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Messi non ha chiesto nessuna cessione e si e mosso in prima persona per stare vicino al club in questo momento delicato
Mundo deportivo
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sopra una sola teca di cristallo
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forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
L'europa league è la coppa del siviglia c'è poco da fare. Monchi è tornato nel suo habitat naturale e ha assemblato subito una squadra molto competitiva. In difesa da noi ha portato bianda, marcano, moreno tre giocatori che non hanno strusciato un pallone, al siviglia ha preso a due spicci diego carlos e kounde che sono due fenomeni.
Comincio a pensare che da noi monchi abbia ammutinato alla grande.
L'europa league è la coppa del siviglia c'è poco da fare. Monchi è tornato nel suo habitat naturale e ha assemblato subito una squadra molto competitiva. In difesa da noi ha portato bianda, marcano, moreno tre giocatori che non hanno strusciato un pallone, al siviglia ha preso a due spicci diego carlos e kounde che sono due fenomeni.
Comincio a pensare che da noi monchi abbia ammutinato alla grande.
Assurdo
Originariamente Scritto da Marco pl
i 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.
L'europa league è la coppa del siviglia c'è poco da fare. Monchi è tornato nel suo habitat naturale e ha assemblato subito una squadra molto competitiva. In difesa da noi ha portato bianda, marcano, moreno tre giocatori che non hanno strusciato un pallone, al siviglia ha preso a due spicci diego carlos e kounde che sono due fenomeni.
Comincio a pensare che da noi monchi abbia ammutinato alla grande.
Messi non ha chiesto nessuna cessione e si e mosso in prima persona per stare vicino al club in questo momento delicato
Mundo deportivo
Figurati se se ne va e prova un altro campionato...
Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Champions: Guardiola e Messi, gli dei caduti nella Coppa sottosopra
L’argentino pensa all’addio al Barcellona? Il Manchester City pronto a tutto per averlo, ma c’è anche l’Inter
Bella e impossibile, crudele e spettacolare, imprevedibile come prima, più di prima. È la Champions delle prime volte e dei fallimenti «epocali», dei tre allenatori tedeschi in semifinale e di quattro tecnici su quattro al debutto a questi livelli. È la prima dal 2005 senza Ronaldo o Messi tra i migliori quattro e la prima dal 2004 con appena una squadra ad averla già vinta tra le semifinaliste: allora era il Porto di Mourinho che fece bis, oggi è il Bayern Monaco, che resta il favorito, anche se fare pronostici sembra un controsenso.
Più che un vento nuovo – anche grazie alla formula con le partite secche e al cammino molto differente per arrivare fino a Lisbona – siamo davanti a un ciclone. E bisogna aggrapparsi alle poche regole immutabili, come quella gol sbagliato-gol subito, per capire che forse non c’è necessariamente una logica nei trionfi inaspettati e nei tonfi fragorosi, ultimo in ordine di tempo quelli di Manchester-City Lione, 1-3: se l’errore davanti alla porta è madornale come quello di Sterling (era il possibile 2-2 all’86’) e nemmeno un minuto dopo Ederson respinge male il pallone spalancando la porta al 3-1 di Dembelé, allora trovare un filo conduttore è difficile, come azzeccare un risultato.
Certo ha ragione Kylian Mbappé quando liquida con l’emoticon del pagliaccio chi definisce la Ligue 1 «un campionato di campagnoli». Però pensare a due squadre francesi e a due tedesche in semifinale — quelle che si sono riposate e allenate meglio — era davvero un azzardo. Senza contare che le due più attese, Psg e Bayern, ci sono arrivate con i fuochi d’artificio in anticipo sul Ferragosto: la prima ribaltando in tre minuti l’Atalanta al novantesimo e la seconda rifilando lo storico 8-2 al Barcellona. Un risultato così clamoroso da ottenere l’effetto paradossale: si parla di più della disfatta blaugrana, del direttivo di lunedì, di Xavi o Koeman al posto di Setien, di giocatori come Suarez ritenuti vecchi arnesi e soprattutto di Messi (in scadenza nel ‘21), attorno al quale l’Inter fa sogni dai contorni vaghi, mentre proprio il City (secondo The Sun) «vuole spendere qualsiasi cifra».
