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Non ho visto nulla, a parte maledetti frc, bstd, strnz ecc... che avrebbe fatto di male l'arbitro che avete vinto?
Ma niente figurati
Pensa che il fallo da cui è scaturito il loro gol al 94esimo era pure dubbio.
Comunque bravi loro, ci sta (come ci stava il pareggio)
Ma niente figurati
Pensa che il fallo da cui è scaturito il loro gol al 94esimo era pure dubbio.
Comunque bravi loro, ci sta (come ci stava il pareggio)
Un mio amico era allo stadio e mi diceva di una gran partita di dzeko
Ma niente figurati
Pensa che il fallo da cui è scaturito il loro gol al 94esimo era pure dubbio.
Comunque bravi loro, ci sta (come ci stava il pareggio)
Un mio amico era allo stadio e mi diceva di una gran partita di dzeko
Non metto in dubbio che Dzeko abbia fatto un partitone, è in palla parecchio in sto periodo, pero', ripeto non ho ancora visto nulla di nulla, ma leggendo sul forum del BFC praticamente tutti si lamentano del fallo da cui nasce il gol, dicono tutti che no era fallo e che se anche lo fosse stato la punizione, battuta in fretta è stata battuta piu' avanti rispetto a dove l'eventuale fallo sarebbe avvenuto.
Poi c'è pure chi dice che con un po' di malizia si faceva fallo su Varenaut? possibile? si fermava l'azione e si chiudeva con un pareggino.
Originariamente Scritto da BLOOD black
per 1.80 mi mancano 4/5 cm ....
Non metto in dubbio che Dzeko abbia fatto un partitone, è in palla parecchio in sto periodo, pero', ripeto non ho ancora visto nulla di nulla, ma leggendo sul forum del BFC praticamente tutti si lamentano del fallo da cui nasce il gol, dicono tutti che no era fallo e che se anche lo fosse stato la punizione, battuta in fretta è stata battuta piu' avanti rispetto a dove l'eventuale fallo sarebbe avvenuto.
Poi c'è pure chi dice che con un po' di malizia si faceva fallo su Varenaut? possibile? si fermava l'azione e si chiudeva con un pareggino.
Dico che il rigore al Bologna era inesistente, e la Roma ha avuto 7 ammoniti più un espulso.
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Il Napoli fa quattro gol a Lecce, protagonista ancora Llorente arrivato senza grandi fanfare e qualche muso storto dopo la sceneggiata estiva di Icardi & C: il Napoli fa spettacolo, ha il miglior attacco e ha segnato quasi il doppio dei gol della Juve sarriana di Ronaldo. E la Roma vince all’ultimo istante a Bologna con il gol decisivo di Dzeko. Insomma i vecchietti la buttano ancora dentro. Come dimostra anche Ribery con la Fiorentina e il bellissimo gol al volo all’Atalanta: ma la prima vittoria viola di Montella non arriva ancora. Praticamente una maledizione…
Llorente e Dzeko, centravanti belli maturi, 34enni che ancora fanno gol. Vecchietti che non si arrendono. Il Napoli di Ancelotti ha nettamente il miglior attacco (13 gol) della serie A, quattro più dell’ Inter, quasi il doppio della Juve (sette) di Ronaldo, Dybala e Higuain. Protagonista new entry Fernando Llorente che a Lecce ha segnato due gol (e procurato un rigore), che si uniscono a quello già molto pesante segnato al Liverpool in Champions League. Un’altra partita per dimostrare di non essere un ripiego, lui parametro zero rispetto ad altri giocatori che per tutta l’estate hanno occupato la vetrina del calciomercato.
La Roma invece ha vinto a Bologna col gol decisivo agli ultimi istanti di Edin Dzeko. Lui nella vetrina del calciomercato c’è stato tutta l’estate, doveva andare all’ Inter per poi non farne nulla e strappare un sontuoso contratto di conferma alla Roma. La squadra di Fonseca (terza vittoria consecutiva, Sassuolo, Europa League e Lecce) ha il secondo miglior attacco della serie A, e sembra aver preso un bell’andare a forza di gol e di gioco coraggioso. In serie A ci si sta divertendo un sacco, gol a pioggia.
