veneree.

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            • Zbigniew
              Valens in bibacitate
              • Oct 2009
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              • 315
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              Una sera beve Cheval Blanc e l'altra Chateau Margaux.
              Poraccio.
              Originariamente Scritto da Sean
              mò sono cazzi questo è sicuro.
              Originariamente Scritto da bertinho7
              ahahhahah cmq è splendido il tuo modo di mettere le mani avanti prima, impazzire durante, e simil polemizzare dopo

              Originariamente Scritto da Giampo93
              A me fai venire in mente il compianto bertigno
              Originariamente Scritto da huntermaster
              Bignèw

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              • Sean
                Csar
                • Sep 2007
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                • In piedi tra le rovine
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                Depenniamo:

                ____________________

                Spalletti a Top Calcio sul Milan:"Io al Milan? Che c'azzecco, ho contratto con l'Inter. Lasciate lavorare Giampaolo, è l'astro nascente del calcio italiano. Voi dovreste venire con me a raccogliere un po' d'uva, avreste più calli nelle mani e vi fareste meno..".

                MW
                ...ma di noi
                sopra una sola teca di cristallo
                popoli studiosi scriveranno
                forse, tra mille inverni
                «nessun vincolo univa questi morti
                nella necropoli deserta»

                C. Campo - Moriremo Lontani


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                • TheSandman
                  Ex Presidente
                  • Jun 2008
                  • 4902
                  • 579
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                  Io lo ripeto come un mantra, ma penso sia doveroso per una lucida analisi della situazione rossonera.

                  Passa come un mantra certo e inconfutabile che la problematica del Milan sia di natura economica, e non è così.

                  Io non conosco il bilancio del Milan e non conosco gli algoritmi del fair play finanziario che gravano sulla possibilità di spesa rossonera, ma i conti della serva li so fare.

                  Il Milan, anche con Elliott nelle ultime due campagne acquisti, ha speso fiori di milioni di euro per non spostare di una virgola il livello della squadra.

                  Con gli stessi milioni con cui noi ci siamo riempiti di cessi assoluti, le altre squadra, anche squadre che ora lottano per lo scudetto, hanno comprato pilastri dei loro attuali organici (e non mi riferisco dei milioni per Lukaku o quelli per cr7 ovviamente).

                  Il problema del Milan quindi è "solo" di programmazione e decisionale a livello tecnico.

                  I mezzi per avere una squadra comunque competitiva in Italia e magari anche nell'europa minore (Europa League) ci sarebbero quindi già stati ora.


                  Tessera N° 6

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                  • Sean
                    Csar
                    • Sep 2007
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                    • In piedi tra le rovine
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                    Crisi Milan: o la svolta, o affonda. Su Giampaolo c'è fiducia, ma a termine

                    Lungo faccia a faccia con la società, il tecnico rossonero è all'ultima spiaggia: deve battere il Genoa. Sondaggi per Garcia, forte suggestione Shevchenko

                    Ora sì che è l’ultima spiaggia. E la metafora è quella giusta, trattandosi Genova di una città di mare, una città che fra l’altro Marco Giampaolo conosce bene. E che adora, avendoci lavorato, e bene, per tre anni. È lì che si è conquistato la grande occasione di una vita, che ora rischia di svanirgli fra le mani, come la sabbia che scivola fra le dita. Sabato contro il Genoa si gioca tutto. Una specie di personalissimo derby della sopravvivenza. Il giorno del giudizio. Per lui e per il suo Milan. Ma soprattutto per lui. Perché la fiducia che la dirigenza gli ha ribadito già nella notte di domenica, nel corso di un faccia a faccia lungo un’ora andato in scena nella pancia dello stadio, non è più a tempo indeterminato. La parola ultimatum non è mai stata pronunciata, né da Maldini, né da Boban, né da Massara, né da Gordon Singer, figlio di Paul, vale a dire Mister Elliott, il padrone della baracca, che in questo momento è l’immagine che rende meglio. Non è stata pronunciata, ma è nei fatti, è nelle cose. Il calcio ha le sue regole. Siamo già a 4 k.o in 6 partite, l’ultima volta che il Diavolo partì così male c’era Mussolini, anno 1938/39.

