Scusate, ma Conte prende 12 milioni l'anno e si è fatto fare una campagna acquisti che il solo Lukaku è costato 80 milioni, praticamente dettando lui tutta la linea, e sta galleggiando nell'aurea mediocritas. Eriksen da potenziale risorsa è diventato un equivoco...e per colpa di chi? Mia?
Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Certo che siamo fenomeni a crearci i problemi da soli in un momento societario delicatissimo. Adesso non possiamo capire le reali motivazioni di questo divorzio, se per qualche battuta infelice, oppure per incapacità operativa. Quel che è certo che adesso metteranno un figurante come DS e il mercato lo farà Fienga e Baldini.
Per quanto mi riguarda Petrachi ha fatto un buon lavoro, si stava districando bene senza soldi in cassa. parlavamo di tenere zaniolo e pellegrini, di riscattare mhiky e smalling, di pedro ecc....adesso non so che succederà.Last edited by marco83; 14-06-2020, 21:24:16.
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L'unico incapace è stato Monchi, che ha combinato un disastro apocalittico.
Petrachi in una sola sessione che doveva fare, non solo attappare le falle di Monchi ma lanciare la Roma oltre il sistema solare, ai confini della galassia? Ha fatto quello che ha potuto...pure l'allenatore è nuovo (mettiamoci pure la marea di infortuni).
Tanto Pallotta non parla quindi vedremo qua e là le ricostruzioni giornalistiche e sentiremo magari la campana di Petrachi. Neanche un anno e viene già cacciato: mah. Per metterci chi? De Sanctis? E capirai che genio del mercato.
Possibile che con Pallotta sbagliano tutti? Non sarà mica questo Pallotta che invece non si sa bene cosa sta combinando? Perchè ad un certo punto sono cambiati tutti tranne lui: forse il baco è nella costante....ma di noi
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Mario Balotelli torna a parlare su Instagram e si rivolge a tutti coloro i quali hanno messo in dubbio il suo ritorno effettivo agli allenamenti. Il centravanti ha mostrato i segni del lavoro, facendo vedere la sua casacca strappata all’altezza delle spalle: “Basta chiedere, venite al centro sportivo così vedete”. Nel frattempo continua il braccio di ferro tra il Brescia e Balotelli. Ha parlato anche l'agente dell'attaccante, Mino Raiola, che ha accusato la società di non aver effettuato i tamponi sul suo assistito.
Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Coppa Italia, nell’Inter c’è troppo Conte e manca l’istinto (ma può ancora riaprire il campionato)
Le due gare di Coppa Italia seguite da 16 milioni di spettatori: più per l’importanza dell’evento che per l’astinenza. I nerazzurri si fermano quando l’avversario cresce
di Mario Sconcerti
Il calcio si è ripreso subito lo spazio che il virus gli aveva tolto. Le due partite giocate hanno fatto insieme quasi 16 milioni di telespettatori e percentuali altissime, 34 e 32. Non credo ne avrebbero fatti meno se non ci fosse stata la malattia. La spinta veniva più dall’importanza delle partite che dall’astinenza.
Il calcio è un’abitudine consacrata, fa parte della nostra fisiologia, non si rimette in moto, è sempre dentro di noi. Questo conferma che il suo successo non sta nella bellezza del gioco quanto nell’importanza del risultato. Il gioco è sempre e soltanto un mezzo. Puoi segnare anche con un rinvio di Ospina e non tirare più in porta. Sei felice lo stesso perché conta vincere. Questo è il segreto popolare del pallone.
È una vendetta sociale, rara ma sempre possibile. Il lungo tempo regalato al virus ha fatto più danni all’Inter. È una squadra fisica, molto bloccata sugli insegnamenti del proprio tecnico, quindi meno portata all’istinto, che nel calcio è quasi metà del gioco. L’Inter non è giudicabile dalla partita di Napoli, ma i due terzi di stagione passati dicono che la squadra è pronta, difficilmente migliorabile, perché la diversità finale, quel po’ di surrealismo mentale, manca in quasi tutti i suoi componenti, per il resto ormai molto competitivi. Competitivi appunto. Non vincenti. L’Inter si ferma sempre quando l’avversario cresce.