Un altro “vecchietto” che ha fatto un gran gol è stato Franck Ribery, 36 anni, perfettamente imbeccato da Chiesa. I due gol di vantaggio della Fiorentina sull’ Atalanta non sono stati sufficienti a garantirle la prima vittoria dell’intera gestione Montella. La squadra non vince una partita addirittura dal 17 febbraio. La rimonta disperata ha ridato il sorriso all’ Atalanta dopo essere sprofondata nel buio dell’esordio in Champions, e incassato i due gol da ko della Fiorentina, i quattro gol presi dalla Dinamo Zagabria avevano lasciato un segno profondo nel fisico e nella testa. Dopo quello di Ilicic il gol di Castagne è arrivato al 95′, a restituire almeno in parte quell’ Atalanta tutta muscoli e coraggio che avevamo imparato a conoscere. Ormai partite aperte e combattute fino all’ultimo secondo.
SERIE A, 4a GIORNATA Cagliari-Genoa 3-1, Udinese-Brescia 0-1, Juventus-Verona 2-1, Milan-Inter 0-2, Sassuolo-Spal 3-0, Bologna-Roma 1-2, Lecce-Napoli 1-4, Samp-Torino 1-0, Atalanta-Fiorentina 2-2, Lazio-Parma 2-0. *** Llorente e Dzeko, centravanti belli maturi, 34enni che ancora fanno gol. Vecchietti che non si arrendono. Il Napoli di Ancelotti ha nettamente il miglior attacco (13 gol) della serie A, quattro più dell' Inter, quasi il doppio della Juve (sette) di Ronaldo, Dybala e Higuain. Protagonista new entry Fernando Llorente che a Lecce ha segnato due gol (e procurato un rigore), che si uniscono a quello già molto pesante segnato al Liverpool in Champions League. Un'altra partita per dimostrare di non essere un ripiego, lui parametro zero rispetto ad altri giocatori che per tutta l'estate hanno occupato la vetrina del calciomercato. La Roma invece ha vinto a Bologna col gol decisivo agli ultimi istanti di Edin Dzeko. Lui nella vetrina del calciomercato c'è stato tutta l'estate,
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
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Inter, il primato nasce in difesa. Ora per Conte tre prove di fuoco
Un solo gol subito nelle prime quattro giornate, il trio Godin-De Vrij-Skriniar conserva quello che davanti produce Lukaku. Le prossime tre sfide di campionato contro Lazio, Sampdoria e Juve diranno molto, in mezzo la sfida di Champions contro il Barcellona
L'immagine che resta del derby vinto dall'Inter è quella del minuto 108', a partita ampiamente finita. Dopo avere esultato sotto la sua curva assieme ai compagni, Romelu Lukaku si presenta ai microfoni di Dazn e dice: "Il rapporto fra Conte e me è molto forte. A 26 anni voglio un allenatore così, che mi aiuta tutti i giorni e che mi dà motivazioni. Sono molto contento di essere con lui e con questa squadra". Lo fa in un italiano quasi perfetto, nonostante lo parli da nemmeno due mesi. Una risposta importante agli idioti che allo stadio di Cagliari lo hanno insultato facendo il verso della scimmia. Ed è lui, il gigante belga di origini congolesi, il volto di questa Inter che vola, sola in testa alla classifica, dopo un derby vinto anche oltre il risultato, contro un Milan fisicamente meno pronto e spesso smarrito.
