Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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    Alla Fiorentina torna Cesare Prandelli in panchina: è la scommessa di Rocco Commisso. Una storia interrotta dieci anni fa, quando l’allenatore andò a condurre la Nazionale italiana. Era una Fiorentina quella da quartieri alti della classifica e che se la batteva addirittura in Champions League. Ora ci riprovano entrambi, la Fiorentina non ha più provato quelle soddisfazioni e ha troppo spesso navigato in un mare di grigiore. Prandelli da dopo la finale degli Europei 2012 è andato in discesa e non ha più trovato la panchina e la squadra ideale. Insomma cercano di aiutarsi entrambi

    Dieci anni dopo. Cesare Prandelli che torna alla Fiorentina è un cerchio che si chiude, una storia che ricomincia lì dove era finita – non proprio benissimo, con un litigio con i Della Valle che non volevano liberarlo per la Nazionale – anche se da Firenze Prandelli non si è mai mosso. Lombardo di nascita, imprinting della Juve bonipertiana da giocatore e poi fiorentino d’adozione: allenatore della Fiorentina per cinque stagioni, più altri 4 anni a Coverciano come commissario tecnico della nazionale. Le cose migliori da tecnico le ha fatte in quel periodo, i tifosi viola ne hanno un ottimo ricordo, tanto da aver tifato per lui quando, a sosta del campionato alle porte, si è deciso di chiudere il conto con Iachini.


    Fu l’ultima Fiorentina, quella di Prandelli, da quartieri alti della classifica, che si qualificava per la Champions League – e che in quel momento era pure addirittura più ambiziosa, voleva di più – anche se le prime due stagioni finirono sotto la mannaia delle sentenze di calciopoli. E’ la Fiorentina di Pazzini e Luca Toni, Frey e Montolivo, Mutu e Osvaldo, Jovetic e Gilardino. Prandelli aveva una squadra di ottima qualità, come del resto anche questa ha giocatori. Come del resto anche questa, sia pure dopo la partenza di Chiesa, ha Milenkovic, Castrovilli, Callejon, Ribery… E’ una Fiorentina quella del quinquennio di Prandelli che se la batte persino in Champions League: nel 2010 eliminata dal Bayern Monaco, in una partita in cui l’arbitraggio del norvegese Ovrebo restò scolpito nella storia.


    Dopo le dimissioni della Nazionale la notte dell’umiliante epilogo con l’eliminazione al primo turno al Mondiale di Brasile 2014 (sconfitte con Costa Rica e Uruguay) è andato girovagando cercando di ritrovare se stesso e il feeling giusto con la squadra giusta. Senza mai riuscirci e anzi accumulando amarezze. Prandelli è un teorico del bel gioco e del possesso palla, ripudierà sempre tutte le squadre che giocano formalmente a tre in difesa in realtà per poterne schierare almeno cinque di difensori: con lui si giocano i moduli sacchiani, ancelottiani, guardioleschi: 4-3-3, 4-2-3-1.

    Prandelli è sicuramente un tifoso viola, ha accettato un normale contratto fino a fine campionato, proprio per non forzare la mano, e non abusare della chance che è capitata a entrambi. Un po’ come Ranieri due anni fa accettò di concludere il campionato della Roma. Già questo ci dice che non è una questione di soldi, ma di affetto reciproco. Il calcio ogni tanto ha anche belle storie e meno cinismo di quanto si creda.

    Non sempre i ritorni sono azzeccati, questo può esserlo. Perché sono troppi anni che la Fiorentina aspetta il momento buono e naviga in un mare grigio. L’italo americano Rocco Commisso ancora non è riuscito a riportarla lì dove dice di volerla riportare. E perché sono troppi anni che Prandelli cerca di tornare a quei livelli, il top lo raggiunse con la finale degli Europei di calcio 2012. Per la verità quella partita stessa – Spagna-Italia 4-0 – rientra nella fase di discesa successiva. Si puntellano e si aiutano entrambi. Questo potrebbe essere l’ultimo treno, per la Fiorentina e per Prandelli. Poi non ci sarà più modo di ritrovarsi.