È successo due volte con la Juve, è successo in Champions, è successo con la Lazio e ora in Coppa Italia. La mia impressione è che debba essere più elastico Conte nel giudicare la squadra e se stesso. È come se l’Inter avesse un indirizzo unico, un peso che toglie ai giocatori la parte di talento puro che hanno. C’è troppo Conte in questa squadra. Questo toglie responsabilità a chi gioca. Se Conte riesce a calibrare il suo rapporto con la squadra, ha ancora spazio davanti. L’Inter ha un calendario ottimo. Delle prossime 5 partite 4 saranno in casa con Sampdoria, Sassuolo, Brescia e Bologna, più una trasferta a Parma. Se si trasformassero in 15 punti il campionato comunque si riaprirebbe.
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Inter, Lautaro Martinez è un caso: il rischio è svalutare il capitale e compromettere il finale di stagione
L’attaccante argentino, che a fine stagione andrà a giocare con Messi al Barcellona, a Napoli è stato il peggiore in campo, assente tecnicamente e con la testa, distratto dal mercato. E ormai non segna dal 26 gennaio
Un fantasma. Se l’eliminazione dalla Coppa Italia brucia, in casa Inter a far discutere è soprattutto Lautaro Martinez. Nella semifinale di ritorno contro il Napoli è stato inguardabile, un assente ingiustificato. A fine stagione il 22enne argentino finirà al Barcellona per circa 90 milioni, un po’ meno della clausola di 111 milioni valida fino al 7 luglio. In tempo di coronavirus, lo sconto sul cash può starci, ma oltre ai soldi i nerazzurri incasseranno anche una contropartita tecnica. Il punto però è il rendimento del Toro da qui alla fine della stagione, ovvero 13 partite di campionato più l’Europa League diventata di colpo obiettivo vitale.
L’ultimo gol di Lautaro è datato 26 gennaio, ben prima del lockdown. Alla sua seconda stagione in Italia l’attaccante è esploso con e grazie ad Antonio Conte, deciso nel dargli fiducia all’inizio. Il tecnico lo ha fatto crescere, lavorando sulle sue caratteristiche per combinarlo al meglio con Lukaku. Una coppia atipica che aveva funzionato benissimo fino a fine gennaio. Poi il buio, perché Lautaro non è più lui.
Viene facile l’equazione: mercato uguale distrazione. Il ragazzo, perché di questo parliamo, non è certo abituato a reggere simili pressioni. Solo l’anno passato giocava con il contagocce. Nel match di Napoli non c’è mai stato: totalmente scarico, per intensità e partecipazione. La paura è di aver visto al San Paolo un antipasto di quel che aspetta l’Inter da qui a fine stagione. Il beneficio del dubbio e di una condizione fisica precaria va concesso, ma l’atteggiamento del giocatore è parso sbagliato: quasi che l’Inter non lo riguardi più.
I nerazzurri a Napoli hanno creato e tirato tanto (17 volte), Lautaro mai. Il Toro è stato il giocatore più valorizzato, in termini economici e tecnici, dall’arrivo di Conte e all’allenatore aveva promesso la massima dedizione alla causa per il finale di stagione. Forse quella del San Paolo è stata solo una brutta serata, forse Lautaro riprenderà a far gol e cancellerà le voci. La società però temeva potesse staccare la spina, Marotta ha tentato di spronarlo, di proteggerlo dalle distrazioni, per ora senza riuscirci.
Questo Lautaro all’Inter non serve, bisogna ritrovare quello dell’inizio, dei 16 gol fatti in avvio di stagione, prima di lasciarlo andare alla corte di Leo Messi. Il rischio però per l’Inter è triplo: svalutare il capitale, avere un attaccante in meno su cui contare, compromettere il finale di stagione e l’Europa League. Solo Conte può salvare Lautaro, l’argentino però deve convincersi di essere ancora un giocatore dell’Inter.
