Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • ottantino
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    • Roma
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    Che ho scritto?
    Winners are simply willing to do what losers won't.




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    • Liam & Me
      Bad Blake
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      Nel senso che i wolwes secondo me not hanno sto gran potenziale in EL.
      B & B with a little weed










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      • Virulogo.88
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        • Big City
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        Erano stati affascinati da cutrone

        Inviato dal mio SM-G970F utilizzando Tapatalk
        Originariamente Scritto da Pesca
        lei ti parla però, ti saluta, è gentile, sei tu la merda hunt

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        • ottantino
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          Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza Messaggio
          Nel senso che i wolwes secondo me not hanno sto gran potenziale in EL.
          Se lo dici tu mi fido, comunque una delle 2 semifinali viene fuori da MU Copenhagen e Wolves Siviglia, 3 di quelle secondo me favorite stanno in queste 2 partite
          Winners are simply willing to do what losers won't.




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          • Sean
            Csar
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            • In piedi tra le rovine
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            Brutta batosta, la Roma fuori dall’Europa League e riportata brutalmente alla realtà, col Siviglia non c’è stata corsa. Tutto succede nel giorno in cui il presidente Pallotta firma finalmente la cessione del club dopo 9 anni senza le vittorie e i trofei promessi al connazionale statunitense Dan Friedkin. Ricco manager americano che si divide tra cinema, auto e vecchi arei: insomma un personaggio “alla voglio una vita come Steve McQueen”, perfetto per il classico immaginario giallorosso. Adesso si ricomincia sognando di nuovo un grande club, che possa vincere scudetti e portare grandi campioni nella città eterna. Ma dopo anni di chiacchiere nessuno può illudersi più

            • [*=center]UEFA EUROPA LEAGUE

            OTTAVI DI FINALE
            Siviglia – Roma 2-0
            (21′ Reguilon S, 44′ En Nesyri)

            Non fa molta differenza il fatto che Jim Pallotta abbia venduto al suo connazionale Dan Friedkin per 591 milioni invece che una Roma vincente, una Roma sbattuta fuori dall’Europa League senza troppi complimenti dal Siviglia. Così per inciso, tanto per renderci conto: due gol degli spagnoli, due traverse, mai un tiro in porta della Roma, squadra sulle ginocchia. Nessuno scandalo e nessuna sorpresa: un po’ la Roma non è mai stata una macina avversari, un po’ questo calcio folle d’estate ha il suo prezzo e chi è meno attrezzato paga pesante, poi mettici pure che la squadra è riuscita a perdere dei pezzi sul calciomercato tra la fine del campionato e l’inizio dell’Europa League (Smalling). Amen, si cambia aria e non pensiamoci più.

            Se il nuovo proprietario – non ancora formalmente, considerato che per il passaggio reale ci vuole ancora del tempo – si è adeguatamente informato, e non ci sono motivi per dubitarlo, avrà ben saputo che il Siviglia di Europa League ne ha vinte ben 5 negli ultimi 14 tornei. E soprattutto che la Roma a parte qualche piazzamento o qualche raro exploit internazionale ha sempre fatto un buco nell’acqua. Per cui le probabilità erano veramente scarse di riuscire a eliminare la squadra di Lopetegui, Reguilon, Banega, Fernando, Navas, En Nesyri, non tutti nomi conosciutissimi eppure più forti dei giallorossi, questa è la realtà.

            Nel più classico dei copioni la sberla è arrivata non appena firmato l’accordo. Così, tanto per ricordarsi da dove l’ americano bis dovrà ripartire. Se Friedkin da questa Roma sarà rimasto negativamente sorpreso beh questo non depone a suo favore, perché vuol dire che non ha ben studiato la storia della Roma.

            Si sa le gesta di Fonseca, Zaniolo e Dzeko vengono molto glorificate e reclamizzate ma la bacheca giallorossa continua a restare abbastanza vuota. E misurandosi il peso di un club di calcio sui trofei vinti, più che sui parametri finanziari tanto di moda oggi, è difficile scorgere nella Roma il grande e vincente club che era stato promesso e vaneggiato quasi dieci anni fa all’inizio della prima era americana. Una cosa sono le parole e un’altra i fatti. Le prime sono giunte a miliardi, i secondi sono rimasti a zero.