    Dieci anni dopo. Cesare Prandelli che torna alla Fiorentina è un cerchio che si chiude, una storia che ricomincia lì dove era finita - non proprio benissimo, con un litigio con i Della Valle che non volevano liberarlo per la Nazionale - anche se da Firenze Prandelli non si è mai mosso. Lombardo di nascita, imprinting della Juve bonipertiana da giocatore e poi fiorentino d'adozione: allenatore della Fiorentina per cinque stagioni, più altri 4 anni a Coverciano come commissario tecnico della nazionale. Le cose migliori da tecnico le ha fatte in quel periodo, i tifosi viola ne hanno un ottimo ricordo, tanto da aver tifato per lui quando, a sosta del campionato alle porte, si è deciso di chiudere il conto con Iachini. Fu l'ultima Fiorentina, quella di Prandelli, da quartieri alti della classifica, che si qualificava per la Champions League - e che in quel momento era pure addirittura più ambiziosa, voleva di più - anche se le prime due stagioni finirono sotto la mannaia delle sentenze
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      Roma, altri tre positivi al Covid: Pellegrini, Fazio e Santon

      Il centrocampista ha giocato titolare con il Genoa, mentre il centrale difensivo domenica era in panchina. Il laterale invece lavora a parte da giorni

      Dopo Edin Dzeko ed il portiere della della Primavera Pietro Boer, altri tre positivi al Covid-19 in casa Roma: si tratta del centrocampista Lorenzo Pellegrini e dei difensori Federico Fazio e Davide Santon. "L'ultimo tampone ha rivelato che anche io sono positivo al Covid-19 e ho iniziato subito la quarantena", ha spiegato Lorenzo Pellegrini attraverso un post Instagram. Il trequartista della Roma ha poi aggiunto: "Voglio rassicurare tutti, ho qualche sintomo ma sto bene e già da oggi per me scatta il conto alla rovescia per rientrare in campo a disposizione del mister e dei miei compagni".

      Pellegrini era in campo domenica al 'Ferraris' nella sfida vinta dai giallorossi sul Genoa per 3-1, mentre Fazio è stato tutto il tempo in panchina. L'esterno sta invece lavorando separatamente dal gruppo da una settimana per un infortunio muscolare e non ha avuto contatti con i compagno di squadra.

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        Milan, nel bene e nel male è sempre Ibrahimovic

        Il rigore sbagliato, poi il pari nel recupero: lo svedese resta il leader dei rossoneri. "Ma il prossimo rigore lo lascio a Kessiè"

        Al di là della promessa di lasciare d'ora in poi i rigori a Kessié, il che non sarebbe una rinuncia da poco per chi vive con evidente passione il duello a distanza nella classifica cannonieri con Cristiano Ronaldo, l'indispensabile Ibrahimovic si è confermato tale anche nell'analisi lucidissima della prima porzione di campionato del Milan, capolista inatteso all'ultima sosta del 2020. Dopo avere dato l'impressione nelle scorse settimane di parlare di scudetto più per facezia che sul serio, Ibra ha spiegato che nulla è davvero impossibile, in questa stagione condizionata dal calendario con troppe partite in poco tempo. Il principio che l'importante non sia partecipare ma vincere è forse una tautologia, nel calcio altamente professionistico e largamente appeso al business.

        Però Ibra non si stanca di ripeterlo dall'inizio ai suoi giovani compagni. Lo ha dimostrato coi fatti, attraverso la cocciutaggine con la quale ha cercato ed è infine riuscito a riscattare se stesso, dopo avere sbagliato parecchio sotto porta oltre al rigore. La conclusione del suo ragionamento è che le incognite di una stagione così compressa, con inevitabili flessioni di rendimento tra una partita e l'altra, valgono per tutti, non solo per il Milan. E che il Milan, proprio per questo, deve essere pronto ad approfittarne, senza porsi limiti.