Rivedere Guardiola e Messi assieme in una sorta di «Last Dance» come Michael Jordan e Phil Jackson con i Bulls nel 1998, sarebbe affascinante. Ma prima bisogna capire perché Pep non ha mai superato lo scoglio dei quarti con i Citizens, uscendo con Liverpool, Tottenham e Lione. In Inghilterra lo accusano di «overthinking», di pensare troppo: perché ad esempio, dopo aver acquisito fiducia eliminando il Real, ha adattato la propria formazione al 3-5-2 del Lione, perdendo efficacia in attacco? Forse la sconfitta della Juve contro i francesi che è costata il posto a Sarri lo ha portato su questa strada. Di sicuro Rudi Garcia, si gode la doppia impresa e alza la cresta: «La fame viene mangiando...».
E soprattutto viene correndo: il preparatore del Lione, Paolo Rongoni, è l’unico tocco d’Italia in semifinale: «Avevamo poche certezze dopo uno stop così lungo. Il segreto è stato strutturare le esercitazioni tecniche sul ritmo della preparazione atletica». Quindi la parole d’ordine per chi ha le idee chiare è sempre «intensità»: quando c’è quella, anche le emozioni potranno essere di un livello superiore. Ma bisogna godersele, perché la ruota della Champions gira più in fretta del solito.
CorSera
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Barcellona, Allegri tra i candidati alla panchina: ma Koeman è il netto favorito
L'olandese è arrivato nella città catalana. Anche il livornese, Xavi e Pochettino, nella lista del presidente, per il dopo Setien. Sarà decisiva lunedì la riunione tra i soci del club catalano
C'è anche Massimiliano Allegri tra i candidati a diventare il prossimo allenatore del Barcellona. Dopo il clamoroso 8-2 rimediato venerdì dal Bayern Monaco, è partita la rivoluzione in casa blaugrana. Lunedì è prevista una riunione tra i soci del club e qualora il presidente Bartomeu, nonostante la pioggia di critiche post Champions, riuscisse a confermare la fiducia, allora il tecnico toscano potrebbe raccogliere l'eredità di Quique Setien.
Gli altri pretendenti, Koeman favorito
La certezza è che l'avventura dell'ex allenatore del Betis Siviglia in Catalogna è finita. Troppo umiliante il ko di Lisbona. Per la sua successione si sono fatti subito i nomi di Koeman, Xavi e Pochettino. Il ct dell'Olanda è dato per favorito, e la sua presenza nella città catalana nella serata di domenica è indizio importante se non decisivo. Koeman tuttavia, al pari di Roberto Mancini, non vorrebbe lasciare gli Orange prima dell'Europeo. Lo storico ex capitano sarebbe ben accolto nello spogliatoio, ma i rapporti con lo stesso Bartomeu sono piuttosto freddi. E Pochettino, per il suo passato sia da calciatore che allenatore con i cugini dell'Espanyol, non è di certo l'uomo preferito dalla piazza. Da qui le altre opzioni: l'eventuale promozione di García Pimienta, tecnico del Barça B, e soprattutto Massimiliano Allegri, pronto a rimettersi in gioco dopo l'anno sabbatico.
A febbraio le elezioni
Escluso il ritorno alla Juventus, che ha puntato su Pirlo, Allegri accetterebbe senza scrupoli il Barça. Un tema spinoso però è la durata del contratto: a febbraio 2021 ci saranno le elezioni presidenziali, per questo l'attuale numero uno blaugrana Bartomeu vorrebbe proporre al tecnico livornese un solo anno di contratto con l'opzione di prolungamento in caso di buon esito delle elezioni. Accordo, con queste carte sul tavolo, tutt'altro che scontato.