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Inter, Lautaro svanito tra Barcellona e stress. Spento dopo gli elogi di Messi
L’argentino non segna dal 26 gennaio e al San Paolo è stato il peggiore in campo. Il club quasi sicuramente lo venderà ma il problema è arrivare a fine stagione
Eliminata e non sconfitta, l’Inter è uscita da Napoli con tre consapevolezze e un gigantesco problema. Di positivo ci sono la condizione, l’ottima prova della squadra e un Eriksen finalmente sbocciato. La faccia scura della luna è il volto di Lautaro Martinez, un gioiello opacizzato. L’argentino al San Paolo è stato il peggiore, una figura indefinibile dietro un vetro appannato. Zero tiri in porta, mai nel cuore del gioco, con un atteggiamento evasivo, particolarmente strano per un giocatore caldo che spesso oltrepassa i limiti del nervoso per diventare addirittura rissoso.
Troppo facile attribuire le colpe alle voci di mercato e al suo passaggio, non scritto ma vicino, al Barcellona. Giusto concedere i benefici del dubbio al centravanti. La forma da ritrovare, la tensione agonistica più bassa del solito per la mancanza di pubblico che, per un giocatore elettrico e ad alto voltaggio come l’argentino, equivale a staccare la spina dalla presa della corrente.
Parlando del suo anno all’Inter, Antonio Conte ha sottolineato: «Credo ci sia stata una crescita importante di tutti i giocatori, due su tutti: Lautaro e Bastoni. Il mio compito è quello di alzare il livello e migliorare i calciatori per essere competitivi».
Lautaro competitivo lo è diventato, anzi lo è stato nella prima parte di stagione. La sua ultima rete è del 26 gennaio. I primi cinque mesi, con ben 16 reti firmate tra campionato e coppe, sono stati da Toro scatenato. Oggi l’argentino pascola mansueto come un agnello nelle aree di rigore avversarie. L’involuzione è iniziata con le due giornate di squalifica che gli fecero saltare il derby. Al ritorno contro Lazio e Juve non c’era già più con la testa, distratto dalle lusinghe a scena aperta di Leo Messi e dal possibile passaggio al Barcellona. L’accordo è ancora da sottoscrivere, ma 90 milioni più un giocatore, Vidal è sempre nei pensieri di Conte, possono bastare per separarsi.
Alla fine della stagione mancano ancora 13 partite di campionato e tutta l’Europa League, Lautaro deve decidere chi vuole essere. Conte in settimana proverà a parlargli. Il tecnico lo ha fatto esplodere, lo ha messo nelle condizioni di nuocere, è riuscito nell’impresa non facile di farlo convivere con Lukaku: in sostanza ha reso un 22enne con del potenziale un giocatore fatto e finito, da 111 milioni e da Barcellona. Lautaro ha due strade, tirarsi indietro o ripagare Conte e l’Inter. Non bastano cinque mesi ad alto livello per diventare un giocatore internazionale e giocarsi una maglia da titolare con gente come Suarez e Griezmann. Il posto all’Inter ora il Toro può anche rischiare di farselo soffiare: c’è fiducia nella sua ripresa, ma non è a fondo perduto.
Tra gli errori del centravanti quello di non aver mai proferito verbo sulla possibile cessione al Barcellona, una scelta che ha solo amplificato i dubbi sul rendimento. L’attaccamento alla maglia non esiste, quello alla causa è decisivo. Si esce dalla crisi solo con i gol, un atteggiamento maturo (poche volte mostrato), e la voglia di lasciare un buon ricordo, non solo un assegno pesante.
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Mertens, record di gol dopo il patto con Gattuso: ora sfida CR7
Aveva contestato il famoso ritiro, si era opposto alle multe, aveva anche detto addio proprio per passare all’Inter. Ora invece è diventato il miglior goleador di tutti i tempi
Sul trono finge di non saperci stare, in realtà Dries Mertens, miglior goleador di tutti i tempi della storia del Napoli, sa destreggiarsi come e più di un bomber navigato. E piaccia o no, Napoli-Juventus non sarà soltanto la finale di Coppa Italia, ma anche la sfida tra mister 122 gol e CR7. Questione di intelligenza e furbizia che va oltre il campo. Visione della vita (oltre che del gioco), obiettivi chiari e spirito di sacrificio.
