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si, quanti ne ha spesi l'inter per il solo Lukaku...
e i tifosi volevano almeno un big per ogni reparto.
con quali soldi non si sa.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Io penso che ad Elliott della competitività sportiva interessi poco, in fondo sono una proprietà che tutti sanno che starà lì a tempo determinato. Se compro una casa per dargli una sistemata e poi rivenderla, non è che ci metto dentro chissà che mobilia...e infatti non si fanno mai sentire, nessuno li ha mai visti.
Se dei risultati sportivi non interessa alla proprietà, perchè dovrebbe interessare al resto dell'organigramma societario? Forse interessa qualcosa a Boban e Maldin, che sono dirigenti-tifosi, ma di certo le direttive che hanno avuto sono state di non comprare campioni o di non spendere tot cifre perchè Elliott vuole la politica "dei giovani".
Io devo ancora vedere o leggere Singer lamentarsi per dei risultati. Pallotta è lontano ma almeno ogni tanto fa notare la sua presenza con qualche lamentio, ha scritto pure delle lettere ai tifosi...sto Singer chi è? Sa di avere una squadra di calcio?
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sopra una sola teca di cristallo
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Alex Sandro si era detto del lutto per il padre, invece è per la nonna. Non ci sarà con la Spal. Convocato Beruatto (un primavera) ma si studia Matuidi terzino.
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Alex Sandro si era detto del lutto per il padre, invece è per la nonna. Non ci sarà con la Spal. Convocato Beruatto (un primavera) ma si studia Matuidi terzino.
Fortissimo difensore Paolo Beruatto.... Ma me lo ricordavo al toro
« Success is my only mothafuckin' option,failure's not.... »
che il milan ha speso molto è assolutamente vero...
forse è quella che ha speso peggio di tutte...
Qualche settimana fa, Sean ha scritto un lungo post in merito alle spese "imposte" a Milano, entrambe le sponde... Credo avesse ragione dicendo che la piazza lo pretende a prescindere.
« Success is my only mothafuckin' option,failure's not.... »
Ok, se mi parlate di quanto speso, tanto e male negli ultimi anni, allora vi do ragione.
Ma per favore non mettiamoci dentro in questi discorsi Maldini e Boban che non possono certo farsi carico delle colpe dei loro predecessori.
Diamo tempo al dinamico duo di lavorare con quel poco che hanno. Qui ci sono almeno 6-7 giocatori non da milan e praticamente impossibili da vendere.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Milan, niente panico: difende sempre Giampaolo, e ora la Fiorentina
La squadra, spalle al muro dopo il ko contro il Torino, si schiera con il tecnico. Il patto: avanti insieme, squadra e società. Maldini: «È sempre l’allenatore giusto»
Adelante, con giudizio. La parola d’ordine, il giorno dopo, è la stessa del post derby: niente panico. Quindi niente ultimatum, niente conti alla rovescia. Soprattutto, niente piano B. Il Milan è spalle al muro. Ma Marco Giampaolo resta al suo posto. E la Fiorentina domenica sera a San Siro non sarà l’ultima spiaggia. «Pieno supporto» il messaggio che filtra dal quarto piano di via Rossi. Non è ancora il momento di andare a cercare sostituti, il casting può attendere.
Il patto del Diavolo è intatto: avanti insieme, in maniera compatta, facendo quadrato attorno ad un allenatore che proprietà e dirigenza hanno individuato e scelto giusto tre mesi fa come il profilo ideale per un progetto ambizioso ma complesso e che adesso deve essere difeso. Con le parole, oltre che con i gesti. E nonostante un avvio choc — 3 sconfitte in 5 partite, era dal 2013-14 che il Milan non partiva così male, 5 punti allora contro i 6 di adesso — che ha inevitabilmente ingrossato il partito di quelli che vogliono la testa di Giampaolo. E invece da Casa Milan, fin dalle ore immediatamente successive al violento ribaltone di Torino, il messaggio è filtrato chiarissimo: fiducia piena.
Anche se in fondo bastava leggere fra le righe delle dichiarazioni rilasciate dal direttore tecnico Paolo Maldini pochi minuti prima della partita a Sky: «Sappiamo benissimo che tipo di allenatore abbiamo preso. Abbiamo passato questi momenti anche con Sacchi. Crediamo sempre che sia l’allenatore giusto per il Milan». Il riferimento a uno dei padri della patria rossonera, fra l’altro da sempre fra i big sponsor del tecnico abruzzese, non è stato casuale. Una scelta comunicativa precisa. E oggettivamente efficace. Quello che è avvenuto dopo, vale a dire una partita dominata per un tempo e mandata al macero in quattro minuti, non ha cambiato di una virgola la posizione del club. Che ribadisce: l’allenatore non è in discussione.