            Vedo che Dan Friedkin, come il suo predecessore viene già descritto e tramandato nella più classica iconografia dell’uomo perfetto finalmente arrivato a dare la giusta dimensione alla squadra che porta il nome della città eterna. Manager brillante, ricco parecchio – vuoi che Forbes non ti abbia trovato un posticino nella sua ambitissima classifica di ricconi planetari? Eccola: 4,1 miliardi di patrimonio, 187° posto nella sua graduatoria – interessi un po’ ovunque ma soprattutto nell’auto, nel cinema e perfino una passione per i vecchi arei che gli piace pilotare che ne fa un gran fico. Insomma una specie di “voglio una vita come Steve McQueen”…

            Si vagheggia uno Zaniolo nuovo Totti, un management tripallico, un centinaio di milioni di acquisti, scudetti perché no ma con giudizio e nel tempo dovuto. Come anche giusto che sia, se allo scudetto ci arrivarono Dino Viola e Franco Sensi, che nella Roma riversarono i propri limitati patrimoni personali (Dino Viola era famoso perché prima di chiudere la sede la sera faceva il giro delle stanze per assicurarsi che tutti avessero spento la luce), perché non dovrebbe riuscirci chi ha la grande finanza a supportarlo?

            Detto che la gestione precedente si è esaurita nel deserto delle plusvalenze dove gli scudetti restano miraggi lontani, fossi un tifoso giallorosso ci andrei piano ed eviterei di illudermi di essere finalmente arrivati all’eden del football dove schiocchi un dito e piovono campioni e trofei. Perché poi c’è sempre un Siviglia – squadra non certo economicamente più forte e importante – che ti riporta con due schiaffi alla realtà.

            UEFA EUROPA LEAGUE OTTAVI DI FINALE Siviglia - Roma 2-0 (21' Reguilon S, 44' En Nesyri) *** Non fa molta differenza il fatto che Jim Pallotta abbia venduto al suo connazionale Dan Friedkin per 591 milioni invece che una Roma vincente, una Roma sbattuta fuori dall'Europa League senza troppi complimenti dal Siviglia. Così per inciso, tanto per renderci conto: due gol degli spagnoli, due traverse, mai un tiro in porta della Roma, squadra sulle ginocchia. Nessuno scandalo e nessuna sorpresa: un po' la Roma non è mai stata una macina avversari, un po' questo calcio folle d'estate ha il suo prezzo e chi è meno attrezzato paga pesante, poi mettici pure che la squadra è riuscita a perdere dei pezzi sul calciomercato tra la fine del campionato e l'inizio dell'Europa League (Smalling). Amen, si cambia aria e non pensiamoci più. Se il nuovo proprietario - non ancora formalmente, considerato che per il passaggio reale ci vuole ancora del tempo - si è adeguatamente informato, e non ci sono
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
            nella necropoli deserta»

            C. Campo - Moriremo Lontani


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              Champions League: Juve, Napoli e Atalanta rincorrono Bayern e Atletico Madrid, le vere favorite

              La squadra più in forma è quella tedesca, la più solida quella del Cholo. Real, Barça indietro, Man City e Atalanta con Ronaldo in seconda fila. Quanto inciderà il tabellone sbilanciato


              Un tabellone, due pesi diversi, una strada dura per tutti

              Mancano 4 partite chiave per determinare le squadre della parte destra del tabellone della finale a 8 di Champions in programma dal 12 al 23 agosto a Lisbona. È la parte più dura. Un torneo dentro a un torneo anomalo per come è nato, a causa ovviamente della pandemia, e anomalo perché ogni Paese ha fatto le sue scelte e la preparazione atletica delle squadre non è mai stata tanto diversa. La più solida della squadre qualificate sembra l’Atletico Madrid, che del resto a marzo aveva eliminato il Liverpool campione in carica. La più in forma delle altre e con un piede e mezzo già a Lisbona è il Bayern, che gode di oltre un mese di stop: sulla carta un vantaggio, ma non è detto. Questo è il nostro ranking dalle favorite alla più improbabile di tutte, con l’analisi in base alle partite.