Se il sigillo lo ha messo Lukaku - 3 gol in 4 gare di campionato - il primo gol lo ha fatto Brozovic, complice una sfortunata deviazione di Leao. Brozovic e Lukaku, quindi. I due giocatori su cui per giorni si sono rincorse voci su un presunto scontro in spogliatoio dopo la partita pareggiata (male) con lo Slavia Praga. Conte, che non è solito smentire le notizie di stampa, dopo la vittoria nel derby si è tolto la soddisfazione: "Non c'è stato alcuno scontro. Si sono solo chiariti fra loro, ed ero stato io a chiederlo. Questo è un gruppo fin troppo perbene, li voglio più smaliziati. E la vittoria di questa sera è anche figlia della delusione in Champions". L'allenatore ha ammesso di avere sentito negli scorsi giorni il peso del derby in arrivo, e con un sorriso ha espresso la consapevolezza di essere ormai entrato nel cuore dei tifosi interisti. Quasi tutti. "Io sono questo qui. Sono un grande professionista. Quando alleno una squadra, mi dedico al 100 percento. E anche quando non sarò più su questa panchina continuerò a tifare Inter, come tifo Chelsea e Juventus".
Ora per l'Inter si prepara un tour de force di sfide: mercoledì 25 settembre con la Lazio in casa, sabato 28 la trasferta a Genova contro Sampdoria, mercoledì 2 ottobre il Barcellona al Camp Nou, domenica 6 la Juve a San Siro. Un percorso di guerra che, dopo il dominio nel derby, spaventa un po' meno. Conte riparte da una certezza: la difesa. Il trio Godin, De Vrij, Skriniar, con dietro capitan Handanovic spesso nel ruolo di spettatore, funziona alla grande. In quattro partite di campionato, l'Inter ha preso un solo gol. Il centrocampo gira, in tutte le versioni in cui l'allenatore lo ha provato, a patto che Brozovic sia in serata, come ieri. Che Sensi sia fortissimo, lo si era capito. La buona notizia è che finalmente lo è anche Barella, sempre più simile al giocatore che ha dimostrato di essere in Nazionale. Quanto all'attacco, si attende (dall'inizio del 2019) il risveglio del Toro: Lautaro Martinez segna poco, è un fatto.
Un solo gol subito nelle prime quattro giornate, il trio Godin-De Vrij-Skriniar conserva quello che davanti produce Lukaku. Le prossime tre sfide di campionato…
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Milan, il derby perso cancella le poche certezze. Ora Giampaolo deve ricominciare a costruire
La giovane età è già un limite. E non è nemmeno chiaro quanto sia forte il pieno sostegno alla linea tattica del tecnico, quasi costretto a mascherare il suo classico 4-3-1-2 con vari espedienti. Come le posizioni di Suso e Piatek. La sconfitta con l'Inter ha cancellato le prime timide convinzioni alimentate dai successi stiracchiati con Brescia e Verona
Giampaolo invoca "ferocia e voglia di migliorarsi" per cambiare passo. La svolta, invocata dall'allenatore rossonero alla vigilia del derby, non è arrivata. Anzi, il Milan deve ricominciare da capo dopo la sconfitta con l'Inter. Una battuta d'arresto che fotografa le difficoltà del nuovo corso rossonero: appena 2 gol segnati in 4 giornate. E dopo le 2 reti subite dall'Inter nemmeno la difesa ha numeri esaltanti. Giampaolo ha criticato in particolare la reazione disordinata dopo il gol del vantaggio dell'Inter: "Troppo emotiva e disunita". E ha evidenziato la differenza di esperienza con l'Inter: i nerazzurri hanno giocatori capaci di giocare le partitissime, il Milan no. La giovane età, alla base del mercato impostato da società e proprietà in estate, è già un limite. E non è nemmeno chiaro quanto sia forte il pieno sostegno alla linea tattica di Giampaolo, quasi costretto a mascherare il suo classico 4-3-1-2 con vari espedienti. Ad esempio, la posizione di Suso: trequartista sì, ma defilato a destra. Oppure quella di Piatek: centravanti sì, ma chiamato anche ad allargarsi.
