Conte resta all’Inter, ma il punto vero è se i nerazzurri sono una squadra o no
L’effetto materiale è che non cambia niente, restano tutti ai loro posti. Il risultato è un 2-2, tanti gol di confusione per un pareggio
di Mario Sconcerti
La cosa da capire è se l’Inter continua con Conte o viceversa. Fino in fondo non lo sapremo mai e forse non è nemmeno così interessante. L’effetto materiale è che non cambia niente, restano tutti ai loro posti. Il risultato è un 2-2, tanti gol di confusione per un pareggio che però produce effetti. Conte ottiene che la comunicazione dell’Inter, il modo in cui le priorità della squadra vengono tramandate all’esterno, siano più realistiche e meno abbandonate ai desideri. Non vuole che l’obbligo di vincere sia un dogma della società fisso sulle sue spalle. La richiesta comune è equilibrio. Da parte dell’Inter nel dichiarare le possibilità del cammino, da parte del tecnico nel sapere che non gli può essere chiesto il massimo se il massimo non c’è.
Gira e rigira è una storia senza soggetto. Chi giudica se l’Inter ha preso buoni giocatori o semplicemente i migliori possibili? Chi può giudicare con esattezza universale se sia meglio Vidal o Eriksen? Nel mezzo c’è una realtà da accontentare. Mettiamo che il Tottenham venda Eriksen ma il Barcellona non venda Vidal. Che facciamo? Prendiamo uno o nessuno? E perché la scelta di un’aggiunta deve spezzare la società? L’Inter ha il diritto di chiedere al suo tecnico di vincere, tocca al tecnico dire se ciò è possibile. Qual è il problema? Non c’è colpa di nessuno, solo bisogni e vanità da rispettare. Nessuno pensa che dire di voler vincere equivalga ad aver già vinto, questo è il peso che Conte sente sulle spalle ma che nessuno gli ha mai chiesto, tranne i suoi ingaggi e la sua religione sportiva. L’impossibile è d’altra parte il peso di un leader. E Conte esce tra gli applausi anche dopo una stagione senza successi. Segno che la sua paura era inutile. A me sembra che questa storia si sia basata su punture di spilli più che su motivi reali. Storie private che si potevano risolvere nel buio delle singole anime. Non c’è comunicazione più forte delle scelte di un allenatore. Dimmi chi fai giocare e ti dirò cosa sbagli tu e cosa ho sbagliato io. Il punto è se siamo squadra o no. Lo siamo?
CorSera
L’effetto materiale è che non cambia niente, restano tutti ai loro posti. Il risultato è un 2-2, tanti gol di confusione per un pareggio
di Mario Sconcerti
La cosa da capire è se l’Inter continua con Conte o viceversa. Fino in fondo non lo sapremo mai e forse non è nemmeno così interessante. L’effetto materiale è che non cambia niente, restano tutti ai loro posti. Il risultato è un 2-2, tanti gol di confusione per un pareggio che però produce effetti. Conte ottiene che la comunicazione dell’Inter, il modo in cui le priorità della squadra vengono tramandate all’esterno, siano più realistiche e meno abbandonate ai desideri. Non vuole che l’obbligo di vincere sia un dogma della società fisso sulle sue spalle. La richiesta comune è equilibrio. Da parte dell’Inter nel dichiarare le possibilità del cammino, da parte del tecnico nel sapere che non gli può essere chiesto il massimo se il massimo non c’è.
Gira e rigira è una storia senza soggetto. Chi giudica se l’Inter ha preso buoni giocatori o semplicemente i migliori possibili? Chi può giudicare con esattezza universale se sia meglio Vidal o Eriksen? Nel mezzo c’è una realtà da accontentare. Mettiamo che il Tottenham venda Eriksen ma il Barcellona non venda Vidal. Che facciamo? Prendiamo uno o nessuno? E perché la scelta di un’aggiunta deve spezzare la società? L’Inter ha il diritto di chiedere al suo tecnico di vincere, tocca al tecnico dire se ciò è possibile. Qual è il problema? Non c’è colpa di nessuno, solo bisogni e vanità da rispettare. Nessuno pensa che dire di voler vincere equivalga ad aver già vinto, questo è il peso che Conte sente sulle spalle ma che nessuno gli ha mai chiesto, tranne i suoi ingaggi e la sua religione sportiva. L’impossibile è d’altra parte il peso di un leader. E Conte esce tra gli applausi anche dopo una stagione senza successi. Segno che la sua paura era inutile. A me sembra che questa storia si sia basata su punture di spilli più che su motivi reali. Storie private che si potevano risolvere nel buio delle singole anime. Non c’è comunicazione più forte delle scelte di un allenatore. Dimmi chi fai giocare e ti dirò cosa sbagli tu e cosa ho sbagliato io. Il punto è se siamo squadra o no. Lo siamo?
CorSera
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