        Sarà essenziale il dosaggio delle energie. E qui l'autocritica di Ibrahimovic apre spazio alla discussione sul turnover, nella quale lui stesso accetta di essere coinvolto. Più che una presa d'atto dell'anagrafe, si tratta di un suggerimento collettivo: non si può giocare sempre e le scelte di Pioli vanno accettate, perché la lucidità in campo è decisiva, quando l'equilibrio tecnico e tattico è così grande, e soprattutto è figlia del recupero fisico tra un impegno e l'altro. L'infortunio muscolare di Romagnoli, sostituito da Gabbia a pochi minuti dall'inizio, sembra la classica conseguenza del calendario. Ibra, che ha trovato in Magnani un marcatore come quelli dei vecchi tempi in Italia, teorizza che l'Europa League, giocandosi di giovedì, possa diventare addirittura più faticosa della Champions. Lo sostiene per esperienza diretta, avendolo sperimentato con la maglia del Manchester United. Ecco, appunto, l'esperienza. Nessun'altra squadra della serie A ha il vantaggio di un calciatore col lungo curriculum e la razionalità del veterano tra i fuoriclasse, che diventa adesso più che mai preziosa e non soltanto per vincere le partite oppure, come col Verona, per evitare di perderle. E' preziosa perché aiuta l'intero Milan - dirigenti, allenatore, compagni - a non smarrire la strada ritrovata con la bella partenza e con questo primo posto da difendere. Dagli avversari, ma innanzitutto dal rischio di non sentirsi all'altezza della sfida che comporta.

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          Arrigo Sacchi: «Conte grande allenatore ma ha i giocatori giusti? Pioli deve dare più personalità»

          La lettura alla stagione anarchica: «Pirlo? Un allenatore nuovo non deve per forza fare fatica. Sassuolo, Verona, Atalanta sono squadre interiorizzate, tutto è automatico. Qualcuno che pensa alla strategia c’è ma alla fine vincerà il peso della storia»

          Un campionato senza padroni né gerarchie, con l’alternanza unica regina. La tendenza è la stessa in Europa. In Inghilterra comanda il Leicester, in Spagna la Real Sociedad, la serie A ha fatto sballare i pronostici. L’ex c.t. della Nazionale Arrigo Sacchi offre una lettura diversa del momento anarchico. «È una stagione anomala. Gli stadi vuoti e avvilenti. I giocatori sono umani, ne risentono. Si gioca tanto, mancano molti protagonisti, qualcuno cerca di fare il furbo. Siamo fuori norma, a incidere e a decidere alla fine sarà la forza politica, economica, la capacità organizzativa, lo stile e la storia dei club».

          Che dobbiamo attenderci da questo campionato?
          «Le cose torneranno come sempre. In Italia si punta molto sul singolo e poco sulla squadra. Solo facendo squadra puoi sfruttare l’interiorizzazione. Interiorizzare significa automatizzare tutto: vivi le situazioni in allenamento e in partita le sai fronteggiare».


          Nel nostro Paese è un concetto semisconosciuto.
          «Sassuolo, Atalanta, Verona sono squadre interiorizzate, il Bologna ci prova. Siamo grandi gestori e pessimi strateghi. Bravi nel tatticismo, programmiamo il minimo, poi cogliamo l’attimo puntando sui singoli. Il calcio però è gioco di squadra. Lo stratega invece ha un obiettivo a lungo termine e lo persegue».

          Non è solo una questione italiana, come se lo spiega?
          «Il Covid ha stravolto tutto e poi il calendario fitto. Le big giocano ogni tre giorni. Quando affronti Liverpool, Man City e Barcellona la fatica è tripla. Difficile fare previsioni in serie A, alla fine però vinceranno sempre quelle».


          Se l’aspettava un campionato così confuso?
          «Non è confuso, per la prima volta in Italia abbiamo un gruppo di strateghi, partendo dal basso della classifica. Lo Spezia non può puntare sul singolo. De Zerbi e Gasperini sono strateghi, Sarri lo era. Conte ha un progetto a lungo termine. La domanda è: ad Antonio hanno preso giocatori funzionali? È come se sceneggiatore e regista avessero in mente un film comico e il produttore portasse grandi attori drammatici».

