Juve: un passo avanti e uno indietro. Quella di ieri non era una Juve 3-4-1-2 come vuole Pirlo, ma molto più un 4-4-2 anche in attacco. Giocatori finiscono fuori ruolo
I problemi non sono pochi e le avversarie li hanno capiti. Anche il Ferencvaros ha resistito per 92’. Anche il Verona l’aveva fatto. La Juve si compiace di questo infinito palleggio, gira e rigira, ma poi o non entra in area o lo fa con imprecisione. Basta piazzarsi e la blocchi, o quasi. Dybala è anche sfigato perché nell’azione più bella, da vecchi tempi, il tiro a giro sfiora il palo. Ma non è ancora lui. Si sfianca in pressing inutili e palleggia in mezzo, deprivando l’attacco. D’altra parte, se non ci fosse lui a cucire la manovra, chi provvederebbe? Perché la Juve di Pirlo è costruita su un’idea che non ha ancora tutte le pezze d’appoggio. Arthur ci prova a fare il regista, ma arriva dove può (e ieri il Benevento gli ha lasciato fin troppa libertà). Chiesa largo e alto dovrebbe prendere pochi palloni ma letali: sono pochi e non letali. E dietro non si capisce chi difende e chi attacca.
Quella di ieri non era una Juve 3-4-1-2, come vuole Pirlo, ma molto più 4-4-2 anche in attacco, forse per essere meno prevedibile. Finisce che Cuadrado fa il terzo centrale o si accentra da mezzala, lasciando l’offesa al meno intraprendente Chiesa. Anche Ramsey, così largo a sinistra, si estranea dal gioco. Tutti avanti, baricentro altissimo, e il Benevento riparte con la spinta di Letizia e Improta e la regia offensiva di Lapadula. Ma se poi il pari arriva su azione d’attacco insistita–parata splendida di Szczesny su Schiattarella, poi diagonale di Letizia –, e per di più arriva nel recupero del primo tempo, significa due cose: la Juve non sa difendersi da piazzata e non ha la personalità per gestire il vantaggio. Quinto gol preso (su sette) nei primi 45’. Peggio: quando viene raggiunta entra in confusione.
Tutto il secondo tempo è una confusione e, per la prima volta, sembra che i giocatori non si divertano. Dybala non prende il comando, Morata sbuffa e protesta fino all’espulsione folle dopo il 90’, e i cambi peggiorano la situazione: Kulusevski s’intristisce in entrate a testa bassa, Bentancur è quasi in depressione, palla a chi la prende. Invece i nuovi esaltano il Benevento che sposta i giocatori da un ruolo all’altro come niente fosse e chiude con un 5-3-2 impermeabile. Quinto pari Juve in 9 turni (non succedeva dal 2001). E mal di trasferta (una vinta nelle ultime 9) che si aggrava. Ora l’ultima cosa da fare è mettersi a rimpiangere Sarri. La prima, invece, ripensare qualcosa su posizioni, turnover schemi d’attacco. Prima che si faccia tardi.
Gazzetta
I problemi non sono pochi e le avversarie li hanno capiti. Anche il Ferencvaros ha resistito per 92’. Anche il Verona l’aveva fatto. La Juve si compiace di questo infinito palleggio, gira e rigira, ma poi o non entra in area o lo fa con imprecisione. Basta piazzarsi e la blocchi, o quasi. Dybala è anche sfigato perché nell’azione più bella, da vecchi tempi, il tiro a giro sfiora il palo. Ma non è ancora lui. Si sfianca in pressing inutili e palleggia in mezzo, deprivando l’attacco. D’altra parte, se non ci fosse lui a cucire la manovra, chi provvederebbe? Perché la Juve di Pirlo è costruita su un’idea che non ha ancora tutte le pezze d’appoggio. Arthur ci prova a fare il regista, ma arriva dove può (e ieri il Benevento gli ha lasciato fin troppa libertà). Chiesa largo e alto dovrebbe prendere pochi palloni ma letali: sono pochi e non letali. E dietro non si capisce chi difende e chi attacca.
Quella di ieri non era una Juve 3-4-1-2, come vuole Pirlo, ma molto più 4-4-2 anche in attacco, forse per essere meno prevedibile. Finisce che Cuadrado fa il terzo centrale o si accentra da mezzala, lasciando l’offesa al meno intraprendente Chiesa. Anche Ramsey, così largo a sinistra, si estranea dal gioco. Tutti avanti, baricentro altissimo, e il Benevento riparte con la spinta di Letizia e Improta e la regia offensiva di Lapadula. Ma se poi il pari arriva su azione d’attacco insistita–parata splendida di Szczesny su Schiattarella, poi diagonale di Letizia –, e per di più arriva nel recupero del primo tempo, significa due cose: la Juve non sa difendersi da piazzata e non ha la personalità per gestire il vantaggio. Quinto gol preso (su sette) nei primi 45’. Peggio: quando viene raggiunta entra in confusione.
Tutto il secondo tempo è una confusione e, per la prima volta, sembra che i giocatori non si divertano. Dybala non prende il comando, Morata sbuffa e protesta fino all’espulsione folle dopo il 90’, e i cambi peggiorano la situazione: Kulusevski s’intristisce in entrate a testa bassa, Bentancur è quasi in depressione, palla a chi la prende. Invece i nuovi esaltano il Benevento che sposta i giocatori da un ruolo all’altro come niente fosse e chiude con un 5-3-2 impermeabile. Quinto pari Juve in 9 turni (non succedeva dal 2001). E mal di trasferta (una vinta nelle ultime 9) che si aggrava. Ora l’ultima cosa da fare è mettersi a rimpiangere Sarri. La prima, invece, ripensare qualcosa su posizioni, turnover schemi d’attacco. Prima che si faccia tardi.
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