              Favorite (5 stelle): Bayern e Atletico Madrid.
              Avversarie (4 stelle): Manchester City, Juventus e Atalanta
              Outsider (3 stelle): Psg, Real Madrid, Barcellona, Napoli, Lipsia.
              Improbabile (2 stelle): Lione.
              Impossibile (1 stella): Chelsea



              Juve ****

              Deve superare ancora l’ostacolo Lione e se lo farà avrà sulla carta 3 partite in 8 giorni per arrivare alla meta che manca dal 1996. La squadra è arrivata stanca a fine campionato, ma ha il ritmo e le qualità per superare con 2 gol di scarto il Lione. E per giocarsela con la vincente di Real Madrid-Manchester City ai quarti.



              Lione **

              Cinque mesi di stop, una sola partita ufficiale il 31 luglio con il Psg (persa la Coppa di Lega ai rigori), ma anche il recupero di Depay in attacco. Se c’è una incognita è la squadra di Garcia che può difendere l’1-0 a Torino. Missione difficile, non impossibile con la difesa a 3 e una densità sulla trequarti (con la qualità di Aouar) che la Juve ha già sofferto all’andata.



              Manchester City ****

              Ha puntato tutto sullo Champions fin da inizio stagione, dato che il Liverpool è scappato in fretta. La squadra di Guardiola riparte dal 2-1 del Bernabeu contro il Real che però rispetto a febbraio è in netta crescita. Nel frattempo la sentenza favorevole sul fair play finanziario ha liberato il City di un peso enorme: se c’è un momento per affondare i colpi in Europa, per una squadra mai arrivata lontano, è questo. Real permettendo.



              Bayern Monaco *****

              5 stelle Bayern Ha stravinto il campionato, terminato a fine giugno, ha il dubbio Pavard (terzino destro della Francia campione del mondo), ma ha un Lewandowski in grande forma e con il tecnico Flick, successore di Kovac, ha trovato fiducia e armonia anche nella manovra, con una grande spinta proprio sugli esterni. La lunga pausa ha consentito di riposare e ripartire con grande agio. Sulla carta un vantaggio in più nella parte più dura del tabellone.


              Real Madrid ***

              La sconfitta dell’andata con il City (2-1 da recuperare in trasferta) è una zavorra notevole, ma la vittoria della Liga in rimonta ha riproposto la squadra di Zidane sui suoi livelli migliori. Le squadre spagnole hanno finito il torneo il 17 luglio, il tempo forse ideale per riposarsi e ricaricare le pile. Per avere la controprova ci vuole un po’ di pazienza.



              Chelsea *

              Chelsea La squadra di Lampard ha appena perso la Fa Cup con l’Arsenal e dovrebbe rimontare all’Allianz Arena 3 gol. Se c’è una missione impossibile in questa Champions, è questa.



              Barcellona ***

              La Liga persa, i conflitti societari, i turbamenti di Messi, un allenatore incompreso per usare un eufemismo. Ma il Barcellona resta il Barcellona e se non va temuto come altre volte, va rispettato. Non fosse altro per il fatto che vincere la Champions salverebbe la stagione. Prima però c’è da passare il turno con il Napoli, poi eventualmente il Bayern. Non per niente il tabellone da quella parte è una gara di sopravvivenza.



              Napoli ***

              Insigne stringe i denti, perché serve la partita perfetta per battere il Barcellona al Camp Nou dopo l’1-1 del San Paolo. Gattuso sogna di trasformarlo nel «Camp Noi» e con il collettivo riuscire a ribaltare i solisti catalani, già limitati all’andata, quando il Barça faceva più paura. Complicato, ma lo spazio per crederci c’è.



              Atalanta ****

              È la più appariscente tra le 4 squadre già pronte a sbarcare a Lisbona, per la novità assoluta a questi livelli, per il gioco aggressivo, tecnico e, in una parola, spettacolare. L’assenza di Ilicic per problemi personali è un problema che andrà risolto con Malinovsky, meno creativo ma più solido. A questo punto il rischio principale è soffrire di vertigini o essere presuntuosi. Due errori da evitare, per continuare a sorprendere.