Le incomprensioni sembrano aumentare: Paquetà è finito ancora in panchina dopo il chiarimento successivo al suo post nel quale rivendicava con orgoglio il suo calcio brasiliano in seguito alle critiche del tecnico ad alcuni aspetti del suo gioco. "Non so se siamo da quarto posto, il campionato è lungo", ammette Giampaolo. Ma in fondo non è stato nemmeno certificato che la qualificazione alla Champions League sia davvero un obiettivo del Milan 2019-20. Ed è proprio questa sensazione di indeterminatezza a rappresentare il limite dell'attuale fase rossonera. Giampaolo, per la seconda partita consecutiva, si è affidato a Biglia in regia. L'argentino è il leader dello spogliatoio insieme a Reina. Giampaolo sperava che la personalità dell'ex laziale potesse essere una bussola in grado di guidare i compagni. Per questo Biglia è stato preferito a Bennacer. Ma non è servito. Nel motore sono stati inseriti Rafael Leao dall'inizio e Theo Hernandez nel secondo tempo. Tentativi di trovare gli uomini giusti. Ma a due mesi e mezzo dal raduno e a quasi un mese dall'inizio del campionato il Milan non ha ancora certezze. La sconfitta nel derby ha cancellato le prime timide convinzioni alimentate dai successi stiracchiati con Brescia e Verona. Giampaolo deve ricominciare a costruire.
La giovane età è già un limite. E non è nemmeno chiaro quanto sia forte il pieno sostegno alla linea tattica del tecnico, quasi cos…
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Serie A: la solidità dell’Inter e la bellezza del Napoli
Nerazzurri non irresistibili, ma chiudono tutto e rilanciano. È un meccanismo arcaico ma esatto. Non conta quanto sei moderno se funzioni, lo diceva anche il vecchio Einstein
di Mario Sconcerti
Ci sono due squadre diverse dentro una stagione diversa. Sono Inter e Napoli, ricordando che la diversità viene dagli spazi che la Juve lascia per adesso nel gioco. I primi due dati sono evidenti: l’Inter ha subìto un solo gol, sette meno del Napoli, è di gran lunga la miglior difesa d’Italia.
Questa difesa in cui Godin si è inserito con leggerezza è anche la vera spinta della squadra. L’Inter non è irresistibile, ma chiude tutto, quindi rilancia continuamente. In qualche modo gli avversari rimbalzano, si trovano sempre la palla nella loro metà campo. La difesa dell’Inter è anche il suo centrocampo, il suo inizio di azione. I registi possono giocare palloni migliori, sanno che perderli sarà un errore subito recuperato. L’Inter non gioca a tre, gioca a 1 più 1 più 1, cioè marcature dirette. Il vero libero sabato era D’Ambrosio, peraltro ormai giocatore tattico quasi indispensabile. Una squadra impostata con criteri così precisi attribuisce allo svolgimento del compito più importanza che non alla classe, la tecnica. L’Inter è un meccanismo arcaico ma esatto. Non conta quanto sei moderno se funzioni. Lo diceva anche il vecchio Einstein. Conta il rapporto relativo con gli altri, che giocano a volte meglio al calcio, ma vanno a caso, come la Juve di questi tempi.
Poi c’è il Napoli, sette reti subite nelle prime due giornate, una sola nelle ultime due. Il Napoli è la squadra più bella del campionato, è l’unica anche ad avere un parco giocatori di soli titolari, l’unica ad avere due grandi centravanti, Llorente e Milik. Ancelotti ha il centrocampo più colto, Elmas, Zielinsky, soprattutto Ruiz, sono la consolazione dei maestri che infatti li usano ovunque. Sanno fare tutto, ma non sempre.
Se Ancelotti non sbaglia le dosi, ha la squadra più completa. Dovrà essere umile lui, fare un passo indietro rispetto alla voglia di mescolare continuamente le carte. Il Napoli ha già giocato con la Juve ed è stato tre volte in trasferta dove ha segnato nell’insieme 11 reti. Se si tolgono le promesse della Roma, a tratti travolgenti, è il vero avversario dell’Inter.