          La divergenza tra dirigenti e tecnici c’è sempre stata.
          «Nel calcio non parliamo mai di funzionalità. Nel ciclismo di un corridore si dice è un velocista, nella boxe un picchiatore, nel calcio è bravo. Che vuol dire? Se sono l’allenatore e ho in mente una squadra di un certo tipo e tu mi dai un giocatore con altre caratteristiche…».

          Qual è la componente più importante per riuscire?
          «Il club, con la sua storia, visione, competenza e stile. Dopo c’è la squadra, infine il singolo. Senza un copione c’è solo improvvisazione».

          Parlava di storia di club: si riequilibrerà il campionato, i più forti verranno fuori?
          «Il Napoli nella sua storia ha vinto due scudetti. Hanno sempre dominato Juventus, Milan e Inter, per uscire da questa situazione devi fare un mezzo miracolo».


          Pirlo alla Juventus fatica perché è nuovo?
          «Un allenatore nuovo non deve per forza far fatica. Alla Juve c’erano già tanti giocatori e non pensano tutti allo stesso modo: diventa un po’ come la Torre di Babele, più difficile. Pirlo lo conoscevo da calciatore, all’allenatore va dato tempo. Non ha avuto la fortuna di fare la gavetta, né di arrivare in una squadra dove ha portato chi voleva lui».

          Pioli è più navigato di Pirlo, sta facendo un buon lavoro. Il Milan è attrezzato per arrivare in fondo?
          «Bravissima persona. Deve dare un’identità ancora più forte alla squadra. Le sue formazioni hanno del buonsenso, ma non un’identità così forte e con i giovani bisogna dargliela: vanno costruiti».

          Conte è diverso. L’Inter un’identità ce l’ha.
          «Un grande allenatore. Vive di calcio, ha una certezza: si può sempre fare di più e meglio. Cerca la perfezione, non la raggiungerà. Chiede il massimo, lui lo dà. Credo sia dovuto scendere a compromessi, mi rifiuto di pensare che alcuni giocatori arrivati gli vadano bene. Diceva Churchill: non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare».

          Il giudizio sul campionato attuale qual è?
          «Mi spiace che il Sassuolo non sia primo con il Milan. Il Sassuolo ha un suo copyright, non vorrei iniziassero ad aver paura. Le squadre italiane sono timide, hanno sempre un eccesso di difensori rispetto all’avversario straniero».

          Ancora troppo difensivisti?
          «Esempio: Real Madrid-Inter. I nerazzurri avevano due attaccanti, Lautaro e Perisic. Quanti difensori aveva il Real? Due, Varane e Ramos. Dall’altra parte c’era solo Benzema e tre centrali: D’Ambrosio, De Vrij, Bastoni. Così si è giocato con due in meno. Nel movimento deve esserci il giocatore in più, non nella staticità».

          Che dobbiamo aspettarci?
          «Mi hanno chiamato alcuni stranieri per chiedermi cosa sta succedendo in Italia, perché si segna così tanto. Quanti club in Italia hanno una visione a lungo termine? Pochi. Il credo dovrebbe essere: vincere, convincere, divertire. Ma qualcuno le mette mai insieme queste tre cose? Da noi conta solo vincere. Così si fa poca strada».


          CorSera
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                          ...ma di noi
                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                          • Sean
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                            Fonseca resta alla Roma


                            IL TEMPO (F. BIAFORA) - La forza dei risultati. La stagione della Roma e di Fonseca era iniziata con numerose voci riguardo il futuro del tecnico portoghese, che ora può veramente godersi il momento positivo della sua squadra, che non perde sul campo dalla sfida con il Siviglia in Europa League e da quella del 5 luglio con il Napoli in campionato. Sull’onda lunga delle prestazioni del gruppo giallorosso sono iniziati i primi contatti esplorativi tra la società e l’entourage dell’allenatore per discutere di un eventuale prolungamento: Fonseca ha un contratto fino al 30 giugno, con l’accordo che prevede l’opzione di rinnovo per un’altra stagione.