Mertens è la prima punta di un tridente piccolo e veloce, che ha fatto della leggerezza (quella dello spirito) uno stile di vita. Sorride, il belga. Anche quando punta l’avversario. Ha fatto così contro l’Inter, beffando la «Lu-La», premiata ditta al servizio di Conte. Si nutre di principi e di ideali, deve condividere energia positiva per dare il meglio e il massimo.
La sintonia con Rino Gattuso è stata la chiave per ribaltare una stagione balorda, iniziata male e che stava per finire anche peggio, alla quale oggi è stato restituito un senso compiuto: da rivoltoso (Ciro il «terribile» fu il primo a lasciare lo stadio nella notte dell’ammutinamento il 5 novembre dello scorso anno) a sposo perfetto per De Laurentiis il passo non è stato breve.
Al presidente aveva contestato il ritiro, si era opposto alle multe successive, gli aveva anche detto addio. Poi Gattuso e la nuova alleanza per riscattare Napoli. Il rinnovo è sancito, manca solo la firma sul contratto. È lui il simbolo della ricostruzione realizzata in pochi mesi, compreso lo stop forzato da lockdown. Da possibile compagno di squadra di Lukaku è stato il peggiore dei suoi nemici, ha spedito l’Inter a casa dopo che per settimane aveva accettato la sua corte.
Adesso Cristiano Ronaldo da affrontare alla pari: a tu per tu, con il sorriso sempre beffardo. Con la ferocia di un bomber che ha deciso di riportare a Napoli un trofeo dopo sette anni. E di dimostrare all’ex Sarri (l’uomo che qui lo ha inventato centravanti) di poter raggiungere un obiettivo che nella stagione dei miracoli (2018) con lui era fallito. Spalle grosse di un piccoletto che con Gattuso non ha bisogno di parlare troppo per intendersi: sabato ha giocato sul dolore per un affaticamento muscolare, l’allenatore non glielo aveva chiesto. Adesso la Juventus, nemica di sempre. La prova di forza di un re che scende dal trono e si butta nella mischia. «È lui il nostro Higuain», ha detto Koulibaly a Sky. Ciro-Dries, scugnizzo napoletano, al Pipita non pensa. E prova a riportare il Napoli in paradiso.
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Milan, ora l'Europa passa dal campionato. Ma i nodi da sciogliere restano troppi
Con l'uscita - seppur a testa alta - dalla coppa Italia i rossoneri perdono soldi (8,5 milioni) e la scorciatoia per l'Europa League. Per ripartire serve un doppio chiarimento su Maldini e sul futuro della panchina
Il Milan è uscito in semifinale con parecchia dignità. Dopo due pareggi con i campioni d'Italia. Dopo due rigori quasi in fotocopia: due falli di mano provocati dal gioco aereo di Cristiano Ronaldo. Dopo due espulsioni. Dopo avere spaventato la Juventus sia all'andata, in cui il fuoriclasse ha acciuffato l'1-1 dal dischetto all'ultimo istante, sia al ritorno, in cui il portoghese ha sperperato subito un rigore e la squadra in inferiorità numerica per quasi tutta la partita si è ugualmente avvicinata al gol della qualificazione, soprattutto con un colpo di testa di Çalhanoglu. Se però la dignità non ha prezzo, la Coppa Italia ne aveva uno e valeva abbastanza: oltre 8,5 milioni di euro potenziali per la vincitrice, tra diritti tv Rai (5,2) e premio per la Supercoppa italiana (3,37). Inoltre sarebbe stata la scorciatoia per l'Europa League (chi vince la Coppa nazionale accede direttamente alla fase a gironi), che può valere fino a 46 milioni per chi la vince e che il Milan adesso sarà costretto a inseguire solo attraverso il campionato, ben sapendo che la coppa minore, se ottenuta attraverso il settimo o il sesto posto in serie A, prevede un turno preliminare.
