Originariamente Scritto da robybaggio10
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Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza MessaggioAllena lui ?I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioI giocatori li ha scelti lui e l'allenatore pure lo ha scelto lui.Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza MessaggioMa da noi avrebbe dovuto allenare pure lui..I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Originariamente Scritto da laplace Visualizza MessaggioCome non ci va... Può giocare fino a 40 anni e se dai 36/37 gli mettono 50 milioni (all'anno) davanti alla faccia ci va eccome.
Non ne ha bisogno direte ma... Chi è ricco ne vuole sempre di piùperò forse una segnalazione "ufficiale" alle autorità te la saresti beccata pure tu.
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Il Lipsia ha messo le ali: dalla quarta serie al Psg in sette anni
L'ascesa del club dell'ex Germania Est grazie ai soldi della Red Bull e alle idee di Ralf Rangnick. E con le intuizioni di Nagelsmann, l'allenatore-bambino
Nel 2012-13 Il Lipsia giocava ancora in quarta serie e nel 2015-16 arrivò secondo in Bundesliga 2, la serie B tedesca. Adesso contenderà al Psg la finale di Champions. La formidabile ascesa, oltre a segnare di nuovo sulla mappa geografica del calcio europeo il nome di una squadra dell’ex Germania Est (del Magdeburgo vincitore della Coppa Coppe 1974 si ricordano i tifosi del Milan, sconfitti in finale), porta sostanzialmente tre firme: quella di Dietrich Mateschitz, miliardario austriaco e padrone della Red Bull multinazionale della bevanda omonima dello sport, quella di Ralf Rangnick già demiurgo della squadra ora assurta a modello di organizzazione tattica, e quella di Julian Nagelsmann, il trentatreenne che ha raccolto l’eredità del Professore dopo la gavetta all’Hoffenheim: è il più giovane allenatore della storia a raggiungere una semifinale di Champions. Mateschitz è uno con le idee chiarissime, come dimostra il percorso vincente della sua scuderia di Formula Uno. Quando è entrato nel calcio, ha portato il Salisburgo dalla periferia al centro, partendo nel 2006 dall’ingaggio di Trapattoni in panchina. Poi, rapidamente, la multinazionale del pallone si è allargata e il Lipsia si è trasformato nell’ammiraglia, affidata a Ralf Rangnick, detto il Professore, che da scultore del calcio minore, nonché seguace dichiarato di Arrigo Sacchi, ha plasmato l’Hoffenheim e poi lo Schalke secondo un gioco visionario, in cui la sua figura totalizzante ha oscurato le altre.
Quando Rangnick è passato al ruolo di supervisore della sezione calcistica della Red Bull, che ha succursali anche in Brasile e negli Usa, in panchina è arrivato Julian Nagelsmann, che aveva accettato la sua prima squadra professionistica, l’Hoffenheim nel 2016, senza avere ancora la licenza, a 29 anni. Ha osato, ha creduto in se stesso, ha avuto ragione.
Il destino di Julian Nagelsmann
Per un curioso gioco del destino, Rangnick ha lasciato la Red Bull, dopo avere mancato l’annunciatissimo approdo al Milan sul filo del traguardo, proprio un paio di settimane prima dell’impresa di Baby Mourinho, come viene soprannominato il figlio di Baviera, già calciatore delle giovanili di Monaco 1860 e Augsburg. Nagelsmann, sempre per un curioso gioco del destino, è stato giovanissimo assistente dell’attuale allenatore del Psg Tuchel, al quale martedì prossimo contenderà la finale: si era rotto irrimediabilmente il legamento crociato, interrompendo la carriera a soli 21 anni, e aveva subito capito di volere diventare allenatore. Tuchel lo prese sotto la sua ala all’Augsburg. Di sicuro l’intuito a Nagelsmann non manca: ha azzeccato la sostituzione decisiva, inserendo il giovane centrocampista statunitense Adams, che con un po’ di fortuna e con la deviazione di Savic ha indovinato il tiro della vittoria.
La camicia bianca di Julian, le stampelle di Thomas. Uno dei due andrà in finale e cercherà di vincere la Champions come l’anno scorso col Liverpool Jurgen Klopp, prototipo vincente dell’allenatore tedesco moderno. Considerando che anche Hansi Flick ha l’occasione di provarci col Bayern, contro il Barcellona di Messi, sembra proprio la rivincita del calcio di Germania, annichilito dal Mondiale. Il Lipsia, realizzando l’impresa sfiorata dall’Atalanta, ha già inaugurato la riscossa.