              Paris Saint Germain ***

              La costellazione di coppe e supercoppe francesi (3 vinte su 3) ha aiutato i parigini a riprendere ritmo dopo la sosta più lunga di tutti. Il recupero di Mbappé è molto incerto e fa molta differenza. Sono partiti anche Cavani e Meunier, mentre Di Maria è squalificato. Con Icardi e Neymar non si sbaglia, ma il Psg rischia contro l’Atalanta: soprattutto se dovesse sottovalutarla.



              Atletico Madrid *****

              L’impresa di Anfield Road ha resuscitato il Cholismo e il sorteggio con il Lipsia di Nagelsmann, debuttante a questi livelli, lo ha proiettato verso il sogno di una nuova finale. Meglio andarci piano, ma resta il fatto che l’Atletico è nella parte migliore del tabellone, ha grande esperienza e ha trovato una buona quadratura nel suo nuovo 4-4-2 con la doppia punta Morata-Diego Costa. Una rarità nel calcio di oggi.



              Lipsia ***

              Avrebbe meritato una stella in più per diversi motivi, giocandosi con l’Atalanta il biglietto come rivelazione di questa Champions, ma la partenza di Timo Werner verso il Chelsea ha tolto a Nagelsmann e al suo turbo Lipsia l’uomo simbolo, oltre che la maggior parte dei gol. Riuscire a battere l’Atletico senza di lui, sarebbe una vera impresa.



              CorSera
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              C. Campo - Moriremo Lontani


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                Rangnick: "Per il Milan non sarebbe stato saggio cambiare allenatore"

                Il tecnico tedesco torna sul mancato approdo in rossonero: "A causa della serie di buoni risultati dopo la ripresa del campionato, non si poteva proprio fare"

                "Sarebbe stato fattibile, ma a causa della serie di buoni risultati del Milan dopo la ripresa del campionato, non si poteva proprio fare. Non importa da quale prospettiva, da parte mia o del club: non sarebbe stato saggio". Ralf Rangnick ritorna sulla trattativa sfumata per sbarcare al Milan come allenatore, dopo la conferma di Stefano Pioli sulla panchina rossonera. Il tecnico tedesco ne ha parlato in un'intervista al quotidiano tedesco "Suddeutsche Zeitung", esternando i suoi prossimi obiettivi di carriera: "Alla mia età - 62 anni - sarebbe bello arrivare in un club in grado di vincere da subito" ha detto l'ex allenatore e direttore sportivo del Lipsia, un progetto sportivo cresciuto molto anche grazie al suo apporto: "Abbiamo creato qualcosa che non è mai esistito in cento anni di calcio e che è difficile da superare nei prossimi cento. Non mi interessano le cariche di potere fini a loro stesse. Nel calcio ultrapido moderno ci vogliono brevi percorsi decisionali. Oggi devi essere un motoscafo, non un mercantile, per sfruttare le opportunità che si presentano".

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                  Roma, comincia l’era Friedkin, tutti in gioco: ecco chi va ed ecco chi resta

                  Con la spietata chiarezza del calcio europeo, il Siviglia ha mostrato al nuovo proprietario quanto sarà lunga la strada per riportare la Roma a un livello importante

                  Buon lavoro, mister Friedkin. Con la spietata chiarezza del calcio europeo, il Siviglia ha mostrato al nuovo proprietario quanto sarà lunga la strada per riportare la Roma a un livello importante. Come ha detto il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, l’investimento del texano (591 milioni di euro) «è il segnale che il nostro calcio ha appeal». Però è quello dove sono ancora importanti Ibrahimovic e Ribery, Dzeko e Mkhitaryan, Lucas Leiva e Pandev, Quagliarella e Palacio. Si gioca a metà velocità.