Il club non è in difficoltà economica: il fondo Elliott ridurrà solo del 50% di una mensilità gli stipendi dei calciatori, costretti alla pausa forzata da pandemia. Ma una ventina di milioni in più avrebbe fatto decisamente comodo, anche perché il deficit del bilancio 2020 sarà probabilmente inferiore ai 146 milioni dell'ultimo, ma secondo le indiscrezioni finanziarie non sarà certo dimezzato. E perché la linea verde sul mercato è già stata delineata: solo giovani talenti.
Iniziano i chiarimenti
Dire che l'eliminazione non cambia nulla è incongruo. I nodi sono troppi, a cominciare dal distacco evidente tra l'amministratore delegato sudafricano Ivan Gazidis (il braccio destro operativo di Gordon Singer, titolare di Elliott da Londra) e il direttore tecnico Paolo Maldini. I due, allo Stadium di Torino, hanno visto la partita piuttosto distanti e non solo per il distanziamento sociale: un'incompatibilità che rischia di tradursi in paralisi del calciomercato, visto che Maldini ha da tempo individuato alcuni profili di giocatori da ingaggiare. La questione è notoriamente legata all'assunzione del tedesco Ralf Ragnick, costoso allenatore-dirigente dall'intento rivoluzionario, anche sul piano tattico e della riorganizzazione societaria sportiva. Si impone dunque il doppio chiarimento in tempi rapidi, su Maldini e su Ragnick, anche perché in panchina Pioli non potrà continuare a convivere per le restanti 12 partite di campionato con un'ombra così incombente. Il Milan ha confermato i progressi tecnici e tattici e di concentrazione: è stato alle corde, ma non è finito ko, anche grazie al portiere della Nazionale.
Gigio Donnarumma si è confermato determinante ed è riemerso dalla lunga sosta come se nulla fosse successo: anche sul rigore di Ronaldo, respinto dal palo, c'è stato un suo tocco. Altre tre parate, più un'uscita bassa perfetta, hanno evitato che la Juventus, per 44 partite consecutive in gol allo Stadium, proseguisse la serie. Il rinnovo del suo contratto è complicato, eppure sarebbe indispensabile per conservare un buon livello internazionale e poi innalzarlo con qualche acquisto mirato.
Pioli e la crescita tattica
Sono indispensabili anche i graduali miglioramenti di Conti nella fase difensiva, suo punto debole. E' già sufficientemente chiaro che il Milan sta migliorando proprio nel coprire gli spazi quando viene attaccato, circostanza che rimanda al lavoro di Pioli e alla necessità di comunicargli al più presto, anche per ragioni di correttezza, quale sarà il suo destino. Lui rivendica la crescita tattica della squadra: "Questa partita dimostra che abbiamo lavorato bene durante la pausa e che in campionato possiamo chiudere bene. Il rimpianto per l'andata resta. Credo che stavolta ci sia mancata la stoccata vincente". In poche parole è mancato Ibrahimovic, infortunato e squalificato, come squalificati erano Hernandez e Castillejo. Il fatto che il pareggio sia arrivato malgrado la loro assenza - soprattutto quella del terzino, migliore acquisto della scorsa estate - lascerebbe supporre che sia possibile subito, appena rientrerà Hernandez, accelerare la spinta verso l'alta classifica.
E' troppo tardi per rientrare in zona Champions, non per evitare di smarrire la zona Europa League, che può valere un sacco di soldi da investire anche sul mercato, secondo circolo virtuoso. Gazidis, in tribuna, era lontano da tutti, non solo dalla squadra. Per rispondere con i fatti all'accusa di Ibrahimovic sull'assenza di un vero progetto ha ancora tempo. A patto che inizi subito la stagione dei chiarimenti.
Dal Lione arriva Kalulu
Una consolazione viene dal mercato. Dal Lione infatti arriva il giovane francese Pierre Kalulu, terzino del 2000: lo rivela L'Equipe. Operazione condotta da Maldini e Massara. Per il giocatore pronto un contatto di cinque anni e il suo arrivo a Milano per le visite è previsto lunedì 15. Il giovane terzino non ha mai debuttato con la prima squadra dell'OL, aveva il contratto in scadenza a giugno, ma ha disputato 16 partite in Youth League da titolare.