Scelta di buonsenso, perché in fondo siamo ancora a settembre. Ed è davvero troppo presto per tutto, specie per farsi prendere dal panico. Ma la verità è che, cambiando adesso, Elliott e la dirigenza sconfesserebbero prima di tutto il progetto tecnico. Sconfesserebbero quindi se stessi. Perché è evidente che non tutte le responsabilità di questo avvio al rallentatore sono imputabili all’allenatore, che dal mercato non ha ad esempio avuto esattamente ciò che gli serviva. Chiedeva per il suo 4-3-1-2 un trequartista che non è mai arrivato. Poi lui ci ha messo del suo, ma quello è un dato di fatto.
E la squadra? Giampaolo continua a difenderla, «c’è totale disponibilità», ma sono in molti a continuare a deludere. Piatek, per dire, segna ormai solo su rigore. «Dobbiamo credere in noi stessi» ha scritto ieri su twitter. Quello sicuro. A Torino anche la difesa è andata in tilt.
C’è infine un altro dettaglio che un dettaglio in realtà non è: alternative convincenti per la panchina — e soprattutto in linea con la spending review imposta dai paletti del Financial Fair Play — non abbondano. Difficilmente allenatori di alto livello accetterebbero oggi di entrare in corsa con una squadra che ha limiti chiari ed espliciti, a partire dall’età bassissima. Si fatica a credere che un Allegri, o uno Spalletti, si prenderebbero questa briga. O rogna, per chiamarla col suo nome.
Adelante con giudizio, insomma. Prendendo quel che c’è di buono, come l’incoraggiante primo tempo di Torino. Lì qualche progresso si è visto. Una fiammella, dopo il buio pesto di questo primo mese. Una squadra che gioca a testa alta, ben messa in campo, disinvolta. «È da lì che si deve ripartire», è stata la sintesi del confronto fra dirigenza e squadra, ieri a Milanello. Segnali positivi sono arrivati anche dai nuovi, come Leao, Bennacer e Theo Hernandez, finalmente schierati titolari dopo il lungo rodaggio. Il Diavolo è brutto, forse però non così tanto. Con la Fiorentina serve però una svolta. Servono punti. Perché alla fine, progetto o non progetto, contano quelli, solo quelli.
CorSera
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Giampaolo-Milan, ecco perché non rischia l’esonero (per ora)
Cambiando adesso, Elliott e la dirigenza sconfesserebbero il progetto e quindi se stessi. In più alternative convincenti (in linea con la spending review) non abbondano. Ma serve una svolta
Il Milan è in crisi. E lo è anche il suo allenatore, Marco Giampaolo. Tre sconfitte in cinque partite, un avvio choc, peggiore anche delle aspettative. Che sarebbe stato un inizio complicato, il club l’aveva messo in conto. Allenatore nuovo, squadra nuova, giovane. Ma così, no. Il Milan non c’è. E la sconfitta di Torino, dolorosissima nelle modalità, ha fatto male, malissimo. Eppure Marco Giampaolo non rischia il posto. Avanti tutti insieme. Questo il messaggio che filtra da Casa Milan. E che in realtà è il concetto che il d.t. Paolo Maldini aveva espresso già prima della partita. «Sappiamo benissimo che tipo di allenatore abbiamo preso. Abbiamo passato questi momenti anche con Sacchi, poi una volta arrivati i risultati abbiamo tutti creduto che fosse la strada giusta. Crediamo sempre che Giampaolo sia l’allenatore giusto per il Milan». Un paragone non casuale, quello col Grande Maestro, uno dei padri della patria della storia del Milan. Che è anche uno dei principali estimatori di Giampaolo. In estate il suo endorsement pubblico aveva convinto molti tifosi rossoneri scettici rispetto all’ingaggio di un allenatore privo di un certo pedrigree.