                    «Lo difenderemo sempre» ha detto Maldini dopo la disfatta. Sempre, ovviamente, significa fino a quando sarà l’allenatore. Difenderlo dopo un quinto flop sarebbe impossibile. Ci sarebbe solo da prendere atto del fallimento del progetto. Arenarsi a Genova sarebbe una sentenza inappellabile. Per Giampaolo e, appunto, per lo stesso progetto tecnico. Tutti, dirigenti inclusi, sarebbero in discussione. Lo ha ammesso in fondo lo stesso Maldini parlando di responsabilità diffuse: «Le colpe sono di società, allenatore, giocatori». Un discorso, quello del d.t., lucido e onesto. Lunedì quelli di Striscia gli hanno dato il Tapiro. «È una sofferenza per chi ama questa squadra» ha ammesso. Giampaolo invece è rimasto in silenzio: doveva andare a Milano a un incontro con Allegri e il vecchio maestro Galeone, ma ha preferito lasciar stare. La squadra tornerà ad allenarsi solo martedì, dopo il giorno di riposo. Niente ritiro punitivo.


                    Le strade quindi sono due: a Marassi si svolta o si affonda. C’è chi sostiene che sia meglio andarsi a giocarsi la gara della verità lontano da San Siro, dove la pazienza popolare è già esaurita. Marassi sarà però il solito inferno. E col collega Andreazzoli sarà un duello nel duello. Rischiano in due. I latini il calcio non ce l’avevano, ma la frase giusta sì: mors tua vita mea.


                    La fiducia di dirigenza e proprietà è reale. A termine, ma reale. Allo stesso momento è chiaro che al quarto piano di Casa Milan ci si sta già muovendo. Chiaro e giusto: una proprietà non solo ha la facoltà, ma il dovere di non farsi trovare impreparata.

                    Qualche sondaggio esplorativo, più o meno indiretto, è già stato fatto. E davanti a tutti oggi come oggi c’è Rudi Garcia, forte anche dell’amicizia che lo lega al d.s. Massara. I due hanno lavorato insieme alla Roma. Conosce il campionato, le dinamiche, ha personalità. Ma sono diversi i profili analizzati. E fra questi attenzione a Shevchenko. Che è c.t. dell’Ucraina e vuole andare all’Europeo. Intanto però stasera è a Milano per l’Atalanta e per festeggiare il 43° compleanno con i vecchi compagni di squadra. Ipotesi suggestiva. Ranieri? Traghettatore esperto, ma poco di prospettiva. Un Gattuso 2? Improbabile, dopo quell’addio doloroso. Allegri e Spalletti? Fuori budget per un club sempre alle prese col Fair Play finanziario.

                    Arrigo Sacchi, grande padre della patria rossonera, ieri ha ribadito il suo pensiero a Radio2: «Mandare via Giampaolo sarebbe un doppio errore, ricordatevi la mia storia». Ma i due Milan, il suo e questo, sono paragonabili? Lì Gullit e Van Basten. Qui?


                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • Sean
                      Csar
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                      Crisi Milan: Gazidis deve farsi sentire, Giampalo si faccia aiutare

                      La prima cosa da fare è cercare chiarezza dentro la società, da Londra a Milano. Se non sarà chiaro il progetto della proprietà, non lo sarà nemmeno la strada per la squadra

                      di Mario Sconcerti

                      La prima cosa da fare al Milan è cercare chiarezza dentro la società, da Londra a Milano. Se non sarà chiaro il progetto della proprietà, non sarà chiara nemmeno la strada per la squadra. I giocatori hanno sempre bisogno di sapere per chi lavorano. Chi è dunque il Milan oggi? La risposta corretta ha un nome, Gazidis, tanti anni all’Arsenal, un ingaggio da quattro milioni l’anno, un dirigente certamente bravo ma insolito. Non ha detto una parola da quando è arrivato, non una. Non ha risposto mai a una domanda sulla squadra, il futuro. Non parla. Non aggrega, lavora. Fino a quando? Non si sa, fino a quando Singer non troverà il cliente giusto a cui vendere il Milan. L’errore è evidente e costruisce incertezza dovunque, la situazione peggiore per fare calcio. Gazidis deve trovare riferimenti più forti dentro il Milan, crearsi radici, divenirne l’anima o niente.

                      Non può pensare basti aver scelto due pezzi di storia estranei per destino al lavoro di ufficio, al compromesso sporco nella trattativa di mercato, all’occhio lungo dello scout. Deve costruirli lui, farli diventare dirigenti, non osservatori preoccupati. Se non lui chi nel Milan è capace di tenere il timone? Nessuno. Allora Gazidis esca dal suo vuoto e si esponga. Parli con Giampaolo, con la squadra, capisca i suoi problemi. La stessa cosa che deve fare Giampaolo con una differenza in più: non è più tempo di pensare al collettivo. Prima bisogna trovare i pilastri, poi intorno si farà la squadra. È tempo di scegliere quattro giocatori e educarli ad essere leader. Non discorsi di popolo, ma colloqui veri, privati, che portino responsabilità. Giampaolo quando la squadra è in campo resta solo. Il Milan sul campo anche. Servono dei giocatori ponte, con buona personalità, che si responsabilizzino e tengano in mano la partita di tutti momento dopo momento. Servono amici.