...ma di noi
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Psg dall'incubo alla festa. Al-Khelaifi: "Vittoria con l'Atalanta cambia la nostra mentalità, Neymar e Mbappé rimarranno"
Il patron del club parigino è entusiasta del successo in rimonta ottenuto sugli orobici in Champions e non nasconde le sue ambizioni: "L'obiettivo è ancora lontano, ma abbiamo risposto a chi non ci credeva pronti per questa competizione. Sono davvero orgoglioso"
Il risveglio dopo la notte dello stadio 'Da Luz' ha un sapore dolcissimo per il Psg. In un frullatore di emozioni il match contro l'Atalanta ha visto passare in pochi minuti il club parigino dallo spettro dell'eliminazione alla rimonta che, nel recupero, ha consegnato il pass per la semifinale di Champions League. "E' un giorno molto speciale, meraviglioso. Questa vittoria serve a cambiare la nostra mentalità - ha dichiarato senza mezzi termini il presidente Nasser Al-Khelaifi - I giocatori hanno dato il 200%, sono davvero orgoglioso. Tutti dicevano che il Psg non era pronto per la Champions, ma abbiamo dimostrato di avere il giusto spirito e campioni veri".
"Tutti dubitavano di noi, ora testa alla semifinale"
Nelle tre precedenti edizioni i campioni di Francia, nonostante i faraonici investimenti dello sceicco qatariota, non erano mai riusciti a superare lo scoglio degli ottavi di finale e adesso gli uomini di Tuchel possono pensare in grande: "L'obiettivo è ancora lontano - prosegue Al-Khelaifi - ma per ora vogliamo concentrarci sulla prossima sfida, senza pensare alla finale. È la nostra prima semifinale, non era facile arrivarci. Tutti dubitavano del Psg. Avevamo bisogno di questo successo, è un passo fondamentale per costruire una nuova mentalità, non solo a livello di squadra ma anche di tifosi e media".
"Neymar e Mbappé rimarranno"
Miglior regalo non poteva esserci, visto che l'affermazione sull'Atalanta è arrivata nel giorno del 50esimo anniversario della fondazione del club. Sull'onda dell'entusiasmo, per celebrare un doppio traguardo così importante, il patron del Psg ci tiene a spazzare via ogni eventuale nube sul futuro dei suoi gioielli, Neymar e Mbappé: "Sono tra i migliori giocatori al mondo. Neymar è tra i cinque più forti in assoluto e contro l'Atalanta ha disputato una partita eccellente. Kylian ha avuto un grande impatto sulla squadra, qualcosa di speciale. Entrambi rimarranno con noi".
Neymar: "Ho sempre creduto nella qualificazione"
Neymar, oltre che in campo, ha vestito i panni del leader anche nell'immediato post partita, quando ha dichiarato di avere sempre creduto nella possibilità di ribaltare l'1-0 in favore dei ragazzi di Gasperini: "E' stata una grande serata, sapevamo che sarebbe stata dura. Questo è il bello della Champions. Ci aspettavamo una gara aggressiva da parte dell'Atalanta. I nostri avversari hanno spinto e hanno costruito buone occasioni da rete, ma non ho mai pensato che saremmo tornati a casa".
"La finale è vicina"
"Abbiamo cercato la qualificazione fino alla fine - ha aggiunto il brasiliano - anche se sono convinto che in futuro possiamo esprimerci ancora meglio. Adesso dobbiamo pensare a recuperare le energie, siamo vicini alla finale". Il sorteggio, in effetti, sembra aver dato una mano non indifferente al Paris Saint-Germain, che ha evitato la parte più dura del tabellone e che attende la vincente di Atletico Madrid-Lipsia, ultimo ostacolo per arrivare a giocarsi la conquista della coppa dalle grandi orecchie.
