Italia-Moldova, l’azzardo vincente di Mancini e quella fiducia restituita a El Shaarawy
Locatelli è quello che assomiglia più a Pirlo nella calma del gioco, nella precisione naturale del passaggio
di Mario Sconcerti
La partita non aveva storia in sé, ma è stata interessante per gli spunti che hanno portato quel poco a realizzarsi. Il primo appartiene quasi alla propaganda. Mancini spinge sulla propria diversità, si stacca dal calcio offensivo di oggi e va oltre, in uno squilibrio che lo mantiene al centro dello stupore. L’Italia gioca con tre difensori, di cui uno è Biraghi; più due registi, Locatelli e Cristante; chiude il campo con cinque giocatori offensivi: Bonaventura, Lazzari, Berardi, Caputo ed El Shaarawy. Non è una rivoluzione, è un azzardo che ci si può permettere contro la Moldova, ma conferma sia la diversità del conduttore, sia la buona qualità delle scelte.
La più evidente è la fiducia restituita ad El Shaarawy, tornato in forma quasi elettrica nonostante la lunga inattività cinese. È diverso da Insigne, è più attaccante. Scambiando uno con l’altro durante una gara europea, si cambia gioco in un momento. Un altro dato affascinante viene dal ruolo di Caputo, l’unico centravanti puro che abbiamo. Immobile è un solitario, Belotti fa squadra, Caputo fa tutti i movimenti che a una squadra servono.
Guardatelo ed avrete il riassunto dell’intelligenza nel calcio. Questo non significa che debba giocare lui, ma è un’aggiunta importante perché copre spazi che non avevamo. Terzo dato: sarà difficile tenere fuori Locatelli. Si aggiunge ai titolari Barella-Jorginho-Verratti, quasi intoccabili, tutti simili, compreso Locatelli, che è fra questi quello che assomiglia più a Pirlo nella calma del gioco, nel ragionamento spontaneo, nella precisione naturale del passaggio.
Ultimo dato: Lazzari. Bene, non benissimo, come quasi sempre. È molto utile ma dipende molto da chi deve restituirgli la palla. Non dribbla e non difende, va solo in campo aperto. La sua azione comincia con un passaggio breve al centrocampista vicino, poi tocca al centrocampista spalancargli il campo. Lazzari lo difende e lo amplia per un tempo, poi si spegne nella sua ovvietà di fondo. Insomma cose buone da un’Italia che non aveva giocatori della Juve, dell’Inter (Sensi è entrato al 65’), dell’Atalanta, del Napoli e del Milan. E pochissimi erano anche i titolari di Mancini. Quindi una piccola moltiplicazione.
CorSera
Locatelli è quello che assomiglia più a Pirlo nella calma del gioco, nella precisione naturale del passaggio
di Mario Sconcerti
La partita non aveva storia in sé, ma è stata interessante per gli spunti che hanno portato quel poco a realizzarsi. Il primo appartiene quasi alla propaganda. Mancini spinge sulla propria diversità, si stacca dal calcio offensivo di oggi e va oltre, in uno squilibrio che lo mantiene al centro dello stupore. L’Italia gioca con tre difensori, di cui uno è Biraghi; più due registi, Locatelli e Cristante; chiude il campo con cinque giocatori offensivi: Bonaventura, Lazzari, Berardi, Caputo ed El Shaarawy. Non è una rivoluzione, è un azzardo che ci si può permettere contro la Moldova, ma conferma sia la diversità del conduttore, sia la buona qualità delle scelte.
La più evidente è la fiducia restituita ad El Shaarawy, tornato in forma quasi elettrica nonostante la lunga inattività cinese. È diverso da Insigne, è più attaccante. Scambiando uno con l’altro durante una gara europea, si cambia gioco in un momento. Un altro dato affascinante viene dal ruolo di Caputo, l’unico centravanti puro che abbiamo. Immobile è un solitario, Belotti fa squadra, Caputo fa tutti i movimenti che a una squadra servono.
Guardatelo ed avrete il riassunto dell’intelligenza nel calcio. Questo non significa che debba giocare lui, ma è un’aggiunta importante perché copre spazi che non avevamo. Terzo dato: sarà difficile tenere fuori Locatelli. Si aggiunge ai titolari Barella-Jorginho-Verratti, quasi intoccabili, tutti simili, compreso Locatelli, che è fra questi quello che assomiglia più a Pirlo nella calma del gioco, nel ragionamento spontaneo, nella precisione naturale del passaggio.
Ultimo dato: Lazzari. Bene, non benissimo, come quasi sempre. È molto utile ma dipende molto da chi deve restituirgli la palla. Non dribbla e non difende, va solo in campo aperto. La sua azione comincia con un passaggio breve al centrocampista vicino, poi tocca al centrocampista spalancargli il campo. Lazzari lo difende e lo amplia per un tempo, poi si spegne nella sua ovvietà di fondo. Insomma cose buone da un’Italia che non aveva giocatori della Juve, dell’Inter (Sensi è entrato al 65’), dell’Atalanta, del Napoli e del Milan. E pochissimi erano anche i titolari di Mancini. Quindi una piccola moltiplicazione.
CorSera
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