Le attenuanti (non generiche)
Giampaolo, adesso come adesso, non rischia il posto. E non si tratta di una fiducia di facciata. La verità è che, cambiando adesso, Elliott e la dirigenza sconfesserebbero il progetto varato in estate. Sconfesserebbero quindi se stessi. Perché non tutte le responsabilità di questo avvio al rallentatore sono dell’allenatore. Che dal mercato non ha ad esempio avuto esattamente ciò che gli serviva. Chiedeva per il suo 4-3-1-2 un trequartista, che non è mai arrivato. Molti poi i giocatori che stanno deludendo. C’è infine un altro dettaglio non dettaglio: alternative convincenti per la panchina - e in linea con la spending review imposta dai paletti del Financial Fair Play - non abbondano. E difficilmente allenatori di alto livello accetterebbero oggi di entrare in corsa con una squadra che ha limiti chiari ed espliciti, a partire dall’età bassissima.
Avanti insieme
Quindi, avanti così. Insieme, compatti. Facendo quadrato. Cercando di prendere ciò che c’è di buono. Come il primo tempo di Torino. Lì si è visto il migliore Milan di queste prime cinque giornate. La dirigenza ha apprezzato anche l’utilizzo dei nuovi, ieri ben tre dal primo minuto: Bennacer, Theo, Leao. Agile, rapido, palla terra, disinvolto, sfacciato. Come era nelle intenzioni estive. Peccato sia durato poco, troppo poco. Nella ripresa si è consegnato mani e piedi a un Torino che si è meritato i tre punti, per la rabbia che ci ha messo nella reazione. Quei quattro minuti per il Diavolo sono stati da incubo. «Sconfitta immeritata» l’ha definita poi Giampaolo. Non è vero fino in fondo. Sì, il Milan ha fallito più occasioni, sia sull’1-0 sia dopo le reti granata, clamorose quelle di Kessie e Piatek, ma il black out collettivo è stato evidente, indiscutibile. Anche sotto il profilo della tenuta atletica, probabilmente. Il cambio Leao-Bonaventura di certo non ha aiutato, forse Jack non era ancora pronto per rientrare in una partita così, da far west. «Era una gara in controllo, non abbiamo avuto il cinismo di chiuderla, ci è mancato il cinismo», è stato il commento finale Giampaolo. Per ora il signor G resta al suo posto. Senza ultimatum. Serve però una svolta. Anche nei risultati. Perché alla fine, progetto o non progetto, contano quelli, solo quelli.
CorSera
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Juve: Sarri fa le prove per San Siro, ma senza terzini
Contro la Spal (ore 15, Sky) tante assenze per infortuni e lutto: dovrebbe toccare a Matuidi giocare a sinistra in difesa. «Dobbiamo smettere di pensare alla partita dopo»
Il problema numero uno, secondo lo stesso Maurizio Sarri, è l’approccio della Juve, dato che contro Verona e Brescia Madama è andata subito sotto ed è stata costretta a inseguire: «La squadra deve smettere di pensare alla partita dopo, le gare si aggrediscono. E con la Spal (ore 15, Sky) sarà materialmente difficile».
Problema numero due: tutto quello che poteva succedere per colpire il ruolo più scoperto, quello degli esterni difensivi purtroppo è successo. Prima gli infortuni (De Sciglio e Danilo tornano dopo la sosta), poi il lutto che ha colpito Alex Sandro, volato in Brasile per la morte del padre. Contro la Spal oggi dovrebbe toccare a Matuidi giocare a sinistra in difesa, come da giovane nel St Etienne. A destra ci sarà il jolly Cuadrado, che ha un tutor d’eccellenza come Barzagli, appena rientrato alla Juve nello staff di Sarri.
L’emergenza sarà anche contingente, ma presentarsi al via di una stagione da 50/55 partite potenziali con tre terzini su quattro (Cuadrado, Danilo e De Sciglio) che nell’ultima annata non hanno toccato le 30 presenze complessive (23, 22 e 28 rispettivamente) sembra un azzardo in piena regola, che alla lunga potrebbe costare caro. Anche perché Sarri ha confermato ieri che per lui la difesa a tre non è un’opzione praticabile.
Lo è invece, eccome, il trequartista e qui la questione si fa più stimolante, perché la prima esibizione nel ruolo di Ramsey a Brescia è stata positiva, con Dybala e Higuain di punta. Oggi dovrebbe tornare al suo posto Ronaldo, con accanto lo stesso Dybala. E allora potrebbe essere anche la prova generale per la sfida all’Inter del 6 ottobre. Alla quale la Juve arriverà dopo la partita con il Bayer Leverkusen, sempre allo Stadium: rispetto all’Inter che gioca un giorno dopo al Camp Nou con il Barcellona, è un discreto vantaggio.