                            Dan e Ryan Friedkin, anche nel momento in cui le voci su Allegri avevano raggiunto il culmine, hanno sempre confermato la totale fiducia nei confronti dell’ex Shakhtar, che rassicurato dai texani è riuscito a mantenere la giusta lucidità per continuare a lavorare per migliorare il rendimento della squadra. E i fatti gli stanno dando pienamente ragione. La nuova proprietà apprezza il lavoro di Fonseca - il mister vorrebbe l'arrivo di uno tra El Shaarawy e Bernard nel mercato di gennaio - e con il suo procuratore Abreu, che si avvale dell’aiuto di uno degli intermediari più vicini al club capitolino, si è deciso di fare un nuovo punto della situazione al termine del girone di Europa League, che in caso di qualificazione ai sedicesimi mediante il primo posto nel girone porterà in dote 1,5 milioni di euro di bonus.

                            Entrambe le parti hanno la consapevolezza che non c’è bisogno di affrettare i tempi - entro breve dovrebbe poi essere annunciato il nuovo direttore sportivo - e che al momento non è iniziata neanche una vera e propria trattativa sul rinnovo. Intanto questa mattina alle 11 a Trigoria andrà in scena il primo allenamento della settimana, dopo il giorno di riposo concesso da Fonseca ai suoi in seguito al successo contro il Genoa. Lo staff medico incrocia le dita per Spinazzola, che oggi effettuerà gli esami strumentali in seguito al risentimento all’adduttore della coscia destra che lo ha costretto al cambio dopo pochi minuti di gara. La speranza è che non si tratti di una lesione muscolare.

                            Chi si avvicina al ritorno in gruppo dopo la positività al Covid è Diawara, che ha già svolto numerosi allenamenti individuali la scorsa settimana. Servirà un po’ più di tempo a Calafiori, che nel weekend, appena terminato l’isolamento fiduciario di 21 giorni, ha svolto le visite mediche d’idoneità necessarie dopo il contagio dal virus. Capitolo società: i Friedkin hanno proposto a Stefano Scalera di entrare all’interno dell’organigramma della Roma. Scalera al momento ricopre il ruolo di Vice Capo di Gabinetto del Ministero dell'Economia e delle Finanze e sta valutando se accettare la proposta di figura che andrà ad occuparsi in particolare delle relazioni istituzionali

                            IL TEMPO (F. BIAFORA) -  La forza dei risultati . La stagione della Roma e di Fonseca era iniziata con numerose voci riguardo il futuro del tecnico portoghese, che ora può veramente godersi il momento positivo della sua squadra , che non perde sul campo dalla sfida con il Siviglia in Europa Leag...
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                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Originariamente Scritto da Sidius Visualizza Messaggio


                              Kurt invece ci è retrocesso in seconda categoria


                              Inviato dal mio iPhone utilizzando Tapatalk

                              godendo come un cane peraltro

                              Originariamente Scritto da Steel77 Visualizza Messaggio
                              . Lo stadio vuoto ma continuamente riecheggiava l'urlo kurt sooocaaaaa


                              hahahahahahahahahahahahahahahahahahahha
                              Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                              parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                              Originariamente Scritto da GoodBoy!
                              ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                              grazie.




                              PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                              • Sean
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                                Caso tamponi, tempi lunghi. L'inchiesta durerà tre mesi

                                Mentre la Lazio continua a scendere in campo in questa Serie A 2020/2021, sul fronte societario il club deve difendersi dalle indagini partite nei confronti del caos tamponi. Sembra che l'istruttoria portata avanti dalla procura federale dovrebbe durare un mese, ma in realtà non verrà chiusa prima di 90 giorni. Ieri doveva esser ascoltato il medico biancoceleste Ivo Pulcini, ma l'audizione è slittata a giovedì. Nella giornata di oggi poi la procura di Avellino riprocesserà tutti i tamponi effettuati a Formello nella giornata di venerdì per capire se i risultati erano corretti o meno.


                                (La Repubblica)

                                Mentre la Lazio continua a scendere in campo in questa Serie A 2020/2021, sul fronte societario il club deve difendersi dalle indagini partite nei confronti del caos tamponi. Sembra che l'istruttoria portata avanti dalla procura federale dovrebbe durare un mese, ma in realtà non verrà chiusa p...
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