                  I piani per la ricostruzione giallorossa sono chiari: cedere i giocatori poco o per niente utilizzati da Fonseca (Pastore ha un contratto da 4,5 milioni netti a stagione fino al 2023; Juan Jesus; Santon; Perotti; Fazio); abbassare un monte ingaggi insostenibile; capire cosa fare di giocatori pesantissimi nello spogliatoio ma con una carta d’identità eloquente (Dzeko e Kolarov hanno 34 anni, il nuovo acquisto Pedro, già infortunato, ne ha 33, Mkhitaryan 31); rivedere le situazioni di molti calciatori in prestito, a partire da Schick e Florenzi, passando da Olsen, Karsdorp e Coric; cercare di non svendere Cengiz Under e Kluivert, che Fonseca non ha minimamente valorizzato.


                  Un lavoro titanico, soprattutto per una società che praticamente non ha direttore sportivo dopo il licenziamento di Gianluca Petrachi. Le funzioni, più che da Morgan De Santis, pronto a fare il dirigente ad Ascoli per mettersi davvero alla prova, sono state inglobate dal Ceo Guido Fienga, ma è chiaro che serve al più presto un dirigente per gestire il mercato che chiuderà il 5 ottobre. Nello stesso mese verrà nominato il nuovo Consiglio di amministrazione, che potrebbe essere ridisegnato da capo. Chi comanda, del resto, sceglie. Fienga sarà la figura di collegamento tra passato e presente, ma dentro Trigoria non ha solamente amici e i numeri del bilancio — un rosso a tre cifre — sono comunque pesanti e possono facilmente essere terreno di attacchi. Le parole dette ieri sera da Edin Dzeko dopo la sconfitta («Non siamo mai stati in partita, dal primo all’ultimo minuto. Ci hanno surclassato in velocità e tecnica, in tutto») non sono soltanto un attacco alla tattica di Paulo Fonseca ma qualcosa di più: il segnale che qualcuno, a partire da lui, potrebbe chiedere di andarsene. A 34 anni non è facile aderire a un progetto a lunga scadenza, soprattutto se Conte ti vorrebbe all’Inter che giocherà la Champions e che vorrebbe vincere subito. La grande domanda che si pone davanti a Friedkin è: fare la rivoluzione o gestire il momento difficile il primo anno e fare un passo alla volta? Il toto d.s. è già iniziato alla grande ma per ora ripropone minestre riscaldate: Sabatini, Pradè e il licenziato Petrachi. Chissà se Friedkin, invece, non avrà il coraggio di una mossa spiazzante come quella che il Milan non ha voluto fare con Rangnick.

                  L’eredità lasciata da Pallotta è molto pesante. I primi nove mesi della gestione 2019-2020 si sono chiusi con un rosso di 126,4 milioni di euro. A questo punto i circa 90 milioni che Friedkin immetterà direttamente nel club e che il bostoniano voleva invece per se stesso, per non uscire con una perdita intorno ai 100 milioni, saranno ossigeno ma non permettono voli pindarici. Quello che Friedkin può in questo momento promettere è il mantenimento in rosa di Zaniolo e Pellegrini, sui quali provare a costruire una squadra futuribile. L’idea dominante è che possa farlo Fonseca, forte soprattutto di un contratto pesante anche per la prossima stagione. La gestione del tecnico portoghese, però, è stata fortemente ondivaga. Ha iniziato con la difesa a 4, è passato a quella a 3 che ha dato risultati nel campionato del post-Covid (7 vittorie e il pareggio con l’Inter) ma è stata ridicolizzata dal Siviglia, con la Roma che ha fatto un solo tiro nello specchio della porta. Nel finale di gara, sostituendo Kolarov con Villar, il portoghese è tornato a giocare il suo prediletto 4-2-3-1. Poche idee, ma confuse. Nessuno nella Roma è più sicuro del suo posto, ma l’alleato di tutti è il tempo. Poco.