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Roma, rottura tra Pallotta e Petrachi: il divorzio è vicino
Il ds si è innervosito dopo un messaggio pubblico in cui il presidente si era dimenticato di lui. Alta tensione anche con i giocatori. L'ipotesi ora è quella del licenziamento
A meno di un anno dal suo arrivo, l'esperienza di Giancluca Petrachi alla Roma è già ai titoli di coda. Un anno costellato da inciampi dialettici, da un mercato intelligente ma spesso subito, da un rapporto difficile con allenatore e giocatori, soprattutto nelle ultime settimane.
L'ultima goccia
La goccia che ha fatto traboccare un vaso già abbastanza colmo è stata una lite con il presidente Pallotta. Era la notte di giovedì: poche ore prima, il presidente americano della Roma aveva scritto un messaggio sul sito della società pieno di entusiasmo nei confronti del tecnico Fonseca. La postilla era una frasetta apparentemente innocua: "Paulo ha un buon rapporto con Guido Fienga, con Manolo Zubiria e con tutto lo staff". Vedere citati due dirigenti e non il suo nome, però, ha fatto scattare il nervosismo di Petrachi, che ha scritto un messaggio furibondo al n.1 del club. Che non ha preso bene lo sfogo. Anzi. Ora la possibilità è quella del licenziamento per giusta causa: complici alcuni errori del ds che a Trigoria non sono sfuggiti a nessuno.
La discussione con i giocatori
Pochi giorni prima Petrachi, in un'intervista a Sky Sport, se l'era presa anche con la squadra: "I primi giorni ho visto grande voglia, cattiveria e concentrazione. Questa ultima settimana li ho visti un po’ così". Calciatori infuriati, visto che a loro non aveva detto nulla. ma soprattutto perché Petrachi era stato l'ultimo a tornare a Trigoria, dopo settimane di irreperibilità durante il lockdown. E l'uscita ha innervosito anche Fonseca, che aveva indirettamente risposto complimentandosi con la squadra per l'impegno in allenamento. I due avevano già trovato motivo di attrito quando Fonseca aveva trovato nello spogliatoi del Mapei di Reggio Emilia all'intervallo del match col Sassuolo, il direttore sportivo che urlava contro i giocatori.
Tutte le gaffe del ds
A tradire Petrachi forse è stato, anche stavolta, un carattere che lo porta a voler strafare. Successe già un anno fa, quando per mostrarsi protagonista del mercato romanista, disse di aver parlato con l'Inter per Dzeko a maggio: peccato in quei giorni fosse ancora sotto contratto col Torino. La questione finì davanti alla Procura Federale, che però archiviò l'indagine. Proprio Dzeko con lui chiese un chiarimento faccia a faccia, dopo la frase con cui Petrachi si presentò in conferenza stampa: "Edin non è il padrone in questa casa, la Roma non si farà strozzare da nessuno". Come non bastasse, per il ds seguì l'uscita dopo Roma-Cagliari, in cui fu costretto alle scuse dopo aver dichiarato che "il calcio è un gioco maschio, non per signorine. Altrimenti ci mettiamo il tubino e andiamo a fare danza classica". Intervennero anche il ministro Vincenzo Spadafora e la ct azzurra Milena Bartolini. Ora, dopo la discussione con il presidente, la misura sembra essere colma: Pallotta non avrebbe alcuna intenzione di tollerare ulteriormente, soprattutto perché il mercato - che pure era stato condiviso con Petrachi - procede senza di lui speditamente, con i riscatti vicini di Smalling e Mkhitaryan.
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Petrachi: addio al veleno
IL TEMPO (F. BIAFORA) - L’era del quarto direttore sportivo della Roma americana è ormai giunta al capolinea. In nove anni alla guida del ramo tecnico della società di Trigoria si sono succeduti Sabatini, Massara, Monchi e poi Petrachi, la cui avventura in giallorosso è ai titoli di coda ad appena un anno di distanza dall’annuncio ufficiale del suo incarico. La scintilla che ha fatto divampare l’incendio è stata rappresentata da un paio di sms inviati dal dirigente salentino direttamente a Pallotta, accusato di aver dimenticato il nome del ds nell’intervista rilasciata in settimana al sito ufficiale della Roma. I toni usati dall’ex Toro sono stati durissimi e hanno puntato il dito direttamente contro il presidente, che - dopo essersi fatto tradurre il messaggio - ha preferito non replicare e affrontare il problema con i suoi referenti romani. La presa di posizione non è stato affatto gradita dal numero uno bostoniano e in generale tutti i dirigenti sono rimasti abbastanza sorpresi dei contenuti evidenziati da Petrachi, soprattutto a breve distanza da un’intervista in cui il ds aveva delineato le strategie future del progetto giallorosso, che di certo - sottolineano a Trigoria - non è stato stravolto dall’oggi al domani.