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Atalanta, l'applauso dei tifosi nonostante l'eliminazione. Percassi: "Giocatori meritano premio"
Gomez e compagni accolti come eroi al rientro a Bergamo dopo la sconfitta contro il Psg. Il presidente esalta il gruppo e ricorda il dramma della città: ''Abbiamo regalato un sorriso a Bergamo ferita''. E su Ilicic: ''Abbiamo notizie positive, terremo tutti i big a meno di offerte inimmaginabili''
L'eliminazione dalla Champions League non ha tolto entusiasmo ai tifosi dell'Atalanta. Circa duecento tifosi nerazzurri hanno infatti accolto la squadra di ritorno dal Portogallo all'aeroporto di Orio al Serio, tra cori e bandiere. Un risveglio più dolce che amaro anche per Antonio Percassi, nonostante tutto. Il presidente ha commentato a mente fredda l'eliminazione degli orobici dalla Champions, una sconfitta che tuttavia non rovina una grande impresa: "Onestamente ho dormito pochissimo, pero siamo felici di come sono andate le cose. Questo traguardo era inimmaginabile a inizio stagione e contro il Psg abbiamo fatto una grande partita. Ci riproveremo il prossimo anno".
Dedica a Bergamo ferita
Un cammino, quello in Champions, che (anche solo in piccola parte) è servito a tutto il popolo bergamasco, uno dei più colpiti dal coronavirus, a rialzare la testa. "Dedichiamo i nostri risultati ai bergamaschi - aggiunge Percassi a Sky - un popolo ha sofferto e pianto tantissimo, gliene sono capitate di tutti i colori. E' stato colpito e ferito, da bergamaschi sappiamo cosa hanno passato, e che l'ora e mezza passata a seguire la squadra è servita a restituire un po' di sorriso che non meritava tutto quello che ha sofferto". Il numero uno orobico annuncia poi un premio a Gomez e compagni: "Ho detto ai giocatori che sono stati bravissimi, che meritano il premio che gli riconosceremo".
"Ilicic? Sarà primo acquisto"
E ora si guarda al futuro. Anche perché l'Atalanta parteciperà nuovamente alla Champions League e i tempi per preparare la nuova stagione sono strettissimi. Dopo un'annata simile, tanti giocatori nerazzurri fanno gola a molti top club. Percassi però alza il muro: "Allo stato attuale non vogliamo perdere i nostri big, poi se arrivano delle cifre inimmaginabili faremo delle valutazioni. Il nostro progetto è dare continuità e cercare di migliorare". E poi c'è Ilicic: "Sarà il nostro primo grande acquisto, stiamo facendo di tutto per recuperarlo e le notizie sono positive. Siamo ottimisti". A proposito di Champions, i tifosi sperano di vedere i propri beniamini nel proprio stadio, senza "traslocare" come quest'anno a San Siro: "Se riusciremo a giocare la prossima Champions al Gewiss Stadium? Stiamo facendo il possibile - conclude Percassi - e penso che probabilmente ce la faremo".
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Champions proibita per le italiane: un destino, l’eliminazione, che si ripete da dieci anni
Dopo l’eliminazione dell’Atalanta, ironia fuoriluogo di Domenech sui cambi di Gasperini. Il peso dell’età ha condizionato il rendimento della Juve
Se anche Leo Messi affronta un quarto di finale da sfavorito contro il Bayern, vuol dire che la formula per vincere la Champions è davvero segreta, a maggior ragione con queste finali a otto che possono mandare in orbita una squadra in tre partite o a casa in tre minuti, come accaduto all’Atalanta. L’unica costante resta la difficoltà delle italiane a tenere il ritmo: ultima vittoria nel 2010 dell’Inter, ora l’unica in corsa con la semifinale di Europa League. Poi due finali perse dalla Juventus (2015 e 2017) senza dare l’impressione di poter portare a casa la «Orelhuda» come la chiamano in Portogallo: «Quale nostra squadra ha giocatori come Mbappé, Neymar o anche Thiago Silva? — riflette Beppe Bergomi, al Da Luz mercoledì sera per Sky —. L’Atalanta ha l’intensità necessaria in Europa, ma resta unica nel suo genere».
Secondo l’ex c.t. francese Domenech «i cambi di Gasparini (scritto così) hanno fatto vincere il Psg. È una leggenda che gli italiani siano maestri di tattica…». Detto da lui, che ha sempre perso con gli azzurri tra U21 e Mondiale 2006, non scalfisce certo la credibilità dall’Atalanta. Ma di questo passo ci vorranno anni per tornare a vincere. Soprattutto se chi ha una mentalità propositiva, non ha i campioni. E chi invece ha i campioni, come la Juve, ha fallito il cambio di stile di gioco, anche a causa «dell’età media tra le più alte d’Europa», sottolineata dal presidente Andrea Agnelli.