CorSera
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Il Milan a rapporto: tutti con Giampaolo, ma serve una svolta
Già giovedì a Torino più spazio ai nuovi acquisti. Nel derby le note liete sono state Leao e Theo Hernandez. Per Paquetá guaio ai flessori
Il giorno dopo è anche peggio. Perché, come ammetteva lo stesso Marco Giampaolo davanti ai cronisti un paio d’ore dopo il fiasco, «perdere un derby non è come perdere una partita qualunque». Fa più male. Dentro e fuori. La sensazione d’essere un livello sotto all’Inter c’era già prima, la disfatta di sabato ha però certificato che oggi come oggi il Milan gioca un altro campionato. Definirlo di un’altra categoria forse è troppo, ma non si va lontani dalla verità. Lo scarto tecnico, al momento, è indiscutibile. Scarto tecnico, di esperienza. «Di vissuto» l’ha definito Giampaolo, col sorriso amaro. Termine insolito nella grigia dialettica calcistica, ma ineccepibile.
Niente ultimatum, questa la linea del club dopo una notte di riflessioni. Al momento, è il ragionamento di dirigenti e società, la cosa migliore da fare è stringersi attorno all’allenatore e al progetto tecnico. Anche più e meglio di quanto sia stato fatto finora. Domenica mattina, alla ripresa degli allenamenti, a Milanello si sono presentati il direttore tecnico Maldini e il direttore sportivo Massara. Hanno parlato con la squadra e con Giampaolo.
«Un confronto approfondito ma sereno», è stato definito. Al termine del quale il messaggio è stato chiaro: tutti uniti per cercare di uscire dal tunnel nel quale il Milan sembra essersi ficcato, perché se fallisce uno si fallisce tutti insieme. Quell’uno, ovviamente, è l’allenatore. Scelto nemmeno tre mesi fa e senza titubanze perché considerato il migliore per costruire una squadra che praticasse un calcio propositivo ed europeo con una rosa giovane e di prospettiva. Un calcio che però, per adesso, non si è nemmeno intravisto.
«Pieno supporto a Giampaolo», questo il messaggio che filtra da Casa Milan. Ovvio però che tutto dipenda dai risultati. Giovedì il Torino in trasferta, domenica sera la Fiorentina a San Siro: dopo queste due partite ravvicinate si farà un altro punto della situazione. La speranza è che si vedano quei miglioramenti che nel derby si sono soltanto intravisti per un breve segmento di partita, diciamo nella seconda metà del primo tempo, quando la squadra si è scrollata di dosso quello che in Spagna chiamano «miedo escenico», la paura del palco, che congela le gambe ai debuttanti. Nella ripresa però c’è stato pochissimo da salvare. I 2 gol in 4 partite, peggior attacco del torneo, confermano che in crisi non è solo l’irriconoscibile Piatek, ma tutto il reparto. Il Pistolero è stanco e nervoso, come Paquetá. I due gioielli da 70 milioni del mercato di gennaio sono svaniti nel nulla. E avanti di questo passo rischiano pure di deprezzarsi. Colpa anche di un centrocampo senza idee né dinamismo: l’insistenza su Biglia non ha pagato, l’argentino non maschera neanche uno dei suoi 33 anni. Ora inquieta anche l’unico reparto fin qui inappuntabile, la difesa: su Lukaku, Romagnoli è andato in tilt.
Contro il Toro potrebbe esserci spazio dall’inizio per alcuni dei nuovi acquisti, come proprietà e dirigenza suggeriscono da un po’. Fra le poche note positive di sabato ci sono senz’altro le prestazioni di Leao e Theo Hernandez: ottimo impatto per entrambi. Scalpitano al pari di Bennacer e Rebic, che potrebbero prendere il posto di Biglia e Paquetá, che ha dolori al flessore. Il nuovo Diavolo sta finendo il lungo rodaggio. Ma basterà per uscire dal tunnel?