Il tema della rottura con Petrachi non sarà però di facile risoluzione, soprattutto in virtù del ricco contratto che lo lega per altri due anni alla Roma: 1,2 milioni netti a stagione più bonus (200mila euro per la qualificazione alla Champions; 200mila euro per la vittoria dell’Europa League; 100mila euro per ogni passaggio del turno in Champions a partire dagli ottavi; 150mila euro per la vittoria della Coppa Italia; 300mila euro per la vittoria scudetto) e altri benefit come vettura e telefono aziendale, una casa in affitto e i rimborsi spese per tornare a Lecce. Il dirigente, considerato un separato in casa da settimane (i calciatori e Fonseca hanno poco apprezzato le sue uscite e con il segretario Longo c'è stata una lite), non ha alcuna intenzione di dimettersi e di lasciare i soldi sul tavolo, mentre in casa Roma stanno studiando ogni tipo di soluzione, compresa quella del licenziamento per giusta causa.
Più plausibile una rescissione con tanto di ricca buonuscita. Al suo posto sarà probabilmente promosso De Sanctis, allettato da un’offerta dall’Ascoli per ricoprire la carica di direttore generale. Con un imminente ribaltone è però destinato a restare a Trigoria. E’ circolato anche il nome di Massara, ma nel colloquio andato in scena a Boston lo scorso anno ci fu una netta divergenza di vedute sui programmi futuri ed in particolare sull’opportunità di continuare la trattativa con Conte. Bisognerà in particolare capire quali saranno le mosse e le decisioni del presidente Pallotta, che continua la sua ricerca di un nuovo compratore dopo lo stop della trattativa con Friedkin. Di certo non si fermano le operazioni di mercato: Pedro è virtualmente della Roma, ampiamente fiduciosa di poter trattenere Smalling e Mkhitaryan
IL TEMPO (F. BIAFORA) - L’era del quarto direttore sportivo della Roma americana è ormai giunta al capolinea. In nove anni alla guida del ramo tecnico della società di Trigoria si sono succeduti Sabatini , Massara, Monchi e poi Petrachi, la cui avventura in giallorosso è ai titoli di coda ad......ma di noi
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Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza MessaggioMario Balotelli torna a parlare su Instagram e si rivolge a tutti coloro i quali hanno messo in dubbio il suo ritorno effettivo agli allenamenti. Il centravanti ha mostrato i segni del lavoro, facendo vedere la sua casacca strappata all’altezza delle spalle: “Basta chiedere, venite al centro sportivo così vedete”. Nel frattempo continua il braccio di ferro tra il Brescia e Balotelli. Ha parlato anche l'agente dell'attaccante, Mino Raiola, che ha accusato la società di non aver effettuato i tamponi sul suo assistito.
ma basta ridicoloOriginariamente Scritto da SPANATEMELAparliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentusOriginariamente Scritto da GoodBoy!ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
grazie.
PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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ahahah ma che ***** posta la maglia strappata madonna ma che coglione di uomoOriginariamente Scritto da Marco pli 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.Originariamente Scritto da master wallaceIO? Mai masturbato.Originariamente Scritto da master wallaceIo sono drogato..
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Chiellini non avrà scritto la migliore autobiografia del mondo ma le parole su Balotelli difficile sostenere non fossero quelle adatte...e c'è stato pure chi ha tirato fuori gli artigli...quando ormai anche su Plutone sanno che Balotelli è un coyone.Last edited by Sean; 15-06-2020, 11:21:28....ma di noi
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