L'olandese è arrivato nella città catalana. Anche il livornese, Xavi e Pochettino, nella lista del presidente, per il dopo Setien. Sarà…
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Inter-Shakhtar, probabili formazioni e dove vederla. Per Conte penultimo esame
I nerazzurri cercano la prima finale europea dopo il Triplete di dieci anni fa. Handanovic: «Dobbiamo salire ancora, il livello è più alto». L'ultima italiana di Coppa contro 13 brasiliani
Dieci anni sono lunghi da passare, soprattutto se pieni di illusioni e delusioni. L’Inter, unica italiana superstite in Europa, cerca il pass per la finale di Europa League contro gli ucraini dello Shakhtar Donetsk, per nulla morbidi. Dal 2010, anno del Triplete, i nerazzurri non vedono il traguardo di una competizione internazionale. Una finale la cerca pure Antonio Conte. Da allenatore l’ha sfiorata con la Juventus: fu eliminato, proprio in semifinale, dal Benfica. «Una consacrazione internazionale per me? Non penso ad arricchire la mia bacheca personale ma quella del club».
L’Inter è a secco di trofei dal 2011, l’ormai impolverata Coppa Italia. Deve salire il penultimo gradino per presentarsi venerdì a giocarsi la coppa nell’atto finale di Colonia e per non ammainare la bandiera italiana in Europa. «Ma noi non ci consideriamo i salvatori della patria, abbiamo fatto il nostro cammino senza guardare gli altri».
Un percorso lungo, ricco di soddisfazioni. Il secondo posto, un finale di campionato eccellente e un cammino in coppa senza sbavature con quattro vittorie nelle ultime quattro gare, hanno evidenziato lo stretto rapporto tra squadra e allenatore. La stessa armonia non si può dire regni tra tecnico e dirigenza.
A Düsseldorf però per la semifinale è arrivata la proprietà: Steven Zhang. Dopo cinque mesi e mezzo il giovane presidente ha riabbracciato il gruppo. Il rapporto tra lui e Conte è solido, lo testimonia il tecnico: «La presenza del presidente è un valore aggiunto per tutta la squadra». I discorsi sul futuro, sui pesi in società, sui pensieri dell’allenatore, sono rinviati al termine dell’Europa League. Finché si gioca nulla deve distogliere e turbare la squadra dall’obiettivo di tornare a vincere. Chiusa la campagna di Germania si definiranno i programmi e si tenterà, se ci sarà la reciproca volontà, di appianare le divergenze per continuare insieme.
Prima però va superato lo Shakhtar e in una gara secca i valori tendono ad appiattirsi. La formazione è ucraina solo per la provenienza, nei fatti è una colonia di tredici brasiliani, pochi giocolieri e molti con il gol in canna, tipo Moraes e Taison. «La parola paura non fa parte del mio vocabolario», sottolinea Conte. «Sarà difficile anche per l’Inter», ribatte Luis Castro, tecnico portoghese dello Shakhtar.
I nerazzurri hanno un guaio in più, l’assenza di Sanchez che lascia il solo Esposito come rimpiazzo d’attacco per la coppia Lukaku-Lautaro. Conte dovrebbe confermare la formazione vista agli ottavi e nei quarti, diventerà decisivo a gara in corso l’utilizzo di Eriksen e, perché no, di Moses. In fondo però ha ragione il capitano Handanovic, «per vincere dobbiamo fare una partita migliore delle altre, il livello è più alto». C’è in palio una finale per cancellare dieci anni di amarezze e iniziare a scrivere un futuro diverso.
Inter (3-5-2): Handanovic; Godin, De Vrij, Bastoni; D'Ambrosio, Barella, Brozovic, Gagliardini, Young; Lukaku, Lautaro. All. Conte. Shakhtar Donetsk (4-2-3-1): Pyatov; Dodo, Kryvtsov, Khocholava, Matviyenko; Marcos Antonio, Stepanenko; Marlos, Alan Patrick, Taison; Junior Moraes. All. Luis Castro. Arbitro: Marciniak (Pol ore 21 Sky 201 e TV8onia)
Tv: in chiaro.
CorSera
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La Roma oggi passerà ufficialmente nelle mani di Dan Friedkin per un affare complessivo da 591 milioni di euro. La pandemia costringerà i due americani a stringersi le mani telematicamente e scambiarsi i documenti via email. Houston e Boston le basi, con notaio a Roma, mentre Londra non dovrebbe essere coinvolta. Dopo il closing, il nuovo presidente saluterà i tifosi giallorossi tramite i canali del club, a seguire andrà in scena il primo vertice dell'era Friedkin in conference call con l'ex management di Pallotta.