«La Juve ha un campione, Ronaldo, che ti condiziona ma fa cose impressionanti — sottolinea Bergomi —. E poi ha un buon giocatore come Dybala, difficile da combinare con CR7. Tutto il resto della squadra spesso voleva palla sui piedi, senza andare in profondità: in serie A, che resta di livello non eccelso, basta. In Europa no. E il cambio di proprietà di Inter e Milan ha tolto pressione alla stessa Juve». In attesa del ritorno di Milano, la strada della gioventù è necessaria. Perché vuole dire anche più freschezza e fisicità. Con i suoi 29,7 anni di età media l’ultima versione juventina era la più anziana d’Europa, con due anni in più rispetto a Napoli (27,9) e Inter (27,7), che hanno lasciato la Champions agli ottavi contro il Barcellona e ai gironi. Tra le top 16, dopo i bianconeri e il Napoli, la squadra più attempata era il Valencia (26,2): Bayern, Barça, City, Psg, Lipsia sono tutte sotto ai 26 anni.
«Andare a prendere giovani di prospettiva, da amalgamare con i più esperti è necessario — dice lo Zio, campione del mondo a 18 anni —: penso a un giocatore box to box come Barella. Come idea di calcio, mi sembra che in A si cerchi di proporre qualcosa di nuovo, per cui credo che la strada possa essere quella giusta. Il nostro resta però il campionato più tattico, mentre in Europa ci vuole tanta qualità ad altissima velocità». Certo fa un po’ sorridere il presidente del Psg, Al-Khelaifi, quando dice che «la vittoria sull’Atalanta serve a cambiare la nostra mentalità». Considerato che sono entrati Draxler, Paredes, Mbappé e Choupo Moting (264 milioni in totale), è un cambio di mentalità extralusso. «Mbappé e Neymar resteranno con noi per sempre», ha aggiunto Al Khelaifi. Perché la Champions fa davvero miracoli. Almeno fino alla prossima partita.
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Juventus e Atalanta out: Lione e Psg favorite dal riposo? Neymar, Mbappé & co. sembrano dire di sì
Le squadre francesi che hanno eliminato le italiane paiono dimostrare che il riposo e l’allenamento in certi casi possono compensare la mancanza di ritmo partita e di fondo
Dopo le prestazioni di Neymar contro l’Atalanta e di Bruno Guimaraes contro la Juventus ai brasiliani piace ricordare che la squadra che ha segnato un’era nella storia del calcio, la Seleçao verdeoro del 1970, aveva preparato il Mondiale messicano senza giocare per ben tre mesi. Le squadre francesi, illuminati dai loro talenti sudamericani che pure sono lontani parenti di quelli di un Brasile irripetibile, sembrano confermare il celebre precedente: riposo, forzato ma pur sempre riposo, e allenamento, possono compensare la mancanza di ritmo partita e di fondo. E a provarlo sulla propria pelle sono state proprio le due squadre italiane, tra quelle che hanno avuto meno stacco tra il campionato e la Champions.
Mbappé, fresco e letale
Riposare fa bene, ma se ti chiami Mbappé fa ancora meglio: in cinque mesi il fenomeno francese ha giocato metà primo tempo della sfida del 31 luglio in Coppa di Francia contro il Saint Etienne. Azzoppato da un intervento sciagurato, l’attaccante del Psg ha fatto una corsa contro il tempo per essere a disposizione almeno in caso di emergenza contro l’Atalanta. Detto, fatto: in mezzora di gioca Mbappé non si è risparmiato con le sue accelerazioni tipiche e assieme a Neymar ha logorato la difesa atalantina, fino al doppio assalto finale.
Neymar in spiaggia
Il Lione ha resistito allo Stadium, limitando i danni con la sconfitta 2-1 che l’ha qualificato ed è sembrato più fresco mentalmente, prima ancora che fisicamente rispetto a una Juventus logorata da una stagione complicata al di là della vittoria dello scudetto. Come il Psg, anche il Lione prima di riprendere la preparazione a fine maggio ha fatto delle sessioni di allenamento individuale durante la pandemia e ha lasciato un po’ di vacanza ai giocatori appena terminato il lockdown. Neymar in piena emergenza se ne stava a giocare in spiaggia a calcio tennis e forse anche questo ha aiutato, al di là della sua classe indiscutibile.