                  CorSera
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                    Juventus-Lione, oggi ore 21. Formazioni GdS: "Sarà 4-3-3 con Cuadrado, Higuain e Ronaldo in attacco. Danilo e Alex Sandro agiranno sulle fasce"

                    In condizioni normali, Sarri non avrebbe alcun dubbio sulla formazione da schierare questa sera contro il Lione. Alle condizioni iniziali, si sarebbe affidato a Pjanic in regia e a Higuain al centro dell’attacco. Ma in condizioni normali, le scelte poi sarebbero scivolate verso una Juve con Bentancur a fare da equilibratore in un centrocampo formato da due mezzali pure come Rabiot (o Matuidi) e soprattutto Ramsey, mentre in attacco spetterebbe all’mvp Paulo Dybala affiancare Ronaldo. Badando al sodo, però, bisogna fare i conti con condizioni che non sono di certo normali, né paragonabili a quelle iniziali. Così Sarri potrà contare solo su un Dybala part-time. Il numero dieci argentino ancora ieri ha iniziato ad allenarsi a parte, guardando i compagni di squadra pure durante il torello di riscaldamento: salvo sorprese dell’ultimo minuto toccherà quindi a Higuain completare l’attacco bianconero. E Ramsey continua a lasciare troppi dubbi per quel che riguarda la tenuta atletica dopo diversi giorni di lavoro differenziato, con un solo spezzone nelle ultime tre giornate di campionato. Uno stato di forma precario, quello del gallese, che ha di fatto costretto Sarri negli scorsi giorni a ricambiare nuovamente i propri piani dopo il flop di febbraio a Lione.

                    Corriere Torino

                    _________________

                    JUVENTUS (4-3-3)
                    Szczesny
                    Danilo Bonucci De Ligt Alex Sandro
                    Bentancur Pjanic Rabiot
                    Cuadrado Higuain Ronaldo

                    LIONE (3-5-2):
                    Marçal Denayer Marcelo
                    Dubois Aouar Guimarães Caqueret Cornet
                    Dembélé Depay
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
                    popoli studiosi scriveranno
                    forse, tra mille inverni
                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • Fabi Stone
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                      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                      Brutta batosta, la Roma fuori dall’Europa League e riportata brutalmente alla realtà, col Siviglia non c’è stata corsa. Tutto succede nel giorno in cui il presidente Pallotta firma finalmente la cessione del club dopo 9 anni senza le vittorie e i trofei promessi al connazionale statunitense Dan Friedkin. Ricco manager americano che si divide tra cinema, auto e vecchi arei: insomma un personaggio “alla voglio una vita come Steve McQueen”, perfetto per il classico immaginario giallorosso. Adesso si ricomincia sognando di nuovo un grande club, che possa vincere scudetti e portare grandi campioni nella città eterna. Ma dopo anni di chiacchiere nessuno può illudersi più

                      • [*=center]UEFA EUROPA LEAGUE

                      OTTAVI DI FINALE
                      Siviglia – Roma 2-0
                      (21′ Reguilon S, 44′ En Nesyri)

                      Non fa molta differenza il fatto che Jim Pallotta abbia venduto al suo connazionale Dan Friedkin per 591 milioni invece che una Roma vincente, una Roma sbattuta fuori dall’Europa League senza troppi complimenti dal Siviglia. Così per inciso, tanto per renderci conto: due gol degli spagnoli, due traverse, mai un tiro in porta della Roma, squadra sulle ginocchia. Nessuno scandalo e nessuna sorpresa: un po’ la Roma non è mai stata una macina avversari, un po’ questo calcio folle d’estate ha il suo prezzo e chi è meno attrezzato paga pesante, poi mettici pure che la squadra è riuscita a perdere dei pezzi sul calciomercato tra la fine del campionato e l’inizio dell’Europa League (Smalling). Amen, si cambia aria e non pensiamoci più.

                      Se il nuovo proprietario – non ancora formalmente, considerato che per il passaggio reale ci vuole ancora del tempo – si è adeguatamente informato, e non ci sono motivi per dubitarlo, avrà ben saputo che il Siviglia di Europa League ne ha vinte ben 5 negli ultimi 14 tornei. E soprattutto che la Roma a parte qualche piazzamento o qualche raro exploit internazionale ha sempre fatto un buco nell’acqua. Per cui le probabilità erano veramente scarse di riuscire a eliminare la squadra di Lopetegui, Reguilon, Banega, Fernando, Navas, En Nesyri, non tutti nomi conosciutissimi eppure più forti dei giallorossi, questa è la realtà.

