Juventus, Pirlo ha compiuto la metamorfosi: ora è diventato «cattivo» e pretende di più
Due vittorie di fila e i gol di Morata non sciolgono i dubbi sui bianconeri soprattutto a centrocampo. È presto per l’ipotesi tridente, ma il tecnico rivela: «Ci lavoriamo»
Da giocatore Andrea Pirlo era imperturbabile anche nei suoi momenti di massima creatività. Una sorta di Clint Eastwood con i tacchetti, almeno seguendo la celebre definizione che Sergio Leone diede dell’attore: «Ha due espressioni: una con il cappello e una senza».
Da allenatore Pirlo sta diventando sempre più espressivo: si capisce molto bene se una cosa gli dà fastidio. E anche dopo due vittorie per 4-1 il tecnico della Juventus evita facili dribbling. «Potevamo fare molto meglio sul piano del gioco» ha sottolineato dopo la vittoria con il Ferencvaros. E poi ancora: «Abbiamo fatto tanti errori di superficialità». Oppure: «Bisogna essere meno egoisti». Senza dimenticare che il giorno prima aveva salutato la presenza del pubblico sugli spalti: «Può risvegliare qualche calciatore che magari in quel momento sta pensando a qualcos’altro...».
Insomma Pirlo sta diventando «cattivo», graffia, chiede «intensità e organizzazione» e sa che l’ennesima sosta gli toglierà altro tempo per risolvere i rebus, che sono tanti. Almeno per avere sul campo una versione più aderente possibile all’ambiziosa idea che c’è dietro a questo nuovo corso, nelle mani «dello staff più moderno che io abbia mai visto» secondo le parole del presidente Agnelli.
La Juve non è ancora una squadra fluida, con meccanismi naturali, anche se il punto di partenza — la disponibilità dei giocatori — sembra acquisito. Ma nel 4-4-2 di Pirlo nulla è come sembra e tutti i giocatori devono fare qualcosa di più (e spesso di nuovo) per uscire dalla loro zona di comfort: 4-2-2-2 o 3-3-4 che sia, a volte lo sviluppo della manovra sembra complicato per i suoi stessi protagonisti.
Parlare di tridente — Dybala, Morata, Ronaldo — è prematuro: «Però stiamo lavorando» avverte Pirlo, lasciando intendere un’evoluzione diversa. Nel frattempo, con Ramsey di nuovo alle prese con un leggero infortunio muscolare alla coscia destra (starà fuori una ventina di giorni), viene meno la soluzione forse più completa per il trequartista, anche se McKennie in quella posizione dà più intensità.
Perché il problema principale resta la fase difensiva — che riguarda mediani ed esterni — con quella spiacevole sensazione, già provata con Sarri, di poter subire gol da chiunque: sono già 8 in 9 gare. Anche se i motivi tattici sono diversi («quando la palla si allarga bisogna essere veloci a scivolare con la difesa e i centrocampisti che si devono buttare dentro nell’area» spiega Pirlo) l’elemento comune è la mancanza di cattiveria: la Lazio, che ha messo in crisi Sarri nello scorso inverno, domenica farà capire meglio a Pirlo se il suo sistema è solido o fragile. O sono fragili gli interpreti, soprattutto a centrocampo.
CorSera
Due vittorie di fila e i gol di Morata non sciolgono i dubbi sui bianconeri soprattutto a centrocampo. È presto per l’ipotesi tridente, ma il tecnico rivela: «Ci lavoriamo»
Da giocatore Andrea Pirlo era imperturbabile anche nei suoi momenti di massima creatività. Una sorta di Clint Eastwood con i tacchetti, almeno seguendo la celebre definizione che Sergio Leone diede dell’attore: «Ha due espressioni: una con il cappello e una senza».
Da allenatore Pirlo sta diventando sempre più espressivo: si capisce molto bene se una cosa gli dà fastidio. E anche dopo due vittorie per 4-1 il tecnico della Juventus evita facili dribbling. «Potevamo fare molto meglio sul piano del gioco» ha sottolineato dopo la vittoria con il Ferencvaros. E poi ancora: «Abbiamo fatto tanti errori di superficialità». Oppure: «Bisogna essere meno egoisti». Senza dimenticare che il giorno prima aveva salutato la presenza del pubblico sugli spalti: «Può risvegliare qualche calciatore che magari in quel momento sta pensando a qualcos’altro...».
Insomma Pirlo sta diventando «cattivo», graffia, chiede «intensità e organizzazione» e sa che l’ennesima sosta gli toglierà altro tempo per risolvere i rebus, che sono tanti. Almeno per avere sul campo una versione più aderente possibile all’ambiziosa idea che c’è dietro a questo nuovo corso, nelle mani «dello staff più moderno che io abbia mai visto» secondo le parole del presidente Agnelli.
La Juve non è ancora una squadra fluida, con meccanismi naturali, anche se il punto di partenza — la disponibilità dei giocatori — sembra acquisito. Ma nel 4-4-2 di Pirlo nulla è come sembra e tutti i giocatori devono fare qualcosa di più (e spesso di nuovo) per uscire dalla loro zona di comfort: 4-2-2-2 o 3-3-4 che sia, a volte lo sviluppo della manovra sembra complicato per i suoi stessi protagonisti.
Parlare di tridente — Dybala, Morata, Ronaldo — è prematuro: «Però stiamo lavorando» avverte Pirlo, lasciando intendere un’evoluzione diversa. Nel frattempo, con Ramsey di nuovo alle prese con un leggero infortunio muscolare alla coscia destra (starà fuori una ventina di giorni), viene meno la soluzione forse più completa per il trequartista, anche se McKennie in quella posizione dà più intensità.
Perché il problema principale resta la fase difensiva — che riguarda mediani ed esterni — con quella spiacevole sensazione, già provata con Sarri, di poter subire gol da chiunque: sono già 8 in 9 gare. Anche se i motivi tattici sono diversi («quando la palla si allarga bisogna essere veloci a scivolare con la difesa e i centrocampisti che si devono buttare dentro nell’area» spiega Pirlo) l’elemento comune è la mancanza di cattiveria: la Lazio, che ha messo in crisi Sarri nello scorso inverno, domenica farà capire meglio a Pirlo se il suo sistema è solido o fragile. O sono fragili gli interpreti, soprattutto a centrocampo.
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