Niente proclami, progetto a medio termine e risanamento dei conti sono gli obiettivi, almeno all'inizio. Niente colpi ad effetto, Zaniolo e Pellegrini resteranno, così come rimarrà Fonseca che sarà, però, sotto esame. Il mercato, invece, sarà gestito dall'attuale CEO Fienga e Morgan De Sanctis. Solo dopo Friedkin darà l'assalto al ds: Paratici, Ausilio e Giuntoli i nomi in lizza, in più anche Ramon Planes.
Sarà Dan a ricoprire la carica di presidente. Subito dopo la firma, decadrà l'attuale Consiglio di Amministrazione: usciranno Pallotta ed altre sei componenti americani, entreranno Dan e Ryan Friedkin con almeno i tre fidati collaborati, Marc Watts, Eric Williamson e Brian Walker. A fine settembre Friedkin lancerà l'Opa, poi scatterà la procedura di delisting.
La Roma oggi passerà ufficialmente nelle mani di Dan Friedkin per un affare complessivo da 591 milioni di euro. La pandemia costringerà i due americani a stringersi le mani telematicamente e scambiarsi i documenti via email. Houston e Boston le basi, con notaio a Roma, mentre Londra non dovrebb...
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Da Sarri a Guardiola e Simeone, la fine dei miti. In pochi giorni ci siamo giocati il sarrismo, il cholismo, il guardiolismo. Fine delle leggende sugli allenatori...
Partenze intelligenti nel calcio d’agosto. In pochi giorni ci siamo giocati il sarrismo, il cholismo, il guardiolismo. Fine delle leggende con tutti gli ismi compresi, fine dell’allenatore prima dei calciatori, fine della tattica prima della tecnica, fine di tutto quel repertorio che riempie la bocca di ripartenze, intensità e di salari fuori dall’ordinario. Nel suo piccolo, paradossalemente, Sarri risulta l’unico ad avere portato a casa il minimo sindacale, dunque lo scudetto. I suoi due colleghi, Simeone Diego detto il Cholo e Guardiola Joseph detto Pep, si ritrovano con la polvere di stelle fra le mani, il nulla spacciato come molto, se non il tutto, parole, chiacchiere e distintivi. Le coppe europee violentate dal virus hanno dato risposte secche, micidiali e impreviste, fuori le grandi, Real Madrid, Barcellona, Manchester City, Juventus e avanti con le new entry del football continentale, Lione e Lipsia, per dire, l’altra faccia della grandeur francese o tedesca. Ma le sconfitte lasciano macchie su abiti di lusso, Zidane e Simeone in Spagna, Guardiola in Inghilterra, Sarri e Conte (relativamente alla Champions) in Italia.
È il tempo delle riflessioni, il caso più evidente riguarda Guardiola che da otto anni, nonostante abbia frequentato soltanto ristoranti pluristellati e aver bruciato carte di credito non sue, non è riuscito ancora a ripetere i numeri catalani, quando a portargli gloria erano il Messi giovane con Iniesta e Xavi e Pujol, per dire, tutta gente più decisiva e importante di chi li seguiva a bordo campo. Non si tratta ovviamente di sentenze definitive, non è il caso di andare sotto la lama della ghigliottina e godere per le disgrazie altrui ma è l’occasione per abbassare la cresta e così il volume degli stereo. Il calcio è un gioco semplice reso complicato da chi pensa di averlo inventato dalla panchina o dai giornali. Questo agosto ci ha restituito il pallone, imprevedibile e dunque affascinante, giocato dagli uomini e non dai tablet o dai computer. Ma si prevede, a settembre, la remontada degli sconfitti, con la stessa faccia e lo stesso conto corrente. E gli stessi cortigiani.
Il Giornale
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Alla luce dei disastri continentali altrui, va comunque in parte rivalutata la stagione sportiva sarriana e juventina: Sarri ha vinto il campionato, è uscito in una stranissima champions contro quel Lione che poi ha eliminato anche il City di Guardiola.
Sarri ha giocato con una rosa inadatta al suo gioco e non scelta da lui, a differenza di tutti gli altri protagonisti trombati. I suoi problemi erano di altra natura, altrimenti avrebbe meritato un secondo anno.
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