                      Il primo nome sicuro mi sembra Calabria, personalità fresca ma evidente. Poi Romagnoli, il migliore del Milan, il più cattivo, che però rischia sempre poco. È tempo entri nel gioco. Poi i due giocatori di più talento, Calhanoglu e Suso, non adatti, ma dimostrativi, sanno essere seguiti per qualità e importanza. Devono essere loro a guidare la partita. La società (Gazidis) deve infine chiamare Piatek e capire cosa lo rende così inutile. Piatek è l’uomo decisivo, è il gol, non c’è Milan senza di lui. Va ascoltato e scosso molto dall’alto. Non è più il tempo delle assemblee nello spogliatoio, è il tempo dei mentori, di una nuova esperienza. Si faccia aiutare Giampaolo, o morirà di solitudine insieme al Milan.

                      CorSera
                      ...ma di noi
                      sopra una sola teca di cristallo
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                      forse, tra mille inverni
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                      nella necropoli deserta»

                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
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                        Crisi Milan, l'ex Zaccheroni: «I giocatori capiscono subito se il tecnico è in discussione»

                        «Una società non deve farlo mai. Finché l'allenatore resta, deve essere trattato come il migliore del mondo, altrimenti tanto vale avvicendarlo subito»

                        «Gli allenatori non si discutono. Si cambiano». La massima è di Alberto Zaccheroni, abituato a navigare fra i marosi della panchina dopo aver guidato le due squadre di Milano e di Torino prima delle avventure in Oriente. La feroce contestazione di domenica non ha risparmiato nessuno, ma intanto è Giampaolo, pur confermato a tempo, a essere criticato dai dirigenti. «Una società non deve mai discutere pubblicamente il suo allenatore, altrimenti significa decretarne la morte. I giocatori non lo seguirebbero più. Finché resta deve essere trattato come il migliore del mondo, altrimenti tanto vale avvicendarlo subito».

                        Quali responsabilità ha il tecnico?
                        «Secondo me è bravo ma gli andrebbe concesso del tempo. Appartiene a quella tipologia di allenatori, come Arrigo, che puntano sul collettivo e non sulle individualità. Poi, se non hai grandi talenti in squadra è ancora più complesso».


                        È solo questione di qualità?
                        «Ho lavorato nelle grandi piazze italiane, ma nessuna maglia pesa come quella del Milan: a San Siro come a Milanello la storia ti schiaccia. Contro la Fiorentina i giocatori non erano sereni, passavano subito la palla per paura».

                        Sta dicendo che non sono da Milan?
                        «Se l’obiettivo è andare in Champions c’è parecchio da lavorare. Il gap lo devi colmare con il gioco se non sei in grado di farlo con le individualità».

                        Da chi ripartirebbe?
                        «Da Leao perché ha osato giocate, avendo la mente libera, e da Suso perché ha tecnica sopra gli altri. Costruirei il Milan su di lui. Ma più in generale Giampaolo dovrebbe affidarsi ai suoi 4-5 punti fermi, purché li schieri nei loro ruoli naturali».

                        Dopo i fischi come si lavora nella burrasca?
                        «Giampaolo non dovrebbe leggere i giornali e accendere la tv. Gli consiglio di chiudersi a Milanello e di lavorare sulle prestazioni. Le pressioni dei media e dei tifosi sono enormi: da vedere se la società avrà la forza di andare controcorrente».



                        CorSera
                        ...ma di noi
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                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                        • Sean
                          Csar
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                          Fiorentina, la rivincita di Montella
                          «Una settimana fa ero il più scarso del mondo...»


                          Il tecnico viola si gode la vittoria contro il «suo» Milan e un Ribery in gran forma

                          Nella notte nera del Milan, la delizia viola. E la vendetta di Vincenzo Montella, l’ultimo ad aver regalato un trofeo ai rossoneri, una Supercoppa italiana contro la Juventus di Allegri e ora finalmente padrone della Fiorentina. Quattro risultati utili di fila con due vittorie e sempre con la stessa formazione, il 3-5-2 senza centravanti: «L’evoluzione dovrà essere quella, aggiungere una prima punta», dice il tecnico felice. Intanto però ha trovato delle certezze: Caceres per dare solidità alla difesa, Ribery non sulla fascia ma dentro il gioco, Chiesa meno esterno e più punta. Accorgimenti che hanno portato dei frutti.