Stress test
Lo stress test per Psg e Lione è comunque dietro l’angolo. Se andranno ancora avanti o se daranno comunque altri segnali di brillantezza e resistenza, allora qualche teoria sulla preparazione nel calcio
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Coronavirus, positivo Todibo del Barcellona. Nessun rischio per la Champions
Si tratta di uno dei nove giocatori che hanno iniziato a lavorare in vista della prossima stagione. Il club precisa che non ha avuto contatti con il gruppo squadra che giovedì volerà a Lisbona. Sei conagiati all'Athletic Bilbao, positivo anche il tecnico dell'Osasuna
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Ronaldo, per età e stipendio, non ha mercato (almeno in Europa). Se serve incassare, l'unico è Dybala (come l'anno scorso)....ma di noi
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Il calcio italiano è sceso di un gradino, adesso è crisi tecnica vera
E’ difficile avere un grande calcio in un Paese in crisi. Un Paese povero paga molto più degli altri questa differenza. Infatti ci siamo riempiti di presidenti stranieri che hanno preso le nostre società senza per ora portarci i vecchi risultati.
di Mario Sconcerti
Perché le squadre italiane non vincono più niente da dieci anni? Perché guardiamo gli altri e ci sembrano diversi? Perché nella nostra mente la Juve, la Roma, il Napoli, l’Atalanta sono migliori mentre poi vengono regolarmente battuti? Perché l’Italia non è andata ai Mondiali in Russia? Certe cose sono come i grandi amori, fanno un giro grande poi ritornano. È sceso di un gradino il calcio italiano nel suo insieme. È sceso soprattutto il livello del campionato. Perché? Nella vita, se seguite i soldi non sbagliate mai molto.
E’ difficile avere un grande calcio in un Paese in crisi. Ogni singolo giocatore costa ormai quanto una buona azienda media, ma è difficile renda qualcosa. Un Paese povero paga molto più degli altri questa differenza. Infatti ci siamo riempiti di presidenti stranieri che hanno preso le nostre società senza per ora portarci i vecchi risultati. Ma c’è anche una vera crisi tecnica. Non siamo veloci come gli altri, nei controlli, nella corsa, nei duelli. Nel calcio del pressing la tecnica è fondamentale perché dal pressing esci solo tenendo bene la palla. Altrimenti ti stendono. L’Italia del dopo Lippi non ha più una vera idea di gioco. È stato messo in crisi il nostro calcio di base (contropiede) come fosse un peccato costringendo tutti a giocare con il possesso palla di Guardiola. Nel frattempo Guardiola e il calcio sono andati avanti e sono tornati a un gioco discretamente verticale, quasi soltanto di velocità e qualità. Hanno pesato sempre più le mescolanze etniche, l’oro nuovo sono gli africani che vanno da chi è più ricco e nei campionati vicini ai loro Paesi di origine, Francia e Inghilterra. Noi non siamo niente di tutto questo e ci siamo arresi. È venuta meno anche la nostra ultima differenza, l’intelligenza tattica. Non abbiamo più avuto chi è stato in grado di insegnarci qualcosa di diverso.
Non ce ne siamo accorti, ma generazioni di maestri sono scomparse a favore di ottimi allenatori indefiniti. Hanno lasciato tecnici come Lippi, Trapattoni, Prandelli, Ancelotti, Capello, Eriksson, Mazzone, Zeman, Ulivieri, lo stesso Ranieri per anni all’estero, gli stessi Conte, Sarri ed Allegri, che ormai non possono più insegnare calcio perché devono vincere. Siamo un calcio senza campioni, cioè senza allievi, ma soprattutto siamo un calcio senza più maestri. Avete presente la nostra serie A, tutta compresa, tecnici buoni e tecnici sostituiti? Nessuno di questi ha mai vinto un torneo internazionale. L’unico, Maurizio Sarri, l’abbiamo cacciato una settimana dopo aver vinto il campionato. Non solo, ma nessuno degli allenatori attuali ha mai vinto uno scudetto. Tranne Conte che è diventato un’altra cosa.
La scienza tecnica arriva ormai solo dalla Coppa Italia, un torneo di appena tre partite. Siamo ormai una seconda categoria europea documentata. Da una decina di anni la vera crisi italiana è nelle idee di calcio e in chi deve produrle. Non abbiamo più insegnanti all’altezza e manca una vecchia scuola che li sappia costruire. Rappresentiamo il fallimento stesso di Coverciano, ormai da rivedere nella durata dei suoi corsi, nella democrazia delle iscrizioni e nella profondità dei testi. E soprattutto nella rigidità delle sue associazioni corporative.
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Originariamente Scritto da fede79 Visualizza Messaggio*** indirizzo email non valido, controllare prima che il forum metta in sospensione ***
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