CorSera
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Juventus, Barcellona, Bayern, City: ecco perché già 19 punti persi
I campioni in carica dei quattro tornei principali sono già in ritardo: il peso delle tournée estive che rovinano la preparazione e del mercato
«Anche i ricchi piangono» è un grande classico che a settembre torna di moda: i campioni uscenti di Italia, Inghilterra, Spagna e Germania si trovano già a inseguire in classifica, a ricostruire, a giustificarsi per un pareggio o per una sconfitta. «Ci vuole tempo» è l’etichetta appiccicata addosso a prodotti multimilionari come Barcellona, City, Juve o Bayern. Ma quando arrivano sconfitte come quella di Messi e soci con il Granada, — che sul mercato ha speso un terzo dello stipendio della Pulce — o la vittoria troppo sofferta dei bianconeri col Verona, che tutto assieme guadagna due terzi di Ronaldo, la domanda sorge spontanea: tempo per cosa?
I malanni di stagione spesso sono figli dello stesso gigantismo: le tournée estive, sotto la canicola del Nord America o dell’Asia sono fondamentali per coltivare quei mercati, ma a livello di introiti (6 milioni per la Juve) servono per pagare giusto la metà della commissione di De Ligt. E i costi, in termine di preparazione sfasata e di stanchezza supplementare, sono superiori ai benefici.
Il City dei record ha perso punti con il Tottenham e con il Norwich, appena arrivato in Premier. Il Barcellona sta recuperando solo ora Messi, che sabato ha giocato 45’ in Andalusia. L’intesa con Suarez (pure lui in ripresa da un infortunio) e il nuovo arrivato Griezmann è tutta da costruire. Ma non è normale che fin qui a salvare una squadra che ha fatto appena 7 punti su 15 nella Liga, sia stato il 16enne Fati. E il tecnico Valverde non ha più l’appoggio incondizionato della società dopo la doppia uscita choc dalla Champions ai quarti.
Il ritardo del Bayern è di due punti dal Lipsia, ma l’estate ha portato giocatori come Coutinho, Perisic, Lucas Hernandez e Pavard: il tecnico Kovac, già in discussione nella scorsa stagione, non può più sbagliare. Anche perché dal 1 gennaio il grande ex Kahn, non un tipo facile, entrerà nel Cda per diventare presidente nel 2022.
E la Juve? Le piccole vittorie con Parma e Verona e il pessimo pari (per la qualità del gioco) con la Fiorentina non sono compensate dall’ora di spettacolo contro il Napoli. La rimonta subita dall’Atletico (fermato in casa dal Celta 0-0) alimenta il concetto di squadra «asimmetrica» spiegato da Sarri dopo la partita col Verona. L’equilibrio rischia di essere affidato ai singoli più che all’organizzazione, perché tutto discende da Ronaldo e dai suoi movimenti. Come un anno fa. Poi per forza ci vuole tempo.
CorSera
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Giovedì un Torino-Milan incendiario per le due panchine.
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Non l'ho potuta vedere, Fede.
Come semo annati? Dietro chi ha giocato? Sofferenza o in controllo e propositivi come piace al mister?
Grazie.
Fabi, gara molto tattica nel primo tempo, con la Roma nella metà campo avversaria a cercare il gol senza scoprirsi troppo.
Nel secondo tempo, immediato vantaggio iniziale, poi rigore a dir poco generoso per i felsinei, quindi gara che s'incattivisce. L'espulsione di Mancini, lascia presagire lacrime e sangue.
Continui cambi di fronte, con il guizzo finale che nasce da una percussione di Veretout, passaggio ad allargare al limite per Pellegrini, che sforna un cross preciso per il colpo di testa di Edin: esplode il settore ospiti, e in contemporanea, il salone di casa mia.
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