                          La Fiorentina ha espugnato San Siro, fatto felice il presidente Commisso a New York davanti alla tv, consentito a Montella di vendicarsi del Milan ma anche di prendersi la rivincita su chi prima della Sampdoria lo voleva vicino all’esonero. «Una settimana fa ero il più scarso allenatore del mondo, ora magari qualcuno la penserà diversamente», dice. Ed è l’unica vera, seppure piccola, soddisfazione che Vincenzino intende prendersi nella notte di San Siro mentre Firenze festeggia e al Milan sono inevitabili i processi. «Mi spiace che la mia vecchia squadra stia vivendo una situazione così. Non è facile giocare dentro uno stadio che ti fischia. Consigli a Giampaolo? Lui ha più esperienza di me, gli posso solo dire di stare sereno e di andare avanti seguendo le proprie convinzioni».


                          Per il resto Montella preferisce concentrarsi sulla Fiorentina ritrovata: «All’inizio della stagione non ero preoccupato, chiedevo solo un po’ di pazienza perché la squadra è nuova e soltanto adesso stiamo imparando a conoscerci. Ma ho sempre avuto fiducia». Ora predica prudenza e chiede alla città di volare basso perché illudersi può essere pericoloso in un momento di crescita come questo: «Non bisogna pensare che possiamo arrivare già in Champions. Chiedo a Firenze equilibrio e tranquillità, lo chiedo anche a voi (dice rivolto ai giornalisti), non fateci troppi elogi».

                          Perché la Viola è appena sbocciata e potrebbe appassire. Invece bisogna andare avanti con feroce convinzione. «Non so dirvi neppure io dove potrà arrivare questa Fiorentina, perché ancora non lo so. Molto dipenderà anche da quanto e come cresceranno i ragazzi che sono bravi e spingono dietro i titolari». Resta il fatto che alla Scala del calcio la Fiorentina ha dato spettacolo e Ribery è uscito accompagnato da una standing ovation. Meglio di così, è difficile. «Nessuno pensava di avere 8 punti con questo calendario molto difficile. Però dobbiamo migliorare. Soprattutto nella gestione delle partite, anche con il Milan, dopo il 3-0, abbiamo mollato rischiando un po’». Anche in questo servirà l’esperienza di Ribery, l’uomo in più, sempre al centro della scena e della nuova Fiorentina.


                          CorSera
                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                            Inter, Conte per sfatare un tabù: un tecnico italiano non vince al Camp Nou da 16 anni

                            L'utimo a battere il Barcellona in casa sua fu Marcello Lippi nel 2003: da allora 10 sconfitte e 5 pari

                            Il conto alla rovescia è cominciato: il Barca è dietro la porta, l'Inter è pronta per tornare là, al Camp Nou, dove la scorsa stagione Marcelo Brozovic inventò la 'mossa del coccodrillò stendendosi a terra dietro la barriera per evitare guai sulla punizione rasoterra di Luis Suarez. Mai intuizione fu migliore visto che riuscì a deviare il pallone in calcio d'angolo. Ma quella era una stagione fa, per i nerazzurri si trattava del ritorno in Champions dopo anni di assenza. Oggi all'Inter il clima appare diverso (almeno fino ad oggi), le sei vittorie su sei giornate e la vetta della classifica hanno dato nuova linfa agli uomini di Antonio Conte, che per vero hanno ottenuto successi mostrando carattere e anche gioco.

                            L'Europa, però, non è il campionato. Ci sarà ben altro da mettere in campo rispetto alle partite di Serie A, soprattutto se davanti ti ritrovi il Barcellona. Dunque, dopo il pari in casa contro lo Slavia Praga l'Inter va all'esame di maturità, certo, come detto, l'avversario non è dei più semplici. E anche senza Messi al 100 percento al pari di Dembelè i blaugrana fanno comunque paura. L'antidoto è prenderla per mano (la paura) e cercare di giocarsela. Questo ha in mente il tecnico dell'Inter, che immediatamente dopo il fischio di Samp-Inter (1-3) ha iniziato a pensare sulla formazione da schierare contro il Barca. E' bene segnalare he al Camp Nou un allenatore italiano non conquista il bottino dall'aprile del 2003. Si tratta di Marcello Lippi che alla guida della Juve vinse 2-1 nei quarti di Champions. Da allora il bilancio è di 5 pareggi e 10 sconfitte. Una di queste la incassa proprio l'attuale allenatore dell'Inter all'epoca alla guida del Chelsea (2017-2018 ottavi di finale). Certamente quell'eliminazione Conte la ricorda benissimo, per questo chiederà ai suoi una notte da leoni.