                      Nel più classico dei copioni la sberla è arrivata non appena firmato l’accordo. Così, tanto per ricordarsi da dove l’ americano bis dovrà ripartire. Se Friedkin da questa Roma sarà rimasto negativamente sorpreso beh questo non depone a suo favore, perché vuol dire che non ha ben studiato la storia della Roma.

                      Si sa le gesta di Fonseca, Zaniolo e Dzeko vengono molto glorificate e reclamizzate ma la bacheca giallorossa continua a restare abbastanza vuota. E misurandosi il peso di un club di calcio sui trofei vinti, più che sui parametri finanziari tanto di moda oggi, è difficile scorgere nella Roma il grande e vincente club che era stato promesso e vaneggiato quasi dieci anni fa all’inizio della prima era americana. Una cosa sono le parole e un’altra i fatti. Le prime sono giunte a miliardi, i secondi sono rimasti a zero.

                      Vedo che Dan Friedkin, come il suo predecessore viene già descritto e tramandato nella più classica iconografia dell’uomo perfetto finalmente arrivato a dare la giusta dimensione alla squadra che porta il nome della città eterna. Manager brillante, ricco parecchio – vuoi che Forbes non ti abbia trovato un posticino nella sua ambitissima classifica di ricconi planetari? Eccola: 4,1 miliardi di patrimonio, 187° posto nella sua graduatoria – interessi un po’ ovunque ma soprattutto nell’auto, nel cinema e perfino una passione per i vecchi arei che gli piace pilotare che ne fa un gran fico. Insomma una specie di “voglio una vita come Steve McQueen”…

                      Si vagheggia uno Zaniolo nuovo Totti, un management tripallico, un centinaio di milioni di acquisti, scudetti perché no ma con giudizio e nel tempo dovuto. Come anche giusto che sia, se allo scudetto ci arrivarono Dino Viola e Franco Sensi, che nella Roma riversarono i propri limitati patrimoni personali (Dino Viola era famoso perché prima di chiudere la sede la sera faceva il giro delle stanze per assicurarsi che tutti avessero spento la luce), perché non dovrebbe riuscirci chi ha la grande finanza a supportarlo?

                      Detto che la gestione precedente si è esaurita nel deserto delle plusvalenze dove gli scudetti restano miraggi lontani, fossi un tifoso giallorosso ci andrei piano ed eviterei di illudermi di essere finalmente arrivati all’eden del football dove schiocchi un dito e piovono campioni e trofei. Perché poi c’è sempre un Siviglia – squadra non certo economicamente più forte e importante – che ti riporta con due schiaffi alla realtà.

                      https://bocca.blogautore.repubblica....ne-del-club-d/
                      Ineccepibile.

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                      • Sean
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                        Bontà sua il CorSera assegna 4 stelle su 5 alla Juve nella griglia delle partecipanti a questa champions anomala ed agostana. Forse hanno peccato in generosità: considerando la condizione psicofisica complessiva, il fatto che devi superare il Lione e poi, eventualmente, affrontare in serie Real/City e probabilmente Bayern Monaco, spegnerei una stella o forse anche due delle quattro.

                        Nelle metafore poetiche le stelle rappresentano i sogni e le agognate mete: invece il calcio giocato si traduce in squadrata realtà, a volte persino spigolosa, dura, senza sconti per nessuno: il calcio è questo.

                        Sulla base di quanto si ottiene o non si ottiene dal campo si decidono la validità dei progetti e gli indirizzi futuri. Questo vale per tutti, compresa dunque la Juventus di Sarri che stasera dovrà recuperare l'1-0 subito a Lione mesi e mesi fa.

                        Per quanto riguarda la Roma, Friedkin dovrà subito dimostrare di che pasta è fatto: c'è da mettere mano al comparto dirigenziale e al parco dei giocatori. Tranne Zaniolo e qualche altro passabile giocatore, la Roma è praticamente da rifare. Non parliamo poi dei quadri dirigenziali, continuamente stravolti da una girandola di cambi e abituati ad un lassismo favorito dalla eterna assenza della proprietà. Sarà un lavoro impervio.
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                            CorSera
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                            sopra una sola teca di cristallo
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                            «nessun vincolo univa questi morti
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