Ma quel che conta adesso è la costruzione quotidiana di una squadra che lavora molto sui meccanismi di gioco, nella speranza che scocchi quella scintilla che finora si è intravista solo nel primo tempo col Napoli. Però quella Juve aveva un Douglas Costa in più nel motore e senza di lui, con Cuadrado impegnato in altre mansioni e con Bernardeschi alle prese con una involuzione preoccupante, è il momento ideale per sperimentare il piano B, che potrebbe anche diventare il piano A, in attesa della crescita di Ramsey e Rabiot, che nel 2019 avevano giocato poco o nulla.
Un po’ come Mandzukic ed Emre Can. Il primo non andrà in Qatar ma «è d’accordo con la società di restare in disparte, poi vedremo quando chiuderanno i mercati». Il secondo «è uscito provato dalla scelta del taglio in lista Champions, ma contiamo di recuperarlo in pieno» spiega l’allenatore. Dal giorno della sua protesta urbi et orbi per il taglio, Can non ha ancora giocato un solo minuto.
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Conte e il piano per la nuova Inter: cancellare il passato di alti e bassi
«I cavalli buoni si vedono all’arrivo, per essere una grande squadra serve continuità. Lo dice la storia». Contro la Samp probabile esordio di Sanchez
L’Inter prima in classifica a punteggio pieno favorisce buoni pensieri, sostiene il ruolo di anti-Juve e induce sogni scudetto. Ma ha ragione Antonio Conte (foto Getty Images): «I cavalli buoni si vedono all’arrivo». Vero, anche se Robert De Niro, nel film C’era una volta in America, aggiungeva: «I vincenti li riconosci alla partenza. E pure i brocchi».
Conte è un purosangue, con il successo addosso e una collezione di trofei in bacheca, un vincente. L’Inter però è la maga dell’illusione e l’allenatore non si fida. «Era già capitato di vincere cinque partite all’inizio. A dicembre di due anni fa l’Inter era prima in classifica, poi ha conquistato la Champions all’ultima giornata. Per essere una grande squadra serve continuità, vanno evitati gli alti e bassi, la storia è lì a ricordarcelo».
Archiviato l’inno pazza Inter, Conte è deciso a trasformare i nerazzurri in un treno dal passo spedito e sempre in orario. A Genova, contro una Sampdoria in cerca di sé e giusto tre punti raccolti nelle prime cinque uscite, l’Inter va a caccia di un altro successo (solo nel 1966/67 ha vinto le prime sei gare). Un superenalotto, per presentarsi così con una dote importante nella settimana in cui sono calendarizzati i tremendi big match con Barcellona e Juventus.
Naturale cercare parallelismi tra l’odierna Inter di Conte e la sua prima Juventus che con l’ex c.t. in panchina aprì un ciclo, virtuoso e vincente, ancora oggi attivo. «Sono situazioni diverse, noi fummo bravi, ma favorito era il Milan. Conquistammo lo scudetto chiudendo da imbattuti. Juventus e Napoli restano davanti a noi, questo però non cambia la voglia di vincere».
La stagione è agli albori, le prime indicazioni però inducono all’ottimismo. A Genova (ore 18, Sky) si incrociano due difese agli antipodi. L’Inter è la migliore del campionato, con appena una rete incassata, la Samp la più bucata con dieci gol subiti. Con i numeri non si bara, Conte va ripetendo di «essere molto cauto, non ho la bacchetta magica e mi dovrò prendere qualche rischio». Soprattutto di formazione, poiché la quinta partita in due settimane è un fardello da alleggerire con il turnover.
A Marassi potrebbe esserci un’Inter con il volto ritoccato e l’esordio da titolare di Sanchez, magari in coppia con il gigante Lukaku. Conte non ama scoprire le carte, mescolarle sì, anche per tenere tutta la rosa in tensione. I risultati lo premiano, non solo per le vittorie e la difesa granitica, pure per una dote particolare: portare tanti differenti giocatori a segnare. Alla cooperativa del gol nerazzurro (10 realizzati finora in campionato) si sono già iscritti sei diversi calciatori, segno di una formazione non più dipendente da un singolo come in passato, quando Icardi era spesso terminale insostituibile.
La strada per l’Inter è lunga, sottolinea Conte, però l’inizio è giusto, come pure l’approccio alle partite: nel primo tempo ha sempre segnato (derby a parte) e mai preso gol. Il traguardo è lontano, il cavallo nerazzurro però corre forte. Pare un altro purosangue della scuderia di Conte.