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                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Juventus-Bayer Leverkusen, oggi ore 21. "Sarà 4-3-1-2 con Higuain e Ronaldo in attacco con alle spalle Ramsey. Khedira, Pjanic e Matuidi a centrocampo

                              Non c’è spazio per gli esperimenti, men che meno per precoci pensieri di Inter. Maurizio Sarri, per la prima uscita casalinga della stagione in Champions League, si affida alle sue certezze. Gli interpreti, innanzitutto: non un caso, allora, che - con ogni probabilità - ricalchino per dieci undicesimi quelli scesi in campo al Wanda Metropolitano contro l’Atletico Madrid. Unica eccezione l’infortunato Danilo, con Cuadrado a scalare basso e Ramsey a prendere posto tra le linee. Già, il gallese: ago del la bilancia tra il porto sicuro 4-3-3 e un 4-3-1-2 che da affascinante possibilità si sta rapidamente trasformando - a sua volta - in certezza.

                              «Ramsey sta facendo molto bene e, sinceramente, mi ha sorpreso - le parole spese dal tecnico bianconero per il suo numero 8 alla vigilia della sfida al Bayer Leverkusen -. Si è inserito velocemente nei meccanismi e, reduce da un infortunio così lungo, ha ancora margini di miglioramento». Una pedina già cruciale per la fluidità della manovra, una pedina che impone però un’esclusione di lusso tra Gonzalo Higuain e Paulo Dybala - con il primo favorito per una maglia da titolare questa sera - per affiancare Cristiano Ronaldo in attacco. «L’ipotesi di vederli tutti insieme in un tridente è affascinante, ma al momento più per chi siede al bar che per chi deve pensare agli equilibri della squadra.

                              Il livello di maturazione raggiunto dal gruppo permette al momento di pensare a loro insieme per uno spezzone di partita, ma confido che la squadra si riveli velocemente pronta a questa eventualità anche dal fischio d’inizio». Quello che questa sera vedrà tornare tra i titolari Alex Sandro dopo il viaggio in Brasile a causa di un lutto familiare, con Matuidi a prendere nuovamente posto in mediana insieme a Pjanic e Khedira e con la coppia Bonucci-De Ligt a presidiare i pali difesi da Szczesny. Le grandi certezze di Sarri, almeno per ora.


                              TS

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                              nella necropoli deserta»

                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                                In attacco ormai è Dzeko-dipendenza

                                LEGGO (F. BALZANI) - La Dzeko-mania rischia di diventare Dzeko dipendenza. Il quarto gol in campionato del bosniaco col Lecce ha portato altri tre punti (è capitato 10 volte nelle ultime 12 partite in cui ha segnato Edin) ma ha alimentato i dubbi su un reparto che poggia tutto sulle sue spalle e che manca di cattiveria come dimostrato proprio domenica al Via del Mare. Come riporta uno studio di romanews.eu per valutare la reale qualità delle occasioni avute, c'è da qualche anno un dato molto interessante, che attribuisce ad ogni tiro tentato un coefficiente numerico, basato sulla probabilità di segnare in quella determinata situazione. Stiamo parlando dei cosiddetti expected goals con i quali è possibile determinare quanto è stata pericolosa offensivamente una squadra. Domenica la Roma ha prodotto addirittura 3 xG (di cui 2,5 solo nel secondo tempo) e avrebbe meritato quindi due gol in più. Un aspetto che si era già visto mercoledì scorso contro l'Atalanta e nella partita casalinga col Sassuolo.

                                Analizzando i gol realizzati solo altri tre provengono dai compagni d'attacco di Edin: Under col Genoa, Mkhitaryan e Kluivert col Sassuolo. Poi i tre calci piazzati di Kolarov e il colpo di testa di Cristante. Poco per una squadra votata all'attacco. A secco sono rimasti pure i trequartisti Zaniolo e Pellegrini mentre nelle altre big spiccato le reti dei vari Sensi, Pjanic, Milinkovic e Gomez oltre alle altre punte come Insigne, Sanchez o Muriel. Anche per questo Fonseca non rinuncia mai a Dzeko (stessa partenza del 2016 quando chiuse il campionato con 29 gol) che però potrebbe rifiatare almeno per un tempo giovedì in Europa League per dare a spazio a Kalinic. I sorrisi arrivano dalla difesa che per la prima volta ha chiuso senza subire reti anche grazie alla prestazione di Smalling che a Lecce vanta il 100% di duelli vinti.


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                                nella necropoli deserta»

                                C. Campo - Moriremo Lontani


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