CorSera
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Roma, una difesa poco 'Champions'. Fazio: "Non abbattiamoci adesso"
Otto reti incassate nelle prime 4 gare all'Olimpico: mai così male dalla stagione 1947/1948. Ma l'argentino predica pazienza: "Dobbiamo pensare al futuro"
Dopo la brutta sconfitta casalinga contro l'Atalanta, la Roma è pronta a voltare pagina in campionato partendo dalla sfida di domenica contro il Lecce. Fonseca ha individuato gli errori tattici commessi contro i bergamaschi, soprattutto gli eccessivi stravolgimenti tattici che hanno mandato in confusione la sua squadra, costretta a fare lo slalom tra tre moduli diversi. La lacuna maggiore, però, rimane la fragilità difensiva che espone la Roma a una valanga di pericoli e che finora l'ha portata ad incassare nove gol in cinque giornate, in pratica una media di due gol a partita. Troppi per una squadra che punta a rientrare tra le prime quattro del campionato e a tornare stabilmente in Champions League. Tra l'altro, con gli 8 incassati all'Olimpico tra Genoa, Lazio (il derby era in trasferta), Sassuolo e Atalanta, la truppa guidata dal tecnico portoghese è riuscita addirittura ad eguagliare il record negativo che risaliva al 1947/1948. Altro dato interessante emerge dalle statistiche che indicano il momento della partita in cui la Roma prende più gol, ovvero il secondo tempo. Nella ripresa sono arrivati, infatti, sette dei nove gol totali subiti finora: in Serie A, finora, nessuno ha fatto peggio. "Non dobbiamo abbatterci, dobbiamo pensare al futuro", ha provato a spiegare Fazio parlando alla tv ufficiale del club. Il difensore argentino, alla sua quarta stagione nella Capitale, non sembra attraversare il suo momento migliore. Ma non fa drammi: "Contro l'Atalanta è stata una partita dove loro hanno pressato alto e hanno giocato sugli uno contro uno. Abbiamo avuto 3-4 occasioni chiare, ma non siamo riusciti a segnare. Avrebbero potuto cambiare la partita, non dobbiamo abbatterci"
Spinazzola, escluse lesioni. Pellegrini: "Non scambierei mai la 10 con il rapporto con Totti"
Per la trasferta in Puglia, Fonseca dovrà ancora fare a meno di Leonardo Spinazzola ma può tirare un sospiro di sollievo. Il terzino, costretto a fermarsi nel corso del secondo tempo contro l'Atalanta per un fastidio alla coscia sinistra, ha svolto esami strumentali che hanno escluso delle lesioni muscolari. Insieme ai lungodegenti Perotti, Under e Zappacosta, Zappacosta ha svolto oggi un lavoro individuale e difficilmente verrà rischiato per la gara contro il Lecce. Discorso diverso per Lorenzo Pellegrini, che a Trigoria si è limitato a un po' di lavoro in palestra e in piscina a causa di una fastidiosa fascite plantare.
Otto reti incassate nelle prime 4 gare all'Olimpico: mai così male dalla stagione 1947/1948. Ma l'argentino predica pazienza: "Dobbiamo pen…
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Giudice sportivo, due giornate di squalifica a Koulibaly
Il difensore del Napoli punito con due turni di stop dopo l'espulsione rimediata contro il Cagliari. Salterà le sfide con Brescia e Torino. Emergenza in difesa per Ancelotti, contro il Brescia giocheranno Manolas e Luperto
Non solo la sconfitta interna, il Napoli paga il ko con il Cagliari anche con lo stop inflitto a Kalidou Koulibaly. Il giudice sportivo della Lega di Serie A, Gerardo Mastrandrea, ha inflitto due giornate di squalifica e un'ammenda di 10mila euro al difensore senegalese espulso nel finale di gara per "avere, al 43° del secondo tempo, assumendo un atteggiamento irriguardoso, rivolto del direttore di gara un'espressione gravemente ingiuriosa, reiterando tale comportamento mentre usciva dal terreno di gioco dopo la conseguenziale espulsione". Ancelotti dovrà quindi fare a meno di Koulibaly per i match contro Brescia e Torino. Per il tecnico del Napoli scatta l'ermegenza in difesa: domenica contro il Brescia oltre a Koulibaly mancherà anche l'infortunato Maksimovic ed è out anche Tonelli. Al fianco di Manolas giocherà Luperto.
Il difensore del Napoli punito con due turni di stop dopo l'espulsione rimediata contro il Cagliari. Salterà le sfide con Brescia e Torino. Emergenz…
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